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Con la sentenza n. 24787 del 4 dicembre 2015 (ud. 17 novembre 2015) la Corte di Cassazione ha
“ribadito che la mancata esibizione, in sede amministrativa, dei libri, della documentazione e delle scritture all'ufficio dell'Agenzia delle entrate giustifica l'esercizio dei poteri di indagine e accertamento bancario propri dell'amministrazione finanziaria, mentre la sanzione dell'inutilizzabilità della successiva produzione in sede contenziosa, prevista dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32 – comma 4 (per l'imposizione diretta) e dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51 (per l'imposizione sul valore aggiunto), opera solo in presenza di un invito specifico e puntuale all'esibizione da parte dell'amministrazione purchè accompagnato dall'avvertimento circa le conseguenze della sua mancata ottemperanza, che si giustifica - in deroga ai principi di cui agli artt. 24 e 53 Cost. - per la violazione dell'obbligo di leale collaborazione con il fisco (Sez. 6-5, Ordinanza n. 11765 del 26/05/2014, Rv. 630992; conf. Sez. 5, Sentenza n. 22126 del 27/09/2013, Rv. 628934)”.
Brevi note
La sentenza che si annota, conferma l’indirizzo assunto dalla Corte nel corso di questi ultimi anni. L’inutilizzabilità opera solo in presenza di un invito specifico.
Nel caso di specie, la ricorrente non ha riportato il questionario notificato neppure nella parte saliente riguardante i modi e i termini della richiesta di esibizione ivi eventualmente contenuta (Sez. 5, Sentenza n. 14784 del 15/07/2015) e neanche ha indicato gli estremi per i reperimento dell'atto nell'incarto processuale (Sez. U, Sentenza n. 22726 del 03/11/2011).
Resta fermo che il divieto di utilizzo di documenti non esibiti in sede di accesso, ispezione, verifica o esplicita richiesta da parte dell’Amministrazione finanziaria è subordinato al rifiuto a seguito di specifica domanda dei soggetti accertatori riferita a specifica documentazione (cass. sent. n. 22765/2009), non essendo sufficiente una generica richiesta da parte degli accertatori affinché sia ritenuto sussistente il rifiuto del contribuente all’esibizione ed il conseguente divieto di utilizzo del medesimo materiale documentale in sede amministrativa e/o giurisdizionale (cass. Sent. n.18921/2011).
In pratica, occorre prestare particolare attenzione all’atto notificato e alle indicazioni ivi contenute.
Ricordiamo, infatti, che i supremi giudici, sul punto, hanno mantenuto sempre la stessa posizione.
Sentenza n. 28271 del 18 dicembre 2013 (ud. 4 novembre 2013)
La Corte di Cassazione ha confermato che
“i documenti prodotti dal contribuente nel giudizio tributario in cui si controverta sull'IVA, dei quali abbia in precedenza rifiutato l'esibizione all'amministrazione finanziaria, non possono essere presi in considerazione ai fini del decidere, anche in assenza di una eccezione in tal senso dell'amministrazione resistente"
(cfr. Corte cass. Sez. U., Sentenza n. 45 del 25/02/2000; id. Sez. 5, Sentenza n. 13511 del 26/05/2008; id. Sez, 5, Sentenza n. 7269 del 26/03/2009; id. Sez, 5, Sentenza n. 21768 del 14/10/2009; id. Sez. 6-5, Ordinanza n. 10448 del 06/05/2013).
