Guida pratica al patent box

il ‘patent box’ consiste in un regime opzionale di tassazione agevolata applicabile ai redditi derivanti dall’utilizzazione o dalla concessione in uso di alcune tipologie di beni immateriali; in questo approfondimento analizziamo: gli ambiti di applicazione dell’agevolazione, i beni agevolabili tramite il patent box, il calcolo dell’agevolazione e gli effetti reddituali,

Aspetti generali

patent box software ricerca e sviluppoIl «patent box» – introdotto dall’art. 1, commi 37 – 45, della L. 23.12.2014, n. 190 – consiste in un regime opzionale di tassazione agevolata applicabile ai redditi derivanti dall’utilizzazione o dalla concessione in uso di alcune tipologie di beni immateriali.

Il regime agevolato è applicabile a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31.12.2014 [2015 per i soggetti «solari»)].

Con D.M. 30.7.2015 sono state introdotte le puntuali disposizioni operative atte a far funzionare il regime, mentre due provvedimenti direttoriali dell’Agenzia delle Entrate – n. 144042/2015 e n. 154278/2015 – hanno definito, rispettivamente, le modalità di esercizio dell’opzione e la procedura di ruling.

L’Agenzia delle Entrate ha emanato puntuali indicazioni di prassi con la circolare n. 36/E del 1.12.2015.

Infine, la legge di stabilità 2016 – L. 28.12.2015, n. 208 – ha apportato modificazioni che circoscrivono l’applicazione del regime fiscale agevolativo sotto il profilo oggettivo e valorizzano il criterio di «complementarietà» dei beni.

I soggetti interessati

Secondo l’art. 2 del D.M. 30.7.2015, possono accedere al patent box i seguenti soggetti:

  • persone fisiche che esercitano imprese commerciali ai sensi dell’art. 55 del TUIR;

  • soggetti di cui all’art. 73, comma, 1 lettere a) e b) del TUIR [società di capitali ed enti commerciali residenti];

  • soggetti di cui all’art. 73, comma 1, lettera c), del TUIR [enti non commerciali], relativamente all’attività commerciale eventualmente esercitata;

  • soggetti di cui all’art. 5, comma 1 del TUIR [società personali], a eccezione delle società semplici;

  • soggetti di cui all’art. 73, comma 1, lettera d), del TUIR [società ed enti non residenti], ubicati in Paesi con i quali sia in vigore un accordo per evitare la doppia imposizione e con i quali lo scambio di informazioni sia effettivo, con stabile organizzazione nel territorio dello Stato alla quale sono attribuibili i beni immateriali.

La disposizione non trova invece applicazione con riferimento ad artisti e professionisti.

Le cause di esclusione previste – di cui all’art. 3 del decreto ministeriale – sono le seguenti:

  • procedure di fallimento in corso, dall’inizio dell’esercizio in cui interviene la dichiarazione di fallimento;

  • procedure di liquidazione coatta, dall’inizio dell’esercizio in cui interviene il provvedimento che ordina la liquidazione;

  • procedure di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi dall’inizio dell’esercizio in cui interviene il decreto motivato che dichiara l’apertura della procedura di amministrazione straordinaria sulla base del programma di cessione dei complessi aziendali.

L’ambito oggettivo

Ai sensi dell’art. 1, comma 39, della L. n. 190/2014, l’agevolazione interessava i redditi derivanti dall’utilizzo di:

  • opere dell’ingegno;

  • brevetti industriali;

  • marchi d’impresa;

  • disegni e modelli;

  • processi, formule e informazioni relativi ad esperienze acquisite nel campo industriale, commerciale o scientifico giuridicamente tutelabili.

I beni immateriali agevolabili vengono definiti dall’art. 6 del DM 30.7.2015, con rinvio alle disposizioni interne, comunitarie e internazionali.

Nel diritto interno, si può fare riferimento alla L. 22.4.1941, n. 633, nonché al codice della proprietà industriale [D.Lgs. 10.2.2005, n. 30].

