I contratti di rete fra imprese: un modo per far rinascere i consorzi?

La rete di imprese è intesa come strumento di innovazione nel panorama delle aggregazioni aziendali; all’interno di un contratto di rete si nascondono casistiche interessanti e peculiari: analizzando bene i profili contrattuali della rete di imprese sembra quasi che si ripropongano i consorzi sotto una nuova veste.

La rete fra imprese: considerazioni generali

La rete fra imprese vista come strumento di innovazione nel panorama delle aggregazioni aziendali, cambia, almeno per quanto concerne il suo addivenire soggetto giuridico, le sue caratteristiche fiscali.

La rete di imprese diventa una società vera e propria, anche ai fini fiscali, paragonandosi al modello consortile.

L’istituto dei contratti di rete, introdotto dall’articolo 3 del dl n. 5/2009, ha subìto infatti profonde modifiche, per effetto dei dl n. 83/2012 e dl n. 179/2012, per cui è stata prevista la possibilità, per le reti dotate di un fondo patrimoniale comune, di acquisire su base volontaria un’autonoma soggettività giuridica. Sono nate così le c.d. «reti-soggetto»1, come ribattezzate dalle Entrate per distinguere la fattispecie dalle «reti-contratto», ossia le forme di aggregazione tra aziende inizialmente concepite per le quali restano confermati i chiarimenti applicativi impartiti con la circolare n. 15/E del 14 aprile 2011.

Proprio la presenza di un Organo apicale, chiamato a negoziare in nome e per conto dei partecipanti per l’esecuzione del contratto per la quale l’Agenzia delle entrate fornisce un importante chiarimento.

Nelle reti-soggetto l’organo di vertice negozia con i terzi, con i fornitori, con le banche e con la p.a. impegnando la rete nella sua unitarietà mentre nel caso della rete-contratto l’assenza di autonomia civilistica e fiscale «comporta che gli atti posti in essere in esecuzione del programma di rete producano i loro effetti direttamente nelle sfere giuridico-soggettive dei partecipanti alla rete». Non c’è una sovrastruttura che entra in possesso di beni, diritti, obblighi e atti, quindi, tutto è riferibile, pro-quota naturalmente, alle partecipanti 2.

I partecipanti aderenti al fondo patrimoniale comune, quindi, sono considerati alla stregua dei soci e per questo motivo i conferimenti di denaro e beni mobili da parte delle imprese nel fondo comune scontano l’imposta di registro in misura fissa, pari a 168 euro, e devono essere trattati come gli ordinari apporti di capitale sia ai fini tributari sia contabili.

Ad affermare la piena autonomia tributaria, oltre che civilistica, delle «reti-soggetto» è stata l’Agenzia delle entrate con la circolare n. 20/E del 18 giugno 2013, che è intervenuta sulla fiscalità del contratto di rete nelle diverse imposte ed alla luce delle differenti possibili configurazioni negoziali.

La circolare era molto attesa soprattutto dagli operatori, sia perché la disciplina del contratto di rete, originariamente introdotta dall’art. 3, cc. 4-ter e 4-quater d.l. 5/2009, nulla prevede rispetto al regime tributario, sia perché le più recenti modifiche normative hanno notevolmente inciso sul contenuto e sulla natura dell’istituto, generando ulteriori dubbi sulle conseguenze di ordine fiscale.

Come nota la stessa Agenzia delle Entrate, a seguito degli interventi legislativi del 2012 (cfr. art. 45, d.l. 83/2012 ed art. 36, d.l. 179/2012.), è oggi possibile concludere due tipologie di contratti che danno vita a due differenti forme giuridiche di reti: la rete-contratto e la rete-soggetto.

Nel modello della rete-soggetto, con organo e fondo comuni, si crea un nuovo soggetto giuridico e l’effetto della “soggettivazione” è ricondotto alla volontà delle parti, attraverso la iscrizione del contratto nella sezione ordinaria del registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sede.

Nel modello della rete-contratto, invece non si crea un nuovo soggetto giuridico, l’eventuale organo comune agisce non in forza di una rappresentanza organica, bensì di un mandato (normalmente con rappresentanza). E’ peraltro da sottolineare che la rete-contratto può avere, oltre all’organo comune anche un fondo patrimoniale comune.

Non solo, quindi, si tratta di considerare le conseguenze fiscali di due possibili modelli di rete ma anche di valutare l’impatto delle singole scelte negoziali.

Il passaggio da semplice contratto di rete a soggetto indipendente, non avviene in maniera automatica, ma solo in presenza della soddisfazione di due requisiti fondamentali, ossia la presenza di un patrimonio comune condizione necessaria e sufficiente per istituire un organo di gestione; la presenza di queste due caratteristiche portano la possibilità di optare all’iscrizione della rete alla sezione ordinaria del registro imprese, nella cui circoscrizione è stabilita la sede della rete.

