Accertamento con adesione: il contraddittorio non è obbligatorio

in caso di richiesta di accertamento con adesione, l’invito al contraddittorio da parte del Fisco non è obbligatorio; tuttavia, anche in mancanza i termini per ricorrere rimangono sospesi per 90 giorni

contraddittorio_immagineCon l’ordinanza n. 11438 dell’1 giugno 2016, la Corte di Cassazione sostanzialmente affronta due questioni: l’obbligatorietà o meno dell’invito a comparire, a seguito di presentazione di istanza di adesione post accertamento e la sospensione dei termini dei 90 giorni per ricorrere in caso di presentazione dell’istanza di adesione.

La sentenza

Secondo i massimi giudici, “la sospensione del termine per l’impugnazione degli atti impositivi prevista dal d.lgs. n. 218 del 1997, art. 6, comma 3, in caso di presentazione di istanza di definizione, da parte del contribuente, a seguito, come nella specie, di notifica di avviso di accertamento, è volta a garantire un concreto spatium deliberando in vista dell’accertamento con adesione (il cui esperimento resta, appunto, consentito) e va riferita al relativo procedimento, che ha natura amministrativa (cfr. Cass. n. 28051 del 2009: ‘In tema di accertamento con adesione, la presentazione di istanza di definizione da parte del contribuente, ai sensi del D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218, non comporta l’inefficacia dell’avviso di contraddittorio, ma solo la sospensione del temine di impugnazione per un periodo di 90 giorni, decorsi i quali, senza che sia stata perfezionata la definizione consensuale, l’accertamento diviene comunque definitivo, in assenza di impugnazione, anche se sia mancata la convocazione del contribuente, che costituisce per l’Ufficio non un obbligo, ma una facoltà, da esercitare in relazione ad una valutazione discrezionale del carattere di decisività degli elementi posti a base dell’accertamento e dell’opportunità di evitare la contestazione giudiziaria)’”.

Sul punto viene richiamata una pronuncia a SS.UU., sentenza n. 3676/2010, secondo cui “In tema di accertamento con adesione, la mancata convocazione del contribuente, a seguito della presentazione dell’istanza ex art. 6 del d.lgs. 16 giugno 1997, n. 218, non comporta la nullità del procedimento di accertamento adottato dagli Uffici, non essendo tale sanzione prevista dalla legge” (conf. Cass. nn. 29127/2011 e 21760/2012).

Né rileva nella fattispecie, osserva la Corte, quanto affermato dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 19667/2014 (e nella gemella n. 19668/2014), considerato quanto chiarito dalle stesse Sezioni Unite nella sentenza successiva n. 24823/2015, in ordine al fatto che “in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, non sussiste per l’Amministrazione finanziaria alcun obbligo di contraddittorio endoprocedimentale per gli accertamenti ai fimi Irpeg ed Irap, assoggettati esclusivamente alla normativa nazionale, vertendosi in ambito di indagini cd. ‘a tavolino’“. Così le Sezioni Unite, hanno precisato, con riguardo proprio ai precedenti citati del 2014, “che va escluso il riconoscimento di una generalizzata espansione della garanzia del contraddittorio endoprocedimentale, quale espressione di principio immanente all’ordinamento nazionale ed a quello europeo, in quanto detto riconoscimento è ‘rimasto fuori dall’ambito del principio di diritto propriamente enucleabile dalle pronunzie medesime’, stante il tema specifico in concreto affrontato (le iscrizioni ipotecarie ex art. 77 d.p.r. 602/1973)”.

Breve nota

Come è noto, in punto di diritto, il quarto comma dell’articolo 6, del D.Lgs. n. 218/97 dispone che “Entro quindici giorni dalla ricezione dell’istanza di cui al comma 2, l’ufficio, anche telefonicamente o telematicamente, formula al contribuente l’invito a comparire”.

La norma, quindi, non impone il rispetto di adempimenti formali quali la rituale notifica dell’invito, e pertanto proprio l’irritualità degli adempimenti autorizza a ritenere di essere in presenza di un termine ordinatorio.

In ogni caso, la presentazione dell’istanza prevista dal secondo comma dell’art. 6, comporta solo la sospensione per 90 giorni dei termini di impugnazione dell’atto.