Le opere dell’ingegno agevolabili sono state limitate – dopo l’intervento della legge di stabilità 2016 – al solo software coperto da copyright.

Rimangono escluse dall’agevolazione le altre opere dell’ingegno tutelate dal diritto d’autore, quali:

  • banche dati;

  • opere musicali, film e audiovisivi in generale;

  • opere letterarie.

Oltre all’utilizzo dei beni immateriali da parte di soggetti terzi, sono agevolate anche le ipotesi di uso diretto dei beni da parte del soggetto titolare e di concessione in uso del diritto all’utilizzo di tali beni.

Le attività di ricerca e sviluppo

Condizione imprescindibile affinché le imprese possano optare per il regime di Patent box è che le stesse svolgano attività di ricerca e sviluppo finalizzate allo sviluppo, al mantenimento, nonché all’accrescimento del valore dei beni immateriali agevolabili.

La relazione illustrativa al DM 30.7.2015 precisa che:

  • non è necessario che le attività di ricerca e sviluppo relative ad un determinato bene siano esercitate nel periodo d’imposta in cui, in concreto, si fruisce dell’agevolazione, ma è sufficiente che l’attività sia svolta nei periodi d’imposta precedenti;

  • è comunque sempre necessario che si tratti di attività di ricerca e sviluppo direttamente collegate al bene da esse “generato”;

  • è irrilevante il luogo di svolgimento dell’attività di ricerca e sviluppo, per cui tali attività possono essere svolte anche all’estero.

L’art. 8 del DM 30.7.2015 definisce le attività di ricerca e sviluppo «qualificate».

Rientrano in tale nozione le seguenti attività:

  • la ricerca fondamentale;

  • la ricerca applicata;

  • il design;

  • l’ideazione e la realizzazione del software protetto da copyright;

  • le ricerche di mercato e la protezione dei diritti;

  • le attività relative ai marchi.

Il calcolo dell’agevolazione

Il beneficio fiscale consente di escludere dal reddito il 50% dei redditi derivanti dalla concessione in uso o dall’utilizzo diretto dei beni immateriali agevolabili.

La quota di reddito agevolabile si limita però alla parte del reddito stesso determinata, mediante un procedimento indiretto, sulla base del rapporto tra le pese sostenute per il bene immateriale e la totalità delle spese sostenute dal contribuente.

È quindi necessario:

  • determinare il reddito derivante dall’utilizzo – diretto o indiretto – dei beni immateriali;

  • calcolare il rapporto tra i costi afferenti l’attività di ricerca e sviluppo sostenuti per il mantenimento, l’accrescimento e lo sviluppo del bene immateriale [costi qualificati] e i costi complessivi sostenuti;

  • applicando al reddito derivante dall’utilizzo del bene immateriale il coefficiente in tal modo ricavato, individuare la quota di reddito agevolabile;

  • applicare a tale quota di reddito la percentuale di detassazione riconosciuta.

Il collegamento tra le spese sostenute per attività di ricerca, i beni immateriali e il reddito agevolabile da essi generato deve risultare da un adeguato sistema di rilevazione contabile o extracontabile, come richiesto dall’art. 11 del D.M. 30.7.2015.

Ai sensi dell’art. 7, comma 2, del decreto, nel caso di concessione in uso a terzi dei beni immateriali, il reddito agevolabile è costituito dai canoni derivanti da tale concessione in uso al netto dei costi fiscalmente rilevanti diretti e indiretti a essi collegati.

La procedura di ruling

In determinate ipotesi, il decreto ministeriale prevede che l’accesso al patent box sia subordinato all’esperimento di una procedura di ruling secondo l’art. 8, comma 5, del D.L. 30.9.2003, n. 269.