Entrambe le tipologie di reti devono possedere i requisiti obbligatori richiesti dal dl n. 5/2009: essere costituite da più imprenditori, aver approvato un programma comune di rete asseverato da enti appartenenti all’associazionismo datoriale presenti nel Cnel, e aver sviluppato forme di collaborazione tecnica, industriale o commerciale per accrescere la propria competitività.

 

Profili fiscali ed operativi delle reti-soggetto 

I decreti crescita hanno immesso la possibilità per la rete dotata di fondo patrimoniale comune di acquisire la soggettività giuridica, facoltativa e condizionata all’iscrizione del contratto di rete nella sezione ordinaria del registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sede. La rete diviene soggetto di diritto (rete-soggetto) e, in quanto autonomo centro di imputazione di interessi e rapporti giuridici, acquista rilevanza anche dal punto di vista tributario. Tale aspetto diviene rilevante dal punto di vista dell’assimilazione ai consorzi soprattutto a rilevanza esterna.

L’acquisizione della soggettività giuridica della rete comporta in essere divenire civilisticamente un autonomo soggetto, distinto dalle imprese partecipanti, esprimendo in virtù di ciò, a livello fiscale la capacità di realizzare, in modo unitario e autonomo, il presupposto d’imposta con tutti i conseguenti obblighi tributari previsti ex lege in materia di imposte dirette ed indirette.

Infatti il comma 2 dell’articolo 73 Tuir dice che “Tra gli enti diversi dalle società, di cui alle lettere b) e c) del comma 1, si comprendono, oltre alle persone giuridiche, le associazioni non riconosciute, i consorzi e le altre organizzazioni non appartenenti ad altri soggetti passivi, nei confronti delle quali il presupposto dell’imposta si verifica in modo unitario e autonomo”.

Le reti dotate di soggettività giuridica sono organizzazioni non appartenente ad altri soggetti e quindi rientreranno tra gli enti commerciali o non commerciali, “diversi dalle società”, di cui alle sopra citate lettere b) e c), a seconda che svolgano o meno attività commerciale in via principale o esclusiva.

Si avrà quindi la determinazione della base imponibile delle società e degli enti commerciali residenti se la rete soggetto esercita attività commerciale in via principale o esclusiva, mentre si applicheranno le disposizioni relative agli “Enti non commerciali residenti” se appunto le reti soggetto non esercitano l’attività commerciale in via principale o esclusiva.

Ai fini Irap invece le reti sono tenute al pagamento dell’imposta in relazione all’attività esercitata se appunto commerciale o non commerciale oppure sono enti non commerciali che svolgono in via residua attività commerciale, ovvero enti non commerciali che svolgono attività istituzionale, tralasciandone comunque lo specifico per le varie fattispecie in distinguo.

Ai fini IVA, sulla rete-soggetto ricorre il presupposto soggettivo di cui all’articolo 4 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, considerando però l’eventuale presenza degli altri due presupposti sia oggettivo che territoriale. Tale soggettività passiva ai fini IVA comporta l’attribuzione di un numero di partita IVA proprio della rete con la conseguenza che gli eventuali adempimenti contabili ai fini dell’imposta in commento saranno effettuati autonomamente dalla rete.

 

Inoltre, la rete-soggetto, rientra tra i soggetti di cui all’articolo 13 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, è obbligata alla tenuta delle scritture contabili. In particolare, la rete-soggetto che ha per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali rientra tra gli enti di cui alla lettera b), comma 1, del citato articolo 13 ed è, pertanto, obbligata alla tenuta delle scritture contabili di cui ai successivi articoli 14, 15 e 16. Invece, la rete-soggetto che non ha per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali rientra tra gli enti di cui alla lettera g, comma 1, dell’articolo 13 ed è, pertanto, obbligata, ai sensi del successivo articolo 20, alla tenuta delle scritture contabili di cui agli articoli 14, 15 e 16, relativamente all’eventuale attività commerciale esercitata.

Altro punto da considerare sono i rapporti tra la rete e le imprese partecipanti considerandolo come un vero e proprio rapporto di natura partecipativa al fondo patrimoniale, analoghi a quelli esistenti tra soci e società.

La contribuzione al fondo patrimoniale da parte delle imprese aderenti al contratto di rete comune deve essere trattata quale “partecipazione” alla rete soggetto che rileverà, al pari dei conferimenti in società, sia contabilmente sia fiscalmente. Al riguardo, si rileva che i conferimenti iniziali, nonché gli ulteriori eventuali contributi successivi, che ciascuna impresa partecipante si impegna a versare al fondo patrimoniale comune, costituiscono un apporto “di capitale proprio” in un nuovo soggetto3.

