Il nuovo regime della deducibilità delle perdite su crediti

la Legge di Stabilità 2014 ha innovato il regime della deducibilità delle perdite su crediti: i casi delle perdite realizzate, i casi delle perdite stimate, il problema degli enti pubblici insolventi

Aspetti generali

La questione relativa alla rilevanza dei crediti, sotto il profilo della deducibilità delle relative perdite nel sistema del reddito di impresa, è stata più volte esaminata dalla prassi interpretativa ufficiale ed è particolarmente vigilata dall’amministrazione finanziaria.

Per quanto però attiene ai presupposti che i crediti devono possedere nella prospettiva della loro piena «spendibilità» fiscale, è stata evidenziata l’insufficienza dei criteri della certezza e precisione, riferita ai soli elementi probatori di supporto. A tale riguardo, dovrebbe infatti ritenersi necessaria anche la verifica dell’inerenza, che si situa a monte rispetto alla successiva valutazione di «effettività»1.

Per effetto delle modifiche apportate dalla legge di stabilità 2014 – art. 1, comma 160, lett. b, L. 27.12.2013, n. 147 – , l’art. 101, quinto comma, ultimo periodo, del TUIR stabilisce ora che gli elementi certi e precisi, atti a fondare il diritto alla deducibilità della perdita su crediti in ipotesi diverse dalle procedure concorsuali sussistono anche in caso di cancellazione dei crediti dal bilancio operata in applicazione dei principi contabili.

Il generico riferimento ai «principi contabili» consente a tutti i soggetti (IAS e non IAS adopter) di procedere alla deduzione in presenza di eventi realizzativi che determinino la cancellazione del credito dal bilancio (cessione del credito pro soluto, transazione con rinuncia definitiva del debito, rinuncia del credito, etc.), senza la necessità di dimostrare la sussistenza di elementi certi e precisi.

Rimangono invece immutate le altre condizioni previste dall’art. 101, quinto comma, che continuano a richiedere tali requisiti di certezza e precisione.

Le modifiche anteriori al regime di deducibilità

In epoca ancora recente, il quinto comma dell’art. 101 del TUIR è stato innovato dall’art. 33, quinto comma, del D.L. 22.6.2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla L. 7.8.2012, n. 134.

Secondo la circolare dell’Agenzia delle Entrate 1.8.2013, n. 26/E, le novità hanno riguardato in particolare la determinazione degli elementi certi e precisi, necessari ai fini della deducibilità della perdita su crediti in linea generale.

Puntualizza la circolare in via preliminare che il quinto comma in esame prevede ipotesi in presenza delle quali tali elementi possono considerarsi realizzati. Si tratta di perdite relative a crediti:

  1. di modesta entità e per i quali sia decorso un periodo di sei mesi dalla scadenza del pagamento;

  2. il cui diritto alla riscossione è prescritto;

  3. per i quali il debitore ha concluso un accordo di ristrutturazione dei debiti, o è assoggettato a procedura concorsuale;

  4. che risultano cancellati dal bilancio di un soggetto IAS adopter in dipendenza di eventi estintivi (qui si registrano le più recenti modificazioni, estendendo la deducibilità in presenza di effetti estintivi anche ai soggetti non IAS).

Alcune precisazioni generali

Nell’ambito del reddito di impresa, le perdite su crediti sono deducibili se risultano da elementi certi e precisi e in ogni caso se il debitore è assoggettato a procedure concorsuali o ha concluso un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell’art. 182-bis del R.D. 16.3.1942, n. 267.

Nell’ambito delle perdite su crediti che esulano da procedure concorsuali confluiscono sia le perdite per inesigibilità determinate internamente, tramite un processo di stima, sia quelle emergenti nel contesto di un atto realizzativo.

Il campo di applicazione della disposizione non è circoscritto né dal punto di vista oggettivo né sotto il profilo soggettivo: sono quindi potenzialmente riconducibili nell’ambito della disciplina in esame le perdite riferibili a tutti i crediti presenti in bilancio, senza distinzioni relative alla natura degli stessi o all’attività svolta dal creditore, né alla causa che ha comportato l’iscrizione a conto economico della perdita (valutazione del credito o cessione dello stesso).

