come è noto, le societa cooperative godono di numerose agevolazioni fiscali: proponiamo una panoramica aggiornata di tali agevolazioni che rendono le società cooperative estremememnte attraenti dal punto di vista tributario
Aspetti generali
Le norme generali in materia di società cooperative sono contenute negli artt. da 2511 a 2545-octiesdecies, c.c.
In particolare, le cooperative a mutualità prevalente (destinatarie delle agevolazioni fiscali) sono previste dall’art. 2512, c.c.
Secondo l’art. art. 111–septies, disp. att. c.c., sono considerate «a mutualità prevalente» anche le cooperative sociali che rispettino le previsioni della L. 8.11.1991, n. 381.
Inoltre, sono considerate «mutualistiche» le banche di credito cooperativo, se rispettano le norme delle leggi speciali (art. 223–terdecies, disp. att. c.c.).
Il trattamento fiscale agevolato per la cooperazione è incardinato negli artt. 10-14 del D.P.R. 29.9.1973, n. 601.
Alla riforma del diritto societario sono seguiti due interventi integrativi, compiuti con D.Lgs. 6.2.2004, n. 37 e con D.Lgs. 28.12.2004, n. 310. Tali interventi hanno inteso coordinare le nuove disposizioni sulle società con il Testo Unico bancario (D.Lgs. 1.9.1993, n. 385) e con il Testo Unico della finanza (D.Lgs. 24.2.1998, n. 59), interessando in particolare il settore delle banche.
Mutualità prevalente e non
La distinzione tra società cooperative a mutualità prevalente e non trova fondamento nella legge delega per la riforma societaria (art. 5, L. 3.10.2001, n. 366), ove era stata prevista la necessità di distinguere fra cooperazione costituzionalmente riconosciuta, e quindi meritevole del trattamento di favore (perché in possesso dei requisiti richiamati dall’art. 14 del D.P.R. 29.9.1973, n. 601), e cooperazione «diversa», di fatto assimilata al mondo delle società lucrative.
Il requisito della prevalenza mutualistica è ritenuto presente quando gli amministratori e i sindaci documentano nella nota integrativa che (art. 2513, c.c.):
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i ricavi delle vendite dei beni e delle partecipazioni di servizi verso i soci superano il 50% del totale dei ricavi delle vendite e delle partecipazioni, secondo lo schema di conto economico di cui all’art. 2425 [primo comma, punto A1), del c.c.];
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il costo del lavoro dei soci è superiore al 50% del totale del costo del lavoro di cui all’art. 2425, comma 1, punto B9, del c.c.;
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il costo della produzione per servizi ricevuti dai soci, ovvero per beni conferiti dai soci è rispettivamente superiore al 50% del totale dei costi dei servizi di cui all’art. 2425, primo comma, punto B7, ovvero al costo delle merci o materie prime acquistate, o conferite, di cui all’art. 2425, primo comma, punto B6), del c.c.
In base all’art. 2513, co. 2, del codice, quando si realizzano contestualmente più tipi di scambio mutualistico, la condizione di prevalenza è documentata facendo riferimento alla media ponderata delle percentuali sopra indicate.
Per le cooperative agricole, inoltre, la condizione di prevalenza sussiste quando la quantità o il valore dei prodotti conferiti dai soci supera il 50% della quantità o del valore totale dei prodotti (art. 2513, u.c., c.c.).
Le cooperative a mutualità prevalente devono infine prevedere nei propri statuti (art. 2614 c.c.):
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il divieto di distribuire i dividendi in misura superiore all’interesse massimo dei buoni postali fruttiferi, aumentato di due punti e mezzo rispetto al capitale effettivamente versato;
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il divieto di remunerare gli strumenti finanziari offerti in sottoscrizione ai soci cooperatori in misura superiore a due punti rispetto al limite massimo previsto per i dividendi;
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il divieto di distribuire riserve fra i soci cooperatori;
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l’obbligo di devoluzione, in caso di scioglimento della società, dell’intero patrimonio sociale, dedotto soltanto il capitale sociale e i dividendi eventualmente maturati, ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione.