Più precisamente, la relazione al D.Lgs. n. 218/1997 chiarisce che “se la definizione non si formalizza nel lasso di tempo intercorrente fra la notifica dell’accertamento e il termine di scadenza per la relativa impugnazione, la proposizione di quest’ultima comporta rinuncia all’istanza di accertamento con adesione”.

In sede giurisprudenziale, con l’Ordinanza n. 18372 del 26 ottobre 2012 (ud. 19 settembre 2012) la Corte di Cassazione aveva già affrontato la questione affermando che In tema di accertamento con adesione, la mancata convocazione del contribuente, a seguito della presentazione dell’istanza D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218, ex art. 6, non comporta la nullità del procedimento di accertamento adottato dagli uffici, non essendo tale sanzione prevista dalla legge” (Cassazione civile sez. un. 17 febbraio 2010 n. 3676 e sez. trib. 28 dicembre 2011 n. 29127; in senso sostanzialmente conforme cfr. Cass. 30 dicembre 2009 n. 28051).

E con la sentenza n. 3259 del 2 marzo 2012 (ud. 8 novembre 2011) la Corte di Cassazione aveva riaffermato cheprescindendo … da ogni considerazione circa l’intervento o meno di una tempestiva convocazione, è sufficiente rilevare che, secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimità, la presentazione di istanza di definizione da parte del contribuente, ai sensi del D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218, art. 6, non comporta l’inefficacia dell’avviso di accertamento, ma solo la sospensione del termine di impugnazione per un periodo di 90 giorni, decorsi i quali senza che sia stata perfezionata la definizione consensuale, l’accertamento diviene comunque definitivo, in assenza di impugnazione, anche se sia mancata la convocazione del contribuente, che costituisce per l’Ufficio non un obbligo ma una facoltà, da esercitare in relazione ad una valutazione discrezionale del carattere di decisività degli elementi posti a base dell’accertamento e dell’opportunità di evitare là contestazione giudiziaria, (v. Cass. n. 28051 del 2009) ed inoltre che la mancata convocazione del contribuente, a seguito della presentazione dell’istanza D.Lgs. 16 giugno 1997, n. 218, ex art. 6, non comporta la nullità del procedimento di accertamento adottato dagli Uffici, non essendo tale sanzione prevista dalla legge (v, SU n. 3676 del 2010)”.

E la stessa Corte, con l’ordinanza n. 17010 del 9 luglio 2013 (ud. 27 giugno 2013) ha confermato che “in tema di accertamento con adesione, la presentazione dell’istanza di definizione, così come il protrarsi nel tempo della relativa procedura, non comportano l’inefficacia dell’avviso di accertamento, ma ne sospendono soltanto il termine di impugnazione per 90 giorni, decorsi i quali, senza che sia stata perfezionata la definizione consensuale, quest’ultimo, in assenza di tempestiva impugnazione, diviene definitivo, poichè, a norma del D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218, artt. 6 e 12, soltanto all’atto del perfezionamento della definizione l’avviso perde efficacia (V. pure Cass. Ordinanza n. 3368 del 02/03/2012, n. 28051 del 2009)”.

Ma ancor prima, con la sentenza n. 28051 del 30 dicembre 2009 (ud. del 23 novembre 2009) la Corte di Cassazione aveva avallato la posizione dell’Amministrazione finanziaria sulla questione relativa all’obbligatorietà o meno dell’invito, da parte dell’ufficio, nel caso di presentazione di istanza di adesione, ex art. 6, c. 2, del D.Lgs. n. 218/97. Affermava la Corte, che “la formulazione del testo di legge induce a ritenere che la convocazione del contribuente, a seguito della sua richiesta, non costituisca per l’ufficio un obbligo, ma soltanto una facoltà, da esercitare in relazione ad una valutazione discrezionale del carattere di decisività degli elementi posti a base dell’accertamento e della opportunità di evitare la contestazione giudiziaria”. Infatti, “l’istanza di audizione invero non priva di efficacia l’accertamento, ma ne sospende soltanto il termine di impugnazione di 90 giorni, decorsi i quali, senza che sia stata perfezionata la definizione consensuale, esso diviene definitivo, salva l’impugnazione”. E’ solo col “perfezionamento della definizione” che l’avviso di accertamento perde efficacia. Inoltre, per la Corte l’ufficio può escludere “l’opportunità di una composizione bonaria”, e quindi “l’obbligo della convocazione costituirebbe un inutile appesantimento dell’attività amministrativa… Il termine di 90 giorni per il quale resta sospeso l’onere della impugnativa giudiziaria corrisponde del resto a quello stabilito per la formazione del silenzio rifiuto, sicché è coerente col sistema ritenere che, decorso quel termine dalla presentazione della istanza di audizione senza che l’Amministrazione abbia riposto, l’istanza medesima debba considerarsi tacitamente rigettata”.

