I depositi doganali: le problematiche IVA

Attraverso il regime del deposito doganale, merci non comunitarie e, in taluni casi, anche comunitarie vengono immagazzinate in un determinato luogo in sospensione dei diritti doganali in attesa che venga loro attribuita una successiva destinazione doganale.

Il deposito doganale

Il deposito doganale costituisce un regime doganale, sospensivo ed economico, che svolge una funzione di incentivazione del commercio.

depositi doganaliPer mezzo dell’introduzione dei beni nel deposito doganale, luogo autorizzato dall’autorità doganale e sottoposto al suo controllo, è, infatti, possibile ottenere, in linea generale senza alcun vincolo temporale, la sospensione dei dazi all’importazione, nonché il non assoggettamento ad accise e ad IVA delle merci, in attesa di una successiva destinazione doganale (cfr. artt. da 98 a 113 del CDC – Reg. CE n. 2913/1992 – nonché da 524 a 535 del DAC – Reg. CE n. 2454/1993).

Vengono meno, inoltre, le misure di politica commerciale delle imposizioni derivanti dall’applicazione della politica agricola comune della UE, anche se continuano ad applicarsi i divieti e le restrizioni giustificate da ragioni di sicurezza pubblica, di protezione della salute e della vita delle persone e degli animali e di tutela delle specie vegetali.

Soggetti interessati nel deposito doganale

I soggetti coinvolti nell’operazione sono il depositario ed il depositante. Quest’ultimo costituisce la persona vincolata dalla dichiarazione di assoggettamento delle merci al regime del deposito doganale (non sempre coincide con il proprietario delle merci) ed è sempre responsabile dell’osservanza degli obblighi risultanti da tale vincolo.

Il depositario, invece, è tenuto ad assicurarsi che le disposizioni contenute nell’autorizzazione siano rispettate, nonché che le merci non siano sottratte alla sorveglianza doganale durante la loro permanenza nel deposito, costituendo la persona autorizzata a gestire le installazioni ed i locali del deposito doganale.

Lo stesso deve, inoltre, preservare la sicurezza dei beni depositati, nonché tenere la contabilità di magazzino.

Con riferimento a quest’ultimo adempimento, l’inadempienza dell’obbligo di iscrivere nella contabilità di magazzino l’uscita della merce da un deposito doganale, al più tardi al momento di tale uscita, fa sorgere un’obbligazione doganale per la suddetta merce, anche qualora quest’ultima sia stata riesportata (Corte di Giustizia della UE 06/09/2012, causa C-28/11).

Anche se le merci che si trovano nel deposito doganale rimangono sotto sorveglianza doganale, il depositario può, tuttavia, essere autorizzato a porre in essere tutte quelle operazioni (cd. “manipolazioni usuali”) volte a garantire la conservazione delle merci o comunque a preparare i beni per la distribuzione o la rivendita; in circostanze particolari e sulla base di specifiche condizioni, è anche possibile, previa preventiva autorizzazione, rimuovere temporaneamente (max 3 mesi, salvo proroga) le merci dal deposito doganale.

Ciò nondimeno, laddove sorga un’obbligazione doganale per una merce d’importazione e il valore in dogana dei beni, basato sul prezzo effettivamente pagato o da pagare, comprenda le spese di magazzinaggio e di conservazione delle merci durante la loro permanenza nel deposito, tali spese non devono essere comprese nel valore in dogana.

A tal fine, devono, tuttavia, sussistere le seguenti condizioni:

  1. gli elementi impositivi esistenti al momento del vincolo dei beni al regime del deposito doganale devono essere stati riconosciuti o ammessi;

  2. le menzionate spese devono essere distinte dal prezzo effettivamente pagato o da pagare per la merce stessa;

  3. non deve sussistere una volontà diversa da parte dell’interessato;

  4. l’autorità doganale, a seguito di controllo in sede di revisione doganale, non esprime una posizione diversa.

Più in generale, per la determinazione degli elementi rilevanti ai fini della quantificazione dei dazi all’importazione, occorre far riferimento, su richiesta del dichiarante, ai beni come se non avessero subito alcuna attività di manipolazione.

Inoltre, in presenza di un’esigenza economica e senza che la sorveglianza doganale venga compromessa, è possibile, previa autorizzazione da parte dell’autorità doganale, che merci non comunitarie siano oggetto, nei locali del deposito doganale, di operazioni di perfezionamento in regime di perfezionamento attivo o di trasformazioni in regime di trasformazione sotto controllo doganale, alle condizioni previste da tali regimi.

In ogni caso, le altre operazioni di cui sono oggetto le merci non possono essere predominanti rispetto all’attività di immagazzinamento di merci.

