La tassazione dell'indennità del trasfertista

l’indennità per il trasfertista è tassata al 50% per il dipendente ma è deducibile al 100% per il datore di lavoro! Finalmente arriva l’interpretazione autentica del Legislatore (nel pacchetto della Legge di bilancio 2017) su questo caso di gestione del personale che ha sempre sollevato dubbi

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E’ il legislatore che risolve in modo definitivo la querelle interpretativa sorta tra giurisprudenza e prassi amministrativa stabilendo la definizione autentica del concetto di trasfertista.

La questione verte sulla distinzione tra indennità di trasferta e indennità per il trasfertista. Come noto la prima è soggetta al regime fiscale e contributivo di cui al comma 5 dell’articolo 51 del TUIR mentre la seconda al regime fiscale e contributivo di cui al comma 6 dell’articolo 51 del TUIR.

L’articolo 7-quinquies del DL 193/2016 definisce le condizioni che devono contestualmente essere verificate per individuare i lavoratori rientranti nella disciplina del trasfertismo di cui al comma 6 dell’articolo 51 del TUIR. Le indennità corrisposte a tale categoria di dipendenti, quale corrispettivo per l’esecuzione dell’attività lavorativa in luoghi sempre variabili e diversi, sono soggette a tassazione e contribuzione previdenziale nella misura del 50%. Va da se che, per il datore di lavoro la deduzione è riconosciuta sull’intero importo dell’indennità corrisposta.

I DIVERSI REGIME DI TASSAZIONE E CONTRIBUZIONE DELLE INDENNITA’ CORRISPOSTE PER IL TRASFERIMENTO DEL DIPENDENTE.

L’articolo 51 del TUIR prevede due diversi regimi fiscali e contributivi per le indennità e le maggiorazioni corrisposte ai dipendenti per l’esecuzione delle proprie attività lavorative effettuate in trasferimento.

Il comma 5 del richiamato articolo prevede che le indennità, fino a specifiche soglie, sono escluse da tassazione in caso di trasferta fuori dal comune della sede fissa di lavoro.

Il comma 6 del richiamato articolo prevede invece che, le indennità corrisposte al trasfertista sono soggette a tassazione e contribuzione nella misura del 50%.

La questione è quindi quella di comprendere il presupposto giuridico dell’applicazione dell’uno o dell’altro regime fiscale e contributivo sopra rapidamente richiamato.

 

TRASFERTISMO E INDENNITA’ DI TRASFERTA LE INTERPRETAZIONI IN GIURISPRUDENZA.

Secondo la giurisprudenza consolidata il trasfertismo è concetto riconducibile alla particolare condizione di espletamento dell’attività lavorativa che consiste nello svolgere la stessa in luoghi sempre variabili e diversi. Tale particolare metodologia di esecuzione dell’attività lavorativa, si contrappone a quella svolta nella trasferta, nell’ambito della quale il lavoratore è chiamato dal datore a svolgere la propria attività lavorativa in una sede diversa da quella originariamente assegnata e nota come sede di lavoro.

Questa, quindi, secondo la giurisprudenza l’unica discriminante tra Trasfertista e dipendente in trasferta, di tal ché l’indennità corrisposta al primo sarà assoggettata a tassazione nella misura del 50% mentre, l’indennità corrisposta al secondo sarà completamente esclusa dalla tassazione se risulta nei limiti quantitativi stabiliti dal comma 5 dell’articolo 51 del TUIR.

Con la sentenza 17 febbraio 2016 n. 3066 il supremo giudice di legittimità ha affermato che, sono decisive al fine di individuare le norme applicabili per la determinazione del regime fiscale e contributivo da applicare, diversamente disciplinati dai commi 5 (trasferta) e 6 (trasfertismo) dell’articolo 51 del TUIR, le concrete modalità di espletamento delle attività lavorative rese sempre in luoghi variabili e diversi. Non lo sono, invece, né le modalità di corresponsione delle maggiorazioni e delle indennità, né gli aspetti formali del contratto ed in particolare se questo preveda o meno una clausola che indica una sede stabile di esecuzione delle attività lavorative. Su questo ultimo aspetto la Giurisprudenza di legittimità ha precisato che, vero è che la norma richiede che l’attività lavorativa in luoghi sempre diversi debba essere prevista dal contratto e che ciò in sede giudiziaria deve essere verificato, ma l’essere a ciò tenuti “per contratto” deriva non necessariamente da un’apposita clausola del contratto individuale o collettivo, bensì già soltanto dal dovuto rispetto del potere direttivo del datore di lavoro consacrato nell’articolo 2104 cpv. c.c., che integra ope legis il contenuto di qualunque contratto di lavoro subordinato. In breve, se accertato dal giudice di merito che) i lavoratori de quibus vengono stabilmente comandati ad eseguire la prestazione in luoghi sempre variabili e diversi, ciò fanno in adempimento d’un preciso obbligo contrattuale e non in base ad un occasionale o contingente accordo di volta in volta raggiunto con l’impresa o, addirittura, senza una sua disposizione.