Sul punto le Sezioni Unite della Suprema Corte (n. 36767/2010), peraltro richiamata nella sentenza che si annota, avevano già ritenuto infondato il motivo del ricorso incidentale, “secondo il quale il giudice avrebbe dovuto dichiarare la nullità dell’intero procedimento per la mancata convocazione del contribuente a seguito dell’istanza di accertamento per adesione presentata ai sensi del D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 6, sia perché la predetta nullità non è prevista dalla legge, sia perché, come è rilevabile dalla esposizione dei fatti in controricorso, l’Ufficio, in ottemperanza alla sentenza di primo grado aveva proceduto alla convocazione del contribuente senza che l’accertamento per adesione avesse poi una conclusione positiva”.

Ed ancora con la sentenza n. 24435 del 30 ottobre 2013 (ud. 17 dicembre 2012) la Corte di Cassazione ha confermato che la mancata convocazione del contribuente al contraddittorio, in sede di accertamento con adesione, non ne determina la nullità dell’avviso di accertamento, nel frattempo non impugnato. Preliminarmente, la Corte osserva che è “orientamento consolidato di questa Corte che la cartella esattoriale di pagamento, quando faccia seguito ad un avviso di accertamento divenuto definitivo, si esaurisce in un’intimazione di pagamento della somma dovuta in base all’avviso e non integra un nuovo ed autonomo atto impositivo: ne discende che, in base al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19, comma 3, essa resta sindacabile in giudizio solo per vizi propri e non per questioni attinenti all’atto di accertamento da cui è sorto il debito. Dunque, i vizi afferenti all’avviso di accertamento non possono essere fatti valere con l’impugnazione della cartella (orientamento consolidato. Vedi, ex multis, Cass. 29 luglio 2011, n. 16641; Cass. 30 luglio 2009, n. 17726; Cass. 6 aprile 2001, n. 5105)”. Nel caso di specie, “l’avviso di accertamento che ha preceduto la cartella era senz’altro divenuto definitivo prima dell’emissione di questa, in ragione del mancato perfezionamento del procedimento di accertamento con adesione: anche sul punto, è compatto l’orientamento della Corte secondo cui, in tema di accertamento con adesione, la presentazione dell’istanza di definizione, così come il protrarsi nel tempo della relativa procedura, non comportano l’inefficacia dell’avviso di accertamento, ma ne sospendono soltanto il termine di impugnazione per novanta giorni, decorsi i quali, senza che sia stata perfezionata la definizione consensuale, quest’ultimo, in assenza di tempestiva impugnazione, diviene definitivo, poichè, a norma del D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218, artt. 6 e 12, soltanto all’atto del perfezionamento della definizione l’avviso perde efficacia (vedi, da ultimo, Cass., ordinanza 2 marzo 2012, n. 3368)”. Nè, prosegue la sentenza, “incide sul prodursi della definitività dell’accertamento la circostanza lamentata dalla contribuente concernente la sua omessa convocazione in seno al procedimento: la convocazione del contribuente è mera facoltà dall’ufficio, oggetto di valutazione discrezionale (Cass. 30 dicembre 2009, n. 28051), di guisa che la sua omissione non comporta la nullità del procedimento di accertamento adottato dagli uffici, non essendo tale sanzione prevista dalla legge (Cass. civ., sez. un., 17 febbraio 2010, n. 3676)”.

E ancora con la sentenza n. 24898 del 6 novembre 2013, la Corte di Cassazione ha confermato la propria posizione, attestandosi sull’interpretazione fornita a SS.UU. ( n.3676/2010), e con l’ordinanza n. 25082 del 7 novembre 2013 (ud 9 ottobre 2013) la Corte di Cassazione ha ribadito che “In tema di accertamento con adesione, la mancata convocazione del contribuente, a seguito della presentazione dell’istanza D.Lgs. 16 giugno 1997, n. 218, ex art. 6, non comporta la nullità del procedimento di accertamento adottato dagli Uffici, non essendo tale sanzione prevista dalla legge (Cass. Sez. U, Sentenza n. 3676 del 17/02/2010)”. Pertanto, “per quanto possa essere stato fondato su erronei presupposti il diniego dell’Ufficio, esso non può essere autonoma fonte di nullità dell’accertamento, sicchè anche sotto questo diverso aspetto non può che considerarsi erroneo il convincimento contrario del giudice dell’appello”.