In particolare, in caso di utilizzo diretto dei beni immateriali [art. 1, comma 39, L. n. 190/2015], il contributo economico di tali beni alla produzione del reddito complessivo beneficia dell’esclusione del 50% a condizione che venga determinato attraverso il ruling. In tali ipotesi la procedura ha a oggetto la determinazione, in via preventiva e in contraddittorio con l’Agenzia delle Entrate, dell’ammontare dei componenti positivi di reddito impliciti e dei criteri per l’individuazione dei componenti negativi riferibili ai predetti componenti positivi.

Il ruling è invece facoltativo quale strumento per la determinazione del reddito derivante dall’utilizzo dei beni immateriali nell’ambito di operazioni con società che direttamente o indirettamente controllano l’impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa [art. 12, comma 1, lett. ii), e comma 2, del D.M. 30.7.2015].

Il ruling obbligatorio potrebbe quindi essere evitato avvalendosi di una società appositamente costituita, in seno al gruppo, per la gestione delle attività di ricerca e sviluppo: un simile comportamento non concretizza «abuso», come specificato dall’Agenzia delle Entrate, giacché non consente la fruizione di un vantaggio fiscale [circolare n. 36/E del primo dicembre 2015, paragrafo 3].

Presenta complicazioni la determinazione del reddito derivante dall’uso diretto dei beni immateriali: in tale ipotesi è infatti necessario individuare per ciascun bene immateriale oggetto dell’opzione il contributo economico da esso derivante che ha concorso a formare il reddito o la perdita di impresa.

La relazione di accompagnamento al decreto ministeriale precisa al riguardo che il contributo economico consiste in un reddito figurativo riconducibile ai beni immateriali, incorporato nel reddito dell’attività svolta dal contribuente. Per estrarre questo reddito «implicito» occorre isolare – attraverso il ruling – le componenti positive e negative di reddito ascrivibili allo sfruttamento del bene intangibile, al fine di identificare la quota agevolabile.

Si osserva al riguardo che l’art. 8 del D.L. n. 269/2003 è stato abrogato dall’art. 31 ter del D.P.R. n. 600/1973, introdotto dal D.Lgs. [internazionalizzazione] n. 147 del 14 settembre 2015.

Il riferimento al ruling va quindi ora indirizzato al provvedimento direttoriale dell’Agenzia delle Entrate 1.12.2015, n. 154278.

Ai sensi dell’art. 12, comma 3, del decreto, per le piccole e medie imprese – secondo la definizione contenuta nella raccomandazione 2003/361/CE94 – è prevista una procedura di ruling obbligatoria da attuarsi con modalità semplificate. Secondo il citato provvedimento n. 154278/2015, con riferimento a tali soggetti e alle microimprese i metodi e i criteri di calcolo potranno essere definiti in contraddittorio con l’ufficio nel corso della procedura, senza la necessità di precisarli già nell’istanza.

Il periodo di riferimento

Ai fini del computo del rapporto tra i costi, in base al quale si determina la quota agevolabile, l’art. 9, comma 6, lett. a), del decreto ministeriale, stabilisce che per il primo periodo di imposta di efficacia delle disposizioni sul patent box e per i due successivi, i costi:

  • sono quelli sostenuti nel periodo di imposta cui si riferisce la dichiarazione dei redditi e nei tre periodi precedenti;

  • sono assunti complessivamente, senza distinzione per singolo bene immateriale.

Con specifico riferimento al 2015 e a soggetti con periodo di imposta solare, ai fini del calcolo del rapporto assumono quindi rilevanza i costi sostenuti nel quadriennio 2015, 2014, 2013 e 2012.

A partire dal terzo periodo di imposta successivo a quello di efficacia delle disposizioni [cioè dal 2018], i costi:

  • saranno quelli sostenuti nei periodi di imposta in cui le presenti disposizioni trovano applicazione;

  • verranno assunti distintamente per ciascun bene immateriale.

La misura della detassazione

La quota agevolabile, come sopra determinata, non concorre fiscalmente al reddito di impresa – a regime – per il 50% del relativo ammontare.