Nell’imposta di registro, tale contratto deve essere tassato, secondo l’Agenzia, ai sensi dell’art. 4, lett. a), Tariffa D.P.R. 131/1986, ossia considerandolo quale atto di costituzione di “enti diversi dalle società”, ma solo nel caso in cui la rete abbia per oggetto “esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali o agricole”. Qualora la rete-soggetto abbia come scopo quello di esercitare un’ attività economica nei confronti dei terzi in modo abituale che sia ulteriore rispetto a quella delle singole imprese, si potrà quindi tassare l’atto di costituzione con l’imposta fissa di registro (se vi sono solo apporti di denaro o beni mobili oppure di aziende o rami di azienda) oppure con l’imposta proporzionale (in caso di apporti di beni immobili), secondo le aliquote dell’art. 1 della Tariffa. Qualora il contratto di rete si configuri invece quale atto di costituzione di un ente non commerciale o non agricolo, l’atto di costituzione sconterà l’imposizione “residuale” del 3% di cui all’art. 9, Tariffa, D.P.R. 131/1986, sul valore dei beni e diritti apportati.

 

Consorzi sotto nuova veste?

La verosimiglianza nella determinazione del reddito

Le reti-soggetto come sopra, esposto sono considerati soggetti passivi di imposta Ires, Iva, Irap devono emettere fattura, eseguire adempimenti contabili fiscali e burocratici. In questo e per molti aspetti simili sono equiparati ai consorzi, distinguendone però quelli a rilevanza interna, i quali non svolgono attività commerciale e conseguentemente devono ritenersi come per le reti di impresa non commerciale, dai consorzi a rilevanza esterna che svolgono attività verso terzi e svolgono attività commerciale in via esclusiva o prevalente.

È utile partire innanzitutto dalla nozione di consorzio il quale si costituisce per volontà di una pluralità di imprenditori, interessati a coordinare ed organizzare in comune lo svolgimento totale o parziale delle loro attività produttive; le reti di impresa( sia esso rete-soggetto che rete contratto) nascono per perseguire “… lo scopo di accrescere, individualmente e collettivamente, la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato”4. Da questo punto di vista le reti di impresa sono una particolarità dell’attività consortile intesa in senso molto più ampia e meno specifica rispetto alla rete d’impresa.

A prescindere dai profili soggettivi (di imponibilità), visti prima per le reti e che valgono in maniera traslata per i consorzi ( con attività interna ed esterna) la similarità si ha proprio dal puto di vista pratico ad esempio per quanto concerne i contributi che i consorziati/imprese partecipanti devono versare alle rispettive entità di riferimento.

A questi si porta particolare attenzione perché sono componenti di reddito caratteristici, distinguendo tra:

  • contributi versati dai consorziati/partecipanti alle rispettive entità;

  • corrispettivi derivanti dall’attività svolta dall’entità per conto dei consorziati/partecipanti.

 

I contributi possono essere distinti in:

  • contributi periodici versati indistintamente da tutti i consorziati/partecipanti per far fronte a spese di funzionamento dell’entità. però bisogna distinguere ulteriormente tra contributi versati ad un’entità commerciale, non concorrono a formare reddito imponibile ex art. 148 c. 1 Tuir, mentre se versati ad un’entità commerciale costituiscono ricavi d’esercizio, art. 85 c. 1 lett. g Tuir, in quanto tali somme sono erogate dai consorziati/partecipanti a copertura di costi e spese e che trovano come contropartita i costi ed oneri sostenuti dall’entità;

  • contributi straordinari destinati ad affluire nel fondo comune patrimoniale per i consorzi e reti di impresa soggetto, capitale sociale per società consortili, per cui non concorrono a determinare reddito imponibile, in quanto assimilabili ai conferimenti di capitale, quelle somme destinate a costituire o incrementare il fondo comune patrimoniale/fondo consortile (cfr. Ris. Min. 14 marzo 1979 n. 9/492).

Inoltre ci sono i contributi diversi versati a fronte di prestazioni di servizi specifici a favore dei consorziati/partecipanti; questi sono considerati ricavi o se pareggiano direttamente i costi di prestazione sono considerati alla stregua dei contributi periodici e formano direttamente il reddito imponibile, a prescindere dalla imputabilità a enti commerciali e non commerciali.

Infine ci sono i contributi pubblici che sono sempre componenti positivi di reddito, questi si distinguono in conto capitale per l’acquisto o costruzione di beni strumentali, rilevandosi come sopravvenienza, e i contributi in conto esercizio concessi per la copertura di costi di gestione, che costituiscono ricavi (R.M. 28 luglio 1981 n. 8/1102).

