soggetti che esercitano contemporaneamente un’attività da cui percepiscono redditi assoggettabili alla gestione separata ed anche altra attività imprenditoriale (con obbligo d’iscrizione alla gestione commercianti o artigiani): qual è l’imposizione contributiva
I soggetti che esercitano contemporaneamente un’attività da cui percepiscono redditi assoggettabili alla gestione separata e altra attività imprenditoriale (con obbligo d’iscrizione alla gestione commercianti o artigiani) sono tenuti a imposizione contributiva nell’ambito di entrambe le gestioni previdenziali interessate. Per valutare se sussistono le condizioni per l’iscrizione alla gestione IVS è tuttavia necessario verificare i requisiti di partecipazione personale ed abituale all’attività lavorativa a prescindere dalla sussistenza o meno del requisito della prevalenza.
Evoluzione normativa e giurisprudenziale
Il regime contributivo applicabile ai soggetti che si trovino ad esercitare una attività da cui percepiscono redditi assoggettabili alla Gestione separata di cui alla legge n. 335/95, art. 2, comma 26 ed altra attività imprenditoriale che comporta l’obbligo di iscrizione alla gestione commercianti o artigiani, è stato oggetto di ampio dibattito tra gli operatori del settore.
L’Istituto Nazionale Previdenza Sociale attraverso la circolare 14/05/2013, n. 78, ha fornito importanti chiarimenti sull’obbligo della doppia contribuzione.
Esclusione del criterio della prevalenza con altre gestioni previdenziali
La disposizione contenuta nell’art. 1, comma 208, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 prevede che “… Qualora i soggetti di cui ai precedenti commi esercitino contemporaneamente, anche in un’unica impresa, varie attività autonome assoggettabili a diverse forme di assicurazione obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti, sono iscritti nell’assicurazione prevista per l’attività alla quale gli stessi dedicano personalmente la
loro opera professionale in misura prevalente. Spetta all’Istituto nazionale della previdenza sociale decidere sulla iscrizione nell’assicurazione corrispondente all’attività prevalente…”.
L’Istituto, in sede di interpretazione e concreta applicazione di tale norma, ha ritenuto, sin dalla relativa entrata in vigore, che per attività autonome, soggette a comparazione in termini
di prevalenza, devono intendersi solo quelle che abbiano natura imprenditoriale, ossia definibili
ai sensi dell’art. 2195 c.c., come attività economiche organizzate ed esercitate professionalmente dall’imprenditore, al fine della produzione o dello scambio di beni o servizi e
soggette a registrazione.
Quindi, secondo l’INPS, già dall’entrata in vigore della legge n. 662/96, il criterio della prevalenza andava applicato unicamente alla contemporanea prestazione di più attività tra quelle di:
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commerciante,
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artigiano,
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coltivatore diretto.
Nella valutazione dell’INPS il criterio della prevalenza andava escluso in ordine a quelle attività autonome svolte in forma non imprenditoriale e che rientrano nell’obbligo di iscrizione alla Gestione Separata di cui alla legge n. 335/95, art. 2, comma 26 (ad esempio, amministratore di amministratore di societa).
L’interpretazione autentica
In tale contesto, a fronte dei non univoci orientamenti giurisprudenziali, è intervenuto il legislatore che, con decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, art. 12, comma 11, convertito in legge 30 luglio 2010, n. 122, ha introdotto una norma di interpretazione autentica relativa al citato comma 208, disponendo come segue: “L’art. 1, comma 208 della legge 23 dicembre 1996, n. 662 si interpreta nel senso che le attività autonome, per le quali opera il principio di assoggettamento all’assicurazione prevista per l’attività prevalente, sono quelle esercitate in forma d’impresa dai commercianti, dagli artigiani e dai coltivatori diretti, i quali vengono iscritti in una delle corrispondenti gestioni dell’Inps. Restano, pertanto, esclusi dall’applicazione dell’art. 1, comma 208, legge n. 662/96 i rapporti di lavoro per i quali è obbligatoriamente prevista l’iscrizione alla gestione previdenziale di cui all’art. 2, comma 26, legge 16 agosto 1995, n. 335”.
La successiva giurisprudenza ha uniformemente applicato tale disposizione, ribadendo che “l’esercizio di attività di lavoro autonomo, soggetto a contribuzione alla Gestione separata, chesi accompagni all’esercizio di un’attività d’impresa commerciale, artigiana o agricola, la quale di per sé comporti obbligo di iscrizione alla relativa gestione assicurativa presso l’Inps, non fa scattare il criterio dell’attività prevalente” (Cass. S.S.U.U., 17076/11; dello stesso tenore, Cass. S.S.U.U., 17074/11).
Infatti, “la regola per cui ci si deve iscrivere presso l’unica gestione ove si svolge l’attività prevalente è rimasta in vigore, ma riguarda solo gli iscritti alla gestione Inps dei lavoratori autonomi ossia artigiani, commercianti e coltivatori diretti: ad es. i commercianti che svolgano anche attività di artigiano, o i coltivatori diretti che vendano i prodotti della coltivazione, ecc.” (Cass. sez. VI civ., 3839/12).
