Principio contabile OIC 9: svalutazioni per perdite durevoli di valore delle immobilizzazioni

All’osservanza del nuovo principio contabile sono particolarmente interessate le piccole e medie imprese: la sfera applicativa del nuovo OIC 9, «Svalutazioni per perdite durevoli di valore delle immobilizzazioni materiali e immateriali», costituisce uno dei principi che più ha subìto modifiche tra quelli che di recente sono stati revisionati dall’Organismo italiano di Contabilità: analisi delle implicazioni contabili e fiscali.

Problematiche ap0plicative delle svalutazioni per perdite durevoli di valore delle immobilizzazioni

 

OIC 19 – Quadro normativo

principi contabili OICFocus sulle nuove regole di applicazione dell’OIC 9 in relazione alla rilevazione contabile delle svalutazioni per perdite durevoli di valore delle immobilizzazioni tecniche. All’osservanza del nuovo principio contabile sono particolarmente interessate le piccole e medie imprese.

La Fondazione Nazionale Commercialisti (FNC), con la circolare del 15 marzo 2015, ha esaminato la sfera applicativa del nuovo OIC 9, «Svalutazioni per perdite durevoli di valore delle immobilizzazioni materiali e immateriali», che, peraltro, costituisce uno dei principi che più ha subito modifiche tra quelli che di recente sono stati revisionati dall’Organismo italiano di contabilità.

In particolare, l’OIC 9 definisce un percorso lineare che porta alla misurazione delle eventuali riduzioni durevoli di valore delle immobilizzazioni non finanziarie.

Viene previsto che il valore contabile sia comparato con il valore recuperabile, inteso come il maggiore tra il fair value e il valore d’uso dell’immobilizzazione.

Il primo valore è dato dal valore di mercato, come definito dai principi contabili nazionali e internazionali. Il valore d’uso, invece, è costituito dal valore attuale dei flussi finanziari attesi dall’attività.

Dunque, le piccole e medie imprese possono quantificare il valore d’uso anche per mezzo della capacità di recupero dell’ammortamento. Tale metodo rappresenta una semplificazione facoltativa rispetto all’attualizzazione dei flussi finanziari.

La FNC si sofferma, inoltre, sulla capacità di ammortamento, considerata la rilevanza che tale tecnica può assumere per le realtà aziendali di piccole e medie dimensioni.

Vengono, infine, illustrati i riflessi contabili derivanti dal trattamento fiscale delle svalutazioni, con una particolare analisi sulla rilevazione della fiscalità differita ai fini delle imposte dirette e dell’IRAP.

Chiude, poi la trattazione sulle modalità di compilazione della nota integrativa mediante l’applicazione della tecnica di attualizzazione dei flussi finanziari.

 

 

Novità dell’OIC 9: circolare della Fondazione Nazionale Commercialisti

La Fondazione Nazionale dei Commercialisti (FNC), con la circolare del 15 marzo 2015, si sofferma sul principio contabile OIC 9 che a seguito delle consistenti modifiche si applica, a decorrere dai bilanci al 31 dicembre 2014, prevalentemente nei riguardi delle PMI (medie e piccole imprese).

I nuovi Principi contabili OIC hanno sostituito le versioni originarie che erano in vigore fino ai bilanci annuali dell’esercizio 2013.

L’obiettivo è quello di uniformare dal punto di vista sostanziale ed espositivo le disposizioni previgenti con l’evoluzione della normativa e della prassi in uso.

E’ opportuno ricordare che talune società (quelle le cui azioni sono ammesse in borsa e gran parte di quelle sottoposte a controllo da parte delle Autorità di vigilanza) applicano gli IFRS.

Poi, in virtù di quanto disposto dal D.L. 91/2014, convertito nella L. 116/2014, tutte le società di capitali possono optare per l’adozione degli IFRS.

Pertanto, i principali utilizzatori dei Principi dell’OIC risultano essere le piccole e medie imprese.

