Credito d’imposta per investimenti in beni strumentali nuovi (p. I): analisi della norma

Iniziamo un’analisi approfondita di una delle più interessanti misure in essere per il sostegno all’economia, il credito d’imposta per chi investe in nuovi beni strumentali; in questa prima parte: la differenza con le agevolazioni ‘Tremonti’, l’ambito soggettivo della norma e quello oggettivo, l’ambito temporale di applicazione.

1. Credito d’imposta per beni strumentali nuovi – Premessa

La disciplina del credito d’imposta per i nuovi investimenti in beni strumentali compresi nella divisione 28 della tabella ATECO, prevista dall’art. 18 del D.L. n. 91 del 2014 convertito nella legge n. 116 dello stesso anno1, ricalca, per quanto concerne l’ambito soggettivo e oggettivo di applicazione e il calcolo degli investimenti agevolabili, quella delle precedenti detassazioni “Tremonti-bis”2 e “Tremonti-ter”3. Si è scelto, però, di fare ricorso, anziché ad una deduzione dal reddito d’impresa, ad un credito d’imposta, che per i soggetti IRES equivale, considerando l’aliquota del 27,5 per cento, ad una deduzione dall’imponibile pari al 54,5 per cento dell’investimento.

Il credito d’imposta spetta nella misura del 15 per cento delle spese sostenute per investimenti in beni strumentali nuovi effettuati nel periodo dal 25 giugno 2014 al 30 giugno 2015 in eccedenza rispetto alla media di quelli realizzati nei cinque periodi d’imposta precedenti – con facoltà di escludere il periodo nel quale l’investimento è stato maggiore -.

Il detto credito d’imposta non spetta per gli investimenti di importo unitario inferiore a 10.000 euro e va ripartito e utilizzato in compensazione in tre quote annuali di pari importo nonché indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di riconoscimento del credito e in quelle relative ai periodi d’imposta successivi nei quali il credito stesso è utilizzato.

La prima quota annuale è utilizzabile a decorrere dal 1° gennaio del secondo periodo d’imposta successivo a quello in cui è stato effettuato l’investimento. Ad esempio, la compensazione del credito d’imposta relativo al periodo 25 giugno – 31 dicembre 2014 potrà avvenire nel corso del triennio 2016 – 2018.

La tempistica per l’effettuazione degli investimenti e per la fruizione del credito d’imposta e la complessità applicativa costituiscono le principali criticità dell’agevolazione in esame. L’orizzonte temporale di circa un anno per l’effettuazione degli investimenti appare alquanto ristretto rispetto ai tempi necessari sia per valutare l’evoluzione del ciclo economico e la convenienza ad assumere i connessi impegni finanziari sia per la produzione dei beni, solitamente complessi, che formano oggetto dell’incentivo.

I vantaggi in termini di risparmio d’imposta non sono, peraltro immediati – come avvenuto, invece, in occasione delle precedenti agevolazioni – ma sono stati posticipati al 2016 e “spalmati” in un triennio. Il criterio previsto per l’individuazione dei beni per il cui acquisto si può fruire del credito d’imposta ha, inoltre, già dato luogo in passato a problematiche interpretative ed applicative che sono destinate ad incrementarsi in conseguenza della necessità di individuare i beni rientranti nella tabella Ateco 28 non soltanto nel periodo d’imposta agevolato (come avvenuto per la “Tremonti-ter”) ma anche nei periodi precedenti, ai fini del calcolo della media degli investimenti.

Il confronto dei nuovi investimenti con la detta media di quelli effettuati nei periodi precedenti, oltre a complicare notevolmente il calcolo del beneficio, potrebbe, peraltro, penalizzare le imprese che hanno maggiormente investito negli ultimi anni. L’esclusione degli investimenti di importo inferiore a 10.000 euro rischia, altresì, di escludere dall’agevolazione molte piccole imprese.

Appare, invece, positiva la scelta di concedere un credito d’imposta anziché una deduzione dal reddito imponibile, perché in tal modo possono essere agevolate anche le imprese in perdita. Come per l’agevolazione precedente, la fruizione del beneficio non è subordinata all’assenso preventivo dell’Agenzia delle entrate.

L’Agenzia delle entrate ha fornito le proprie istruzioni nella circolare del 19 febbraio 2015, n. 5/E, nella quale è stato evidenziato che il beneficio si caratterizza per ambiti e meccanismi di applicazione, oltre che per modalità di fruizione, differenti rispetto alle precedenti agevolazioni.