E con la sentenza n. 21991 del 17 ottobre 2014 (ud. 29 maggio 2014) la Corte di Cassazione ha confermato il proprio pensiero sull’accertamento con adesione: è valido l’atto di rettifica dell’ufficio, anche se l’Amministrazione finanziaria non ha invitato il contribuente al contraddittorio. Per condiviso principio già espresso dalla Corte, invero, “in tema di accertamento con adesione, la presentazione di istanza di definizione da parte del contribuente, ai sensi del D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218, art. 6, non comporta l’inefficacia dell’avviso di accertamento, ma solo la sospensione del termine di impugnazione per un periodo di 90 giorni, decorsi i quali, senza che sia stata perfezionata la definizione consensuale, l’accertamento diviene comunque definitivo, in assenza di impugnazione, anche se sia mancata la convocazione del contribuente, che costituisce per l’Ufficio non un obbligo, ma una facoltà, da esercitare in relazione ad una valutazione discrezionale del carattere di decisivi degli elementi posti a base dell’accertamento e dell’opportunità di evitare la contestazione giudiziaria” (Cass. nn. 28051/2009 e 3368/2012). Come, peraltro, chiarito dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (n. 3676/2010).

In ordine alla seconda questione affrontata1, come è noto la presentazione dell’istanza prevista dal comma 2, dell’articolo 6, produce fra l’altro, la sospensione per 90 gg. dei termini di impugnazione dell’atto, decorrenti dalla data di presentazione dell’istanza da parte del contribuente, per dar modo all’ufficio di riesaminare l’atto ed al contribuente di produrre le proprie osservazioni, a cui vanno aggiunti (se ivi ricadenti) i termini di sospensione feriale dall’1 al 31 agosto di ogni anno, prevista dalla legge 7 ottobre 1969, n. 742.

Sul punto, la R.M. n. 159/E dell’11 novembre 1999 ha chiarito che il periodo di sospensione di 90 giorni, di cui all’art. 6, c. 3, del citato D.Lgs. n. 218/1997, rientra (per logica connessione con i termini processuali) nell’ambito applicativo dell’art. 1, per. 2, della richiamata L. n. 742/1969, dal momento che i due periodi di sospensione in argomento assolvono a diverse finalità, così che il periodo di sospensione feriale opera ogni qual volta il periodo di sospensione di 90 giorni venga a ricadere, come termine iniziale o come termine finale, nell’arco temporale che va dall’1 al 31 agosto, come anche nell’ipotesi in cui il periodo feriale sia ricompreso nel periodo dei 90 giorni.

Da più parti è stato osservato che si tratta di effetti di sospensione automatica che si verificano a prescindere dall’esito del contraddittorio e dell’eventuale perfezionamento o meno dell’adesione.

Nello specifico, l’Amministrazione Finanziaria, con la circolare n.65/2001 ha precisato che “la negativa conclusione del procedimento non incide sul periodo di sospensione dei termini per ricorrere previsto dal co. 3 dello stesso art. 6. Tale norma assegna, infatti, alla presentazione dell’istanza di adesione l’effetto automatico e predeterminato di sospensione, per 90 giorni, dei termini per impugnare l’atto di accertamento notificato dall’ufficio, non prevedendo alcuna causa di decadenza dalla sospensione stessa”.

L’intervento di prassi puntualizza che la disposizione in esame non correla in alcun modo il periodo di sospensione all’eventuale anticipato esito negativo dell’istanza di adesione e, pertanto, “sia sul piano testuale che di ricostruzione logico-sistematica non è fondatamente sostenibile la comprimibilità del periodo di sospensione fissato dalla legge in novanta giorni”.

