Il nuovo accertamento sintetico, redditometro, non è retroattivo

la Cassazione ha chiarito e confermato che la nuova metodologia di accertamento sintetico non è applicabile retroattivamente, è quindi applicabile solo per le annualità 2009 e successive

giustizia2_immagineCon l’ordinanza n. 1772 del 29 gennaio 2016 (ud. 26 novembre 2015) la Corte di Cassazione ha confermato che il nuovo sintetico non è retroattivo.

Il punto di diritto

Il D.L. n. 78 del 2010, art. 22, comma 1, espressamente prevede che le modifiche che esso reca al testo del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, abbiano effetto per gli accertamenti relativi ai redditi per i quali il termine di dichiarazione non è ancora scaduto alla data di entrata in vigore del presente decreto (vale a dire per gli accertamenti del reddito relativi ai periodi d’imposta successivi al 2009)”.

Al riguardo la Corte richiama il contenuto della sentenza n. 21041/14, secondo cui:

a) non sono in questione i principi sulla retroattività, giacchè la giurisprudenza che afferma l’applicabilità degli indici previsti dai decreti ministeriali del 10 settembre e 19 novembre 1992 ai periodi d’imposta precedenti alla loro adozione (fra le varie, Cass. n. 9539/13) non fa leva sulla retroattività, bensì sulla natura procedimentale delle norme dei decreti, che ne comporta l’applicabilità in rapporto al momento dell’accertamento;

b) non è in questione il principio del favor rei, perchè l’applicazione di tale principio è predicabile unicamente al cospetto di norme sanzionatorie, non già allorquando si tratti dei poteri di accertamento oppure della formazione della prova, che sono appunto i piani coinvolti dal redditometro;

c) la questione della individuazione della norma applicabile è questione di diritto intertemporale che, appunto, va a identificare, nella successione fra più norme, quella da dover applicare; ma il diritto intertemporale necessariamente recede a fronte alla esplicita previsione di diritto transitorio, sopra trascritta, che essa stessa identifica la norma applicabile”.

Nota

L’art. 22 del D.L. n. 78 del 31 maggio 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010 n. 122, ha modificato i commi 4, 5, 6, 7, e 8 dell’art. 38 del D.P.R. n. 600/73, istituendo un nuovo sistema di determinazione sintetica del reddito, che vede da una parte il cd. spesometro e dall’altra parte il cd. redditometro.

Peraltro, l’Amministrazione finanziaria (C.M. n. 28/2011) ha confermato l’alternatività tra i due strumenti accertativi, uno basato sul totale delle spese di qualsiasi genere sostenute nel corso del periodo d’imposta e l’altro fondato sul contenuto induttivo di elementi indicativi di capacità contributiva.

La scelta dello strumento accertativo da utilizzare da parte dell’ufficio non necessariamente deve essere effettuata a monte ma, in ragione della fattispecie concreta, potrà essere effettuata successivamente in base alle risultanze istruttorie.

Sulla base del nuovo dettato normativo, applicabile per le annualità dal 2009 in poi, l’ufficio, indipendentemente dalle disposizioni recate dai commi precedenti dell’art. 38 e dall’art. 39 del D.P.R. n. 600/73, può sempre determinare sinteticamente il reddito complessivo del contribuente sulla base delle spese di qualsiasi genere sostenute nel corso del periodo d’imposta.

La questione sottoposta ai massimi giudici e qui attenzionata, come abbiamo visto non è nuova ma è certamente interessante.

Proprio di recente, con l’ordinanza n. 22744 del 6 novembre 2015 (ud. 22 settembre 2015), la Corte aveva cassato la decisione del giudice di appello che aveva ritenuto applicabile al vecchio art. 38, del D.P.R.n.600/73, il D.M. del 24 dicembre 2012, valevole, invece per le annualità dal 2009 in poi. Anche in questo caso Il collegio perviene a tale decisione, adeguandosi al proprio recente pronunciamento (ordinanza n. 21041/2014) secondo cui il potere dell’ufficio di determinare il reddito sulla scorta di elementi e circostanze di fatto certi (sinteticamente), consente il riferimento a redditometri contenuti in D.M. successivi, poiché il potere in concreto disciplinato è quello di accertamento.

Ma, in ogni caso, ciò che viene posto in evidenza è che è stato lo stesso legislatore a precisare l’ambito temporale di applicazione del nuovo accertamento sintetico (l’art. 22, c. 1, del D.L. n. 78 del 2010 stabilisce che le modifiche apportate all’art. 38 del D.P.R. n. 600/73 hanno effetto “per gli accertamenti relativi ai redditi per i quali il termine di dichiarazione non è ancora scaduto alla data di entrata in vigore del presente decreto”, con conseguente esclusione della validità per gli accertamenti relativi a periodi d’imposta anteriori al 2009).

E pertanto, il chiaro disposto normativo smorza ogni diversa interpretazione, quale quella di applicare lo strumento più favorevole, ante o post, se più vantaggioso per il contribuente, come per gli studi di settore. Interpretazione che comunque non ha avuto l’avallo dell’amministrazione finanziaria (circolare n. 1/E del 15 febbraio 2013, punto 1.3) proprio sulla base del nuovo dettato normativo che fissa in maniera espressa la decorrenza, attesa la portata innovativa del decreto. Né è stata introdotta una norma analoga a quella prevista dall’art. 5, comma 3, ultimo periodo, del D.M. 10 settembre 1992, il quale aveva previsto la possibilità per il contribuente di chiedere “qualora l’accertamento non sia divenuto definitivo, che il reddito venga rideterminato sulla base dei criteri indicati nell’art. 3 del presente decreto” – cfr. circolare n.24/2013).

22 febbraio 2016

Roberto Pasquini e Luca Bianchi