In tale contesto, la circolare della FNC analizza la sfera applicativa dell’OIC 9, che verte sulle svalutazioni per perdite durevoli di valore delle immobilizzazioni materiali e immateriali, e che, peraltro, costituisce uno dei documenti pubblicati in materia di principi contabili nazionali che contiene maggiori novità per le società.

 

 

Principio contabile sulle svalutazioni delle immobilizzazioni tecniche

In particolare, riguardo l’identificazione e la misurazione delle svalutazioni delle immobilizzazioni non finanziarie (art. 2426, c.c.), l’OIC 9 ha uniformato il contenuto dei precedenti OIC 16 (immobilizzazioni materiali) e OIC 24 (immobilizzazioni immateriali).

In tal modo, l’OIC perviene alla misurazione delle attività immobilizzate materiali e immateriali in funzione del valore che queste possono realizzare sul mercato (o internamente alla struttura aziendale mediante il loro utilizzo).

E a tal fine, per l’accertamento della perdita (durevole) di valore del bene immobilizzato occorre confrontare il valore netto contabile con il valore recuperabile, ovvero quello più alto tra il fair value (o valore equo) e il valore d’uso.

Dal lato operativo, dunque, la società, alle presa con detta verifica, viene a determinare il valore tra fair value e valore d’uso che «ragionevolmente» ritiene essere più alto.

Proprio per questo, afferma la FNC, non occorre procedere alla determinazione quantitativa del secondo parametro (quello più altro tra fair value e valore d’uso) se risulta essere superiore al primo (valore netto contabile).

Quindi, non si procede nel momento in cui la misurazione del parametro evidenzia un valore superiore al valore contabile.

Ad esempio, se il valore contabile é pari a 1.000 e la società può ricevere dalla controparte per l’acquisto del bene un prezzo superiore, occorre prima determinare il fair value. Se poi questo (il fair value) risulta essere superiore a 1.000, allora la società non deve procedere a stimare il valore d’uso.

Occorre poi considerare, ai fini della determinazione del fair value, i costi amministrativi da sostenere per ottenere la perizia di stima esterna, mentre la problematica non si pone per la determinazione del valore d’uso che, secondo la FNC, può avvenire internamente alla società e questo comporterebbe un minore aggravio dei costi di redazione della perizia.

Occorre, comunque, definire, momento per momento, se sia il caso o meno di ricorrere alla stima dei valori del bene immobilizzato.

 

 

Soggetti abilitati all’utilizzo della tecnica di svalutazione semplificata

Per la determinazione del valore d’uso, l’OIC 9 impone alle società, l’applicazione dell’attualizzazione dei flussi finanziari.

Viceversa, le medie e piccole società, poiché non raggiungono i limiti previsti dalla nuova direttiva contabile 34/2013/UE (limiti che ove superati considerano i soggetti interessati come «grandi imprese») possono utilizzare la «tecnica della capacità d’ammortamento» (o «valutazione della recuperabilità degli investimenti»).

I soggetti abilitati all’utilizzo della tecnica di svalutazione semplificata sono quelle società che per due esercizi consecutivi non superano nel proprio bilancio d’esercizio due dei tre seguenti limiti:

  •  numero medio dei dipendenti durante l’esercizio superiore a 250;
  •  totale attivo di bilancio superiore a 20 milioni di euro;
  •  ricavi netti delle vendite e delle prestazioni superiori a 40 milioni di euro.

Comunque, il bilancio consolidato non può essere redatto utilizzando il modello semplificato.

 

 

Indicatori dell’esistenza di una perdita durevole di valore

Secondo quanto rileva la circolare della FNC, l’elenco degli indicatori che viene specificato nell’OIC 9 non é né esaustivo, né prescrittivo, trattandosi soltanto di rassegna delle casistiche più comuni che si possono manifestare e che possono essere solitamente notate nei casi di perdita durevole di valore.

