Start up innovative: il problema delle imprese individuali

il regime agevolativo delle start-up si applica alle società di capitali e non alle imprese individuali: può un’impresa individuale trasformarsi in SRL unipersonale per godere delle agevolazioni?

Aspetti generali

Le c.d. start up innovative sono state destinatarie di agevolazioni fiscali, nonché di particolari condizioni di vantaggio per l’accesso al credito, intese a facilitare il rilancio imprenditoriale del Paese.

I benefici fiscali riguardano in particolare i soggetti IRPEF e IRES che investano somme in tali società, ottenendo il diritto a detrazioni e deduzioni fiscali in relazione agli investimenti effettuati.

Il Ministero dello Sviluppo Economico, con il parere n. 0164029 dell’8.10.2013, ha ritenuto che il regime speciale – di cui agli artt. 25 e ss. del D.L. n. 179/2012 (convertito dalla L. n. 221/2012) possa applicarsi anche a un’impresa individuale che assume la forma della S.r.l. unipersonale, mediante trasmissione del patrimonio aziendale con separato atto di cessione.

Il regime, come verrà tra breve precisato, si applica alle società di capitali e non alle imprese individuali, e ordinariamente deve escludersi la possibilità di ammettere alla sua fruizione dei soggetti frutto di trasformazione eterogenea, per salvaguardare le garanzie offerte ai terzi creditori della società.

Ciò nonostante, con riferimento alla fattispecie esaminata, il Ministero ha ritenuto ammissibile l’agevolazione in ragione di esigenze volte a favorire lo sviluppo imprenditoriale del Paese, con riferimento a soggetti (detentori di privative industriali) che altrimenti potrebbero essere indotti alla «fuga» all’estero.

Le agevolazioni per le start up innovative

La start up innovativa è una società di capitali, residente in Italia, le cui quote, detenute in maggioranza da persone fisiche, non sono negoziate su mercati regolamentati, avente quale oggetto sociale esclusivo lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico.

Al fine di fruire della disciplina fiscale di favore, la start up innovativa deve rispettare alcuni requisiti, tra cui l’iscrizione in un’apposita sezione del registro delle imprese.

Il beneficio fiscale prevede:

  • una detrazione IRPEF del 19% (25% per le start up operanti in ambito sociale o energetico) delle somme investite da soggetti IRPEF in tali società;

  • una deduzione IRES del 20% (27% per le start up operanti in ambito sociale o energetico) delle somme investite da soggetti IRES.

Inoltre esse possono accedere gratuitamente, in via prioritaria e secondo modalità semplificate, alla garanzia sul credito bancario concessa dal Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese (ciò è previsto dal decreto di natura non regolamentare emanato dal Ministro dello Sviluppo economico di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze e pubblicato sulla G.U. n. 147 del 25.6.2013.

Si rammenta che l’art. 9, comma 16-ter, del D.L. 28.6.2013, n. 76, convertito con modificazioni dalla L. 9.8.2013, n. 99, ha esteso al 2016 le agevolazioni fiscali per gli investimenti in start up innovative.

La normativa di favore, prevista per gli anni 2013, 2014, 2015 (e ora anche per il 2016), consente alle persone fisiche e alle persone giuridiche di detrarre o dedurre dal proprio reddito imponibile le somme investite nelle start up innovative.

Le innovazioni in materia di start up innovative

Il D.L. 28.6.2013 n. 76 (convertito dalla L. 9.8.2013, n. 99) ha innovato i requisiti necessari per accedere al regime fiscale agevolato delle start up innovative, come sopra delineate.

In particolare, l’art. 9, comma 16, del D.L. n. 76/2013, ha soppresso la condizione prevista dall’art. 25, secondo comma, lett. a), del D.L. n. 179/2012, in base al quale la maggioranza delle quote o delle azioni rappresentative del capitale sociale e dei diritti di voto nell’assemblea ordinaria dei soci deve essere detenuta da persone fisiche.

Sono invece rimaste immutate le altre condizioni che devono ricorrere affinché una società possa essere considerata start up innovativa (elencate nella tabella seguente).

società costituita e svolgente attività di impresa da non più di 48 mesi [art. 25, co. 2, lett. b), D.L. n. 179/2012]

sede principale degli affari e interessi in Italia (lett. c)

a partire dal secondo anno di attività, totale del valore della produzione annua, così come risultante dall’ultimo bilancio approvato entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio, non superiore a 5 milioni di euro (lett. d)

la società non deve distribuire o aver distribuito utili (lett. e)

oggetto sociale esclusivo o prevalente: sviluppo, produzione e commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico (lett. f)

la società non deve essere stata costituita attraverso una fusione, una scissione societaria o a seguito di cessione di azienda o di ramo di azienda (lett. g)