Per quanto concerne i corrispettivi pagati da terzi, le somme percepite per l’attività svolta nei confronti dei terzi ma per conto delle imprese consorziate/partecipanti non sono imputabili all’entità, ma ai consorziati/partecipanti stessi. Infatti l’entità resta estranea al risultato economico dell’opera svolta, il quale si produce direttamente in capo alle imprese (C.M. 30 maggio 1986 n. 9/888).

Per fare un esempio concreto quando l’entità si sovrappone alle imprese nel stipulare appalti, essa riscuote i corrispettivi dovuti dall’appaltante per conto delle imprese, e li ripartisce tra di esse secondo le rispettive quote di partecipazione, senza interessare nello specifico il rendiconto economico dell’entità.

 

Conclusioni

Alla luce di quanto esposto ci si riserva una nota di commento al fine di esprimere le diversità tra le entità considerate.

Queste diversità si riverberano soprattutto non tanto dal lato fiscale ma dal lato prettamente pratico e come si vuol dire civilistico.

Infatti a prescindere dall’uguaglianza che lo stesso Testo unico delle imposte sui redditi pone per entrambe le entità, le intenzioni del legislatore nell’introdurre un nuovo assetto di aggregazione aziendale si ripropone nell’ottica di snellire in un certo qual senso la governance di tale tipo di business combination, nel senso lato del termine.

Infatti la differenza che per prima ritorna in mente al lettore della normativa istitutiva delle reti d’impresa è dato da fatto che queste ultime sono gestite da un organo di gestione che molto spesso si configura in una impresa partecipante, individuata dal contratto, riducendo quindi i costi di struttura amministrativa.

La flessibilità, può essere a mio avviso la variabile discriminante che potrebbe far tendere le imprese ad aggregarsi con questo tipo di configurazione giuridica, rispetto ai consorzi, dove ad esempio, soprattutto nelle società consortili molto spesso si ripropone una struttura rigida, alla stregua delle società di capitali.

Con l’introduzione della leva fiscale sulla soggettività giuridica delle reti verrebbe meno quel motore trainante che è stato pensato dal Legislatore, e che poteva essere la svolta decisiva rispetto ai vecchi modelli di organizzazione imprenditoriale.

 

18 febbraio 2016

Sabino Losito

 

1 E’ iscritta in camera di commercio, emette fatture, paga le imposte, tiene la contabilità, ma non può accedere alla detassazione degli utili accantonati previsti in favore dei contratti di rete. Configurandosi come un’organizzazione a sé stante, il rapporto che intercorre tra la rete e le imprese che la formano ha natura partecipativa.

2 Nel caso di un conto corrente unico intestato alla rete (in possesso di codice fiscale), perfino gli interessi attivi vanno ripartiti trale società in proporzione ai conferimenti effettuati.

Nelle reti-contratto l’organo comune, se nominato, agisce in qualità di mandatario con rappresentanza dei contraenti. Un fornitore, quindi, dovrà emettere tante fatture quante sono le imprese che fanno rete, ognuna con la specifi ca intestazione e con l’indicazione della quota parte di prezzo imputabile.

3 Si rileva che viene meno la possibilità per le imprese partecipanti al contratto di fruire dell’agevolazione fiscale prevista dall’articolo 42, comma 2-quater, del decreto legge n. 78 del 2010, atteso che la stessa è condizionata alla realizzazione degli investimenti previsti dal programma di rete da parte delle “imprese che sottoscrivono o aderiscono a un contratto di rete”.

Inoltre Si rileverebbe la possibilità del mancato adempimento dell’asseverazione visto la non possibilità di usufruire della detassazione degli utili per realizzare gli investimenti comuni. La conclusione, peraltro non troppo convincente, pare essere soprattutto basata sulla decisione della Commissione Europea (del 26/1/2011) con cui si è ritenuto che la agevolazione non costituisce aiuto di stato, nel presupposto che la rete di impresa non abbia una propria soggettività giuridica.

4 Elemento essenziale del contratto di rete per il raggiungimento del suddetto scopo è il “programma comune di rete”, sulla base del quale gli imprenditori si obbligano a “collaborare in forme e in ambiti predeterminati attinenti all’esercizio delle proprie imprese ovvero a scambiarsi informazioni o prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica ovvero ancora ad esercitare in comune una o più attività rientranti nell’oggetto della propria impresa”.

Il contratto di rete, inoltre, può anche prevedere l’istituzione di un “fondo patrimoniale comune” e la nomina di un “organo comune incaricato di gestire in nome e per conto dei partecipanti l’esecuzione del contratto o di singole parti o fasi dello stesso”.

Con la circolare n. 4/E del 15 febbraio 2011 è stato chiarito che “l’adesione al contratto di rete non comporta l’estinzione, né la modificazione della soggettività tributaria delle imprese che aderiscono all’accordo in questione, né l’attribuzione di soggettività tributaria alla rete risultante dal contratto stesso”.