Ecco di seguito gli indicatori che vengono previsti nell’OIC 9, al fine di capire se un’attività abbia subito una riduzione durevole di valore, in particolare gli indicatori vanno presi dalla società «come minimo»:

– il valore di mercato di un’attività è diminuito significativamente durante l’esercizio, più di quanto si prevedeva sarebbe accaduto con il passare del tempo o con l’uso normale dell’attività;

– durante l’esercizio si sono verificate, o si pensa si possano verificare, variazioni significative con effetto negativo per la società nell’ambiente tecnologico, di mercato, economico o normativo in cui la società opera o nel mercato cui un’attività è rivolta;

– nel corso dell’esercizio sono aumentati i tassi di interesse di mercato o altri tassi di rendimento degli investimenti, ed è probabile che tali incrementi condizionino il tasso di attualizzazione utilizzato nel calcolo del valore d’uso di un’attività e riducano il valore equo;

– il valore contabile delle attività nette della società è superiore al loro valore equo stimato della società (una tale stima sarà effettuata, per esempio, in relazione alla vendita potenziale di tutta la società o parte di essa);

– l’obsolescenza o il deterioramento fisico di un’attività risulta evidente;

– nel corso dell’esercizio si sono verificati significativi cambiamenti con effetto negativo sulla società, oppure si ritiene che possano verificarsi, nella misura o nel modo in cui un’attività viene utilizzata o ci si attende sarà utilizzata. Tali cambiamenti includono casi quali: l’attività diventa inutilizzata, piani di dismissione o ristrutturazione del settore operativo al quale l’attività appartiene, piani di dismissione dell’attività prima della data prima prevista, la ridefinizione della vita utile dell’immobilizzazione;

– dall’informativa interna risulta evidente che l’andamento economico di un’attività è, o sarà, peggiore di quanto previsto.

Ai fini contabili, la FNC rammenta che la svalutazione viene imputata, anche nel caso in cui questa succeda a una precedente rivalutazione del bene, a conto economico nella voce B.10.c) oppure nella voce E.21.

La perdita durevole di valore non può essere mantenuta nel corso degli esercizi successivi «se sono venuti meno i motivi della rettifica effettuata» (art. 2426, n. 3). Al verificarsi di tale circostanza, il

«ripristino di valore dovrà essere effettuato in modo tale da non superare quello che l’immobilizzazione avrebbe avuto a quella data nel caso in cui la svalutazione di riferimento non fosse stata effettuata, tenuto conto degli ammortamenti non calcolati».

 

 

Valore equo (fair value) nella transazione ordinaria

Il fair value (così come indicato nell’IFRS 13) viene definito come l’ammontare ottenibile dalla vendita ordinaria di un’attività (si tratta, dunque, di una transazione ordinaria e non di una vendita forzata) tra operatori di mercato alla data di valutazione.

Come viene evidenziato dai principi internazionali e nazionali di valutazione, il fair value, che é un «market value», identifica l’ipotetico prezzo di cessione («exit price»), ossia il valore attribuito al bene da soggetti terzi all’impresa, mentre il valore d’uso rappresenta un valore specifico della società che effettua la valutazione («entity specific value»).

Per quantificare il fair value (basandosi su un sistema a tre livelli), l’OIC prevede che:

  •  la migliore evidenza del fair value sia data dalla presenza di un accordo vincolante di vendita;
  •  se non esiste un accordo vincolante, è richiesto di verificare l’esistenza di un prezzo di mercato in un mercato attivo;
  •  altrimenti occorre determinare il fair value in base alle migliori informazioni disponibili come «l’ammontare che la società potrebbe ottenere, alla data di riferimento del bilancio, dalla vendita dell’attività in una libera transazione tra parti consapevoli e disponibili».

Tuttavia, denota la FNC, non si sempre si perviene alla misurazione attendibile del fair value di un elemento.

 

 

Valore d’uso

Il valore d’uso è definito come “il valore attuale dei flussi di cassa attesi da un’attività o da una unità generatrice di flussi di cassa”. Le società di non grandi dimensioni possono, tuttavia, quantificare il valore d’uso anche per mezzo della capacità di recuperare l’ammortamento. La capacità d’ammortamento rappresenta una alternativa facoltativa considerata semplificativa rispetto all’attualizzazione dei flussi finanziari e non una scelta obbligatoria per predispone un bilancio conforme ai Principi contabili nazionali. Valore d’uso come capacità di ammortamento

La capacità d’ammortamento costituisce la tecnica contabile originariamente proposta dalla dottrina economico aziendale per la determinazione delle perdite durevoli di valore.