Nella fase di prima applicazione, la percentuale di esclusione è ridotta [art. 9, comma 8, D.M. 30.7.2015]:

  • al 30%, per il periodo di imposta 2015;

  • al 40%, per il periodo di imposta 2016.

Le plusvalenze da cessione di beni immateriali

Per quanto stabilito dall’art. 10, comma 2, del decreto ministeriale, sono escluse dal reddito dell’impresa le plusvalenze derivanti dalla cessione di beni immateriali agevolabili, a condizione che almeno il 90% del corrispettivo derivante dalla cessione sia reinvestito, prima della chiusura del secondo periodo di imposta successivo a quello nel quale si è verificata la cessione, in attività di ricerca e sviluppo finalizzate allo sviluppo, al mantenimento e accrescimento di altri beni immateriali.

La cessione può essere effettuata:

  • direttamente dai soggetti beneficiari;

  • mediante contratti di ricerca da università o enti di ricerca e organismi equiparati;

  • mediante contratti di ricerca da società, anche start up innovative1, diverse da quelle che direttamente o indirettamente controllano l’impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa;

  • mediante contratti di ricerca da società, anche start up innovative, che direttamente o indirettamente controllano l’impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa, le quali si siano limitate a fare svolgere le attività di ricerca e sviluppo ad università, enti, società.

Se non si verificano le condizioni previste per l’esenzione, il reddito del secondo periodo di imposta successivo a quello in cui si verifica la cessione deve essere aumentato dell’importo della plusvalenza che avrebbe concorso a formare il reddito nel periodo d’imposta in cui è stata realizzata in assenza della suddetta previsione. In tale ipotesi, nella dichiarazione fiscale relativa al secondo periodo di imposta successivo, va operata una variazione in aumento corrispondente all’importo della plusvalenza.

Anche le plusvalenze, se realizzate infragruppo, possono essere facoltativamente determinate mediante la procedura di ruling preventivo [art. 10, comma 3, decreto].

Patent box e perdite

Soprattutto nelle fasi iniziali della ricerca, in presenza di costi eccedenti i ricavi, il reddito prodotto dal bene immateriale potrebbe risultare negativo.

Secondo quanto è stato precisato al riguardo dall’Agenzia delle Entrate [circolare n. 36/E cit., paragrafo 2], in tale evenienza gli effetti positivi dell’opzione verranno rinviati agli esercizi nei quali il bene immateriale sarà produttivo di reddito.

Le perdite generate in seguito al calcolo dell’agevolazione, a causa dell’eccesso di costi, concorreranno in modo ordinario alla formazione del reddito di impresa del periodo.

Sempre secondo quanto puntualizzato dall’Agenzia delle Entrate nella circolare sopra richiamata, le perdite che sono invece generate in vigenza del regime di patent box – e quindi a regime già in corso – dovranno essere recuperate, attraverso un meccanismo di «recapture», nell’ambito del medesimo regime, nel momento in cui il bene immateriale comincerà a produrre redditi.

Tali perdite saranno quindi scomputate dal reddito lordo agevolabile [pari all’eccedenza dei ricavi rispetto ai costi riferibili al singolo bene immateriale], fino al loro completo esaurimento.

La concreta fruizione della tassazione agevolata, sotto forma di variazione in diminuzione, avrà quindi luogo nel momento in cui il bene immateriale genererà redditi depurati da eventuali perdite pregresse prodotte in vigenza del regime di patent box.

L’esercizio e la durata dell’opzione

Le modalità di esercizio e la durata dell’opzione sono oggetto dell’art. 4 del decreto ministeriale.

Al riguardo si precisa – anche con riferimento alla relazione di accompagnamento del decreto – che l’opzione per il patent box:

  • non deve essere necessariamente esercitata con riferimento a tutti i beni immateriali detenuti dai soggetti beneficiari;

  • può essere esercitata da tutti i soggetti titolari di reddito di impresa, comprese le start up;

  • ha la durata di cinque esercizi sociali;

  • è irrevocabile;

  • è rinnovabile.