Merci interessate

Nei depositi doganali vengono collocati per lo più merci non comunitarie. Possono, tuttavia, essere ivi immagazzinate anche merci comunitarie per le quali una normativa UE specifica preveda, a motivo del loro collocamento nel deposito doganale, il beneficio di misure connesse in genere con l’esportazione delle merci.

A seguito della introduzione nel deposito doganale, inoltre, le merci non perdono la loro natura di merci estere o di merci comunitarie.

Attraverso il regime doganale del deposito è, infine, possibile cedere le merci contenute nel deposito mediante il trasferimento dei titoli rappresentativi; lo stesso consente, altresì, di ottenere anticipazioni sulle merci depositate.

Autorizzazione al deposito doganale

Per gestire un deposito doganale, è necessario richiedere, previa presentazione di un’istanza conforme all’allegato 67 delle DAC, un’apposita autorizzazione all’autorità doganale competente in base ai luoghi destinati ad essere riconosciuti come depositi o a quello in cui è tenuta la contabilità principale del richiedente.

L’autorità doganale valuterà l’effettiva esigenza economica ad istituire nella località prescelta un deposito per merci estere (nell’autorizzazione sono, inoltre, contenute le condizioni di gestione del deposito doganale).

L’autorizzazione, in linea generale non soggetta a vincoli temporali, non è, tuttavia, necessaria laddove la gestione sia effettuata direttamente dall’autorità doganale.

Ai fini dell’attribuzione dell’autorizzazione, che può essere concessa unicamente alle persone stabilite nella UE, è necessario, inoltre, che sussistano le seguenti condizioni:

  1. i soggetti richiedenti devono offrire tutte le garanzie necessarie per l’ordinato svolgimento delle operazioni;

  2. l’autorità doganale deve essere in grado di garantire la sorveglianza ed il controllo del regime senza oneri amministrativi sproporzionati rispetto alle necessità economiche del regime stesso.

L’autorizzazione non può, tuttavia, essere rilasciata nel caso in cui i locali o gli impianti di stoccaggio in cui si trovano le merci assoggettate al regime vengono utilizzati per la vendita al dettaglio, salvo che si tratti delle seguenti operazioni, eseguite in esenzione dai dazi all’importazione:

  1. cessioni a viaggiatori verso Paesi terzi;

  2. cessioni nell’ambito di accordi diplomatici e consolari;

  3. cessioni a membri delle organizzazioni internazionali o alle forze NATO.

I soggetti autorizzati all’esercizio di un deposito doganale possono, infine, gestire anche i depositi IVA di cui all’articolo 50 bis del Dl 30 agosto 1993 n. 331, nei quali, come noto, è consentito introdurre beni comunitari o nazionali senza il pagamento dell’IVA.

Obblighi dichiarativi

Ai fini dell’introduzione delle merci nel deposito doganale, l’interessato è tenuto a presentare la dichiarazione di vincolo al regime, redatta su modello conforme al DAU (dichiarazione IM7), prestando una garanzia per i diritti doganali gravanti sulla merce che restano sospesi.

La conclusione del regime (cd. “appuramento”) si avrà, previa presentazione di apposita dichiarazione in dogana, laddove la merce venga estratta dal deposito o la stessa venga dichiarata per un’altra destinazione doganale.

L’eventuale pagamento di diritti doganali, infine, dovrà tener conto degli elementi rilevati al momento dell’estrazione della merce dal deposito, salvo che si tratti dei depositi di tipo D.

Depositi pubblici o privati

I depositi doganali possono essere sia privati che pubblici. In caso di depositi privati, è necessario che gli stessi siano autorizzati dall’autorità doganale, nonché che gli stessi siano sottoposti al controllo da parte di quest’ultima.

Depositi privati

I depositi privati sono gestiti da soggetti privati e sono destinati ad immagazzinare merci del depositario (il quale non necessariamente è proprietario della merce), venendo, quindi, a coincidere la figura del depositante e del depositario (è necessaria un’apposita autorizzazione da parte dell’autorità doganale). I depositi privati possono essere di tipo C, D ed E.

Depositi di tipo C

In questo caso, la responsabilità del deposito è del depositario, il quale deve obbligatoriamente tenere la contabilità di magazzino (sono applicabili le procedure semplificate). Inoltre, i locali utilizzati per il deposito devono essere autorizzati dall’autorità doganale.

Depositi di tipo D

Questi depositi presentano le stesse caratteristiche dei depositi di tipo C, differenziandosene per il fatto che gli elementi di tassazione (quantità, qualità, origine e valore) da prendere in considerazione all’atto dell’immissione delle merci in libera pratica o in consumo sono quelli riconosciuti o ammessi al momento del vincolo della merce al regime di deposito doganale.

Dovrà, inoltre, essere tenuta dal depositario una apposita contabilità di magazzino, mentre non sarà necessaria la presentazione di alcuna dichiarazione doganale (è obbligatoria la procedura di domiciliazione, che si applicherà automaticamente).