La capacità di ammortamento è una tecnica articolata sui flussi di benefici economici. In termini economico-aziendali, la finalità del metodo consiste nel verificare se i ricavi originati dall’investimento siano capaci di coprire il costo stesso sostenuto per l’investimento.

In ragione del fatto che la finalità del modello consiste nel verificare la recuperabilità dell’investimento, l’OIC 9 riferisce l’applicazione del modello alla struttura produttiva, rappresentata solitamente nelle piccole realtà dalla società medesima oppure, laddove l’attività sia segmentata, “preferibilmente” ai rami d’azienda.

L’applicazione della verifica per rami d’azienda comporta la preliminare definizione di criteri di ripartizione dei costi indiretti.

A tale proposito, il ramo di azienda, in analogia con quanto previsto nell’approccio dell’attualizzazione dei flussi finanziari per le Unità generatrici di cassa (di seguito anche “UGC”), produce flussi (in questo caso) di ricavi autonomi. Si ricorda, che il modello semplificato non può essere applicato per la redazione del bilancio consolidato.

Dal punto di vista applicativo, la principale caratterizzazione della tecnica della capacità di ammortamento rispetto all’attualizzazione dei flussi di cassa consiste, oltre alla misurazione di flussi economici anziché finanziari, soprattutto nella non-attualizzazione dei benefici. Tale semplificazione evita di determinare e applicare il costo del capitale”.

Ancora, l’attualizzazione dei flussi finanziari configura, in linea con gli IFRS, una valutazione asset side, mentre la misurazione della capacità di ammortamento esprime un valore equity side, ovvero un valore al netto della componente finanziaria. In sostanza, la tecnica della capacità d’ammortamento include nella determinazione anche gli oneri finanziari, mentre la tecnica di attualizzazione dei flussi finanziari non ne tiene conto.

Per quanto rileva la determinazione della capacità d’ammortamento, l’OIC 9 specifica che la capacità di ammortamento è determinata sottraendo al risultato economico dell’esercizio, non comprensivo degli elementi straordinari e delle relative imposte, gli ammortamenti delle immobilizzazioni.

Quindi, le previsioni dovrebbero considerare tutti i componenti ordinari di reddito preventivabili sulla base delle conoscenze. Sono, quindi, incluse nel calcolo anche le imposte derivanti dall’attività ordinaria. Per la medesima motivazione, i flussi devono essere determinati senza tenere in considerazione futuri investimenti, in grado di potenziare la capacità produttiva.

La capacità d’ammortamento deve essere verificata lungo un orizzonte temporale definito che, sulla base delle indicazioni OIC e in linea con le previsioni previste per l’attualizzazione dei flussi finanziari, non dovrebbe superare “generalmente” i 5 anni. Ancora, è importante evidenziare che qualora al termine del periodo temporale considerato, si supponga che esista ancora un “valore economico significativo” delle immobilizzazioni, tale valore concorre alla determinazione della capacità d’ammortamento.

Il paragrafo 29 dell’OIC 9 dispone che il valore in parola sia determinato

“sulla base dei flussi di benefici netti che si ritiene l’immobilizzazione possa produrre negli anni successivi all’ultimo anno di previsione esplicita”.

Tale considerazione rileva in particolar modo per quelle immobilizzazioni che presentano una vita utile che supera la data ultima prevista dal piano per la verifica della riduzione durevole di valore.

La disposizione prevista dall’OIC è funzionale anche ad un utilizzo ragionevole del piano. Se il piano dovesse rilevare che gli investimenti non sono coperti dai flussi economici, ma le immobilizzazioni interessate presenteranno con probabilità un significativo valore al termine dell’orizzonte temporale analizzato, la società potrebbe anche concludere, se esistono i presupposti, che vi sono i presupposti per non svalutare.