Il «ventaglio» delle agevolazioni previste
Le società cooperative a mutualità prevalente godono dei benefici di seguito elencati:
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fondi mutualistici: previsti dalla L. 31.1.1992, n. 59 per la promozione e lo sviluppo della cooperazione. Sono finanziati con una quota degli utili netti annuali delle società cooperative (3%) o il patrimonio residuo delle società in liquidazione. Questi vengono versati e sono gestiti dal Ministero competente per le cooperative non aderenti alle Associazioni nazionali o da queste ultime per quelle aderenti. I fondi sono finalizzati al finanziamento di nuove imprese e iniziative, con preferenza per i programmi diretti all’innovazione tecnologica, all’incremento occupazionale e allo sviluppo del mezzogiorno; possono assumere partecipazioni, finanziare programmi di sviluppo, gestire attività formative, studi e ricerche;
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imposte sui redditi: non concorrono a formare il reddito imponibile le somme accantonate a riserva indivisibile, a condizione che sia esclusa la possibilità di distribuirla ai soci, sia durante la vita della cooperativa che in fase di liquidazione;
risparmio sociale: le società cooperative, disciplinate dai principi della mutualità, possono raccogliere risparmio tra i soci entro determinati limiti (limiti della entità massima della raccolta in relazione al patrimonio netto, limiti per ogni singolo deposito, e limiti nella remunerazione). Sugli interessi corrisposti a soci persone fisiche, nell’ambito di tale attività, le cooperative devono operare una ritenuta a titolo di imposta del 12.5%; -
aumento gratuito del capitale sociale: le cooperative e i loro consorzi possono destinare una quota di utili ad aumento gratuito del capitale sociale sottoscritto e versato. Tale rivalutazione, che può essere disposta nei limiti degli indici ISTAT, non è soggetta ad imposte fino alla data del rimborso. In pratica sono somme accantonate in sospensione d’imposta. All’atto del rimborso questi importi scontano una ritenuta del 12.5%;
imposta di registro: non sono soggetti a registrazione gli atti che comportano variazione di capitale sociale delle società cooperative dei loro consorzi e delle società di mutuo soccorso; -
concessioni governative: le società cooperative, a differenza delle altre società, devono versare per la bollatura iniziale dei libri sociali la tassa di concessione governativa di 67 euro per ogni 500 pagine o frazione di 500 pagine;
agevolazioni previdenziali: le cooperative godono di limitate agevolazioni previdenziali per quanto attiene le aliquote del contributo per gli assegni familiari posti a carico dei datori di lavoro. Ulteriori sgravi sono in relazione a zone territoriali, settori merceologici o tipologie.
Alcuni tipi di agevolazioni valgono solamente per le cooperative sociali (di cui alla L. 8.11.1991, n. 381):
tali cooperative possono stipulare convenzioni con Enti Pubblici, purché iscritte negli Albi regionali, anche in deroga alla disciplina in materia di contratti della P.A., nel caso di cooperative di inserimento lavorativo di persone svantaggiate;
in base all’art. 17 del D.Lgs. n. 460/1997, sono esenti da bollo gli atti, documenti, istanze, contratti, certificazioni richiesti da questi soggetti (in quanto sono considerati Onlus di diritto). Esenzione dalle concessioni governative per gli atti di iscrizione nel registro delle Imprese;
alle cooperative sociali (in quanto Onlus di diritto) si applica l’esenzione dall’imposta previste dall’art. 10, n. 27-ter), del D.P.R. n. 633/1972. In particolare sono esenti da iva le prestazioni socio sanitarie, di assistenza domiciliare, in comunità e simili, in favore di anziani, inabili adulti, di tossicodipendenti, di malati di AIDS, degli handicappati psicofisici, dei minori anche coinvolti in situazione di disadattamento e di devianza;
il costo del lavoro delle persone svantaggiate è deducibile dalla base imponibile IRAP;
gli atti e i provvedimenti concernenti le ONLUS (tra le quali figurano le cooperative sociali) sono esenti da concessioni governative.
La tassazione sulle riserve indivisibili in particolare
Per le cooperative a mutualità prevalente, il reddito imponibile viene determinato secondo le regole vigenti per le società di capitali e per gli enti commerciali, applicando però alcune agevolazioni (le percentuali sono riferite alla situazione anteriore rispetto alle modificazioni del 2011, più avanti illustrate).
Si rammenta a tale riguardo che l’art. 12 della L. 16.12.1977, n. 904, stabilisce che non concorrono a formare il reddito imponibile delle società cooperative e dei loro consorzi le somme destinate alle riserve indivisibili, a condizione che sia esclusa la possibilità di distribuirle tra i soci sotto qualsiasi forma, sia durante la vita dell’ente che all’atto del suo scioglimento.
Il comma 460 dell’art. 1 della L. 30.12.2004, n. 311, ha previsto che, in generale, tale previsione non si applica alle società cooperative e loro consorzi a mutualità prevalente:
a) per la quota del 20% degli utili netti annuali delle cooperative agricole e dei loro consorzi, nonché delle cooperative della piccola pesca e dei loro consorzi;
b) per la quota del 30% degli utili netti annuali delle altre cooperative e dei loro consorzi;
b-bis) per la quota del 55% degli utili netti annuali delle società cooperative di consumo e dei loro consorzi.