L’ammontare della perdita deducibile deve essere determinato tenendo conto delle disposizioni di cui ai commi secondo e quinto dell’art. 106 del TUIR (Svalutazione dei crediti e accantonamenti per rischi su crediti).

Giacché la perdita dedotta determina un decremento del valore fiscalmente riconosciuto del credito, le eventuali somme ricevute in misura maggiore rispetto al credito residuo dopo la rilevazione della perdita, o le eventuali riprese di valore del credito stesso imputate a conto economico, concorrono alla determinazione del reddito imponibile come sopravvenienze attive (cfr. Risoluzione n. 9/016 del 1° aprile 1981)2.

Le perdite su crediti determinate da un processo valutativo

In linea generale, le perdite su crediti sono deducibili solamente se risultano da elementi certi e precisi.

Questa disposizione si rende applicabile solo in presenza di una perdita su crediti considerata definitiva3 (cfr. Circolare n. 39 del 10 maggio 2002). Tale condizione ricorre qualora si possa escludere l’eventualità che in futuro il creditore riesca a realizzare, in tutto o in parte, la partita creditoria (e non quindi quando l’inesigibilità è solo temporanea).

Con riguardo alle perdite su crediti determinate internamente, attraverso un procedimento di stima, l’Agenzia delle Entrate ritiene che la condizione della definitività della perdita possa essere verificata solo in presenza di una situazione oggettiva di insolvenza non temporanea del debitore, riscontrabile quando la situazione di illiquidità finanziaria e incapienza patrimoniale sia tale da fare escludere la possibilità di un futuro soddisfacimento della posizione creditoria.

Tale situazione può essere verificata:

  • in presenza di un decreto accertante lo stato di fuga, latitanza o irreperibilità del debitore;

  • in caso di denuncia di furto di identità da parte del debitore ex art. 494 del codice penale;

  • nell’ipotesi di persistente assenza del debitore ai sensi dell’art. 49 del codice civile;

  • in presenza di documenti attestanti l’esito negativo di azioni esecutive attivate dal creditore (ad esempio, il verbale di pignoramento negativo), se l’infruttuosità delle stesse risulta anche sulla base di una valutazione complessiva della situazione economica e patrimoniale del debitore, assoluta e definitiva.

Per i crediti commerciali di modesto importo è possibile prescindere dalla ricerca di rigorose prove formali, in quanto la lieve entità dei crediti può rendere antieconomico l’esperimento di azioni di recupero4.

Le perdite su crediti determinate da atti realizzativi

Secondo la circolare dell’Agenzia delle Entrate sono idonei a produrre una perdita deducibile i seguenti atti realizzativi:

  • cessione del credito che comporti la fuoriuscita a titolo definitivo del credito dalla sfera giuridica, patrimoniale ed economica del creditore;

  • transazione con il debitore che comporti la riduzione definitiva del debito o degli interessi originariamente stabiliti quando motivata dalle difficoltà finanziarie del debitore stesso;

  • atto di rinuncia al credito.

Anche se la deducibilità della perdita su crediti deve essere valutata caso per caso alla luce degli specifici elementi probatori, l’Agenzia ha indicato i seguenti elementi in presenza dei quali la definitiva inesigibilità del credito può ritenersi verificata:

  • credito ceduto a banche o altri intermediari finanziari vigilati, residenti in Italia o in Paesi che consentano un adeguato scambio di informazioni, che risultano indipendenti (ai sensi dell’art. 2359 del codice civile) rispetto al soggetto cedente ed al soggetto ceduto;

  • perdita di ammontare non superiore alle spese che sarebbero state sostenute per il recupero del relativo credito (costi di riscossione), sempre che il creditore abbia esperito almeno un tentativo di recupero del credito (raccomandata di sollecito, etc.);

  • in presenza di transazione, quando creditore e debitore non sono parte dello stesso gruppo, in presenza di difficoltà finanziaria documentata del debitore (ad esempio, mediante l’istanza di ristrutturazione presentata dal debitore stesso o in presenza di debiti insoluti anche verso terzi).

Nelle varie ipotesi, come rammenta la circolare, l’amministrazione finanziaria ha il potere di sindacare la congruità della perdita sotto il profilo dell’elusività dell’operazione, ai sensi dell’art. 37-bis del D.P.R. n. 600/1973.

