E' legittimo l'accertamento anticipato se urgente, ma l'Agenzia lo deve motivare

se il Fisco motiva le cause di urgenza, allora è legittimo l’accertamento anticpato entro i 60 giorni dalla notifica del PVC

Con la sentenza n. 27911 del 13 dicembre 2013 (ud. 22 ottobre 2013) la Corte di Cassazione ha confermato la legittimità dell’accertamento anticipato urgente.

 

I motivi della decisione

La Corte, innanzitutto, preliminarmente, prende atto che le Sezioni Unite, definendo il contrasto insorto fra diversi indirizzi in ordine agli effetti del mancato rispetto del termine dilatorio di 60 giorni dal rilascio del processo verbale di contestazione, hanno ritenuto che “in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali la L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, deve essere interpretato nel senso che l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento – termine decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni, determina di per sè, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l’illegittimità dell’atto impositivo emesso ante tempus, poiché detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva. Il vizio invalidante non consiste nella mera omessa enunciazione nell’atto dei motivi di urgenza che ne hanno determinato l’emissione anticipata, bensì nell’effettiva assenza di detto requisito (esonerativo dell’osservanza del termine), la cui ricorrenza, nella concreta fattispecie e all’epoca di tale emissione, deve essere provata dall’Ufficio” – cfr. Cass. S.U. 29 luglio 2013, n. 18184.

 

Le stesse SS.UU. hanno ritenuto che “risponda a criteri di equilibrio degli interessi coinvolti e di ragionevolezza far dipendere la validità o meno dell’atto emesso ante tempus dalla sussistenza o meno, nella realtà giuridico-fattuale, del requisito dell’urgenza, anzichè dalla circostanza (avente valore del tutto secondario) che tale requisito sia, o no, enunciato nell’atto: ciò che conta, in definitiva, ai fini dell’esonero dell’Ufficio dall’osservanza del termine dilatorio, è unicamente il fatto che la particolare urgenza di provvedere effettivamente nella fattispecie vi sia stata“.

 

Quanto alla sussistenza del requisito anzidetto, rileva la Corte che “le Sezioni Unite hanno precisato che a fronte di un avviso di accertamento emesso prima della scadenza del termine de quo e privo dell’enunciazione dei motivi di urgenza che lo legittimano, il contribuente potrà, ove lo ritenga, anche limitarsi ad impugnarlo per il solo vizio della violazione del termine, spettando … all’Ufficio l’onere di provare la sussistenza (all’epoca) del requisito esonerativo dal rispetto del termine e, dunque, in definitiva, al giudice, a seguito del dibattito processuale (e senza, perciò, che il contribuente subisca alcuna menomazione del diritto di difesa), stabilire l’esistenza di una valida e ‘particolare’ – cioè specificamente riferita al contribuente e al rapporto tributario in questione – ragione di urgenza, idonea a giustificare l’anticipazione dell’emissione del provvedimento“.

 

Nel caso in questione, la CTR ha individuato quale particolare ragione di urgenza ai fini dell’emissione dell’accertamento prima della scadenza del termine anzidetto “l’inesistenza della ditta individuale del M., specificando che tale elemento era già esistente all’interno dell’avviso di accertamento. E’ stato, in tale prospettiva, evidenziato che l’inesistenza della ditta del M. era stata conclamata dalle precarie condizioni dell’apparente titolare, dell’esistenza di rapporti di gestione operati dal F.F. sulla società del figlio F.V., dall’esistenza di documentazione contabile riferibile ai F. nella ditta del M.. Orbene, tali elementi sono stati dalla CTR motivatamente ritenuti idonei a giustificare il requisito della particolare urgenza ai fini della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7”.

 

Rileva la Corte che “nel far ciò la CTR, ad onta di quanto esposto dalla parte ricorrente, non è incorsa in alcun errore di diritto, nè ha dato luogo ad una motivazione carente, contraddittoria o assente nè ha modificato il quadro fattuale definito nel corso del giudizio di primo grado, dovendosi soltanto integrare la motivazione della sentenza, corretta in diritto alla stregua delle successive considerazioni. Ed infatti, partendo da quanto per ultimo postulato, non può in alcun modo ritenersi la tardività o novità degli elementi prospettati dall’Ufficio in sede di appello, se solo si consideri che il tema relativo all’esistenza dell’urgenza era stato ritualmente introdotto dall’Agenzia già in seno al giudizio di primo grado, ove si era sostenuto che l’esistenza di misure di sicurezza a carico del F. e dei suoi familiari aveva giustificato l’adozione dell’atto prima del termine dilatorio. Ciò consente di ritenere, in linea con quanto esposto dalle Sezioni Unite, che l’Agenzia aveva tempestivamente formulato, a fronte della dedotta illegittimità dell’atto per mancata osservanza del termine, un fatto idoneo a paralizzare la causa di invalidità dello stesso. La circostanza che nella fase di appello l’Ufficio abbia prospettato, a sostegno del requisito dell’urgenza, fatti diversi da quelli esposti in primo grado – poi condivisi dalla CTR – ma pienamente inseriti già nell’avviso di accertamento, esclude di poter ritenere che tale contegno integri un’eccezione nuova, essendosi per contro l’Ufficio limitato ad individuare, all’interno del perimetro degli atti e degli accertamenti già svolti fin dal primo grado, quali elementi integravano la particolare urgenza”.