I requisiti per la doppia iscrizione previdenziale dell’amministratore di società
In caso di contemporaneo esercizio di due attività, l’una di natura imprenditoriale e l’altra compresa tra quelle iscrivibili alla gestione separata, l’INPS ha proceduto (e procede), in presenza dei rispettivi requisiti, ad imposizione contributiva nell’ambito di entrambe le gestioni previdenziali interessate.
Pertanto, ai fini dell’iscrizione alla Gestione commercianti o artigiani non è richiesta la verifica del requisito della prevalenza, bensì degli elementi:
a)della abitualità;
b)della professionalità della prestazione lavorativa,
nonché degli altri requisiti eventualmente previsti dalle rispettive discipline normative di settore.
Al verificarsi di tali presupposti il socio lavoratore di S.r.l. che sia anche amministratore e percepisca compensi per questa attività deve iscriversi sia alla gestione separata come amministratore, sia ad una delle tre gestioni imprenditoriali come socio lavoratore.
La prova circa l’effettiva presenza attiva al lavoro aziendale con i caratteri di personalità ed abitualità spetta all’Istituto di Previdenza che:
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procede ad una attenta verifica delle fattispecie concrete non limitata a riscontri meramente documentali;
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attiva ispezioni ed accessi direttamente presso le aziende al fine di garantire maggiori profili di legittimità al provvedimento impositivo.
Abitualità
La valutazione del carattere <abituale> della prestazione lavorativa rivolta alla concreta realizzazione dello scopo sociale deve operata dagli ispettori dell’INPS in modo puntuale e rigoroso.
Relativamente al concetto di “abitualità”, merita citazione il contenuto di due interventi di prassi dell’Agenzia delle entrate.
Con risoluzione ministeriale 550326 del 24.11.1998 è stato osservato che “… i requisiti, caratterizzanti la disposizione in esame, di “professionalità” e “abitualità” sussistono ogni qualvolta un soggetto ponga in essere con regolarità, sistematicità e ripetitività una pluralità di atti economici coordinati e finalizzati al conseguimento di uno scopo. In altri termini, i suddetti presupposti non si realizzano solo nei casi in cui vengono posti in essere atti economici in via meramente occasionale…”.
Con successiva risoluzione ministeriale 126/E del 16.12.2011, i tecnici ministeriali hanno ribadito come i “connotati dell’abitualità, sistematicità e continuità dell’attività economica vanno intesi in senso non assoluto ma relativo, con la conseguenza che la qualifica di imprenditore può determinarsi anche in ragione del compimenti di un unico affare, avente rilevanza economica e caratterizzato dalla complessità delle operazioni in cui si articola, che implicano la necessità di compiere una serie coordinata di atti economici.”.
La stessa circolare n. 78/2013, riporta significati passaggi di alcuni orientamenti giurisprudenziali precisando esplicitamente che “ … può ritenersi abituale un’attività effettuata per poche ore al giorno e non tutti i giorni, come è nel caso della gestione immobiliare, oppure un’attività necessaria all’interno del processo aziendale anche se non costituisce lo scopo aziendale, quale quella di predisposizione della documentazione necessaria alla vendita (Cass. Sez. lav., 11804/12). Parimenti, può ritenersi abituale un’attività di vendita di merce on-line, ove sia effettuata con carattere di sistematicità e di reiterazione nel tempo…”.
Partecipazione personale all’attività lavorativa
Il concorso della collaborazione prestata dall’amministratore-socio a favore della società rappresenta un ulteriore elemento che richiede specifico approfondimento da parte dei verificatori.
Osserva l’Istituto nella citata circolare n. 78/2013 che “… per partecipazione personale al lavoro aziendale deve intendersi non soltanto l’espletamento di un’attività esecutiva o materiale, ma anche di un’attività organizzativa e direttiva, di natura intellettuale, posto che anche con tale attività il socio offre il proprio personale apporto all’attività di impresa, ingerendosi direttamente ed in modo rilevante nel ciclo produttivo della stessa” (Cass. sez. lav., 5360/12)… “.
E’ evidente che l’accrescimento della produttività e degli utili dell’impresa (Cassazione, sez. lav. 13580/13) si realizza unicamente qualora l’attività posta in essere dall’amministratore-socio sia continua, regolare e costante ma non necessariamente a tempo pieno.
In tale direzione, conclude il documento di prassi, “ … la presenza o meno di dipendenti e/o collaboratori, la loro qualifica e le loro mansioni sono elementi che possono avere rilevanza al fine della valutazione: di recente la suprema Corte ha confermato di ritenere compiuta la prova dell’esercizio dell’attività da parte del socio in presenza della semplice domanda di iscrizione e dell’assenza di lavoratori ad eccezione dell’altro socio (Cass. Sez. lav., 11685/12)…”.
E’ possibile sfuggire legittimamente alla doppia contribuzione ?