Le modalità di esercizio dell’opzione per il 2015 e per il 2016 – per il periodo di imposta in corso e per i quattro periodi successivi – prevedono una comunicazione all’Agenzia delle Entrate secondo quanto stabilito da un apposito provvedimento [n. 144042 del 10.11.2015].

Dal terzo periodo di imposta successivo a quello in corso al 31.12.2014 [dal 2017 per i soggetti con esercizio solare], l’opzione potrà essere comunicata direttamente nella dichiarazione dei redditi e avrà decorrenza dal periodo di imposta cui la medesima dichiarazione si riferisce.

In caso di utilizzo diretto dei beni immateriali, l’opzione acquista invece efficacia dal periodo nel quale viene presentata l’istanza di ruling.

Legge di stabilità 2016

Importanti cambiamenti alle norme qui commentate sul patent box sono intervenuti, come sopra anticipato, a seguito dell’entrata in vigore – il primo gennaio 2016 dell’ultima legge di stabilità [L. 28.12.2015 n. 208]. 

Ai sensi dell’art. 1, comma 148, di tale legge, infatti:

  • all’art. 1, comma 39, della L. n. 190/2014, l’espressione «opere dell’ingegno» è stata sostituita con «software protetto da copyright»; di conseguenza, l’ambito applicativo dell’agevolazione con riferimento alle opere dell’ingegno è ora limitato a una particolare tipologia di bene immateriale, già preveduto dall’art. 6, comma 1, punto (i), del decreto attuativo; rimangono inoltre agevolabili brevetti, marchi disegni e modelli e informazioni aziendali [punti da (ii) a (v)];

  • inserendo il nuovo comma 42-ter al citato art. 1, è stato previsto che, qualora più beni immateriali agevolabili, appartenenti a un medesimo soggetto, siano collegati da vincoli di complementarietà e vengano congiuntamente utilizzati ai fini della realizzazione di un prodotto o di una famiglia di prodotti o di un processo o di un gruppo di processi, questi beni si considerano unitariamente come un solo bene immateriale.

La tutela del software

Rispetto a quanto posto in evidenza sopra, in ragione della collocazione privilegiata del software tra gli «intangibili» oggetto di agevolazione, si fornisce di seguito qualche precisazione.

Il software si può distinguere:

  • secondo le finalità, in:

    • software di base, stabilmente incorporato nella memoria del computer e funzionale alla miglior gestione delle risorse dello stesso;

    • software applicativo, corrispondente al programma che consente l’applicazione di una determinata funzione da parte del computer;

  • secondo le esigenze aziendali, in:

    • software standardizzato, prodotto in serie senza riguardo per le specifiche necessità di un committente particolare;

    • software specifico, predisposto in base alle esigenze del committente.

Nell’ordinamento giuridico italiano, il software trova disciplina e tutela giuridica grazie al D.Lgs. 29.12.1992, n. 518, il quale ha recepito la direttiva CEE 14.5.1991, n. 250 e ha integrato la L. 22.4.1941, n. 633, sul diritto d’autore.

Allo stato, i diritti d’autore sul software seguono l’ordinaria distinzione tra:

  • diritto morale d’autore, che spetta ordinariamente al creatore dell’opera;

  • diritti patrimoniali d’autore, i quali possono essere ceduti a terzi con contratto (art. 110, L. n. 633/1941).

Telefisco 2016

Successivamente all’entrata in vigore della legge di stabilità, che come si è visto sopra ha circoscritto il campo di applicazione del patent box, l’Agenzia delle Entrate ha fornito alcuni chiarimenti sull’agevolazione nell’ambito della videoconferenza annuale «Telefisco».

In particolare, le precisazioni dell’Agenzia si riferiscono all’art. 1, comma 40, della L. n. 190/2014, ove è stabilito che non concorrono a formare il reddito complessivo, in quanto escluse dalla formazione del reddito, le plusvalenze derivanti dalla cessione dei beni immateriali agevolati [marchi, brevetti, opere dell’ingegno], a condizione che almeno il 90% del corrispettivo derivante dalla cessione dei predetti beni sia reinvestito:

  • nella manutenzione o nello sviluppo di altri beni immateriali agevolabili;

  • prima della chiusura del secondo periodo di imposta successivo a quello nel quale si è verificata la cessione.

