Definizione delle sole sanzioni: sanzioni ridotte per acquiescenza

se il contribuente decide di definire le sanzioni tributarie in via agevolata, allora non può richiederne la restituzione una volta definito il contenzioso sul merito dell’imposta

Con la sentenza n. 25493 del 13 novembre 2013 (ud. 7 ottobre 2013) la Corte di Cassazione ha confermato che la definizione agevolata delle sanzioni non consente di richiederne la restituzione una volta definito il contesto sul merito dell’imposta.

 

LA SENTENZA

Questa Corte ha avuto modo di evidenziare, con riguardo alla procedura di definizione agevolata delle sanzioni di cui all’abrogato art. 58, quarto comma, del D.P.R. n. 633 del 1972, che il versamento previsto dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 58, comma 4, integrando esercizio di una facoltà del contribuente, con pagamento di una percentuale della pena massima edittale senza alcun collegamento con la sanzione pecuniaria in concreto irrogata, presenta i connotati dell’oblazione o definizione agevolata, per prevenire od elidere ogni contesa sull’an ed il quantum della sanzione medesima e così si sottrae ad ogni possibilità di ripetizione, in conseguenza della non sindacabilità dei presupposti di detta irrogazione – cfr. Cass. n. 4330/2002, Cass. n. 1853/2000;Cass. n. 1215/1995; Cass. n. 12695/2004; Cass. n. 11154/2006; Cass. n. 13042/2004; Cass. n. 19558/2008; Cass. n. 12447/2009)”.

In pratica, “il versamento del sesto costituisce una facoltà concessa al contribuente per definire, con il versamento di una somma notevolmente inferiore a quella concretamente irrogabile come sanzione, l’aspetto sanzionatorio del rapporto tributario in contestazione, e, con effetti, per un verso, preclusivi per l’Ufficio dell’irrogazione della pena nei limiti edittali, e d’altra parte, ostativi per il contribuente della ripetizione di quanto pagato”.

Osserva la Corte che “tali principi devono ritenersi operanti anche con riguardo al D.Lgs. n. 472 del 1997, artt. 16 e 17, che hanno sostituito, abrogandolo, il ricordato art. 58, comma 4”.

La Corte ha quindi escluso “ogni effetto di acquiescenza in ordine alla debenza della pretesa fiscale sostanziale per effetto del pagamento ridotto operato alla stregua del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 16, proprio richiamando la giurisprudenza espressa in passato con riguardo alla natura ed agli effetti del pagamento operato alla stregua del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 58, comma 4, – cfr. Cass. nn. 1558/1991, 2610/2000, 12695/2004; Cass. 17529/12“.

Indirizzo, quest’ultimo, peraltro in linea con le indicazioni espressa dall’Agenzia delle Entrate nella circolare n. 12/E del 12 marzo 2010.

 

Brevi note

L’art. 15 del D.Lgs. n. 218/97, titolato “Sanzioni applicabili nel caso di omessa impugnazione”, dispone al comma 1 che “Le sanzioni irrogate per le violazioni indicate nell’articolo 2, comma 5, del presente decreto, nell’articolo 71 del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, e nell’articolo 50 del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni, approvato con decreto del Presidente della Repubblica (recte: decreto legislativo) 31 ottobre 1990, n. 346, sono ridotte a un quarto se il contribuente rinuncia ad impugnare l’avviso di accertamento o di liquidazione e a formulare istanza di accertamento con adesione, provvedendo a pagare, entro il termine per la proposizione del ricorso, le somme complessivamente dovute, tenuto conto della predetta riduzione. In ogni caso la misura delle sanzioni non può essere inferiore ad un terzo dei minimi edittali previsti per le violazioni più gravi relative a ciascun tributo”.

Il beneficio della riduzione delle sanzioni, legato alla rinuncia alla proposizione del ricorso, è sottoposto a determinate condizioni:

  • pagamento delle somme emergenti dall’avviso di accertamento, entro i termini per la proposizione del ricorso (60 giorni dalla notificazione dell’atto, eventualmente prolungati a seguito della sospensione feriale dal 1° agosto al 15 settembre, prevista dalla L. 7.10.1969, n. 742)1;

  • integrale accettazione del contenuto dell’atto impositivo;

  • rinuncia alla presentazione dell’istanza per l’accertamento con adesione.

 

L’acquiescenza alle sanzioni si determina con il pagamento spontaneo da parte del contribuente, utilizzando il mod. F24, entro il termine per la proposizione del ricorso.

Per effetto di quanto disposto dal comma 2 del citato art. 15 del D.Lgs. n. 218/97, “si applicano le disposizioni degli articoli 2, commi 3, 4 e 5, ultimo periodo, e 8, commi 2, 3 e 3-bis. Con decreto del Ministro delle finanze sono stabilite le modalità di versamento delle somme dovute”.

La norma pertanto ne equipara gli effetti (integrale pagamento, anche rateale, delle somme dovute, entro i termini per ricorrere) a quelli propri dell’accertamento con adesione.

  • In pratica, le somme dovute possono essere versate anche ratealmente in un massimo di otto rate trimestrali di pari importo, o, se esse superano i cento milioni di vecchie lire (pari a euro 51.645,69), in un massimo di dodici rate trimestrali. L’importo della prima rata è versato entro 20 giorni dalla redazione dell’atto; sull’importo delle rate successive sono dovuti gli interessi al saggio legale, calcolati dalla data di perfezionamento dell’atto, e per il versamento di tali somme il contribuente è tenuto a prestare garanzia attraverso una polizza fideiussoria o fideiussione bancaria2, per il periodo di rateazione aumentato di un anno, solo se l’ammontare complessivo delle somme dovute, dopo la prima rata, è superiore a 50 mila euro.