Appare pacifico che l’amministratore il quale percepisce un compenso, debba sempre versare i contributi INPS gestione separata. Si tratta allora di comprendere se e quando il socio-amministratore di S.r.l possa legittimamente evitare di iscriversi alla Gestione commercianti non versando i relativi contributi IVS.
Assenza di abitualità della prestazione lavorativa in qualità di socio
Ci si chiede, in primo luogo, se una attività lavorativa svolta dal socio (amministratore di s.r.l.) in via del tutto occasionale debba necessariamente comportare l’obbligo della (doppia) iscrizione.
L’argomento è stato affrontato dalla Fondazione studi consulenti del lavoro, nel parere n. 13 del 29.03.2012, avente per oggetto di valutare gli obblighi di contribuzione previdenziale a carico del socio-amministratore di S.r.l.
Abbiamo già osservato che in aderenza all’orientamento giurisprudenziale dominante l’iscrizione alla gestione INPS commercianti è obbligatoria quando si realizza una serie di requisiti tra i quali la partecipazione personale al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza.
Secondo l’Autorevole organo interpretativo ciò che occorre verificare, anche per l’amministratore-socio di s.r.l. – ed ai fini della verifica della sussistenza dei requisiti per l’iscrizione alla Gestione IVS – è lo svolgimento dell’effettiva attività di semplice puro lavoro rivolta alla concreta realizzazione dello scopo sociale.
Attività ontologicamente diversa da quella riferita all’attività di amministrazione basata su un criterio di immedesimazione organica e che comporta la partecipazione ad una attività di gestione, di impulso e di rappresentanza della società.
In tale ottica, spetta all’Inps l’onere probatorio in merito all’esercizio dell’attività esecutiva di mero lavoro che – come già esposto – deve presentare gli indefettibili requisiti della abitualità e della prevalenza, sebbene possa non avere la piena responsabilità giuridica dell’ente.
Per attività abituale deve intendersi una attività caratterizzata da ripetitività, stabilità e sistematicità di comportamenti. In altre parole il carattere dell’abitualità si contrappone a quello della occasionalità da intendersi riferito ad un’attività contingente ed eventuale. Il requisito della abitualità non equivale a quotidianità.
In definitiva , conclude il parere fornito dalla Fondazione, l’Amministratore “ … dovrebbe essere iscritto solo alla Gestione separata come Amministratore se l’attività specificamente commerciale di socio lavoratore non è abituale e prevalente, mentre dovrebbe essere iscritto contestualmente alla Gestione Speciale Commercianti e alla Gestione Separata, se l’attività commerciale esercitata in qualità di socio presenta caratteri della abitualità..”.
E’ evidente – aggiungiamo noi – che, la presenza o meno di dipendenti e/o collaboratori, la loro qualifica e le loro mansioni sono elementi possono avere rilevanza al fine della valutazione del caso concreto.
Socio di s.r.l. e componente del C.d.A. assunto dalla società quale lavoratore dipendente
In linea teorica è possibile che il socio di s.r.l. anche se componente di un Consiglio di Amministrazione (in assenza di percezione di compensi per l’ufficio di amministrazione)venga assunto con la qualifica di lavoratore dipendente, così da realizzare una copertura ad una gestione previdenziale diversa dalla gestione separata.
Ci si interroga sulla reale possibilità di sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato contemporaneamente all’espletamento di una carica sociale, che potrebbe essere rivestita di poteri tali da incidere direttamente e autonomamente sul processo di formazione della volontà dell’Ente.
La questione è stata affrontata dall’INPS con il messaggio n. 12441 del 08/06/2011, che parrebbe (il condizionale è d’obbligo) non escludere la possibilità che un socio-componente del C.d.A. possa essere assunto con la qualifica di lavoratore dipendente.
Nel presupposto che trattasi di un socio con partecipazioni societarie non in grado di garantirgli la maggioranza assembleare secondo l’Istituto, ai fini del riconoscimento dell’assunzione, occorrerà che “sia fornita la rigorosa prova della sussistenza del vincolo della subordinazione, cioè dell’assoggettamento del lavoratore interessato, nonostante la qualità di amministratore, al potere direttivo, di controllo e disciplinare dell’organo di amministrazione della società nel suo complesso”.
In via più generale si deve verificare che sussista quella che è tecnicamente definita “eterodirezione” ciò la dipendenza da un soggetto diverso (Consiglio di amministrazione), in difetto di tale presupposto non può ritenersi sussistere un rapporto di lavoro subordinato ai sensi dell’art. 2094 c.c.
Solo se il socio della s.r.l. non gestisce autonomamente il proprio lavoro, ma è soggetto ad eterodirezione dal parte del Consiglio di Amministrazione in termini di rispetto degli orari prestabiliti, di giustificazione assenze, di sanzioni disciplinari, il suo lavoro sarà inquadrabile come lavoro dipendente. Pur essendo egli stesso un amministratore, infatti, il socio (evidentemente non in possesso della maggioranza assembleare) della società di capitali potrà subire le decisioni di una maggioranza contraria.
12 gennaio 2015
Antonino e Attilio Romano