La verifica è superata quando l’eccedenza dei benefici economici sui pertinenti costi nell’arco temporale considerato è tale da coprire gli ammortamenti dei beni immobilizzati interessati.

Il Principio parte dal presupposto che una società se di piccole dimensioni e monobusiness abbia un’unica attività e struttura produttiva; in tal caso la verifica della riduzione durevole di valore dovrebbe essere riferita all’intera struttura societaria.

La svalutazione attribuibile all’azienda è imputata secondo il seguente ordine:

  • il valore dell’avviamento allocato sulla UGC;
  • le altre attività proporzionalmente, sulla base del valore contabile di ciascuna attività che fa parte dell’UGC.

Anche se non specificamente precisato nel Principio e se riferito alla tecnica di attualizzazione finanziaria, si può ritenere che, dopo aver azzerato l’avviamento, siano eliminati gli oneri pluriennali (menzionati nel Principio solo per chiarire che per tali spese non è mai possibile il ripristino). Tale soluzione è, peraltro, in linea con l’impostazione dell’OIC 24, Immobilizzazioni immateriali, per il quale gli oneri pluriennali sono essenzialmente riferiti, alla stregua dell’avviamento, alla generica attività aziendale.

L’OIC non definisce in modo tassativo modelli per la determinazione della capacità d’ammortamento.

Secondo la FNC, è possibile individuare almeno tre modelli applicativi:

– piani articolati sull’art. 2425, cc. Costi e ricavi possono essere organizzati in base alla classificazione contabile per natura prevista dallo schema dell’art. 2425, cc, per la costruzione del conto economico. In tal modo, potremmo avere i costi riferibili ai beni distinti in materiali consumati, costi per servizi, costi del lavoro, ecc. Questa tecnica ha il pregio di definire un modello facilmente “costruibile”, partendo dallo schema di bilancio, anche se evidentemente la sua capacità informativa ai fini interni, rispetto agli altri modelli sorti ai fini di controllo di gestione, appare ridotta. La tabella che segue nel testo riporta in via schematica i componenti da tenere in considerazione per lo sviluppo della soluzione;

– piani articolati su configurazioni di riclassificazione dell’andamento economico (per es., configurazione a valore aggiunto oppure a ricavi e costo del venduto);

– piani articolati sulla natura dei costi. In questa prospettiva, i costi possono essere articolati, in termini gestionali, per esempio, in costi fissi, costi variabili, oneri finanziari imputabili al bene, ecc.. L’organizzazione delle poste, in questa circostanza richiede la tenuta di un sistema di contabilità analitica.

 

È importante, ancora, considerare che la verifica è effettuata su un arco temporale pluriennale e che la capacità di ammortamento valuta la copertura “complessiva” degli investimenti in tale periodo.

Se, quindi, nel corso di uno o più anni si registra che i flussi economici non riescono a coprire gli ammortamenti di competenza, non necessariamente la società deve rilevare una svalutazione. La svalutazione viene effettuata quando nel periodo esaminato la sommatoria dei flussi di benefici economici non è in grado di coprire l’importo complessivo degli ammortamenti (ossia gli investimenti): ovviamente, come già illustrato, anche il fair value deve essere inferiore a tale importo complessivo.

Nel caso in cui la verifica per la riduzione durevole di valore sia riferita alla società potrebbe essere possibile, fatte le debite considerazioni del caso e contestualizzata l’operazione, partire dai budget/piani previsionali, spesso articolati su modelli di riclassificazione del conto economico, anche ai fini della determinazione del piano per la verifica della recuperabilità degli investimenti. È evidente che tale operazione deve essere ben ponderata affinché il piano di verifica del recupero degli investimenti risulti predisposto in linea con le assunzioni contenute nell’OIC 9.

Nel caso in cui le assunzioni divergano, i valori del budget/piano previsionale dovrebbero essere eventualmente rettificati. In particolare, si dovrà verificare che il piano di recupero degli investimenti non tenga conto di eventuali investimenti futuri, poiché il recupero degli investimenti deve essere stimato alla luce della struttura esistente.