Oltre alle ipotesi di atti realizzativi, si considerano verificati i requisiti di cui all’art. 101, quinto comma, del TUIR in presenza di tutti gli eventi che determinano la perdita di qualsiasi diritto giuridico, patrimoniale ed economico sul credito, come ad esempio in caso di decesso del debitore in assenza di eredi o qualora gli eredi abbiano rinunciato all’eredità.

La rinuncia al credito con trasferimento di partecipazioni

La risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 70/E del 29.2.2008 è intervenuta relativamente a una casistica particolare evidenziando quanto segue:

  • la disciplina di cui al quinto comma del predetto art. 101 richiede, ai fini della deducibilità, la certezza e precisione degli elementi dai quali le perdite risultano, ovvero – in ogni caso – la soggezione a procedure concorsuali;

  • sulla base delle riflessioni compiute in giurisprudenza5, la deducibilità fiscale delle perdite derivanti dalla cessione di crediti (anche pro soluto) non può prescindere dalla sussistenza dei cennati requisiti di «certezza» e «precisione»;

  • in relazione all’operazione esaminata nella risoluzione, consistente nella cessione a una società partecipata di un credito da finanziamento unitamente al pacchetto azionario dell’(ulteriore) partecipata-debitrice, la somma costituente la rinuncia al credito da finanziamento da parte del socio non era immediatamente deducibile dal reddito imponibile, dovendo essere portata ad incremento del costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione nella società nei confronti della quale era vantato il credito oggetto di rinuncia;

  • nel determinare il componente reddituale derivante dalla cessione della partecipazione, la società cedente doveva pertanto confrontare il corrispettivo di cessione con il costo fiscale della partecipazione, aumentato dell’importo della rinuncia al credito;

  • la cessione di crediti rientra nel novero delle operazioni soggette alla possibile valutazione di elusività ex art. 37-bis del D.P.R. n. 600/1973.

Gli enti pubblici insolventi

Nella risoluzione 16/E del 23.1.2009, l’Agenzia ha chiarito che l’art. 101, quinto comma «subordina, a ben vedere, la deducibilità delle perdite su crediti a rigide prescrizioni, prevedendo che le stesse rilevino fiscalmente solo se risultano (comprovate) da “elementi certi e precisi”, fatta eccezione per i casi di assoggettamento del debitore a procedure concorsuali, all’avvio delle quali le condizioni di deducibilità devono intendersi “automaticamente” riconosciute».

Riferendosi alla particolare situazione prospettata dalla società interpellante, la quale vantava un credito insoddisfatto verso pubbliche Amministrazioni – le ASL regionali -, la risoluzione ha affermato l’insufficienza della situazione di (temporanea) illiquidità, ancorché seguita da un pignoramento infruttuoso, a legittimare la deduzione del credito non incassato in tutto o in parte.

A tal fine, quindi, è stata ritenuta necessaria «una più complessa e articolata valutazione della situazione giuridica della specifica partita creditoria e del singolo debitore cui quest’ultima è riferita».

L’insolvenza in quanto tale, in questo contesto, viene qualificata dalla normacome condizione sufficiente a far considerare definitive le perdite conseguenti al mancato incasso, solamente se il debitore è assoggettato a procedure concorsuali.

Giacché il soggetto creditore non era «fallibile» ex lege, l’Agenzia ha precisato che, nella prospettiva del TUIR, occorre accettare il presupposto «che l’accertamento giudiziale (o da parte di un’autorità amministrativa) dello stato di insolvenza del debitore costituisca evidenza oggettiva della situazione di illiquidità di quest’ultimo. In presenza di procedure concorsuali, in altri termini, l’accertamento della situazione di sofferenza della partita creditoria è ufficialmente conclamata ad opera di un soggetto terzo indipendente (autorità giurisdizionale o amministrativa) e non è rimessa alla mera valutazione soggettiva del creditore».

Ciò constatato, l’Agenzia ha ritenuto che la situazione descritta nell’istanza (insolvenza «di fatto») – pur manifestando le «peculiari difficoltà di esazione da parte del creditore» – non potesse ritenersi di per sé rivelatrice dell’esistenza di una perdita definitiva sui crediti in possesso dei requisiti di certezza e precisione richiesti dalla norma fiscale, « … non potendosi escludere l’eventualità che, anche nel breve termine, il debitore riesca, in tutto o in parte, ad assolvere le proprie obbligazioni».