Le ulteriori novità introdotte riguardano le condizioni necessarie a dimostrare il carattere «innovativo» della start up, la quale deve possedere almeno uno tra i seguenti requisiti:

le spese in ricerca e sviluppo devono essere uguali o superiori al 20% del maggior valore tra il costo e il valore totale della produzione della società

impiego come dipendenti o collaboratori a qualsiasi titolo, in percentuale uguale o superiore a 1/3 della forza lavoro complessiva, di personale in possesso di titolo di dottorato di ricerca o che sta svolgendo un dottorato di ricerca presso un’università italiana o straniera, oppure in possesso di laurea e che abbia svolto, da almeno 3 anni, attività di ricerca certificata presso istituti di ricerca pubblici o privati, in Italia o all’estero

La società deve essere titolare o depositaria o licenziataria di almeno una privativa industriale relativa a una invenzione industriale, biotecnologica, a una topografia di prodotto a semiconduttori o a una nuova varietà vegetale direttamente afferenti all’oggetto sociale e all’attività d’impresa

Il D.L. n. 76/2013 ha ridotto la quota minima di spesa in ricerca e sviluppo dal 20% al 15% e ha esteso l’accesso alle imprese con almeno 2/3 della forza lavoro costituita da persone in possesso di una laurea magistrale e alle società titolari di un software originario registrato presso la SIAE.

Tale ultima previsione è orientata a favorire l’incremento delle start up innovative nel campo dell’economia digitale.

La questione sottoposta al Ministero

Il citato Ministero dello Sviluppo Economico ha risposto a un quesito riguardante una società operante nell’ambito dell’innovazione tecnologica, sorta a seguito delle operazioni seguenti.

  1. l’imprenditore individuale Tizio aveva depositato in data 7.10.2010 un brevetto industriale che inizialmente promuoveva con la sua impresa individuale (esistente fin dal 2008);

  2. circa un anno dopo, il 19.10.2011, Tizio decideva di dare una struttura più solida alla sua impresa costituendo una S.r.l. unipersonale;

  3. la costituzione della società era avvenuta tramite conferimento in denaro, ma essa aveva acquisito poi lo status di start-up tramite l’atto di cessione del 21.12.2011 con il quale l’azienda dell’imprenditore individuale era stata trasferita alla società neocostituita.

Nell’ipotesi sopra descritta, giacché non è possibile porre in essere la trasformazione di un’impresa individuale in società, la cessione di azienda e il conferimento dell’azienda in sede di costituzione, vengono a configurarsi come le uniche modalità a disposizione per mutare la forma giuridica dell’impresa garantendo la piena continuità ai rapporti giuridici preesistenti.

La nuova S.r.l. aveva dunque presentato al Registro delle Imprese di Rimini l’istanza di iscrizione come start-up innovativa, evitando però di presentare la prescritta dichiarazione sostitutiva, per evitare il rischio di mentire in relazione alla lettera g) del modello ministeriale (la società non deve essere stata costituita attraverso una fusione, una scissione societaria o a seguito di cessione di azienda o di ramo di azienda).

Secondo il Ministero, che rispondeva allo specifico quesito sul punto (trasmesso dalla locale Camera di Commercio), l’individuazione della risoluzione al problema doveva orientarsi allo spirito della norma, che si inserisce all’interno delle «Misure urgenti per la crescita del Paese» previste dal D.L. n. 179/2012.

Ravvisa nella norma il Ministero che «la volontà del legislatore è ben diretta alla creazione del maggior numero di start-up innovative, destinate al rilancio delle eccellenze imprenditoriali e di conseguenza alla crescita del sistema Paese».

L’agevolazione è certamente sottoposta a limiti oggettivi e soggettivi, tra i quali figura quello della lettera g) sopra richiamata, ma tali limiti devono essere considerati e valutati nello spirito generale della norma (rilancio dell’economia e crescita del Paese) e nell’ambito della prescrizione generale di cui all’art. 1, secondo comma, del D.L. 24.1.2012, n. 1, convertito con modificazioni dalla L. 24.3.2012, n. 27, secondo cui «le disposizioni recanti divieti, restrizioni, oneri o condizioni all’accesso ed all’esercizio delle attività economiche sono in ogni caso interpretate ed applicate in senso tassativo, restrittivo e ragionevolmente proporzionato alle perseguite finalità di interesse pubblico generale, alla stregua dei principi costituzionali per i quali l’iniziativa economica privata è libera secondo condizioni di piena concorrenza e pari opportunità tra tutti i soggetti, presenti e futuri, ed ammette solo i limiti i programmi e i controlli necessari ad evitare possibili danni alla salute, all’ambiente, al paesaggio, al patrimonio artistico e culturale, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana e possibili contrasti con l’utilità sociale, con l’ordine pubblico, con il sistema tributario e con gli obblighi comunitari ed internazionali della Repubblica».