Depositi tipo E

I depositi di tipo E hanno caratteristiche simili a quelli di tipo C, dai quali si differenziano per il fatto che le merci possono essere stoccate in locali che hanno la qualifica di unità di produzione/distribuzione (cd. “deposito virtuale”) senza che sia necessario impiegare locali riconosciuti come depositi doganali.

Il depositario deve tenere una apposita contabilità di magazzino allo scopo di tracciare in qualsiasi momento le quantità di prodotti vincolati al regime.

Depositi pubblici

Il deposito pubblico può essere gestito direttamente dall’autorità pubblica, essere concesso a persone giuridiche o essere gestito da privati ed è utilizzabile da qualsiasi persona per l’immagazzinamento delle merci. I depositi pubblici possono essere di tipo A, B ed F.

Depositi di tipo A

Nei depositi di tipo A, appositamente autorizzati dall’autorità doganale, la merce può essere immagazzinata da chiunque, sotto la responsabilità del depositario, il quale dovrà assicurarsi che le merci siano quelle dichiarate e che il regime sia correttamente appurato.

Deve, inoltre, essere tenuta una contabilità di magazzino e possono essere utilizzate le procedure semplificate.

Depositi di tipo B

In questi depositi, appositamente autorizzati dall’autorità doganale, le merci possono essere immagazzinate da chiunque.

In questo caso, il regime del deposito si applica, tuttavia, sotto la responsabilità di ciascun depositante, al quale, conseguentemente, spetterà verificare che le merci ricevute corrispondano alle merci dichiarate e che il regime sia correttamente appurato.

L’ufficio di controllo è tenuto a conservare le dichiarazioni di vincolo al regime in sostituzione della contabilità di magazzino, la quale non è, quindi, obbligatoria. Non è, pertanto, applicabile la procedura di domiciliazione, anche se è, invece, possibile avvalersi delle procedure di dichiarazione incompleta e di dichiarazione semplificata.

Depositi di tipo F

Tali depositi sono gestiti direttamente dall’autorità doganale, la quale terrà proprie scritture doganali che sostituiscono la contabilità di magazzino. Non si applicano, inoltre, le procedure semplificate.

Disciplina IVA dei depositi doganali

Ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, i depositi doganali appartengono al territorio dello Stato membro nel quale si trovano (Corte di giustizia UE 8 novembre 2012, causa C-165/11), fermo restando che gli Stati membri possono esentare la loro cessione (cfr. art. 156 della direttiva 2006/112/CE).

Tuttavia, sul piano nazionale le cessioni di merci non comunitarie depositati in luoghi sottoposti a vigilanza doganale (cd. “cessioni di beni viaggianti allo Stato estero”, ossia di beni che, al momento del loro trasferimento, hanno ancora lo “status giuridico” di merci estere), quali, appunto i depositi doganali, costituiscono operazioni fuori dal campo di applicazione dell’IVA e ciò anche se i beni si trovano materialmente nel territorio nazionale (CM n. 26/411138 del 1979).

Tali cessioni, tuttavia, pur se non rientranti nel campo di applicazione dell’IVA, devono essere fatturate (riportando la seguente dizione: “operazione non soggetta”), nonchè registrate, e rilevano per quanto concerne la formazione del volume di affari, anche se non ai fini del “plafond” IVA.

Va evidenziato, infine, che, nel particolare caso di furto di merci sottoposte al regime di deposito doganale, l’esigibilità dell’IVA sorge ugualmente (Corte di giustizia UE 11 luglio 2013, causa C-273/12).

Il furto di merci dal deposito doganale configura, infatti, l’ipotesi di sottrazione al controllo doganale di merci soggette a dazi all’importazione, prevista dall’articolo 203 del CDC.

Tale situazione si configura, in particolare, in presenza di qualsiasi azione o omissione che abbia come effetto quello di impedire, anche solo temporaneamente, all’autorità doganale di accedere a una merce sotto vigilanza doganale e di effettuare i controlli previsti.

Ebbene, il verificarsi di tale circostanza fa sorgere l’obbligazione doganale all’importazione, la quale, a sua volta costituisce il presupposto per l’esigibilità dell’imposta sul valore aggiunto.

La direttiva 2006/112/CEE (articolo 71, paragrafo 1, secondo comma) prevede, infatti, che quando i beni importati sono assoggettati a dazi doganali, prelievi agricoli o imposte di effetto equivalente istituiti nell’ambito di una politica comune il fatto generatore dell’imposta si verifica e l’imposta diviene esigibile nel momento in cui scattano il fatto generatore e l’esigibilità  relativa ai predetti dazi o prelievi.

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5 febbraio 2015

Francesco D’Alfonso