La legittimità della notifica in ambito tributario; consigli pratici, grafia illeggibile, portiere e vicino di casa, documentata irreperibilità

un’analisi delle regole che normano la notifica degli atti in ambito tributario; l’articolo può essere molto utile per un contenzioso che verta su nullità o inesistenza delle notifiche ritenute valide dall’amministrazione, ma non dal contribuente: irreperibilità, servizio postale, grafia illeggibile della firma, notificazione nelle mani del portiere o del vicino di casa, documentate vane ricerche delle altre persone della famiglia abilitate a ricevere

La legittimità della notifica in ambito tributario

Documentata irreperibilità

sentenza corte di cassazione

La Corte di Cassazione, con la recente Ordinanza n. 12849 del 22 giugno 2015, ha accolto il ricorso di un contribuente, affermando che era errata la decisione della CTR, la quale aveva ritenuto valida la notifica sulla base della sola irreperibilità del destinatario, come attestata dal messo notificatore.

Secondo i giudici di legittimità, invece, era necessario richiamare i principi già affermati dalla Corte in precedenti pronunce (Sez. 5, Sentenza n. 14030 del 27/06/2011), secondo cui la disciplina di cui all’art. 60 del DPR 600/73, è applicabile solo quando il messo notificatore non reperisca il contribuente perchè risulta trasferito in luogo sconosciuto, accertamento questo, però, a cui il messo deve pervenire dopo aver effettuato ricerche nel Comune dov’è situato il domicilio fiscale del contribuente, per verificare appunto che il suddetto trasferimento non si sia risolto in un mero mutamento di indirizzo nell’ambito dello stesso Comune.

 

Firma illeggibile

Lo stesso giorno, peraltro, la Suprema Corte ha anche emesso la sentenza n. 12846, con la quale, sempre in tema di notifica, richiama il principio affermato dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 9962 del 27 aprile 2010, secondo cui, nel caso di notifica a mezzo del servizio postale, ove l’atto sia consegnato all’indirizzo del destinatario, a persona che abbia sottoscritto l’avviso di ricevimento, con grafia illeggibile, nello spazio relativo alla “firma del destinatario o di persona delegata“, e non risulti che il piego sia stato consegnato dall’agente postale a persona diversa dal destinatario tra quelle indicate dall’art. 7, c. 2, della legge n. 890 del 1982, la consegna deve ritenersi validamente effettuata a mani proprie del destinatario, fino a querela di falso, a nulla rilevando che nell’avviso non sia stata sbarrata la relativa casella e non sia altrimenti indicata la qualità del consegnatario, non essendo integrata alcuna delle ipotesi di nullità di cui all’art. 160 c.p.c., non essendo dunque sufficiente, come invece ritenuto nel caso di specie dal giudice di merito, il mero disconoscimento della sottoscrizione da parte della contribuente destinataria.

L’occasione delle due sentenze può essere utile per qualche approfondimento sul tema, sempre “caldo” della validità delle notifiche.

Intanto una questione di ordine processuale.

Impugnare tempestivamente un atto tributario, eccependone l’irregolarità della notifica e difendendosi comunque poi nel merito della pretesa, rappresenta un comportamento processualmente poco efficace, evidenziando infatti che la notifica, di cui si eccepisce la illegittimità, ha in ogni caso raggiunto lo scopo cui era destinata, consentendo al contribuente di venire a conoscenza dell’atto impositivo senza pregiudizio al proprio diritto di difesa.

Una tale conclusione rispecchia del resto quanto ormai pacificamente affermato dalla giurisprudenza della Corte Suprema, la quale, già con la sentenza delle Sezioni Unite n. 19854 del 5.10.2004, ha infatti affermato che la notificazione dell’avviso di accertamento tributario affetta da nullità rimane sanata, con effetto ex tunc, dalla tempestiva proposizione del ricorso del contribuente, atteso che, da un lato, l’avviso di accertamento ha natura di provocatio ad opponendum, la cui notificazione è preordinata all’impugnazione, e, dall’altro, l’art. 60, c. 1, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, richiama espressamente, in tema di notificazione degli avvisi e degli altri atti che per legge devono essere notificati al contribuente, le norme stabilite dagli artt. 137 e seguenti del codice di procedura civile e quindi dall’art. 160, il quale, attraverso il rinvio al precedente art. 156, prevede appunto che la nullità non possa mai essere pronunciata se l’atto ha raggiunto il suo scopo (Cfr. anche la sentenza della Corte n. 17762 del 12 dicembre 2002 e la n. 7284/2001).

Afferma inoltre la Corte Suprema che

ciò posto, pur in difetto di un espresso richiamo, l’applicazione delle forme sulla notificazione comporta, quale necessità logica, quella del regime delle nullità (in particolare, quella di origine giurisprudenziale sulla differenza tra nullità e inesistenza) e quella sulle sanatorie, che costituisce una sorta di limite alla dichiarazione di nullità, non essendovi alcun principio o ragione sistematica per ritenere che in materia di notificazione di atti di accertamento, pur regolata dal codice di procedura civile, viga un regime diverso”.

Secondo le Sezioni Unite, quindi, l’applicazione della sanatoria del raggiungimento dello scopo nel caso di impugnazione dell’atto la cui notificazione sia affetta da nullità significa che, se il contribuente mostra di aver avuto piena conoscenza del contenuto dell’atto e ha potuto adeguatamente esercitare il proprio diritto di difesa, lo stesso contribuente non potrà dedurre i vizi relativi alla notificazione.