Per gli altri aspetti è stato, invece, rinviato, per quanto compatibili, alle istruzioni impartite con la circolare n. 44/E del 27 ottobre 2009 in materia di detassazione “Tremonti-ter”. La circolare Assonime del 2 aprile 2015, n. 9, è successivamente intervenuta a chiarire alcuni dubbi interpretativi lasciati ancora aperti dalle istruzioni fornite dall’Agenzia.

Le principali questioni interpretative affrontate riguardano la rilevanza ai fini agevolativi dei materiali di ricambio, il criterio di imputazione temporale degli investimenti in caso di appalto e le conseguenze della mancata indicazione del credito nella dichiarazione dei redditi. In tale sede l’Associazione ha, inoltre, evidenziato che

“il mondo industriale sta promuovendo varie iniziative per un ampliamento temporale dell’agevolazione e non è, dunque, da escludere che il suo ambito applicativo possa arrivare ad interessare, de iure condendo, gli investimenti effettuati fino a chiusura dell’esercizio 2015”.

Restano, però, aperte anche altre problematiche, non ancora esaminate espressamente dall’Agenzia delle entrate, concernenti, in particolare, l’ambito soggettivo di applicazione, i beni agevolabili e la revoca del beneficio e che sono esaminate nel presente intervento.

In un successivo articolo saranno analizzate le questioni relative alla indicazione del credito nella dichiarazione dei redditi e alle conseguenze della sua omissione, al criterio d’imputazione temporale degli investimenti – con particolare riguardo a quelli realizzati tramite appalto – e al mancato utilizzo in compensazione del credito stesso.

2. Il confronto con le “detassazioni Tremonti”

L’incentivo presenta numerose analogie rispetto alla precedente “detassazione Tremonti-ter”. Per quanto concerne l’ambito soggettivo, possono fruire dell’agevolazione tutti i titolari di reddito d’impresa, indipendentemente dall’adozione di particolari regimi d’imposta o contabili.

Riguardo all’ambito oggettivo, l’investimento deve riguardare beni strumentali nuovi compresi nella divisione 28 della tabella ATECO. L’incentivo è, inoltre, revocato in caso di estromissione dei beni prima del secondo periodo d’imposta successivo a quello di acquisto o se i beni stessi sono trasferiti all’estero.

La principale differenza riguarda, come già evidenziato, il meccanismo applicativo, che non è quello della deduzione, in sede di determinazione del reddito d’impresa, del 50 per cento del valore degli investimenti ma consiste nel riconoscimento di un credito d’imposta.

Quest’ultimo è commisurato al 15 per cento dell’importo delle spese sostenute nel periodo interessato in eccedenza rispetto alla media degli investimenti in beni strumentali realizzati nei cinque periodi d’imposta precedenti, con facoltà di escludere dal calcolo della media il periodo in cui l’investimento è stato maggiore.

E’ stato, quindi, previsto, sotto quest’ultimo aspetto, un meccanismo analogo a quello della “detassazione Tremonti-bis”.

Innovativa risulta anche l’esclusione dall’incentivo degli investimenti di importo unitario inferiore a 10.000 euro. Confindustria ha osservato, nella circolare del 17 ottobre 2014, che, esclusa

“l’ipotesi in cui la deduzione dal reddito d’impresa avrebbe determinato una perdita o una maggior perdita di periodo non compensabile con imponibili positivi prima del terzo periodo successivo (omettendo per semplicità di considerare l’ipotesi del consoli-dato fiscale), in tutti gli altri casi la trasformazione da deduzione dal reddito a credito d’imposta si rivelerà meno vantaggiosa per le imprese. Allo stesso tempo, però, va anche considerato che a parità di volume di investimenti realizzati (avendo riguardo per semplicità alle imprese di nuova costituzione o a quelle per le quali il dato storico di raffronto sia pari a zero), l’agevolazione odierna attribuisce un “bonus”, pari al 15% degli investimenti, leggermente più alto di quello attribuito dalla precedente disciplina che, assumendo a base di calcolo l’ordinaria aliquota IRES del 27,5%, dava luogo a un “bonus” pari al 13,75% degli investimenti)”.