Si tenga in considerazione, peraltro, che l’utilizzo di piani o previsioni approvati dall’organo amministrativo per la stima dei flussi economici, anche se non previsto dal Principio per il metodo semplificato, rappresenterebbe uno strumento di garanzia per gli operatori.

 

 

Perdite durevoli di valore riferibili direttamente a un bene

Il par. 31 dell’OIC 9 prevede che la perdita possa essere imputata direttamente ad un determinato bene, nel caso in cui vi siano circostanze “oggettive” che portano a questa soluzione. Per esempio, qualora uno specifico macchinario sia divenuto obsoleto o sia rimasto danneggiato, la perdita è imputata al bene immobilizzato.

La disposizione è assai rilevante, soprattutto nei contesti monobusiness in cui l’azienda coincide con la società, poiché giustifica una eventuale svalutazione di beni immobilizzati che abbiano perso di utilità, anche laddove la società chiuda con risultati economici positivi e, fenomeno più importante e frequente, determina, laddove questo sia appropriato, la svalutazione “diretta” di un bene, senza che vi sia necessità di effettuare la verifica per la perdita durevole di valore a livello aziendale.

Contestualmente, peraltro, anche laddove risultasse una perdita durevole di valore dei beni strumentali, vanebbe la pena considerare, ai fini di una corretta rappresentazione della realtà aziendale, se l’imputazione proporzionale delle perdite riesca a dare atto adeguatamente del valore effettivo imputabile ai beni.

Nel caso in cui, per esempio, la verifica evidenzi una perdita durevole di valore da imputare a più beni immobilizzati, si ritiene giustificabile anche una ripartizione non proporzionale, laddove tale conclusione sia corroborata da fatti ed evidenze. In tali circostanze, la nota integrativa dovrebbe dare informazione della dipartenza dalla norma tecnica di riferimento.

 

 

Valore d’uso come attualizzazione dei flussi finanziari

La valutazione con la tecnica di attualizzazione dei flussi finanziari richiede, quindi, a differenza della tecnica della capacità d’ammortamento:

  • la stima dei flussi finanziari futuri;
  • la determinazione del tasso di attualizzazione dei sopra richiamati flussi finanziari futuri.

La tecnica di riduzione durevole di valore secondo la logica dell’attualizzazione dei flussi finanziari può essere riferita alla singola attività, laddove sia possibile riferire all’attività interessata indipendenti flussi finanziari.

Qualora non fosse possibile determinare i flussi finanziari attribuibili ad una singola attività, la verifica di perdita durevole di valore è riferita alla UGC di cui il bene fa parte. L’UGC è intesa come “il più piccolo gruppo identificabile di attività che include l’attività oggetto di valutazione e genera flussi finanziari in entrata che siano ampiamente indipendenti dai flussi finanziari in entrata generati da altre attività o gruppi di attività”.

La determinazione della UGC è collegata non solo alla struttura produttiva, ma anche alla modalità con cui è gestita l’impresa nel suo insieme.

 

 

Flussi finanziari

La stima dei flussi finanziari futuri in entrata e in uscita prende in esame i flussi che originano direttamente o, se attribuiti o allocati all’attività in base a un criterio ragionevole e coerente, anche indirettamente dall’uso continuativo dell’attività e dalla sua dismissione alla fine della sua vita utile, in una transazione regolare.

La determinazione dei valori è articolata sui più recenti piani o previsioni approvati dall’organo amministrativo. I piani non dovrebbero tendenzialmente superare i cinque anni, disposte così come previsto anche per le non-grandi. Le proiezioni eccedenti i cinque anni devono prevedere un tasso di crescita stabile o decrescente, laddove non sia giustificabile un tasso crescente. L’eventuale tasso di crescita non deve eccedere il tasso medio di crescita a lungo termine della produzione, dei settori industriali di riferimento, del settore geografico o dei mercati in cui la società opera, salvo sempre che un tasso crescente possa essere giustificato.

