Gli effetti dell'uscita del socio dalla SNC

analisi dei profili di responsabilità per le obbligazioni sorte a carico del socio uscito dalla S.n.c., fino alla data di scioglimento del rapporto sociale

L’art. 2285 c.c. riconosce a ciascun socio di società di persone, in presenza di determinati presupposti, il diritto di recedere dalla società, ossia di provocare, con una propria dichiarazione unilaterale di volontà, lo scioglimento del vincolo sociale nei propri confronti.

Un aspetto di estrema importanza da affrontare quando un soggetto intende recedere dal rapporto societario, è quello di dare adeguata pubblicità al fatto, sia nell’interesse proprio del socio (per delimitare l’ambito temporale entro il quale si concretizza la sua responsabilità per le obbligazioni sociali contratte) sia nell’interesse della società (per delimitare il tempo entro il quale il socio legittimamente impegna la società nei confronti dei terzi).

Si rammenta, infatti, che, a norma dell’art. 2290 c.c., la responsabilità del socio di società di persone concerne tutte le obbligazioni sorte prima del recesso, ovvero sia quelle di origine negoziale che di origine legale, come quelle tributarie che derivano direttamente da norme di legge (in tal senso si è espressa la giurisprudenza di legittimità nella sentenza n. 2283 del 2 febbraio 2007).

Più precisamente, il socio di società di persone, oltre ad essere responsabile delle obbligazioni sociali sorte anteriormente al suo ingresso, è parimenti responsabile per tutte le obbligazioni sorte fino alla data di scioglimento del rapporto sociale. Se al recesso di un socio si contrappone il subingresso di un nuovo socio occorre ricordare, peraltro, quanto previsto in materia di responsabilità sociale per il socio subentrante: a norma dell’art. 2269, c.c. “chi entra a far parte di una società già costituita risponde con gli altri soci per le obbligazioni sociali anteriori all’acquisto della qualità di socio”.

Ai fini fiscali, invece, il momento rilevante per le obbligazioni tributarie, è rappresentato dalla data d’iscrizione della modificazione dell’atto costitutivo nel registro delle imprese, da effettuarsi, a norma dell’art. 2300 c.c., entro 30 giorni dalla data dell’atto stesso, su richiesta dell’amministratore, a pena di inopponibilità ai terzi, a meno che questi ne erano a conoscenza.

In altri termini, il socio uscente risponde delle obbligazioni sociali sorte fino al momento della iscrizione dell’atto presso il registro delle imprese o sino al momento (anteriore) in cui il terzo sia venuto a conoscenza della cessione. Con riferimento al momento in cui si scioglie il nodo della responsabilità patrimoniale del socio uscente nei confronti dei terzi, si è espressa, di recente, la giurisprudenza di legittimità (sentenza n. 24490 del 30 ottobre 2013) secondo cui il momento nel quale rileva la compagine sociale, ai fini della responsabilità dei soci, è il momento della stipula del negozio: il socio uscente che ha regolarmente ottemperato all’obbligo di pubblicità contenuto nell’art. 2290 c.c. è escluso, quindi, dalla responsabilità patrimoniale solo per le obbligazioni sorte successivamente alla data d’iscrizione presso il registro delle imprese.

Nell’ambito della società di persone, il socio può decidere di “uscire” dalla compagine sociale cedendo la propria quota di partecipazione ad un altro socio, oppure ad un soggetto terzo, comunque gradito alla compagine societaria.

In caso di mutamento della compagine sociale in corso d’anno, un aspetto da chiarire concerne la corretta imputazione del reddito realizzato fino alla data di perfezionamento della cessione della partecipazione. Secondo l’amministrazione finanziaria occorre considerare la compagine sociale presente alla data del 31.12, per l’attribuzione di tutto il reddito prodotto nel corso dell’anno. Pertanto, ai fini fiscali, nel caso del subingresso di un socio e l’uscita di un altro, non si deve ripartire il reddito pro-quota tra il socio uscente ed il socio subentrante, in proporzione al tempo di possesso della partecipazione o per effetto della suddivisione del reddito e del patrimonio in due parti (una individuata dal periodo di tempo che intercorre tra il 01.01 e la data di uscita del vecchio socio e l’altra decorrente da quest’ultima data e con termine 31.12), ma l’intera imputazione del reddito fiscale dovrà essere effettuata in capo ai soci presenti alla data del 31.12 (R.M. n. 9/849 del 12 giugno 1978; R.M. n. 5-228, del 9 giugno 1995).

Dello stesso avviso, anche la giurisprudenza di legittimità secondo la quale, nel caso in cui si verifichi il mutamento della compagine sociale attraverso il subentro di un socio nella posizione giuridica di un altro, l’attribuzione dei redditi deve tener conto dei soci che rivestono detta qualifica al momento dell’approvazione del rendiconto ricomprendendo, ovviamente, il socio subentrante (cassazione, sentenza n. 8423 del 15 ottobre 1994).

Come si può osservare, denominatore comune dei suddetti orientamenti è l’esclusione dal reddito fiscale del socio uscente, con la conseguenza che, al ricorrere di tale fattispecie, non opera il riparto proporzionale degli utili maturati nel corso dell’esercizio ai fini prettamente fiscali, atteso che gli utili in parola devono essere unicamente imputati al socio che riceve la partecipazione, in relazione all’entità della partecipazione posseduta al temine dell’esercizio sociale.

20 maggio 2014

Sandro Cerato