E’, al riguardo, possibile fare riferimento ai chiarimenti già a suo tempo forniti dall’Agenzia delle entrate con riguardo, per quanto concerne il calcolo degli investimenti agevolabili, alla “Tremonti-bis” (circolari del 17 ottobre 2001, n. 90/E, e del 18 gennaio 2002, n. 4/E) e, per l’individuazione dell’ambito oggettivo di applicazione, alla “Tremonti-ter” (circolari n. 44/E del 2009 e del 12 marzo 2010, n. 12/E).

3. L’ambito soggettivo dell’agevolazione

Possono fruire dell’agevolazione tutti i titolari di reddito d’impresa e cioè, come chiarito nella circolare n. 44/E del 2009 e ribadito nella circolare n. 5/E del 2015, innanzitutto i seguenti soggetti residenti in Italia:

  • le persone fisiche esercenti attività commerciali, anche gestite in forma di imprese familiari o di aziende coniugali;
  • le società in nome collettivo e in accomandita semplice;
  • le società di armamento;
  • le società di fatto che hanno per oggetto l’esercizio di un’attività commerciale;
  • le società consortili a rilevanza sia interna che esterna;
  • le società per azioni, in accomandita per azioni e a responsabilità limitata;
  • le società cooperative e di mutua assicurazione;
  • gli enti pubblici e privati, diversi dalle società, nonché i trust, aventi per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di un’attività commerciale;
  • gli enti pubblici e privati, diversi dalle società, nonché i trust, non aventi per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di un’attività commerciale, con riferimento all’attività commerciale esercitata.

Sono, altresì, interessate le società, gli enti commerciali e le persone fisiche non residenti nel territorio dello Stato, relativamente alle stabili organizzazioni situate nel territorio stesso.

Sono, invece, esclusi dall’agevolazione:

  • gli esercenti arti e professioni, in forma individuale o associata;
  • le persone fisiche e le società semplici, con riferimento all’attività agricola svolta entro i limiti previsti dall’art. 32 del TUIR;
  • gli enti non commerciali non titolari di reddito d’impresa.

Non sono state, quindi, operate discriminazioni soggettive (contestabili anche in sede comunitaria) e l’ambito applicativo dell’agevolazione è stato esteso, ad esempio, anche a banche ed assicurazioni, anche se lo stesso risulta, di fatto, limitato ai soli soggetti interessati ad utilizzare le particolari tipologie di beni individuate nella menzionata divisione 28 della tabella ATECO.

Nella relazione illustrativa del D.L. n. 91 del 2014 è stato precisato, anche al presumibile fine di allontanare eventuali dubbi in merito alla natura di aiuto di stato dell’agevolazione, che le imprese possono fruire dell’agevolazione indipendentemente dalla natura giuridica, dalle dimensioni e dal settore produttivo di appartenenza delle stesse.

Anche l’Assonime aveva evidenziato – nella circolare del 26 febbraio 2010, n. 7, in merito alla “Tremonti-ter”- che si tratta di una misura di favore di portata generale, fruibile dalle imprese senza alcuna distinzione di carattere oggettivo o soggettivo e non qualificabile, pertanto, come aiuto di Stato.

Nell’art. 18, comma 2, ultimo periodo, è stabilito che rientrano nell’ambito soggettivo del beneficio anche le imprese di nuova costituzione, cioè quelle “nate” successivamente al 25 giugno 2014, alle quali non si applica, evidentemente, alcun “correttivo” del calcolo del beneficio connesso agli investimenti effettuati in precedenza.

Confindustria ha affrontato la problematica riguardante l’individuazione, in caso di affitto (o usufrutto) di azienda, del soggetto – concedente o affittuario (usufruttuario) – cui spetti il diritto di avvalersi dell’agevolazione.

L’Agenzia delle entrate non si è, invece, espressa al riguardo nella circolare n. 5/E del 2015. E’ stato correttamente osservato che, in linea di principio, deve considerarsi destinatario dell’agevolazione

“il soggetto sul quale contrattualmente incombe l’onere del mantenimento dell’efficienza degli impianti e degli altri beni strumentali che fanno parte del compendio aziendale oggetto del contratto di affitto (o usufrutto) e, dunque, anche della loro sostituzione (e, se del caso, implementazione).