Né, prosegue la sentenza è
“necessario verificare la sussistenza di eventuali condizioni (forza maggiore; caso fortuito) non imputabili al contribuente che hanno determinato l'omessa esibizione dei registri contabili (circostanze peraltro neppure allegate dal resistente)”,
né occorre
“accertare l'elemento soggettivo della condotta omissiva del contribuente che, secondo un più risalente orientamento della giurisprudenza di questa Corte, implicava oltre la coscienza e la volontà del rifiuto anche il dolo - costituito dalla volontà del contribuente di impedire che, nel corso dell'accesso, possa essere effettuata l'ispezione del documento - rimanendo quindi esclusa la operatività del divieto di utilizzazione in sede contenziosa dei documenti non esibiti, in caso di mera negligenza ed imperizia nella custodia e conservazione degli stessi (cfr. SU n. 45/2000, cit), orientamento successivamente corretto dalla più recente giurisprudenza che ha ritenuto applicabile il divieto - previsto dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 52, comma 5 - di utilizzazione probatoria, ai fini dell'accertamento in sede amministrativa o contenziosa, dei libri, delle scritture e dei documenti di cui si è rifiutata l'esibizione, non solo nell'ipotesi di rifiuto (per definizione 'doloso') dell'esibizione, ma anche nei casi in cui il contribuente dichiari, contrariamente al vero, di non possedere o sottragga all'ispezione i documenti in suo possesso, ancorchè non al deliberato scopo di impedirne la verifica, ma per errore non scusabile, di diritto o di fatto (dimenticanza, disattenzione, carenze amministrative, ecc.) e, quindi, anche per colpa semplice (cfr. 5 sez. n. 7269/2009; id. n. 21768/2009; id. n. 10448/2013, cit)”.
Per la Corte, la richiesta di esibizione dei documenti deve essere effettivamente conforme al modello legale definito legislativamente.
E
“la conseguenza della inutilizzabilità nel giudizio tributario, a favore del contribuente, dei documenti non esibiti nella fase istruttoria amministrativa è ricollegata ad una specifica richiesta dell'Ufficio accertatore che deve rispondere a determinati requisiti formali (trasmissione dell'invito a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento; assegnazione di un termine non inferiore a gg. 15, prorogabile; avviso al contribuente delle conseguenze processuali determinate dalla mancata esibizione dei documenti; facoltà del contribuente di evitare tali conseguenze depositando i documenti in allegato al ricorso introduttivo dimostrando che la impossibilità di ottemperanza era dipesa da causa non imputabile): ne segue che una richiesta di esibizione di scritture, fatture od altri documenti commerciali e contabili formulata dall'Ufficio con modalità difformi dallo schema legale descritto è inidonea, in caso di inottemperanza del contribuente, a produrre gli effetti giuridici preclusivi previsti dalle norme tributarie”.
Sentenza n. 6654 del 21 marzo 2014
La Corte di Cassazione ha ritenuto che i documenti non intenzionalmente sottratti ai verificatori sono utilizzabili in giudizio.
Per la Suprema Corte
“è pacifico l'orientamento secondo il quale i documenti prodotti dal contribuente nel giudizio tributario in cui si controverta sull’IVA, dei quali abbia in precedenza rifiutato l'esibizione all'amministrazione finanziaria, non possono essere presi in considerazione ai fini del decidere. Nella fattispecie in esame, tuttavia, non risulta che la documentazione e le fatture atte a provare lo svolgimento nel 1998 dei lavori relativi alle fatture da emettere, fossero state sottratte intenzionalmente ai verificatori e che pertanto la successiva produzione in giudizio fosse inammissibile benché irrilevante”.
Osserva la Corte che
“per essere sanzionato con la perdita della facoltà di produrre i libri e le altre scritture, il contribuente stesso deve aver tenuto un comportamento diretto a sottrarsi alla prova e, dunque, capace di far fondatamente dubitare della genuinità di documenti che affiorino soltanto in seguito nel corso di giudizio (Sez. 5, Sentenza n. 16536 del 14/07/2010 Presidente: Miani Canevari F. Relatore: Tirelli F.)”.
Nel caso specifico non risulta precisato a quali specifiche fatture, che non erano state esibite nel corso della verifica fiscale, l’Amministrazione finanziaria intenda fare riferimento, e in ogni caso “non è risultato in alcun modo nel corso del giudizio di merito che la parte privata si sia sottratta dolosamente o colposamente all'esibizione della documentazione in questione”.
31 marzo 2016
Roberto Pasquini e Maurizio Falcioni