Cessazione di attività di lavoro autonomo e cessione della clientela

nel caso in cui un lavoratore autonomo decida di cessare la propria attività occorre conoscere i riferimenti normativi e di prassi che danno le indicazioni su come gestire tale chiusura: esistono infatti problematiche sia dal punto di vista IVA che dal punto di vista delle imposte sui redditi e conseguentemente dal lato della previdenza

Cessazione di attività di lavoro autonomo e cessione della clientela – Abstract

trattamento iva delle spese anticipate per conto del clienteNel caso in cui un lavoratore autonomo iscritto o meno ad albo professionale decida di cessare la propria attività occorre conoscere i riferimenti normativi e di prassi che danno le indicazioni su come gestire tale chiusura.

Esistono infatti problematiche sia dal punto di vista IVA che dal punto di vista delle imposte sui redditi e conseguentemente dal lato della previdenza.

Infatti se in molti casi le criticità non sono particolari dati i bassi valori in gioco, in altri la chiusura della partita iva può essere una scelta “pericolosa” e conseguentemente va gestita con oculatezza. Soccorrono a tal proposito due interventi ministeriali (C.M n. 11/2007 e R.M. n. 232/2009) che rappresentano gli unici due contributi di prassi ministeriali di riferimento.

Cessioni del pacchetto clienti e cessazione attività: aspetti reddituali

La C.M. n. 11/2007 analizza il caso del corrispettivo della cessione di uno studio professionale che può essere utile nella fattispecie che qui interessa per affrontare l’aspetto reddituale della cessazione della posizione di un lavoratore autonomo.

La citata circolare ricorda che il D.L. n. 223/2006 ha inserito nell’articolo 54 TUIR il nuovo comma 1-quater che stabilisce la concorrenza alla formazione del reddito da lavoro autonomo del corrispettivo percepito a seguito di cessione della clientela e di elementi immateriali riferibili all’attività professionale.

Contestualmente, il richiamato decreto ha introdotto nel comma 1 dell’articolo 17 TUIR relativo al regime della tassazione separata, la lettera g-ter), la quale prevede l’assoggettamento a tassazione separata dei corrispettivi per cessione della clientela, purchè percepiti in unica soluzione.

Anche se la lettera della norma da ultimo richiamata fa riferimento al pagamento in “un’unica soluzione” si ritiene che il regime di tassazione separata sia applicabile anche nel caso in cui il corrispettivo sia percepito in più rate, ma nello stesso periodo d’imposta.

Anche in tale ipotesi, infatti, risulta rispettata la ratio ispiratrice della norma, diretta ad evitare che un corrispettivo elevato si cumuli con gli altri redditi percepiti nell’anno, determinando l’applicazione in capo al contribuente di scaglioni ed aliquote più elevate.

Nel diverso caso in cui il corrispettivo per la cessione della clientela sia percepito in più periodi d’imposta, la modalità di tassazione sarà in ogni caso, quella ordinaria.

Per quanto concerne l’ipotesi di corrispettivo rateale percepito da un soggetto che, dopo la cessione della clientela, intende cessare l’attività, si ritiene che resti ferma, in relazione a tutte le rate, la qualificazione reddituale operata dall’art. 54, comma 1-quater TUIR.

Infatti, attraverso la modifica normativa in commento, il legislatore ha inteso ricondurre nell’ambito del reddito di lavoro autonomo i corrispettivi percepiti a seguito di cessione della clientela o di elementi immateriali “comunque riferibili all’attività artistica o professionale”.

Pertanto, la cessione del “pacchetto clienti” genera interamente reddito professionale da assoggettare a tassazione ordinaria ai sensi dell’art. 54 TUIR.

Questo comporta, tra l’altro, che il lavoratore autonomo deve conservare la partita IVA fino all’incasso dell’ultima rata.

Del resto l’attività del professionista non si può considerare cessata fino all’esaurimento di tutte le operazioni, ulteriori rispetto all’interruzione delle prestazioni professionali, dirette alla definizione dei rapporti giuridici pendenti, ed, in particolare, di quelli aventi ad oggetto crediti strettamente connessi alla fase di svolgimento dell’attività professionale.

chiusura di attività di lavoro autonomo e cessione del pacchetto clienti

Nota bene

Se per la cessione della clientela non è percepito alcun corrispettivo, la cessione è irrilevante per il professionista (C.M. 13 marzo 2009 n. 8/E)

E ciò accade anche nel caso in cui avvenga a seguito della costituzione di un’associazione professionale e consenta al professionista, quale effetto indiretto, una maggiore partecipazione agli utili, purchè sia esclusa da una clausola statutaria una specifica remunerazione all’atto dell’eventuale successivo recesso (R.M. 9 luglio 2009 n. 177/E).

E’ peraltro vero che la dottrina sostiene anche un’altra tesi.

Infatti parte della dottrina afferma che le somme percepite da un ex professionista dopo la cessazione dell’attività, anche se sono relative a prestazioni effettuate durante l’esercizio dell’attività professionale non rientrano nel reddito di lavoro autonomo ma rientrano tra i redditi diversi (Memento fiscale Ipsoa).