 

Proprio in relazione ai principi fissati dalle Sezioni Unite e sopra sintetizzati, ai quali il Collegio intende dare attuazione, la Corte ritiene “che il giudice tributario è tenuto a verificare l’esistenza di quelle particolari ragioni d’urgenza idonea a giustificare il mancato rispetto del termine dilatorio di cui al comma 7 dell’art.12. Ora, reputa il collegio che detto requisito, per rispondere a criteri di ragionevolezza che riescano a salvaguardare, secondo un’ottica di bilanciamento delle istanze dell’amministrazione con quelle del contribuente, deve essere legato a una particolare specificità del caso accertato, piuttosto richiedendo uno specifico riferimento agli elementi di fatto che rendono evidente l’impossibilità di rinviare l’emanazione dell’atto. Orbene, corretta risulta la ponderazione operata dalla CTR attraverso la valorizzazione dell’inesistenza reale ed effettiva – quale centro di imputazione fiscale – del soggetto interposto, il quale costituiva uno degli elementi decisivi per garantire, secondo la tesi dell’amministrazione, il comportamento frodatorio dei soggetti coinvolti nella società di fatto costituiva spia della necessità di attivare immediatamente la pretesa fiscale. Ed infatti, proprio la particolare situazione accertata dai verbalizzanti, correlata ad una rete di soggetti che, attraverso l’utilizzo dello schema delle c.d. società cartiere, realizzavano un meccanismo volto ad impedire la riscossione dell’imposta da parte del soggetto – nel caso di specie la ditta M. – che ometteva il versamento dell’IVA, emettendo fatture per le quali non riscuoteva l’imposta che, invece, le altre società partecipi della frode portavano in detrazione, giustificava l’esistenza di una particolare urgenza all’adozione dell’avviso di accertamento con specifico riferimento alle circostanze di fatto evidenziate, alla cui stregua risultava l’impossibilità di rinviare l’emanazione dell’atto, proprio per impedire il protrarsi del meccanismo e per garantire la salvaguardia degli interessi erariali, gravemente pregiudicati dall’intreccio di operazioni riscontrate”.

Breve nota

Il comma 7, dell’articolo 12, dello Statuto del contribuente (legge n. 212/2000) prescrive che “nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza”.

 

A Sezioni Unite, la Corte di Cassazione, con la sentenza n.18184 del 29 luglio 2013, è intervenuta sulla questione, fissando dei precisi principi. In particolare, in relazione al vizio di legittimità dell’atto emesso ante tempus sull’urgenza, ha così scritto.