Com’è noto, in base allo schema “ordinario” previsto dal codice civile, tale onere è posto in capo all’affittuario (o usufruttuario), che assume, dunque, il rischio della conservazione del capitale investito nell’azienda e, conseguentemente, l’obbligo, al termine del rapporto, di conguagliare in denaro le eventuali differenze (in negativo) delle consistenze d’inventario (ovvero, in caso di differenze a suo vantaggio, il diritto di ricevere il conguaglio in denaro).

A tale impostazione contrattuale, infatti, viene tradizionalmente ricollegata anche la “titolarità fiscale” del processo di ammortamento che, a sua volta, è sempre stato considerato presupposto logico-sistematico per riferire all’impresa conduttrice anche la titolarità di altre discipline collegate al reddito d’impresa: come, ad esempio, le varie discipline sulla rivalutazione dei beni succedutesi nel corso degli anni”.

Qualora lo schema contrattuale previsto dal codice civile sia derogato dalle parti e l’onere sia posto, invece, a carico dell’impresa concedente, la titolarità dell’ammortamento fiscale, sia sui beni esistenti al momento dell’inizio del rapporto sia su quelli immessi successivamente, sarebbe di tale impresa e ad essa, quindi, spetterebbe il diritto di fruire del credito d’imposta.

Confindustria ha, però, osservato che le parti del contratto potrebbero pattuire anche un diverso re-gime per i beni immessi successivamente nell’azienda dal conduttore, sottraendo gli stessi al c.d. “principio di accessione.

In questo caso, si dovrebbe ritenere che il conduttore sia il soggetto titolato ad effettuare l’ammortamento fiscale e quindi a fruire su tali beni del credito d’imposta eventualmente spettante. In definitiva, occorrerà sempre avere riguardo allo specifico accordo contrattuale

“per verificare sul piano sostanziale quale dei due soggetti assumerà agli effetti in questione la qualifica di “investitore” (potenziale) destinatario della disciplina agevolativa”.

Nel comma 5 dell’art. 18 è stabilito che le imprese titolari di attività industriali a rischio di incidenti sul lavoro4possono fruire del credito d’imposta solo se è documentato l’adempimento degli obblighi e delle prescrizioni normativamente stabiliti per le stesse.

Confindustria ha osservato che ai fini della disciplina sul controllo degli incidenti rileva unicamente la “presenza” nello stabilimento delle sostanze ritenute pericolose nelle quantità indicate dalla normativa e non lo svolgimento di determinate attività industriali che “possono” prevedere l’uso di dette sostanze.

Per “presenza” si intende tuttavia quella reale o prevista, quindi anche la possibilità che dette sostanze si generino, nei quantitativi rilevanti, in caso di incidente5.

3.1. I soggetti in regime “semplificato”

Nella circolare n. 5/E del 2015 è stato, altresì, precisato che l’incentivo spetta a tutti i soggetti titolari di reddito d’impresa, indipendentemente dalla natura giuridica, dalla dimensione aziendale, dal settore economico in cui operano, nonché dal regime contabile adottato. Sono, quindi, ammessi al beneficio anche:

  • i soggetti in regime di contabilità semplificata di cui all’art. 18 del DPR n. 600 del 1973;
  • i soggetti che determinano il reddito con criteri forfetari o con l’applicazione di regimi d’imposta sostitutivi, che hanno l’onere di documentare i costi sostenuti per gli investimenti che rilevano agli effetti del calcolo del beneficio, cioè di conservare le fatture fino alla scadenza del termine per l’accertamento.

L’Agenzia delle entrate non ha fornito, al riguardo, ulteriori chiarimenti ma si ricorda che l’art. 1, commi da 54 a 89, della legge di stabilità per il 2015 6 ha istituito un nuovo regime forfetario di determinazione del reddito degli esercenti attività d’impresa in forma individuale, che viene assoggettato ad un’unica imposta sostitutiva di quelle dovute (IRPEF – e relative addizionali – e IRAP), pari al 15 per cento.

Se viene intrapresa una “nuova” attività il reddito da assoggettare alla detta imposta sostitutiva nell’anno di inizio della stessa e nei due successivi è ridotto di un terzo. E’ stata contemporaneamente sancita7 l’abrogazione dei regimi “di favore” precedenti, cioè del regime fiscale “di vantaggio” – cosiddetto “dei minimi” –8, di quello delle nuove iniziative produttive9 e del regime contabile “agevolato”10.

