Obbligatorio il certificato penale dei dipendenti che operano a contatto con minori

un ripasso degli obblighi di richiesta di certificato penale per chi opera a stretto contatto con minori: in caso di successione di due contratti di lavoro a termine, a distanza di oltre sei mesi uno dall’altro, è necessario richiedere un nuovo certificato

E’ in vigore dal 6 aprile 2014 l’obbligo posto a carico dei datori di lavoro di procurarsi il certificato penale del casellario giudiziale del personale che opera a stretto contatto con minori, al fine di verificare l’esistenza di condanne (a carico del lavoratore) per taluno dei seguenti reati previsti dal codice penale: art. 600-bis (prostituzione minorile), art. 600-ter (pornografia minorile), art. 600-quater (detenzione di materiale pornografico), art. 600-quinquies (iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile) ed art. 609-undecies (adescamento di minorenni).

L’obbligo di procurarsi il certificato penale sorge soltanto ove il soggetto che intenda avvalersi dell’opera di terzi (generalmente il datore di lavoro o il committente) si appresti alla stipula di un contratto di lavoro: l’obbligo in argomento non sussiste, invece, ove il datore di lavoro si avvalga di forme di collaborazione che non si strutturino all’interno di un definito rapporto di lavoro. In altri termini, non sussiste l’obbligo di richiedere il certificato del casellario giudiziale in capo agli enti e associazioni di volontariato che intendano avvalersi dell’opera di volontari; costoro, infatti, esplicano un’attività che, all’evidenza, resta estranea ai confini del rapporto di lavoro (circolare del Ministero della giustizia del 03.04.2014). Vanno altresì escluse dal campo di applicazione del provvedimento, le assunzioni che riguardano le baby sitter, in quanto la finalità della norma è soltanto quella di tutelare i minori quando gli stessi si trovino al di fuori dell’ambito familiare.

Con la successiva circolare del 11.4.2014 n. 9, il Ministero del Lavoro ha specificato, inoltre, che, per “rapporto di lavoro” non va inteso solo quello subordinato, ma anche le diverse forme di attività di natura autonoma, come ad esempio le collaborazioni a progetto o l’associazione in partecipazione: l’obbligo di richiedere il certificato penale sussiste, pertanto, solamente all’interno di un contratto con prestazioni corrispettive, mentre non è richiesto con riferimento ad altre forme di collaborazione non inquadrabili come rapporto di lavoro.

L’obbligo in questione coinvolge tutti i datori di lavoro che impiegano personale per lo svolgimento di attività professionali “che comportino contatti diretti e regolari con minori“, comprese le agenzie di somministrazione qualora dal relativo contratto di fornitura risulti evidente l’impiego del lavoratore nelle attività in questione. Il personale interessato dalla disposizione è solo quello che ha un contatto non mediato e continuativo con i minori (insegnanti di scuole pubbliche e private, conducenti di scuolabus, animatori turistici e istruttori sportivi per bambini e ragazzi, addetti alla somministrazione dei pasti nelle mense scolastiche, eccetera). Ad ogni modo, l’obbligo non riguarda anche i dirigenti, i responsabili, i preposti e comunque quelle figure che sovraintendono alla attività svolta dall’operatore diretto, che possono avere un contatto solo occasionale con i destinatari della tutela.

L’adempimento in questione riguarda esclusivamente i nuovi rapporti di lavoro costituiti a decorrere dal 6 aprile 2014 e non si applica, invece, ai rapporti già in essere a tale data. A titolo esemplificativo, nel caso di un dipendente a termine prima del 6 aprile 2014 e riassunto alla scadenza del contratto in data 20 maggio 2014, il certificato deve essere richiesto in relazione al secondo contratto di lavoro. Il certificato in parola, inoltre, ha una durata di 6 mesi, ma ciò non significa che il datore di lavoro deve richiedere il certificato penale in questione ogni sei mesi: il certificato va richiesto, infatti, soltanto al momento dell’impiego al lavoro della persona. Sul punto, però, si ritiene che, in caso di successione di due contratti di lavoro a termine, distanti sei mesi uno dall’altro, il certificato in parola debba essere richiesto per la seconda chiamata in servizio del medesimo lavoratore, posto che il certificato rilasciato in sede di primo impiego risulta essere scaduto alla data della seconda assunzione.

Con la richiamata circolare del 03.04.2014, il Ministero della Giustizia ha avuto modo di chiarire che l’onere di richiedere il certificato penale all’ufficio del casellario giudiziale è in capo al datore di lavoro, il quale dovrà farsi rilasciare dal lavoratore apposito consenso, utilizzando i modelli resi disponibili dal medesimo Ministero della giustizia sul proprio sito istituzionale: ci si riferisce, in particolare, al modello per la richiesta del certificato penale del casellario giudiziale e al modello per il consenso del lavoratore interessato che il datore di lavoro dovrà presentare al competente ufficio per poter acquisire il suddetto certificato penale. Ad ogni modo, in attesa della acquisizione del certificato del casellario giudiziario, il datore di lavoro potrà comunque procedere all’assunzione del lavoratore, purché quest’ultimo rilasci al proprio committente una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà (art. 46 D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445), che attesti l’insussistenza a proprio carico di condanne per uno dei suddetti reati penali.

I costi del certificato sono quelli attualmente previsti dalla legge per il rilascio all’interessato: una marca da bollo da € 16,00 da corrispondere alla richiesta del certificato, a cui va aggiunta una marca per diritti da € 7,08 se il certificato è richiesto con urgenza, oppure una marca per diritti da € 3,54, se il certificato è richiesto senza urgenza. Sono esenti, invece, dal pagamento delle suddette marche da bollo, i certificati richiesti da Onlus, federazioni sportive ed enti di promozione sportiva riconosciuti dal Coni (tabella allegato B DPR 642/72).

Si rammenta, infine, che, le sanzioni previste dalla legge, in caso di mancato adempimento dell’obbligo in esame, sono particolarmente severe: il datore di lavoro che non adempie all’obbligo prescritto è soggetto, infatti, alla sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da € 10.000,00 ad €15.000,00.

7 maggio 2014

Sandro Cerato