Le novità della legge di stabilità

Per effetto delle ultime innovazioni normative, apportate dalla legge di stabilità, le perdite derivanti dalla cancellazione di crediti dal bilancio sono divenute automaticamente deducibili non solamente per i soggetti IAS, ma anche per i soggetti che adottano i principi contabili nazionali (OIC), senza l’obbligo di dover dimostrare caso per caso l’esistenza degli elementi certi e precisi che provano la definitività della perdita.

Questa è infatti la testuale previsione dell’ultimo periodo del quinto comma dell’art. 101: «gli elementi certi e precisi sussistono inoltre in caso di cancellazione dei crediti dal bilancio operata in applicazione dei principi contabili».

Si tratta quindi di un’ulteriore estensione delle presunzioni ex lege di esistenza degli elementi certi e precisi, rispetto a quanto già previsto dal citato D.L. n. 83/2012 quanto ai crediti di modesta entità, di crediti il cui diritto alla riscossione è prescritto, di procedure concorsuali e di cancellazione per i soggetti IAS.

Nel vigente contesto normativo, quindi, con decorrenza dal periodo di imposta 2013, anche per i soggetti non – IAS in ipotesi di cessione pro soluto del credito senza azione di regresso, di transazione con riduzione definitiva del debito e di rinuncia al credito, la perdita conseguita è deducibile dal reddito di impresa senza alcuna necessità di dimostrare la sussistenza dei requisiti di certezza e precisione.

Dovrebbe rimanere esclusa dalle nuove previsioni la fattispecie della cessione di crediti pro solvendo, nell’ambito della quale l’alienante trasferisce il diritto di credito restando però inciso dal rischio di retrocessione o inadempimento del debitore ceduto (sul punto potrebbero essere opportune delle precisazioni ufficiali).

Nel nuovo contesto normativo permane la facoltà dell’amministrazione di applicare in materia di cessione del credito la norma antielusiva dell’art. 37-bis del D.P.R. n. 600, nonché di disconoscere l’erronea applicazione dei principi contabili (nazionali e IAS) che stia alla base della deduzione fiscale.

  • Sotto il primo profilo può affermarsi che il richiamato art. 37-bis porta con sé delle particolari garanzie per i contribuenti, come:

  • l’obbligo, in sede di accertamento, di fornire una «supermotivazione», con particolare riguardo agli effetti elusivi contrastati;

  • la necessità di consentire la produzione di adeguate controdeduzioni;

  • in via preventiva, la possibilità di presentare interpello ai sensi dell’art. 21 della L. n. 413/1991 per conoscere l’orientamento dell’amministrazione finanziaria.

Sotto il secondo profilo, si evidenzia che l’amministrazione è chiamata qui a pronunciarsi in ordine al rispetto della prassi contabile, cioè, in definitiva, delle disposizioni civilistiche come interpretate dall’OIC (per gli IAS esiste una più salda base normativa), in quanto queste sono suscettibili di dar luogo a un effetto fiscale. Ciò è conseguenza, si ritiene, della stretta applicazione del criterio di derivazione del reddito di esercizio dal bilancio, che rimane la sede propria in cui viene fornita la rappresentazione della situazione economico / patrimoniale / finanziaria dell’impresa.

13 febbraio 2014

Fabio Carrirolo

 

1 Cfr. U. Mangiavacchi, «Brevi considerazioni in tema di inerenza delle perdite su crediti d’impresa», Impresa commerciale e industriale n. 12 – 31.12.2000, pag. 1882.

2 A questo riguardo l’Agenzia delle Entrate fa richiamo alla risoluzione ministeriale n. 9/016 del 1° aprile 1981.

3 Cfr. la circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 39/E del 10.5.2002.

4 L’Agenzia richiama sul punto le risoluzioni ministeriali n. 189 del 17.9.1970 e n. 124 del 6.8.1976, oltre alla risposta all’interrogazione parlamentare n. 5-00570 del 5.11.2008.

5 Sono a tale riguardo richiamate le sentenze della sezione tributaria della Corte di Cassazione n. 13181 del 6.4.2000, n. 14568 del 20 novembre 2001 e n. 7555 del 23 maggio 2002.