Una diversa interpretazione farebbe dipendere il regime fiscale e contributivo applicabile alle indennità e maggiorazioni corrisposte (comma 5 o comma 6 dell’articolo 51 del TUIR) dal mero arbitro delle parti e non dal presupposto fattuale previsto dal legislatore.

ATTENZIONE: la cassazione ha affermato il principio secondo il quale il diverso regime fiscale e contributivo previsto dal comma 5 (indennità di trasferta) e dal comma 6 (indennità per il trasfertista) dell’articolo 51 del TUIR, dovrà essere applicato in ragione delle concrete diverse caratteristiche riconducibili alle modalità di espletamento delle attività lavorative e non sulla base di clausole contrattuali o sulla base delle modalità di corresponsione delle indennità stesse.

TRASFERTISMO E INDENNITA’ DI TRASFERTA L’INTERPRETAZIONE AMMINISTRATIVA

Nella circolare 326/1997 il ministero delle Finanze al punto 2.2.4 ha precisato che il discriminante per l’applicazione del regime fiscale di cui al comma 6 dell’articolo 51 del TUIR è la modalità di corresponsione dell’indennità o della maggiorazione ed in particolare nel documento di prassi è affermato che: “quando l’indennità o la maggiorazione di retribuzione è attribuita con carattere continuativo e senza alcun controllo circa l’effettuazione o meno di prestazioni in trasferta o del luogo di trasferta (e, in assenza di specifiche disposizioni agevolative, il legislatore avrebbe dovuto prevedere l’integrale tassazione), tenuto conto, evidentemente, delle particolari modalità di svolgimento della prestazione stessa e delle esigenze di semplificazione, è stata prevista una riduzione al 50 per cento della base imponibile” (si veda anche cir. 101/2000 MEF).

ATTENZIONE: per il MEF il discriminante tra indennità di trasferta e indennità per il trasfertista è la modalità di corresponsione dell’indennità, in modo tale che, se questa è corrisposta con specifico riferimento ad ogni trasferta si tratta di indennità di trasferta mentre se è corrisposta a prescindere dalla specifica trasferta ma quale corrispettivo per la disponibilità ad eseguire le attività lavorative in luoghi sempre diversi allora l’indennità è da ricondurre al regime fiscale e contributivo del trasfertismo.

Tale interpretazione si contrappone a quella elaborata in giurisprudenza per la quale, come sopra ampiamente descritto, il discriminante va assolutamente e unicamente ricercato nella modalità operativa di esecuzione delle attività lavorative.

Anche l’INPS è intervenuta sulla questione e con il messaggio del 5 dicembre 2008 (in modo analogo il ministero del lavoro con la nota 25/I/0008287/2008) ha chiarito che, con il termine Trasfertista si definiscono quei lavoratori tenuti per contratto all’espletamento dell’attività lavorativa in luoghi sempre variabili e diversi per i quali, in base alla norma di cui al comma 6 dell’articolo 51 del TUIR, è prevista, ai fini della determinazione del reddito di lavoro dipendente, l’imponibilità al 50% delle indennità e delle maggiorazioni di retribuzione ad essi spettanti in relazione alle particolari caratteristiche dell’attività di lavoro.

In particolare costituiscono elementi riconducibili al trasfertismo:

1 la mancata indicazione nel contratto e/o lettera di assunzione della sede di lavoro intendendosi per tale il luogo di svolgimento dell’attività lavorativa e non quello di assunzione (quest’ultimo, infatti, può non coincidere con quello di svolgimento del lavoro)

2 lo svolgimento di una attività lavorativa che richiede la continua mobilità del dipendente (ossia lo spostamento costituisce contenuto ordinario della prestazione di lavoro)

3 la corresponsione al dipendente, in relazione allo svolgimento dell’attività lavorativa in luoghi sempre variabili e diversi, di una indennità o maggiorazione di retribuzione in misura fissa vale a dire non strettamente legata alla trasferta poiché attribuita senza distinguere se il dipendente si è effettivamente recato in trasferta e dove si è svolta la trasferta.

Si tratta di un’interpretazione che trova il suo riscontro nell’interpretazione autentica fornita dal legislatore con il DL 193/2016.

LA NORMA SUL TRASFERTISMO E L’INTERPRETAZIONE AUTENTICA

Il comma 6 dell’articolo 51 del TUIR prevede che: “Le indennità e le maggiorazioni di retribuzione spettanti ai lavoratori tenuti per contratto all’espletamento delle attività lavorative in luoghi sempre variabili e diversi, anche se corrisposte con carattere di continuità, le indennità di navigazione e di volo previste dalla legge o dal contratto collettivo, i premi agli ufficiali piloti dell’Esercito italiano, della Marina militare e dell’Aeronautica militare di cui all’articolo 1803 del codice dell’ordinamento militare, i premi agli ufficiali piloti del Corpo della Guardia di finanza di cui all’articolo 2161 del citato codice, nonché le indennità di cui all’articolo 133 del decreto del Presidente della Repubblica 15 dicembre 1959, n. 1229 concorrono a formare il reddito nella misura del 50 per cento del loro ammontare. Con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, possono essere individuate categorie di lavoratori e condizioni di applicabilità della presente disposizione.