Nei commi 87 e 88 del detto art. 1 sono state, però, stabilite due “clausole di salvaguardia” in base alle quali si consente, ai soggetti che hanno intrapreso nel 2013 o nel 2014 nuove attività produttive di redditi d’impresa o di lavoro autonomo, applicando i precedenti regimi “di favore”, di fruire della riduzione di un terzo del reddito – ricorrendo i presupposti stabiliti nel precedente comma 65 -, rispettivamente, nel 2015 ovvero in tale anno e in quello successivo.

I soggetti che per il 2014 hanno fruito del regime cosiddetto “dei minimi” possono, inoltre, rinunciare all’applicazione, a partire dal 2015, di quello forfetario – pur possedendo i requisiti a tal fine previsti – se ritengono che il primo regime risulti più conveniente.

E’ stato, invece, definitivamente abrogato, a partire dal 2015, il regime contabile “agevolato”.

In sede di conversione del decreto “Milleproroghe”11 è stato approvato un emendamento in base al quale anche gli imprenditori individuali che iniziano una nuova attività nel 2015 possono scegliere, ricorrendone le condizioni, di applicare il regime “dei minimi”.

Possono, di conseguenza, fruire dell’agevolazione anche le imprese che adottano nel 2014 e nel 2015 il regime dei “minimi”, fermo restando che è possibile applicare il detto regime a condizione che nel triennio precedente non siano stati acquisiti beni strumentali di valore superiore a 15.000 euro.

L’Agenzia ha precisato, nella circolare n. 44/E del 2009, che in caso di superamento del detto limite la cessazione dell’efficacia del regime dei minimi, non comportando un’ipotesi di revoca, non preclude, comunque, al contribuente di fruire della detassazione (e quindi adesso del credito d’imposta in esame).

Nella stessa circolare è stato, inoltre, affermato che l’agevolazione compete anche alle imprese che, per regime naturale o per opzione, determinano il reddito d’impresa con criteri forfetari o applicano regimi d’imposta sostitutivi, o adottano regimi contabili semplificati, tra i quali rientrano, oltre ai soggetti che adottano il regime dei “minimi”:

  • gli imprenditori individuali che si avvalgono nel 2015 del nuovo regime forfetario;
  • quelli che hanno fruito nel 2014 del regime contabile semplificato di cui all’art. 27, comma 3, del D.L. n. 98 del 2011;
  • i soggetti che si sono avvalsi nel 2014 del regime fiscale agevolato per le nuove iniziative imprenditoriali previsto dall’art. 13 della legge 23 dicembre 2000, n. 388;
  • gli imprenditori agricoli che svolgono attività di agriturismo e che si avvalgono del regime forfetario di determinazione del reddito d’impresa previsto dall’art. 5, comma 1, della legge 30 dicembre 1991, n. 413;
  • i soggetti esercenti attività agricole che determinano il reddito d’impresa ai sensi degli articoli 56, comma 5, e 56-bis del TUIR;
  • le persone fisiche e le società semplici, con riferimento all’attività agricola esercitata oltre i limiti previsti dall’art. 32 del TUIR;
  • le società di persone, le società a responsabilità limitata e le società cooperative che rivestono la qualifica di società agricola ai sensi dell’art. 2 del D. Lgs. n. 99 del 2004, per le quali l’art. 3 del decreto ministeriale n. 213 del 27 settembre 2007 prevede che il reddito sia qualificabile come reddito d’impresa, ancorché lo stesso sia determinato – per opzione – ai sensi dell’art. 32 del TUIR;
  • i soggetti che hanno optato per il regime forfetario previsto dagli articoli da 155 a 161 del TUIR (c.d. tonnage tax) per la determinazione del reddito derivante dall’utilizzo delle navi con i requisiti di cui all’art. 155 del TUIR.

3.2. Le società non operative

L’Agenzia non ha, altresì, chiarito se l’incentivo è applicabile alle società di comodo e a quelle in liquidazione.

Nella circolare del 27 ottobre 2009, n. 44/E, riguardante la “Tremonti-ter”, era stato affermato che la disciplina delle società di comodo di cui all’art. 30 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, non implicava il venir meno delle agevolazioni fiscali previste da specifiche disposizioni di legge.