Anche la massima giurisprudenza di legittimità si è attestata sulle posizioni dell’Amministrazione Finanziaria: con la sentenza n. 2682 del 4 febbraio 2011 (ud. 4 giugno 2010) la Corte di Cassazione ha legittimato il cumulo dei sessanta giorni previsti per la proposizione del ricorso introduttivo con il termine dei novanta giorni disposto per la sospensione dei termini previsti dall’accertamento con adesione, ai quali vanno aggiunti i quarantasei giorni previsti dalla sospensione dei termini per il periodo feriale, e la sospensione dei termini previsti per effetto delle proroghe da condoni. Per la Corte di Cassazione, “di tali diversi periodi di sospensione dei termini la società contribuente aveva il pieno diritto di poterne usufruire non essendo previsto da alcuna norma di legge il divieto di cumulabilità delle sospensioni, nè a tale cumulo osta alcuna altra ragione di opportunità essendo diverse le rationes sulle quali dette previsioni sono fondate; a titolo esemplificativo, occorre ricordare che la sospensione del termine per l’impugnazione D.Lgs. n. 218 del 1997, ex art. 6, comma 3, di 90 giorni si fonda sulla necessità di dare al contribuente un ragionevole lasso di tempo per valutare la convenienza o meno di aderire al concordato tributario dopo avere esaminato il carattere di decisività degli elementi posti a base dell’accertamento e l’opportunità di evitare una contestazione giudiziaria (Cass. n. 28051/2009), mentre quello previsto dalla L. n. 289 del 2002 era finalizzato a non distogliere i funzionali dell’A.F. dall’esame delle pratiche di definizione agevolata con altre diverse incombenze; infine la sospensione feriale di cui alla L. n. 742 del 1969 è ispirata all’irrinunciabilità del diritto alle ferie.

Segnaliamo, tuttavia, che con l’ordinanza n. 11632 del 5 giugno 2015 (ud. 7 maggio 2015) la Corte di Cassazione, intervenendo in materia di tributi locali (ICI), ha ritenuto inapplicabile la sospensione dei termini per il periodo feriale ai procedimenti non giurisdizionali quale quello dell’accertamento con adesione. “La giurisprudenza di questa Corte è nel senso di ritenere inapplicabile la sospensione dei termini per il periodo feriale ai procedimenti non giurisdizionali. In questa direzione, superando l’orientamento espresso da Cass. n. 2682/11, si è ormai stabilmente affermato che la sospensione del termine per l’impugnazione degli atti d’imposizione tributaria prevista dal D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 6, comma 3, è volta a garantire un concreto spatium deliberandi in vista dell’accertamento con adesione (il cui esperimento resta, appunto, consentito) e va riferita al relativo procedimento, che ha natura amministrativa (cfr. Cass. n. 28051 del 2009), per di più escludendo la cumulabilità della sospensione disposta da detta disposizione con quella prevista in tema di condono – L. n. 289 del 2002, art. 15, specificamente ritenendo che … la sospensione prevista dalla legge sul condono incide sui tempi per la proposizione del ricorso giurisdizionale in concordanza col tempo concesso per il perfezionamento della definizione agevolata (art. 15, comma 2)“. In secondo luogo, gli ermellini richiamano un proprio precedente (Cass. n. 16347/2013), secondo cui “la non cumulabilità è coerente alla non cumulabilità della sospensione dei termini feriali con quelli di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 16, affermata da Cass. 28 giugno 2007, n. 14898 e 11 marzo 2010, n. 5924 – cfr. Cass. n. 10741/2014; 16877/2014, Cass. n. 16876/2014; Cass. n. 23576/2012”. Facendo dunque applicazione al caso di specie di siffatti principi generali – idonei a superare il diverso avviso espresso dalla prassi amministrativa (R.M. n. 159/1999) osserva la Corte che “nessun errore in diritto risulta avere commesso la CTR che ha correttamente ritenuto di non applicare la sospensione del periodo feriale al termine di 90 giorni relativo all’accertamento con adesione – intervenuto dopo 54 giorni dalla notifica dell’atto di accertamento, poi concludendo che il termine per la proposizione dell’appello – pure computando la sospensione feriale (46 giorni) per il residuo del termine di 60 dalla notifica dell’atto di accertamento (pari a 4 giorni) – era ormai decorso all’epoca della proposizione dell’impugnazione – sia essa avvenuta il 10 ottobre 2009 – come ritenuto dalla parte ricorrente (pag. 8 ricorso) ovvero il 10 novembre 2009 come indicato in sentenza”.

14 giugno 2016

Gianfranco Antico

1 Cfr. ANTICO, La legittima sospensione dei termini avallata dalla Corte di Cassazione, in www.commercialistatelematico.com, 2012.