L’articolo 7 quinquies del DL 193/2016, norma di interpretazione autentica, stabilisce che i lavoratori rientranti nella disciplina stabilità dal comma 6 dell’articolo 51 del TUIR sono quelli per i quali sussistono contestualmente le seguenti condizioni:

  1. la mancata indicazione, nel contratto o nella lettera di assunzione della sede di lavoro;

  2. lo svolgimento di un’attività lavorativa che richiede la continua mobilità del dipendente;

  3. la corresponsione al dipendente, in relazione allo svolgimento dell’attività lavorativa in luoghi sempre variabili e diversi, di un’indennità o maggiorazione di retribuzione in misura fissa, attribuite senza distinguere se il dipendente è effettivamente recato in trasferta e dove la stessa si è svolta.

Il secondo comma dell’articolo in argomento precisa inoltre che, ai lavoratori ai quali, a seguito della mancata contestuale esistenza delle condizioni di cui sopra non è applicabile la disposizione di cui al comma 6 dell’articolo 51 del TUIR, è riconosciuto il trattamento previsto per le indennità di trasferta di cui al comma 5 del medesimo articolo 51.2

L’interpretazione del legislatore ricalca quanto già espresso nel messaggio INPS del 2008 ed indica in modo definitivo i requisiti oggettivi che devono essere verificati per accedere al regime fiscale e contributivo previsto per il trasfertista.

Nel merito, la norma nella lettera b) prevede che il regime di esclusione dal reddito imponibile nella misura del 50% dell’indennità corrisposta opera se concretamente l’attività lavorativa è svolta in continua mobilità (principio massimo della giurisprudenza). La successiva lettera c) prevede inoltre che l’indennità detassata al 50% deve essere corrisposta in misura fissa e quindi non variabile in ragioni quantitative o qualitative della trasferta. In parole semplici, l’indennità per il trasfertista non può variare in ragione del numero delle trasferte o in ragione della distanza (comune o fuori comune, regione o fuori regione), del posto dove è comandato il dipendente ad eseguire le attività lavorative (principio massimo del MEF). Laddove fosse prevista una relazione variabile tra indennità e trasferta trova applicazione il regime fiscale della indennità di trasferta.

La norma inoltre, con la lettera a) prevede un adempimento formale che coincide con la non indicazione nel contratto o nella lettera di assunzione della sede di lavoro. A differenza delle condizioni di cui alle successive lettere b) e c) che riguardano i presupposti di fatto e di diritto dell’applicazione del regime agevolato di detassazione al 50%, la condizione di cui alla lettera a) sembra per lo più da ricondurre ad un aspetto formale relativo agli adempimenti che interessano il rapporto di lavoro. Non sembra che tale condizioni sia decisiva. Si pensi al caso in cui datore di lavoro e dipendente in accordo tra loro, diano indicazione di una sede di lavoro per poi stabilire un’indennità di trasferta fissa (detassata al 100% se corrisposta nei limiti di cui al comma 5 dell’articolo 51 del TUIR) per remunerare tutte le trasferte effettuate dal dipendente che svolge la propria attività in luoghi sempre diversi (Es. Impiantista). Sembra, quindi, che quanto previsto dalla lettera a) più che avere natura di interpretazione autentica consista in un adempimento formale che deve essere osservato per poter fruire della detassazione al 50% della relativa indennità, adempimento formale che potrà quindi essere verificato solo per il futuro e non anche per il passato (anche ai sensi della legge dello statuto del contribuente di attuazione dei principi costituzionali). Per i contratti già esistenti alla data di pubblicazione della legge di conversione del DL 193/2016 si ritiene che, sia sufficiente procedere alla regolarizzazione del contratto vigente mediante la quale dovrà essere precisato che l’attività di lavoro è svolta in assenza di una sede di lavoro di riferimento.

Laddove anche una sola delle condizioni appena argomentate non dovesse essere verificata all’indennità attribuita al dipendente potrà essere applicato il regime della trasferta di cui al comma 5 dell’articolo 51 del TUIR. E’ quanto previsto dal secondo comma dell’articolo 7 quinquies del DL 193/2016.

Resta infine da ricordare che poiché trattasi di norma di interpretazione autentica la stessa produce effetto con riferimento a tutte le controversie pendenti e ancora non definitive che abbiamo ad oggetto la materia del trasfertismo.

Va inoltre precisato che i diversi regimi fiscali appena argomentati non interessano il regime di deduzione dei relativi costi da parte del datore di lavoro ed in particolare l’indennità per il trasfertista ancorché tassata al 50% in capo al percipiente è deducibile integralmente da parte del datore di lavoro.

5 gennaio 2017

Mario Agostinelli