Quindi qualora il beneficiario non avesse superato il test di operatività l’importo escluso da imposizione per effetto della detassazioneavrebbe dovuto essere sommato agli altri importi che non concorrevano a formare il reddito imponibile per effetto di disposizioni agevolative e il risultato complessivo si sarebbe dovuto sottrarre dal reddito presunto per determinare il reddito minimo imponibile ai fini del successivo confronto di quest’ultimo con il reddito effettivo.

Adesso il meccanismo agevolativo è cambiato e spetta un credito d’imposta, del quale potranno evidentemente fruire anche le società non operative.

In tal senso si è espressa anche Confindustria nella circolare del 17 ottobre 2014, nella quale è stato evidenziato che ad identica conclusione deve giungersi con riferimento alle società “in perdita sistematica”.

Si ritiene che le società in esame possano, inoltre, incrementare il reddito imponibile da confrontare con quello presunto dell’importo di tale credito, in quanto lo stesso non concorre, per espressa previsione normativa, alla formazione del reddito d’impresa.

In caso contrario verrebbero, infatti, meno, sia pure in parte, gli effetti dell’agevolazione fiscale.

3.3. Le imprese in liquidazione

L’Assonime aveva ritenuto12, in modo condivisibile, che non costituisse causa di impedimento a fruire della “Tremonti-ter” la circostanza che l’impresa si trovasse in stato di liquidazione.

L’Agenzia non si era espressa al riguardo ma la questione era stata affrontata nella circolare n. 4/E del 2002, in cui l’agevolazione “Tremonti-bis” era stata ritenuta applicabile ad una società che si trovava in stato di liquidazione alla data di entrata in vigore della legge, ma che l’aveva successivamente revocata, sul presupposto che la revoca avesse determinato l’eliminazione ab origine di tutti gli effetti prodotti dalla liquidazione.

Da ciò si desumeva implicitamente che secondo l’Agenzia costituiva motivo di esclusione l’esistenza di uno stato di liquidazione già presente alla data di entrata in vigore del provvedimento agevolativo.

La detta Associazione aveva, però, osservato che tale interpretazione risultava giustificata dalla lettera della norma, che riconosceva il beneficio alle imprese “in attività”alla detta data, con esclusione, quindi, di quelle in liquidazione.

Al riconoscimento dell’agevolazione a queste imprese era, inoltre, di ostacolo il fatto che per esse risultava scarsamente significativo il confronto tra l’ammontare degli investimenti effettuati in ciascuno dei periodi agevolati e l’investimento medio del quinquennio precedente (che risentiva, evidentemente, della particolare situazione determinata dallo stato di liquidazione che, solitamente, comporta una sospensione degli investimenti).

L’Assonime non intravedeva, invece, ostacoli di tipo sostanziale alla estensione dei benefici della “Tremonti-ter” alle imprese in liquidazione,

“considerato che anche esse potrebbero avere interesse, nello svolgimento della residua attività, all’acquisto di beni compresi nella divisione 28 della tabella ATECO, anche in considerazione del fatto che tra questi beni sono ora compresi anche i ricambi e gli accessori utilizzati nell’ordinaria attività di manutenzione degli impianti esistenti; inoltre, ove la gestione di liquidazione dovesse poi portare alla cessione o dismissione di detti beni, si applicherebbero le ordinarie regole di revoca dei benefici”.

Peraltro, il provvedimento si prefiggeva l’obiettivo di stimolare la domanda dei beni individuati dalla norma, che operava anche nell’interesse delle imprese produttrici di tali beni. L’agevolazione in esame richiede adesso, come già evidenziato, il confronto dei nuovi investimenti con quelli effettuati nei periodi precedenti ed appare, quindi, difficile che per le imprese in liquidazione possano verificarsi le condizioni per fruire dell’agevolazione.

Inoltre nel comma 2 dell’art. 18 è fatto riferimento ai soggetti “in attività” e dovrebbe essere, quindi, precluso per tali imprese l’accesso all’agevolazione in esame, a prescindere dalla circostanza che la liquidazione abbia avuto inizio prima o dopo l’entrata in vigore della norma.

Confindustria ha, al riguardo, ritenuto, nella circolare del 17 ottobre 2014, che debbano considerarsi ammesse al beneficio, in assenza di espresse previsioni di segno contrario, anche le imprese e le società in stato di liquidazione volontaria qualora la liquidazione avvenga “con esercizio provvisorio dell’attività ordinaria dell’impresa.

