L'atto riporta un termine errato? Il ricorso è legittimo anche se presentato in ritardo

se l’atto notificato al contribuente contiene erroneamente un termine per impugnare diverso da quello previsto (ad esempio per modifiche normative), il ricorso presentato tardivamente rispetto alla legge – ma entro il termine indicato in atto – è valido

applausi-immagineSe l’atto notificato contiene un termine per impugnare diverso da quello previsto dalla norma, il ricorso presentato tardivamente è valido.

Il principio è contenuto nella sentenza n. 24300/2015 della Cassazione da cui emerge che un’erronea indicazione contenuta nell’atto notificato emanato determina non la nullità dell’atto, bensì una mera irregolarità.

Ricorso: termine per la proposizione e costituzione in giudizio

L’atto impositivo è l’atto attraverso cui l’ufficio finanziario notifica la pretesa tributaria al contribuente a seguito di un’attività di controllo sostanziale. In particolare, l’avviso di accertamento deve essere sempre motivato, a pena di nullità, e deve indicare, tra l’altro, l’autorità giurisdizionale a cui è possibile ricorrere e il termine di legge entro cui è legittimo farlo.

In genere negli accertamenti è contenuto la seguente informazione: “Avverso il presente avviso può essere proposto ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale di XX, entro 60 (sessanta) giorni dalla data della sua notificazione (Cfr. art. 21, comma 1, D. Lgs n. 546/1992), con versamento del Contributo Unificato di legge”. Il ricorso è proposto mediante consegna brevi manu presso la sede dell’ufficio impositore; a mezzo dell’ufficiale giudiziario ai sensi degli art. 137 e ss. C.p.c. o a mezzo posta mediante spedizione dell’originale in plico senza busta, raccomandato con avviso di ricevimento e in tal caso il ricorso si considera proposto al momento della spedizione

Successivamente il ricorrente entro 30 (trenta) giorni dalla proposizione del ricorso deposita, a pena di inammissibilità, l’originale del ricorso notificato presso la segreteria della Commissione Tributaria adita ai sensi dell’art. 22, c 1, del D.Lgs. 546/1992.

Alla luce delle recenti modifiche contenute nel D.Lgs n. 156/2015, in vigore dall’1 gennaio 2016, per i ricorsi avverso atti ove il tributo in contestazione è di importo superiore ad Euro 3.000,00 (escluso sanzioni, interessi e pene pecuniarie), il contribuente deve munirsi di assistente tecnico in base a quanto stabilito dagli artt. 11 e 12 del cit. D.Lgs. n. 546/1992. All’elenco dei soggetti previsti dal citato art. 12, così come riformulato dall’art. 9 del D. Lgs n. 156/2015, vanno aggiunti i dipendenti dei Centri di assistenza fiscale (CAF) e delle relative società di servizi. Come precisato dalla Circolare n. 38/2015 emanata dall’Agenzia delle entrate, è escluso l’obbligo dell’assistenza legale per agenzie fiscali, agenti della riscossione, enti locali e società miste e private che svolgono attività di accertamento e riscossione in modo autonomo. In proposito tale Circolare

Pertanto per le controversie il cui valore non superiore il predetto importo i contribuenti possono stare in giudizio da soli, non essendo tenuti a conferire l’incarico per l’assistenza tecnica a un difensore abilitato. Occorre ricordare che per valore della controversia deve intendersi “l’importo del tributo al netto degli interessi e delle sanzioni eventualmente irrogate con l’atto impugnato”, confrontando la nuova formulazione

Fattispecie

Nel caso in esame il contribuente ha impugnato il preavviso di fermo amministrativo (40 giorni dopo la ricezione dell’atto), emesso da Equitalia per omesso pagamento di crediti contributivi verso l’Inps, dinanzi al Tribunale. Quest’ultimo ha dichiarato inammissibile l’istanza in quanto si trattava di opposizione agli atti esecutivi ex art 57 del Dpr 602/1973, da proporsi entro il termine di 20 giorni dalla notifica.

Nel ricorso per cassazione la parte eccepiva che sulla copia del preavviso di fermo notificato fosse indicato il termine di 60 giorni per proporre impugnativa, indicazione a cui il contribuente si era attenuto, come previsto per legge.

I giudici di legittimità hanno accolto il ricorso ritenendo che nel caso di cartella esattoriale (emessa per la riscossione di sanzione amministrativa), l’erronea indicazione contenuta nell’atto e del relativo termine, “determina non già la nullità dell’atto, bensì una mera irregolarità…, in ragione della scusabilità dell’errore in cui l’interessato sia eventualmente incorso, avendo, tuttavia, l’opponente l’onere di dimostrare la decisività dell’errore…” (cfr. Cass n. 1372/2013). Analogo criterio si rinviene in ambito tributario, ove si attua la tutela dell’affidamento del contribuente ex art 10 dello Statuto del contribuente. Tale principio di tutela di affidamento devono trovare applicazione, in presenza di un errore scusabile, anche in ambito di opposizione avverso preavviso di fermo amministrativo disposto a seguito di omesso pagamento di cartella esattoriale per crediti previdenziali (Cass n. 10822/2010).

Suprema Corte ha espresso per il caso di specie il seguente principio di diritto: “in tema di opposizione avverso preavviso di fermo amministrativo disposto a seguito di omesso pagamento di cartelle esattoriali per crediti previdenziali, il destinatario dell’atto è legittimato a fare affidamento sulle conoscenza trasmessegli mediante l’atto medesimo, talché incorre in errore scusabile nel acso in cui abbia proposto nel termine in esso indicato…”.

I giudici, pertanto, hanno cassato la sentenza impugnato rinviando ad altra sezione del competente Tribunale.

4 marzo 2016

Enzo Di Giacomo