Il contratto di locazione non scritto

quali sono le regole che valgono per disciplinare un contratto di locazione che non è redatto in forma scritta?

L’art. 1, c. 4, della legge 9 dicembre 1998 n. 431 stabilisce che “… per la stipula di validi contratti di locazione è richiesta la forma scritta”, in mancanza, più volte, la giurisprudenza ha affermato la nullità di detti accordi. Da ultimo la Corte d’Appello Roma, sezione IV, con la sentenza del 12 maggio n. 1424 ha chiarito che nonostante “… la forma non sia espressamente prevista “sotto pena di nullità”, secondo la formula rinvenibile nell’art. 1325 n. 4 c.c., l’interpretazione sistematica induce ad assimilare la prescrizione del citato art. 1, co. 4 (‘… per la stipula di validi contratti di locazione è richiesta la forma scritta. alla previsione di una forma ad substantiam. Nel codice civile è, infatti, inserita la regola di qualificazione di cui all’art. 1352 c.c., alla stregua della quale, in difetto di univoche prescrizioni, la forma deve intendersi imposta per la validità del contratto, vale a dire a pena di nullità piuttosto che solo ad probationem…“.

Il Tribunale di Roma, sezione VI, con la sentenza dell’1 ottobre 2014, partendo, appunto, dalla nullità del contratto di locazione verbale ha individuato le norme che vanno a regolare il rapporto tra pseudo proprietario e pseudo conduttore.

In fatto

Lo pseudo proprietario e lo pseudo conduttore nel novembre 2011 hanno stipulato un contratto di locazione abitativa verbale. A partire da gennaio 2012 lo pseudo conduttore non ha pagato i canoni di locazione inducendo lo pseudo proprietario ad agire in giudizio per ottenere la restituzione dell’immobile e il pagamento dei canoni non onorati. Lo pseudo conduttore, presentando domanda riconvenzionale, ha richiesto la restituzione delle mensilità sino ad allora pagate sulla scorta di un contratto di locazione in realtà nullo.

In diritto

Secondo il Tribunale di Roma il rapporto instauratosi tra le parti è rimasto sul piano meramente fattuale e pertanto deve essere correttamente inquadrato al di fuori del paradigma della locazione abitativa.

In tale prospettiva di indagine appare manifesto che la vicenda può trovare la sua soluzione più opportuna facendo riferimento agli istituti tipici regolanti i rapporti di fatto:

  • Possesso (art. 1150 ss. c.c.). Lo pseudo locatore ha consegnato le chiavi dell’immobile allo pseudo conduttore ed ha riscosso le somme mensili, così che la posizione di quest’ultimo è configurabile come possesso in buona fede, basato, come appena detto, su un accordo, seppure verbale, tra le parti. La buona fede viene meno, però, allorquando lo pseudo locatore chiede la restituzione dell’immobile, infatti il protrarsi del possesso dell’abitazione da parte dello pseudo conduttore avviene in mala fede.

  • Indebito oggettivo (art. 2033 c.c.). Stante l’assenza di un rapporto locatizio, niente è dovuto da parte dell’occupante a favore del proprietario. Tuttavia per le somme spontaneamente pagate nel periodo di possesso in buona fede lo pseudo conduttore non può richiederne la restituzione in quanto ciò importerebbe un inammissibile arricchimento senza causa in danno del locatore. Il proprietario ha diritto, invece, oltre alla restituzione del bene, ad un equo ristoro del godimento ricevuto dalla controparte solo nel periodo di possesso in mala fede, per la cui quantificazione si rimanda al punto successivo.

  • Arricchimento senza causa (art. 2041 c.c.). Per il periodo di possesso in mala fede il Giudice ha dovuto determinare la giusta somma da corrispondere al proprietario prendendo a fondamento la sentenza n. 18785�5 della Cassazione, con la quale è stato chiarito che “Ai fini dell’indennizzo dovuto per l’arricchimento senza causa, l’art. 2041 cod. civ. considera solo la diminuzione patrimoniale subita dal soggetto e non anche il lucro cessante, che è altra componente, separata e distinta, del danno patrimoniale complessivamente subito alla stregua dell’art. 2043 cod. civ., ma espressamente escluso dall’art. 2041 cod. civ.. Ne consegue che l’azione di arricchimento è ammissibile solo limitatamente a quanto un soggetto abbia fatto proprio, apportando contemporaneamente una diminuzione patrimoniale all’altro soggetto”.

  • Obbligazioni naturali (art. 2034 c.c.). Per il periodo di possesso in buona fede, giustamente, lo pseudo conduttore ha fatto propri i frutti nascenti dalla detenzione concessa e lo pseudo locatore non può giuridicamente pretendere il mancato pagamento di somme “corrispettive” del godimento del bene, infatti i pagamenti mensili effettuati vanno ritenuti espressione di una obbligazione naturale o comunque espressione di uno spontaneo riconoscimento dell’arricchimento dello pseudo conduttore verso una diminuzione patrimoniale altrui.

13 dicembre 2014

Anna Maria Pia Chionna