  • La deroga prevista per i “casi di particolare e motivata urgenza”, in presenza dei quali l’Ufficio è esonerato dal rispetto del termine dilatorio, conduce il collegio a preferire l’orientamento che fa derivare l’illegittimità “ non già dalla mancanza, nell’atto notificato, della motivazione circa la ricorrenza di un caso di urgenza, bensì dalla non configurabilità, in fatto, del requisito dell’urgenza”. Infatti, l’obbligo di motivazione degli atti tributari, assistito da sanzione di nullità in caso di inottemperanza, è quello che ha ad oggetto il contenuto sostanziale della pretesa tributaria, cioè “i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche” che hanno determinato la decisione dell’amministrazione, “ non essendo, invece, necessario dar conto, in quella sede (e, comunque, non a pena di invalidità, salvo eccezioni espresse), del rispetto di regole procedimentali, quali, come nella specie, quelle attinenti al tempo di emanazione del provvedimento: l’osservanza delle regole del procedimento, infatti, ove contestata, sarà oggetto di dibattito e di valutazione nelle sedi stabilite (amministrativa in caso di istanza di autotutela, contenziosa in caso di ricorso al giudice tributario). Né, in senso contrario, è condivisibile la tesi secondo la quale, nella norma in esame, la motivazione dell’urgenza è esplicitamente prescritta”. L’espressione “salvo casi di particolare e motivata urgenza” non appare alla Corte in sé decisiva, “poiché non individua con certezza nell’atto impositivo la (unica) sede in cui la ‘motivata urgenza’ deve essere addotta dall’Ufficio: l’uso del termine ‘motivata’ non implica, infatti, necessariamente il richiamo alla motivazione dell’avviso di accertamento. In secondo luogo, e comunque, deve ritenersi che risponda a criteri di equilibrio degli interessi coinvolti e di ragionevolezza far dipendere la validità o meno dell’atto emesso ante tempus dalla sussistenza o meno, nella realtà giuridico-fattuale, del requisito dell’urgenza, anziché dalla circostanza (avente valore del tutto secondario) che tale requisito sia, o no, enunciato nell’atto: ciò che conta, in definitiva, ai fini dell’esonero dell’Ufficio dall’osservanza del termine dilatorio, è unicamente il fatto che la particolare urgenza di provvedere effettivamente nella fattispecie vi sia stata. Ne deriva che la questione si sposta in sede contenziosa, nel senso che, a fronte di un avviso di accertamento emesso prima della scadenza del termine de quo e privo dell’enunciazione dei motivi di urgenza che lo legittimano, il contribuente potrà, ove lo ritenga, anche limitarsi ad impugnarlo per il solo vizio della violazione del termine (cfr. Cass., sez. un., nn. 16412 del 2007 e 5791 del 2008, in tema di mancato rispetto della sequenza procedimentale prevista per la formazione della pretesa tributaria): spetterà, quindi, all’Ufficio l’onere di provare la sussistenza (all’epoca) del requisito esonerativo dal rispetto del termine e, dunque, in definitiva, al giudice, a seguito del dibattito processuale (e senza, perciò, che il contribuente subisca alcuna menomazione del diritto di difesa), stabilire l’esistenza di una valida e ‘particolare’ – cioè specificamente riferita al contribuente e al rapporto tributario in questione – ragione di urgenza, idonea a giustificare l’anticipazione dell’emissione del provvedimento”.

 

In conclusione, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione enunciano il seguente principio di diritto: “In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000, n. 212, deve essere interpretato nel senso che l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento – termine decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni – determina di per sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, la illegittimità dell’atto impositivo emesso ante tempus, poiché detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva. Il vizio invalidante non consiste nella mera omessa enunciazione nell’atto dei motivi di urgenza che ne hanno determinato l’emissione anticipata, bensì nell’effettiva assenza di detto requisito (esonerativo dall’osservanza del termine), la cui ricorrenza, nella concreta fattispecie e all’epoca di tale emissione, deve essere provata dall’Ufficio”.

 

Ricordiamo che con la sentenza n. 20769 dell’11 settembre 2013 (ud. 9 aprile 2013) la Corte di Cassazione ha legittimato l’accertamento anticipato per annualità in scadenza. Ed invero, è del tutto pacifico in causa – avendone dato atto lo stesso studio legale ricorrente nel ricorso per cassazione, nel quale ha trascritto in parte l’atto impositivo – che l’avviso di accertamento emesso dall’Amministrazione indicava espressamente la ragione di urgenza che aveva indotto l’Ufficio a non rispettare il termine di sessanta giorni L. n. 212 del 2000, ex art. 12, co.. Tale ragione veniva, difatti, chiaramente evidenziata dall’Agenzia delle Entrate con riferimento all’imminente scadenza del termine di decadenza per l’accertamento in rettifica della dichiarazione IVA, per l’anno di imposta 2000, scadenza che si sarebbe verificata, infatti, il 31.12.05. Sicchè, la notifica dell’avviso di accertamento in data 27.12.05 – ossia prima dello spirare del termine di sessanta giorni dalla chiusura della verifica, avvenuta il 14.12.05 – era stata giustificata dall’Ufficio con l’esigenza di evitare la decadenza dal potere di accertare eventuali violazioni da parte del contribuente, con conseguente recupero a tassazione dell’imposta, in ipotesi, evasa, oltre alle sanzioni eventualmente applicabili. E non può revocarsi in dubbio che siffatta ratio di evitare la decadenza dal potere impositivo in parola – in quanto si iscrive nell’esigenza di carattere pubblicistico, connessa all’efficiente esercizio della potestà amministrativa nel fondamentale settore delle entrate tributarie (art. 97 Cost.), positivamente e congruamente vagliata, nella specie, dalla CTR – ben può giustificare la notifica dell’avviso di accertamento prima del decorso del predetto termine di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 1 (Cass. 11944/12)”.

23 gennaio 2014

Francesco Buetto