Il principio “di base” che il codice di procedura civile pone in materia si fonda infatti sulla “economia degli atti processuali“, il cui corollario, in base al comma 3 dell’articolo 156 del codice di procedura civile, è appunto che la nullità non può comunque essere pronunciata nel caso in cui l’atto (pur viziato) abbia raggiunto lo scopo cui era destinato.

L’impugnazione da parte del contribuente (da parte cioè di chi la nullità dell’atto medesimo l’ha subita) dell’atto impositivo notificato in modo “irregolare” determina quindi una nullità sanabile (e, di fatto, sanata) mediante la tempestiva proposizione del ricorso.

Tali principi sono stati poi ulteriormente confermati dalla giurisprudenza di legittimità, la quale, con la Sentenza n. 4760 del 27 febbraio 2009, proprio sulla connotazione di inesistenza o nullità della notifica e sugli effetti, anche processuali, sull’atto impositivo legati a tale connotazione, ha affermato che

Quanto al rapporto tra inesistenza della notificazione e inesistenza dell’atto notificando, si rileva, in primo luogo, che gli atti amministrativi d’imposizione tributaria sono sottoposti ad un regime procedimentale, che, pur nelle sue peculiarità rispetto a quello generale dell’atto amministrativo, lascia ben distinta la fase di decisione, o di perfezione dell’atto, rispetto alla fase integrativa della sua efficacia…”.

Se ne deduce, continua la Corte, che la mancanza della notificazione di un atto amministrativo d’imposizione tributaria non influisce sulla sua esistenza.

Da questa natura del rapporto tra l’atto amministrativo d’imposizione tributaria e la sua notificazione deriva in particolare il regime delle condizioni di esistenza e delle condizioni di validità dei due atti.

Quanto alle prime, l’esistenza dell’atto amministrativo tributario non è infatti in alcun modo condizionata dall’esistenza della notificazione: se la notificazione non esiste, è preclusa l’efficacia dell’atto amministrativo, la cui esistenza, però, non viene compromessa e, laddove assumessero (come assumono) rilevanza fatti equipollenti e sostitutivi della notificazione (come appunto il caso dell’impugnazione tempestiva e dettagliata dell’atto, che ne dimostri l’avvenuta, effettiva, conoscenza), l’atto d’imposizione tributaria produce comunque i suoi effetti.

In conclusione, la natura sostanziale e non processuale dell’avviso di accertamento tributario non osta all’applicazione di istituti appartenenti al diritto processuale, soprattutto quando vi sia un espresso richiamo di questi nella disciplina tributaria.

Pertanto, l’applicazione, per l’avviso di accertamento, in virtù del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 60, delle norme sulle notificazioni nel processo civile comporta, quale logica necessità, anche l’applicazione del regime delle nullità e delle sanatorie per quelle dettato, con la conseguenza che la proposizione del ricorso del contribuente produce l’effetto di sanare la nullità della notificazione dell’avviso di accertamento per raggiungimento dello scopo dell’atto, ex art. 156 c.p.c., il cui principio riveste natura di carattere generale e si estende, pertanto, anche all’atto amministrativo d’imposizione tributaria, almeno quando il raggiungimento dello scopo sia ricavabile da comportamenti processuali dello stesso contribuente.

 

Notifica al portiere o vicino di casa

Venendo invece ad altro profilo, la Suprema Corte, con la sentenza n. 22151/2013, depositata in data 27 settembre 2013, ha già in passato, enunciato principi in ordine alla notificazione nelle mani del portiere o del vicino di casa, ex art. 139, c. 3 c.p.c..

La Cassazione dispone dunque, ieri come oggi nella sentenza sopra citata, n. 12849/2015, che, in caso di notifica nelle mani del portiere (o del vicino di casa), l’ufficiale giudiziario deve dare atto, oltre che dell’assenza del destinatario, delle vane ricerche delle altre persone preferenzialmente abilitate a ricevere l’atto, onde il relativo accertamento, sebbene non debba per forza tradursi in forme sacramentali, deve, nondimeno, attestare con chiarezza l’assenza del destinatario e dei soggetti rientranti nelle categorie contemplate dall’art. 139 c.p.c., secondo la successione preferenziale che tale norma stabilisce.

Tuttavia, come in sostanza anche ora confermato dalla Corte, che infatti, con Ordinanza, rinvia il procedimento al giudice di merito, la descritta omissione comporta la nullità e non l’inesistenza della notificazione effettuata nelle mani del portiere o del vicino di casa, quando la relazione dell’ufficiale giudiziario sia priva di tale attestazione (vedasi anche Cass., sez. Unite nn. 8214 e 11332/2005 e successive conformi).

Un principio generale fondamentale, rilevante in tema di notificazioni, è dunque quello di “conservazione degli atti“: in questo senso, laddove sia possibile, l’atto viziato deve essere conservato in ogni caso.

Se dunque l’atto è stato ricevuto, seppure non riportante le “vane ricerche” delle persone preferenzialmente abilitate a ricevere l’atto (ossia, ex art. 139, c. 2 c.p.c. “persona di famiglia o addetta alla casa, all’ufficio o all’azienda, purché non minore di quattordici anni o non palesemente incapace”), che avrebbero legittimato la notifica al portiere o, in subordine, al vicino di casa, non vi è ragione comunque per escludere, tout court, l’esistenza della notifica (o la sua nullità “insanabile”).

 

22 ottobre 2015

Giovambattista Palumbo