Qualche dubbio potrebbe invece sorgere nel caso di liquidazione senza esercizio provvisorio, dato che, in tale diverso contesto, anche a prescindere da qualunque considerazione sul piano del diritto civilistico-societario, l’eventuale acquisizione di nuovi investimenti (che non siano finalizzati alla mera manutenzione dei cespiti ancora presenti) e la loro presumibile “destinazione” al realizzo potrebbe ritenersi non del tutto coerente con le finalità e le caratteristiche dell’agevolazione”.

E’ stato, pertanto, auspicato l’intervento di chiarimenti da parte dell’Agenzia delle entrate, anche per le analoghe questioni interpretative che si pongono in relazione alle procedure concorsuali in genere e alla procedura di amministrazione delle grandi imprese in crisi.

4. L’ambito temporale di applicazione

L’art. 18, commi 1 e 2, stabilisce che possono accedere all’agevolazione le imprese:

  • in attività al 25 giugno 2014, data di entrata in vigore del decreto. In questo caso va tenuto conto degli investimenti realizzati in eccedenza rispetto alla media di quelli effettuati nei periodi precedenti (o nel minor numero di periodi intercorsi dall’inizio dell’attività d’impresa se lo stesso è avvenuto da meno di cinque anni);
  • che iniziano l’attività dopo il 25 giugno 2014. In tal caso il credito d’imposta si applica con riguardo al valore complessivo degli investimenti realizzati in ciascun periodo d’imposta. La stessa regola si applica, evidentemente, anche alle imprese che hanno iniziato l’attività nel periodo dal 1° gennaio al 25 giugno 2014 – sia pure con riguardo agli investimenti effettuati nella restante parte dell’anno -. Tali imprese sono, quindi, le più incentivate13, potendo considerare il 15 per cento degli investimenti senza effettuare alcun confronto con la media degli anni precedenti. Gli uffici delle entrate potranno contestare l’eventuale elusività della costituzione di nuove società da parte di soggetti già esistenti e con un rilevante ammontare di investimenti pregressi.

Dal calcolo della media è, in ogni, caso possibile escludere il periodo in cui l’investimento è stato maggiore.

La media è, evidentemente, mobile e quindi in caso di investimenti realizzati tra il 25 giugno e il 31 dicembre 2014 l’ammontare delle spese sostenute si dovrà confrontare con la media degli investimenti effettuati in quattro dei cinque periodi del quinquennio 2009-2013.

Le spese effettuate dal 1° gennaio al 30 giugno 2015 dovranno, invece, essere confrontate con la media degli investimenti realizzati in quattro dei cinque periodi del quinquennio 2010-2014.

Se l’attività d’impresa è iniziata nel 2013 non si dovranno considerare in Unico 2015 gli investimenti effettuati in questo periodo, che è l’unico antecedente a quello (2014) cui si riferisce l’agevolazione. In tale ipotesi si applica, in pratica, lo stesso criterio previsto per le imprese che iniziano l’attività nel 2014, con possibilità di godere dell’agevolazione con riguardo all’intero ammontare degli investimenti effettuati nell’anno.

In Unico 2016 le spese effettuate nel 2015 si dovranno, invece, confrontare con gli investimenti realizzati nel 2013 o nel 2014.

Anche ai fini della detassazione “Tremonti-ter” l’Agenzia delle entrate aveva sancito una regola analoga, ferma restando la irrilevanza, per tale agevolazione, del confronto con la media dei periodi precedenti.

Una disciplina diversa era stata, invece, adottata in occasione dell’incentivo “Tremonti-bis”, in quanto nella norma era stato precisato che lo stesso si applicava alle imprese “in attività” alla data di entrata in vigore della stessa.

Da tale previsione l’Agenzia delle entrate aveva dedotto, nella circolare n. 90/E del 2001, che, a contrariis, non avessero accesso all’agevolazione i soggetti costituiti dopo la detta data.

Confindustria ha evidenziato, nella circolare del 17 ottobre 2014, la ingiustificata disparità di trattamento a favore dei soggetti con periodo d’imposta a cavallo dell’anno solare. E’ stato, al riguardo, prospettato il

“caso (non raro) di una società con esercizio 1° luglio 2014-30 giugno 2015; è pur vero che tale soggetto applicherebbe il beneficio per un solo periodo d’imposta, ma godrebbe del vantaggio di poter programmare ed effettuare gli investimenti avendo a riferimento un arco temporale di dodici mesi unitariamente considerato”.

