Unioni civili e spese di ristrutturazione agevolate

analizziamo come incide la legge sulle unioni civili nel caso in cui l’immobile di proprietà della coppia di fatto sia sottoposto ad interventi di recupero del patrimonio edilizio che godono di detrazioni IRPEF

conferimenti-in-naturaIl Fisco si adegua alla legge Cirinnà (Legge n. 76/2016) e attribuisce rilevanza anche alle convivenze di fatto (more uxorio). Ciò al fine di riconoscere il diritto alla detrazione delle spese sostenute per il recupero del patrimonio edilizio. In particolare, secondo l’interpretazione “evolutiva” dell’Agenzia delle entrate di cui alla Risoluzione n. 64/E del 28 luglio del 2016, il diritto alla detrazione spetta anche al convivente purché risultante dallo stesso stato di famiglia in quanto avente la medesima residenza anagrafica. Sussiste, infatti, un problema di prova circa l’effettività della convivenza.

Preliminarmente l’Agenzia delle entrate ha ricordato le condizioni che consentono di fruire della detrazione in rassegna. Gli oneri devono essere effettivamente sostenuti dal soggetto che chiede di fruire della detrazione. L’immobile deve essere detenuto a titolo di proprietà o in base ad un altro titolo idoneo (contratto di locazione, comodato…).

Non è necessario, però, alcun titolo idoneo (ad esempio un contratto di comodato) qualora le spese siano state sostenute dal familiare del possessore o detentore dell’immobile purché sia convivente. Ad esempio, se le spese di ristrutturazione sono sostenute dal marito convivente e riguardano l’immobile di proprietà della moglie, la convivenza ed il “vincolo matrimoniale” costituiscono in sé il titolo idoneo per fruire della detrazione degli oneri.

Il chiarimento, ribadito dalla risoluzione in rassegna, è risalente nel tempo. In particolare, la Circ. n. 121 del 1997 ha chiarito anche che per “familiari”, si intendono, a norma dell’art. 5, c. 5 del TUIR, il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado. Secondo questa indicazione, il convivente “more uxorio”, non essendo legato da vincoli di parentela non potrebbe fruire della detrazione delle spese relative al recupero del patrimonio edilizio disciplinata dall’art. 16–bis del TUIR. Al fine di fruire del beneficio fiscale risulterebbe quindi indispensabile l’esistenza sottostante di un contratto di comodato rappresentando lo stesso un titolo idoneo a giustificare il relativo possesso dell’immobile (da parte di un soggetto non legato da vincoli di parentela).

L’Agenzia delle entrate ha però preso atto del mutato quadro normativo di riferimento, dovuto all’approvazione della legge n. 76/2016, ed ha ritenuto opportuno riconsiderare le istruzioni fornite in passato con i precedenti documenti di prassi.

La citata legge ha equiparato al vincolo giuridico derivante dal matrimonio quello prodotto dalle unioni civili. In pratica, ai fini fiscali, le parti di un’unione civile possono applicare tutte le disposizioni relative a coloro (coniugi) che hanno contratto matrimonio. Ciò ad esempio, al fine della definizione di abitazione principale, per fruire delle detrazioni per carichi di famiglia, etc.

La medesima equiparazione non è stata prevista (dalla legge n. 76/2016) per le convivenze di fatto costituite ai sensi dell’art. 1, cc. 36 e 37, della citata legge. L’Agenzia delle entrate riconosce, però, come la predetta legge abbia esteso ai conviventi di fatto alcuni specifici diritti spettanti ai coniugi quali, ad esempio, il diritto di visita, di assistenza e di accesso alle informazioni personali in ambito sanitario. Inoltre, anche se non si tratta di un diritto reale, viene riconosciuto al convivente superstite il diritto di abitazione, per un periodo determinato, nonché la successione nel contratto di locazione della casa di comune residenza in caso di morte del conduttore o di suo recesso dal contratto.

Secondo l’Agenzia, pur non trattandosi di un’equiparazione integrale al matrimonio, la legge n. 76/2016 “ha, in ogni caso, attribuito una specifica rilevanza giuridica a tale formazione sociale e, in questo contesto, ha evidenziato l’esistenza di un legame concreto tra il convivente e l’immobile destinato a dimora comune”.

Rimane però da affrontare il tema della prova della “convivenza” trattandosi di una condizione essenziale per fruire della detrazione quando l’immobile non risulta detenuto da un titolo idoneo. L’Agenzia delle entrate ha osservato sul punto che ai fini dell’accertamento della “stabile convivenza” la legge Cirinnà richiama il concetto di famiglia anagrafica previsto dal regolamento anagrafico (D.P.R. n. 223/1989).

Il punto è già stato affrontato in passato dalla stessa Amministrazione finanziaria con la Circ. n. 7/E del 31 marzo 2016 a proposito del c.d. “Bonus mobili per giovani coppie”. A tal proposito è stato affermato che la condizione della convivenza deve essere attestata o dall’iscrizione dei due componenti nello stesso stato di famiglia o mediante autocertificazione resa ai sensi del D.P.R. n. 445/2000.

In mancanza della medesima residenza deve ritenersi che le parti conviventi non abbiano fornito la prova dell’effettività della convivenza con la conseguente impossibilità di fruire della detrazione delle spese di ristrutturazione. In questo caso, laddove non si intenda perdere il beneficio fiscale, l’unica possibilità sarà rappresentata dall’esistenza di un titolo idoneo quale, ad esempio, un contratto di comodato.

2 Settembre 2016

Nicola Forte