La stima dei flussi finanziari futuri non include:

  • i flussi finanziari in entrata o in uscita derivanti da attività di finanziamento. In sostanza, l’attualizzazione identifica tali valori in un’ottica asset side, ossia a differenza di quanto avviene per la capacità di ammortamento- al netto degli oneri finanziari;
  • pagamenti o rimborsi fiscali, ossia al netto della gestione tributaria.

Non sono considerati, anche per l’attualizzazione dei flussi finanziari, gli investimenti flituri (per esempio, ristrutturazioni, miglioramenti od ottimizzazioni) per i quali la società non si sia già obbligata.

 

 

Tasso di attualizzazione

Il tasso di attualizzazione usato ai fini del calcolo del valore:

L’OIC non esplicita, in linea con l’impostazione basata sui principi generali (principles based), elementi operativi di determinazione quantitativa dei valori. In questa visione, non fornisce neanche indicazioni sulle tecniche estimative del tasso attualizzazione da adottare. Questo può essere identificato con il costo medio ponderato del capitale (Weight Average Cost of Capital o anche WACC).

Viene riportata la formula di determinazione del WACC:

WACC = Ke * PN/(PN+D) + Kd (1 – t) * D/(D+PN)

laddove: – Ke = Costo dei mezzi propri

– PN = Patrimonio netto

– D = Debito

– Kd = Costo del debito

– t = Aliquota fiscale

Il costo del capitale (Ke) è, poi, solitamente espresso per mezzo della formula base del Cost of Asset Pricing Model (CAPM):

Ke = Rf + B* (Rm – Rf)

laddove: – Rf= tasso corrente di interesse privo di rischio di mercato

– B = coefficiente beta

– Rm – Rf = differenziale tra tasso di mercato e tasso corrente di interesse privo di rischio di mercato (premio del rischio).

La “progressione” di imputazione della perdita durevole è analoga a quella già considerata nel paragrafo dedicato alla capacità di ammortamento. Per questo la perdita durevole di valore, se non riferita a un singolo bene, è imputata prima all’avviamento e, poi, in quota proporzionale ai beni dell’UGC.

I casi delineati nel contesto dell’OIC 9 in cui è possibile stimare la riduzione durevole di valore di una singola immobilizzazione sono riferibili ai beni che producono autonomamente flussi in entrata. Sono includibili in questa fattispecie, per esempio, marchi e brevetti dati in licenza e beni dati in noleggio o locazione.

 

Fiscalità differita

La svalutazione di una (o più) immobilizzazioni tecniche genera solitamente problematiche di fiscalità differita.

A fini contabili, la svalutazione impatta sul conto economico. Più specificamente, le perdite durevoli di valore ordinarie sono iscritte alla voce B. 10.c. Le perdite durevoli di valore attribuibili a eventi naturali straordinari (per esempio, il danneggiamento di un macchinario dovuto a un incendio, le perdite durevoli legate a ristrutturazioni) sono imputate nell’ area straordinaria del conto economico alla voce E.21.

 

Effetti delle svalutazioni su immobilizzazioni tecniche ai fini IRAP

Come è noto, l’articolo 5, comma 1, d.lgs n. 446 del 1997 prevede che, la base imponibile IRAP delle società di capitali e degli enti commerciali, è determinata dalla differenza tra il valore e i costi della produzione di cui alle lettere A) e B) dell’articolo 2425 del codice civile, con esclusione delle voci di cui ai numeri 9), 10), lettere e) e d), 12) e 13), così come risultanti dal conto economico”.

La lettura del richiamato articolo esclude, perciò, in automatico il riconoscimento delle svalutazioni (voce B10, lettere b e c del conto economico).