L’Agenzia delle Entrate chiarisce che, come si evince dalla lettera della norma, la percentuale indicata non si riferisce all’ammontare della plusvalenza, bensì al corrispettivo della cessione.

L’Agenzia delle Entrate ha inoltre precisato che, a seconda dei fatti e delle circostanze, le tecniche di valutazione che possono essere utilizzate dai contribuenti e dalle amministrazioni fiscali sono quelle individuate tra i metodi OCSE sui prezzi di trasferimento.

Viene quindi consentita l’applicazione di metodi differenti da quelli previsti dalle TP Guidelines [linee guida sul transfer pricing elaborate dall’OCSE, la cui applicazione è prevista sia dal decreto ministeriale sia dal provvedimento dell’Agenzia delle Entrate], purché i prezzi così determinati siano conformi al principio di arm’s length sancito in ambito OCSE [principio di libera concorrenza stabilito secondo il quale il quale il prezzo equo applicabile nelle transazioni infragruppo è quello che sarebbe stato pattuito per transazioni similari poste in essere tra imprese indipendenti].

Tali altri metodi non dovrebbero però essere impiegati in sostituzione di quelli previsti dall’OCSE, nel caso in cui questi ultimi risultino più appropriati nel caso specifico; l’utilizzo dei metodi alternativi richiede altresì idonea motivazione.

Si osserva al riguardo che le linee guida OCSE prevedono due metodi per la valutazione degli «intangibili»:

  • il metodo CUP, fondato sull’analisi della congruità del prezzo applicato in una transazione tra parti non indipendenti rispetto ad analoghe transazioni tra soggetti indipendenti;

  • il metodo profit split, consistente nell’allocare il reddito complessivo della transazione alle parti coinvolte in base alle funzioni svolte, ai rischi assunti e alle attività utilizzate.

A livello nazionale, l’OIV [Organismo Italiano di Valutazione] ha pubblicato il 4.12.2015 un proprio documento, proponendo due metodi sostanzialmente sovrapponibili a quelli OCSE:

il metodo relief from royalty, sostanzialmente assimilabile ad un CUP in quanto fa riferimento ad evidenze di mercato;

il metodo excess earnings– che identifica il contributo economico con il reddito residuale nel caso in cui l’impresa possedesse esclusivamente il bene immateriale che si vuole agevolare e fosse costretta a pagare per ottenere in locazione tutti gli altri beni materiali e immateriali [assimilabile al profit split].

Secondo l’Agenzia delle Entrate, infine, la novità introdotta dalla legge di stabilità 2016, relativa alla possibilità di considerare come un unico bene immateriale due o più beni appartenenti a diverse tipologie collegati tra loro da un vincolo di complementarietà può applicarsi anche alle opzioni e istanze di ruling prodotte entro il 31.12.2015.

19 febbraio 2016

Fabio Carrirolo

1 Su definizione, caratteristiche e vantaggi delle imprese «start up innovative», si fa rinvio alla normativa di riferimento costituita dal D.L. 18.10.2012, n. 179 [convertito con modificazioni dalla L. 17.12.2012, n. 221], nonché dalle disposizioni modificative del D.L. 28.6.2013, n. 76 [convertito dalla L. 9.8.2013, n. 99, del D.L. 31.5.2014 n. 83 [convertito dalla L. 29.7.2014, n. 106, dal D.L. 24.1.2015, n. 3, convertito dalla L. 24.3.2015, n. 33], oltre che alle indicazioni interpretative contenute nelle circolari n. 16/E dell’11.6.2014 dell’Agenzia delle Entrate e n. 3672/C del 29.8.2014 del Ministero dello Sviluppo economico.