  • Entro 10 giorni dal versamento dell’intero importo o di quello della prima rata, il contribuente deve produrre all’ufficio la quietanza dell’avvenuto pagamento e la documentazione relativa alla prestazione della garanzia.

 

Per effetto dei richiami operati all’istituto dell’accertamento con adesione:

  • l’accertamento non rileva ai fini extratributari, salvo che per i contributi previdenziali e assistenziali, la cui base imponibile è riconducibile a quella delle imposte sui redditi;

  • ai fini penali, si rende applicabile l’attenuante prevista dall’art. 13 del D.Lgs. 74/20003, sempre che il debito tributario sia estinto prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado;

  • sulle somme dovute a titolo di contributi previdenziali e assistenziali non si applicano sanzioni e interessi.

 

L’art. 27, c. 4-ter, del decreto legge n. 185 del 2008, aggiunto in sede di conversione in legge n. 2/2009, ha integrato l’art. 15 del decreto legislativo n. 218 del 1997, inserendo il nuovo comma 2-bis per il quale “Fermo restando quanto previsto dal comma 1, le sanzioniivi indicate sono ridotte alla metà se l’avviso d’accertamento e diliquidazione non è stato preceduto dall’invito di cui all’articolo 5 o dicui all’articolo 11. La disposizione di cui al periodo precedente non siapplica nei casi in cui il contribuente non abbia prestato adesione ai sensidell’articolo 5-bis e con riferimento alle maggiori imposte ed altre sommerelative alle violazioni indicate nei processi verbali che consentonol’emissione degli accertamenti di cui all’articolo 41-bisdel decreto delPresidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 e successivemodificazioni e all’articolo, quarto comma, del decreto del Presidentedella Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 e successive modificazioni”.

Il menzionato art. 15 del decreto legislativo n. 218 del 1997 detta una disciplina unitaria ai fini della riduzione delle sanzioni irrogate con gli avvisi d’accertamento o liquidazione, prevedendo, nei casi di definizione per mancata impugnazione da parte del contribuente e di rinuncia a presentare istanza di accertamento con adesione, la riduzione delle stesse ad un terzo dell’irrogato.

Con la nuova disposizione, introdotta in sede di conversione del decreto legge n. 185 del 2008, precisano le Entrate nella citata circolare n. 4/2009 “viene ora ulteriormente stabilito che, nei casi di avviso d’accertamento e di liquidazione non preceduti dall’invito al contraddittorio previsto per l’accertamento con adesione, le sanzioni debbano essere ridotte alla metà di quelle previste negli ordinari casi di definizione per mancata impugnazione da parte del contribuente, con la conseguenza che la misura della sanzione risulta essere pari ad un ottavo”.

L’ulteriore riduzione ad un sesto non si applica, per espressa previsione normativa, nei casi in cui in cui sia stato in precedenza consegnato processo verbale di constatazione e, pur sussistendo i presupposti per poter aderire ai sensi dell’art. 5-bis del decreto legislativo n. 218 del 1997, gli interessati non se ne siano avvalsi.

La disposizione in esame si applica con riferimento agli avvisi d’accertamento o liquidazione emessi dagli Uffici per i quali, alla data di entrata in vigore della legge del 28 gennaio 2009, n. 2, di conversione del decreto legge n. 185 del 2008 (29 gennaio 2009), non siano scaduti i termini per la proposizione dei ricorsi.

La chiara preclusione normativa contenuta nel citato art. 15 impone al contribuente, destinatario di avviso di accertamento, di operare una scelta: chiudere l’aspetto sanzionatorio e contestare il merito; ovvero definire integralmente imposte e sanzioni.

Se aderisce alla prima soluzione, una definito il contesto, il contribuente, anche se vittorioso nel merito, non potrà chiedere il rimborso delle sanzioni versate; se opta per la seconda soluzione, prestando acquiescenza all’atto, il ricorso è improponibile.

 

3 dicembre 2013

Francesco Buetto

1 Ai fini dei termini per la proposizione del ricorso va escluso il dies a quo, cioè il giorno iniziale, mentre va considerato il dies ad quem, ovvero il giorno finale (artt. 2963, c.c. e 155 c.p.c.). Se l’ultimo giorno del termine è festivo, la scadenza è prorogata di diritto al primo giorno successivo non festivo.

2 Con decorrenza 1.1.2005 (L. 311/2004), si rende ora applicabile il nuovo comma 3–bis dell’articolo 2, ove è disposto che, in caso di mancato pagamento anche di una sola delle rate successive, se il garante non versa l’importo garantito entro 30 giorni dalla notificazione di un apposito invito, contenente l’indicazione delle somme dovute e dei presupposti di fatto e di diritto della pretesa, l’ufficio dell’Agenzia delle entrate provvede all’iscrizione a ruolo delle somme a carico di entrambi i soggetti: contribuente e garante.

3L’art. 13 del D. Lgs. n. 74/2000 ha previsto che le pene previste per i delitti di cui al citato decreto “sono diminuite fino alla metà e non si applicano le pene accessorie indicate nell’art. 12 se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari relativi ai fatti costitutivi dei delitti medesimi sono stati estinti mediante il pagamento, anche a seguito delle speciali procedure conciliative o di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie”.