L’emanazione della circolare 26/E 2012 dell’Agenzia delle entrate ha, tuttavia, chiarito che le svalutazioni effettuate in seguito all’entrata in vigore della legge finanziaria 2008, pur non essendo “formalmente” incluse tra le componenti negative di reddito che incidono sulla determinazione dell’imposta, possono essere riassorbite ai fini della determinazione della base imponibile IRAP ripartendo l’importo della perdita durevole lungo la vita utile del bene. In sostanza il valore fiscale del bene non è interessato dalla svalutazione e continua ad essere ammortizzato in modo sistematico lunga la vita utile economica, come se la svalutazione, pur valida a livello di bilancio, non fosse stata effettuata, non rilevando peraltro l’eventuale superamento dei coefficienti tabellari ex DM 31 dicembre 1988, validi ai fini IRES. In tal modo, si crea un disallineamento temporaneo (differenza temporanea deducibile) con la necessità di determinare, qualora ne ricorrano le condizioni, le pertinenti imposte anticipate.

 

Effetti delle svahstazioni su immobilizzazioni tecniche ai fini IRES

Per stabilire la rilevazione della fiscalità differita determinata dai calcoli effettuati ai fini IRES, è anzitutto opportuno, come rilevato anche nella Risoluzione 98/E dell’Agenzia delle entrate, considerare la regola generale (articolo 109, comma 4, del TUIR) per cui un costo può essere portato in deduzione se e nella misura in cui, se non previsto diversamente, è imputato al conto economico relativo all’ esercizio di competenza.

In seconda istanza, vale la pena ricordare che la deduzione delle quote di ammortamento “è ammessa in misura non superiore a quella risultante dall’applicazione al costo dei beni dei coefficienti stabiliti con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze” (articolo 102, comma 2, del TUIR).

In questa prospettiva, il maggior ammortamento fiscale può essere recuperato (dedotto) negli esercizi successivi a quello in cui è stata effettuata la svalutazione attraverso una variazione in diminuzione, considerato che il costo è già transitato in conto economico e ammesso, tuttavia, sempre che tale importo non ecceda i coefficienti massimi previsti dal DM 31 dicembre 1988.

 

Nota integrativa

L’articolo 2427 codice civile, richiede alle società di indicare in nota integrativa:

– al n. 2)

“i movimenti delle immobilizzazioni, specificando per ciascuna voce: il costo; le precedenti rivalutazioni, ammortamenti e svalutazioni; le acquisizioni, gli spostamenti da una ad altra voce, le alienazioni avvenuti nell’esercizio; le rivalutazioni, gli ammortamenti e le svalutazioni effettuati nell’esercizio; il totale delle rivalutazioni riguardanti le immobilizzazioni esistenti alla chiusura dell’esercizio”; – al n. 3-bis),

“la misura e le motivazioni delle riduzioni di valore applicate alle immobilizzazioni materiali e immateriali, facendo a tal fine esplicito riferimento al loro concorso alla futura produzione di risultati economici, alla loro prevedibile durata utile e, per quanto rilevante, al loro valore di mercato, segnalando altresì le differenze rispetto a quelle operate negli esercizi precedenti ed evidenziando la loro influenza sui risultati economici dell’esercizio”.

L’OIC prevede, poi, che nella nota integrativa siano, inoltre, fornite informazioni sulle “modalità di determinazione del valore recuperabile”; nello specifico, l’OIC 9 prevede che, qualora sia utilizzata la tecnica di attualizzazione dei flussi finanziari, siano riportate informazioni su:

  • la durata dell’orizzonte temporale preso a riferimento per la stima analitica dei flussi finanziari futuri;
  • il tasso di crescita utilizzato per stimare i flussi finanziari ulteriori;
  • il tasso di attualizzazione applicato.

 

Nel caso in cui, invece, sia applicato il metodo semplificato, le società danno informazione nella nota integrativa su:

  • la durata dell’orizzonte temporale preso a riferimento per la stima analitica dei flussi reddituali futuri;
  • le modalità che hanno portato a scegliere una UGC diversa dal complesso societario. In ultimo, l’OIC 9 richiede che “se del caso” siano fornite informazioni sulle tecniche utilizzate per la determinazione del valore equo (fair value).

 

19 marzo 2015

Vincenzo D’Andò