Per correggere tali incongruenze è stato proposto di riconoscere alle imprese con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare la facoltà di optare per l’applicazione del beneficio nel solo periodo d’imposta 2015 ma consentendo loro di sommare gli investimenti effettuati nel secondo semestre 2014 con quelli effettuati nel primo semestre 2015.

Si ritiene, però, che a tal fine sia necessaria una modifica normativa.

4.1. Gli effetti sui versamenti

In occasione della “Tremonti-ter” era stato normativamente precisato che l’agevolazione poteva essere fruita esclusivamente in sede di versamento del saldo delle imposte sui redditi dovute per il periodo d’imposta di effettuazione degli investimenti.

Era stato, quindi, indirettamente affermato il principio in base al quale i versamenti degli acconti dovevano essere effettuati senza considerare gli effetti dell’agevolazione.

Nell’art. 18 in esame non è fatto alcun riferimento ai versamenti a saldo e in acconto delle imposte e si ritiene che non siano state, quindi, introdotte deroghe agli ordinari criteri di calcolo degli acconti.

Nel comma 9 dello stesso articolo è stabilito che gli oneri derivanti dall’agevolazione in esame sono stati

“valutati in 204 milioni di euro per il 2016, 408 milioni di euro per gli anni 2017 e 2018 e 204 milioni di euro per l’anno 2019”.

Poiché gli investimenti possono essere effettuati nel 2014 e nel 2015 e le tre quote annuali – di pari importo – del credito sono utilizzabili a decorrere dal 2016, si avrà che:

  • per il 2016 l’onere è inferiore perché deriva dal solo utilizzo della prima quota del credito d’imposta relativo agli investimenti effettuati nel 2014;
  • per il 2017 e il 2018 l’onere è maggiore perché sono utilizzate: nel primo anno sia la seconda quota del credito d’imposta relativo agli investimenti effettuati nel 2014 che la prima quota del credito relativo agli investimenti del 2015; nel secondo anno la terza quota del credito d’imposta relativo agli investimenti effettuati nel 2014 e la seconda quota del credito relativo agli investimenti del 2015;
  • per il 2019 l’onere è nuovamente ridotto perché è utilizzata soltanto la terza quota del credito d’imposta relativo agli investimenti effettuati nel 2015.

Leggi la 2a parte dell’approfondimento sul credito di imposta per investimenti in nuovi beni strumentali, dove approfondiamo cumulabilità con altre agevolazioni, i collegamenti con: la “nuova Sabatini”, spese di riqualificazione energetica e altro ancora. 11 maggio 2015

Gianfranco Ferranti

NOTA

1 Decreto legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito nella legge 11 agosto 2014, n. 116.

2 Art. 4 della legge 18 ottobre 2001, n. 383.
3 Art. 5 del D.L. 1° luglio 2009, n. 78, convertito dalla legge 3 agosto 2009, n. 102.

4 Di cui al D. Lgs. n. 334 del 1999, modificato dal successivo D. Lgs. n. 238 del 2005.

5 I soggetti che rientrano nell’ambito di applicazione della disciplina sono tenuti a redigere un documento che definisce la propria politica di prevenzione degli incidenti e a revisionarlo ogni due anni (articolo 7 del d.lgs. n. 334/1999) a stilare un rapporto di sicurezza (articolo 8) e un piano di emergenza interno (articolo11).
6 Legge 23 dicembre 2014, n. 190, pubblicata sulla gazzetta Ufficiale n. 300 del 29 dicembre 2014 (Supplemento ordinario n. 99).
7 Nell’art. 1, comma 85, della legge n. 190 del 2014.

8 Art. 27, commi 1 e 2, del D.L. 6 luglio 2011, n. 98, convertito dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, e art. 1, commi da 96 a 115 e 117, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e successive modificazioni.

9 Art. 13 della legge 23 dicembre 2000, n. 388.

10 Art. 27, comma 3, del D.L. n. 98 del 2011.

11 D.L. del 31 dicembre 2014, n. 192.

12 Nella circolare n. 7 del 26 febbraio 2010, paragrafo 2.

13 Insieme alle imprese che hanno iniziato l’attività nel 2013, come più avanti precisato.