Tale soluzione appare più pratica che corretta dal punto di vista sistematico e ciò poiché se anche si ritenesse corretto di classificare nella categoria di reddito di lavoro autonomo i compensi percepiti successivamente alla cessazione della partita IVA, si dovrebbe seguire una delle due seguenti soluzioni:

  1. Dichiarare nell’anno di cessazione il reddito seppur non percepito, versare IVA e contributi previdenziali
  1. Dichiarare secondo il principio di cassa il reddito nell’anno di percezione compilando un RE ma senza poter indicare un codice attività e con una posizione previdenziale già estinta.

Insomma le problematiche sono di ordine dichiarativo e sono strettamente pratiche (si veda il contributo dato nell’esempio al calce al presente articolo)

chiusura di attività di lavoro autonomo e cessione del pacchetto clienti

Aspetti IVA delle cessazione

In buona sostanza dunque l’Agenzia sostiene che l’attività di un professionista cessa quando lo stesso, astenendosi dal porre in essere ulteriori prestazioni,provveda ad un complesso di operazioni tese alla definizione di tutti i rapporti giuridici pendenti, compreso l’incasso dei crediti maturati e rimasti insoluti.

Con la circolare n. 11/2007 in relazione alla rilevanza fiscale della cessione del pacchetto clienti in cui il pagamento avveniva in forma rateale è stato precisato che l’attività del professionista non si può considerare cessata fino all’esaurimento di tutte le operazioni, ulteriori rispetto all’interruzione delle prestazioni professionali, dirette alla definizione dei rapporti giuridici pendenti, ed, in particolare, di quelli aventi ad oggetto crediti strettamente connessi alla fase di svolgimento dell’attività professionale.

La R.M. n. 232/2009 interviene tuttavia effettuando una importante precisazione ed innovando la precedente interpretazione soprattutto per fornire, si ritiene, una valida alternativa al professionista che necessita di cessare la propria posizione.

L’interpretazione data dalla risoluzione è la seguente:

“La cessazione dell’attività per il professionista non coincide, pertanto, con il momento in cui egli si astiene dal porre in essere le prestazioni professionali, bensì con quello, successivo, in cui chiude i rapporti professionali, fatturando tutte le prestazioni svolte e dismettendo i beni strumentali.

Fino al momento in cui il professionista, che non intenda anticipare la fatturazione rispetto al momento di incasso del corrispettivo, non realizza la riscossione dei crediti, la cui esazione sia ritenuta ragionevolmente possibile l’attività professionale non può ritenersi cessata.

Nella ratio di tale interpretazione il contribuente il quale ha emesso fattura ad esigibilità differita non può procedere alla chiusura della partita IVA, fintanto che non avviene la riscossione del credito, atteso che, per i rapporti creditori pendenti, oggetto di un procedimento giudiziario in corso, la riscossione risulta ragionevolmente possibile.

Tali crediti dovranno essere regolarmente assoggettati ad IVA, atteso che al momento della loro riscossione risulteranno essere soddisfatti i requisiti richiesti ai fini dell’imponibilità, di cui all’art. 1 del DPR n. 633 del 1972.

Tuttavia, qualora l’istante volesse comunque chiudere la propria partita IVA, senza attendere l’esito del procedimento pendente, dovrà procedere al previo versamento dell’imposta indicata in fattura.

CHIUSURA P.IVA

SOLO SE EMESSA FATTURA E VERSATA IVA

Esempio

Un architetto decide di chiudere la P.IVA perché viene assunto a tempo indeterminato in un azienda dal prossimo 1/1/2016.

Si ritrova tuttavia ad avere ancora note proforma da incassare e fatture ad esigibilità differita ad enti pubblici per circa 15.000 €.

Seguendo le istruzioni dell’agenzia dovrebbe attendere l’incasso di tutte le fatture per poi procedere alla chiusura della P.IVA. Tuttavia tale scelta non è affatto conveniente né di buon senso per l’architetto.

La soluzione è dunque quella di emettere tutte le fatture con applicazione dell’IVA e provvedere al versamento del tributo; in questo modo “il mondo IVA” è chiuso.

Resta peraltro incerto il trattamento delle somme che il soggetto percepirà a seguito della cessazione della propria attività.

Se si segue la rigida interpretazione dell’agenzia tali somme dovrebbero concorrere al formare reddito di lavoro autonomo; senonchè a seguito della nota proforma che indica imponibile e ritenuta il soggetto verrà presumibilmente pagato quando è un semplice privato vedendosi applicare comunque la ritenuta.

Tale ritenuta sarà presumibilmente scomputata dal reddito di lavoro autonomo ma con una difficile gestione del quadro RE poiché il soggetto non esercita più alcuna attività e non indica nessun codice ATECO in UNICO (con possibili conseguenti problemi di scarto della dichiarazione).

Da non sottovalutare poi la problematica previdenziale che nel caso di casse previdenza private sfugge ai controlli automatizzati di UNICO ma che nel caso di professionisti iscritti alla Gestione separata INPS appare più cogente.

L’incrocio fra la compilazione di RE e RR è ben noto, quindi nulla di più semplice di vedersi richiedere dall’INPS i contributi sul compenso da attività professionale indicato in RE seppur incassato vari anni dopo la chiusura della posizione IVA.

Di tutt’altra portata sarebbe invece la scelta di posizione a RL definendoli redditi diversi i compensi percepiti post cessazione della P.IVA escludendo a priori il controllo automatizzato della corrispondenza fra RE e RR.

Per approfondire:

Cessione della clientela: è un’operazione soggetta ad IVA? (2019)

Cessione della clientela: effetti fiscali (2023)

4 novembre 2015

Fabio Balestra

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