Nel caso di specie, il titolare della privativa industriale era un soggetto imprenditoriale individuale che intendeva avviare l’attività in forma societaria (con limitazione della responsabilità), e in tale prospettiva non aveva potuto seguire altra strada che quella della creazione della S.r.l. unipersonale, alla quale aveva successivamente trasmesso il proprio patrimonio aziendale (comprensivo del know-how oggetto della privativa) con separato atto di cessione.

A questo riguardo, ha osservato il Ministero che:

  1. la trasformazione (a differenza della scissione, della fusione e della cessione di azienda o di ramo aziendale) non rientra tra i requisiti ostativi al riconoscimento del regime agevolativo;

  2. l’ordinamento positivo italiano non consente di mutare la forma dell’impresa da individuale a societaria (S.r.l. unipersonale) attraverso un istituto che garantisca continuità di effetti attivi e passivi tra soggetti giuridici autonomi.

È tuttavia generalmente esclusa anche in dottrina l’ammissibilità di una forma di trasformazione da impresa individuale in società, «fondando tale convinzione nella ben più pregnante garanzia offerta a tutela delle pretese dei terzi creditori, dalla revocatoria ordinaria e dal regime particolare individuato nell’articolo 2560 del codice civile, rispetto al mero diritto d’opposizione previsto in caso di trasformazione eterogenea dall’articolo 2500-nonies».

Nel contesto del regime delle start-up – o, meglio, della qualificazione dell’impresa come start-up, che precede la stessa possibilità di fruire delle agevolazioni -, l’esclusione di una S.r.l. originata da una precedente impresa individuale verrebbe tuttavia a creare «un regime di discriminazione nei confronti di quei soggetti imprenditori individuali, che pur titolari di una privativa industriale, non potrebbero avvalersi del disposto normativo previsto dall’articolo 25 e seguenti, in quanto non costituiti in forma societaria, ed in quanto (al contempo) impediti a trasformarsi in società (…)».

«Ne conseguirebbe la estromissione di soggetti che non potendo beneficiare del regime speciale, non concorrerebbero al rilancio produttivo del Paese e potrebbero essere costretti ad emigrare all’estero per lo sviluppo del know-how».

Sulla base di tali considerazioni, il Ministero ha ritenuto di ammettere la S.r.l., con il solo onere di precisare a margine della domanda l’iter costitutivo della fattispecie.

Considerazioni di sintesi

Il Ministero dello Sviluppo Economico ha interpretato in senso ampliativo una disposizione normativa che ordinariamente preclude la possibilità di considerare start-up innovativa un soggetto sorto tramite un’operazione che comporti la successione nei rapporti attivi e passivi già facenti capo a un preesistente soggetto.

Il vincolo è preordinato, si ritiene, al contrasto a possibili fenomeni di abuso consistenti nel far assumere veste di start-up a imprese «ordinarie», ottenendo le particolari condizioni riservate alle imprese agevolate sia sotto il profilo fiscale (per gli investitori) che sotto quello dell’accesso al credito.

La trasformazione societaria non rientra tra le ipotesi preclusive, evidentemente, perché essa comporta la semplice modificazione dello statuto della società.

In questa prospettiva, ammettere la S.r.l. che acquisisce l’impresa individuale significa ammettere una sorta di surrettizia «trasformazione» della ditta in S.r.l.

Nel pronunciarsi, il Ministero è ovviamente intervenuto con la propria interpretazione solamente sulla fase iniziale e prodromica, e non sulle successive modalità di fruizione delle agevolazioni.

Pur concordando sulla convergenza dell’interpretazione ministeriale con la ratio normativa, si osserva che le disposizioni richiamate dallo stesso Ministero per suffragare la propria linea – art. 1, secondo comma, D.L. n. 1/2012 – prescrive, in materia di libertà economiche, l’interpretazione restrittiva dei vincoli ammettendo però «i limiti i programmi e i controlli necessari ad evitare (…) possibili contrasti con (…) il sistema tributario».

A tale riguardo, potrebbe essere verificata la compatibilità con il sistema di un’operazione (costituzione di S.r.l. unipersonale e trasferimento alla stessa dell’azienda dell’impresa individuale) evidentemente preordinata a ottenere lo status di start-up innovativa.

In particolare, ci si potrebbe chiedere se l’operazione possa essere oggetto di contestazioni fondate sulla disposizione antielusiva dell’art. 37-bis del D.P.R. n. 600/1973 (con eventuale possibilità di interpello antielusivo preventivo ex art. 21 della L. n. 431/1991).

Trattandosi però di una possibilità pacificamente prevista dall’ordinamento, che trova riscontro in un parere ministeriale, non dovrebbero tuttavia porsi problemi seri al riguardo. A maggior ragione ove si consideri che la S.r.l. unipersonale in questione non era sorta per consentire l’accesso al regime delle start-up di un soggetto preesistente non- start-up, bensì per compiere un’effettiva attività di ricerca e sviluppo sulla base di una privativa industriale già detenuta dall’impresa individuale.

27 gennaio 2014

Fabio Carrirolo