Tali percentuali partecipavano quindi alla formazione della base imponibile delle cooperative.
Le innovazioni del 2011
Il D.L. 13.8.2011, n. 138, convertito dalla L. 14.9.2011, n. 148, ha modificato la tassazione prevista per le società cooperative, intervenendo sulle precedenti percentuali di imponibilità.
In particolare, le novità riguardano un incremento della tassazione degli utili netti annuali, dal 55% al 65% per le cooperative di consumo, dal 30% al 40% per le altre cooperative a mutualità prevalente, diverse da quelle agricole e della piccola pesca, nonché l’introduzione di una percentuale di tassazione pari al 10% della quota di utili netti annuali destinati a riserva minima obbligatoria (la quota da destinare a riserva minima obbligatoria è pari al 30% dell’utile netto della cooperativa → pertanto, la tassazione su tali utili è pari al 3%).
Il riporto delle perdite fiscali
La disciplina in materia di perdite di impresa è stata rivista e innovata dal nono comma dell’art. 23 del D.L. 6.7.2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla L. 15.7.2011, n. 111.
La modifica di natura sostanziale riguarda il primo periodo del primo comma dell’art. 84 del TUIR, il quale ora dispone che: «la perdita di un periodo d’imposta, determinata con le stesse norme valevoli per la determinazione del reddito, può essere computata in diminuzione del reddito dei periodi d’imposta successivi in misura non superiore all’ottanta per cento del reddito imponibile di ciascuno di essi e per l’intero importo che trova capienza in tale ammontare».
Da un lato è stato quindi rimosso il limite quinquennale di riporto in avanti delle perdite, e dall’altro si è stabilito che la perdita può essere computata in diminuzione del reddito imponibile di ciascun periodo successivo in misura non superiore all’80 per cento dello stesso (e non più integralmente).
Sono invece rimaste invariate le previsioni riguardanti:
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le modalità di fruizione della perdita in presenza di regimi di esenzione degli utili o dei proventi;
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la possibilità di utilizzare la perdita in misura tale che l’imposta corrispondente al reddito imponibile risulti compensata da eventuali crediti d’imposta, ritenute alla fonte a titolo di acconto, versamenti in acconto ed eccedenze: la perdita può pertanto essere riportata anche in misura inferiore all’80% del successivo reddito, qualora il 20% di quest’ultimo non risulti sufficiente ad assorbire i citati crediti, ritenute, versamenti ed eccedenze.
L’effetto della modificazione normativa è di provocare un’anticipazione della tassazione che verrebbe recuperata negli anni successivi.
Le nuove norme si rendono applicabili ai soggetti IRES, mentre è rimasto invariato l’art. 8, terzo comma, del TUIR, riguardante il regime delle perdite dei soggetti IRPEF in regime di contabilità ordinaria.
Le limitazioni all’utilizzo delle perdite
Per quanto interessa ai fini del presente contributo, si osserva che un intervento sulle perdite si era già realizzato nel 2006, quando i commi 72 e 73 dell’articolo unico della L. 27.12.2006, n. 296, avevano introdotto nuovi limiti sulla riportabilità delle perdite nei periodi di imposta successivi a quello di formazione, stabilendo che:
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«per i soggetti che fruiscono di un regime di esenzione totale o parziale del reddito la perdita riportabile è diminuita in misura proporzionalmente corrispondente alla quota di esenzione applicabile in presenza di un reddito imponibile»;
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«per i soggetti che fruiscono di un regime di esenzione dell’utile la perdita è riportabile per l’ammontare che eccede l’utile che non ha concorso alla formazione del reddito per gli esercizi precedenti».
Secondo la testuale formulazione dell’art. 83 del TUIR, nella versione attualmente vigente, «in caso di attività che fruiscono di regimi di parziale o totale detassazione del reddito, le relative perdite fiscali assumono rilevanza nella stessa misura in cui assumerebbero rilevanza i risultati positivi».
Con specifico riferimento alle società cooperative, la risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 129/E del 13.12.2010 ha confermato che la limitazione si rende applicabile anche ai soggetti che beneficiano di un’esenzione da tassazione del reddito imponibile, calcolata applicando una percentuale prestabilita di esenzione.
Ciò significa che la limitazione all’utilizzo delle perdite di cui all’art. 83, primo comma, del TUIR, che vincola l’importo rilevante delle perdite alla misura in cui concorrono al reddito i risultati positivi del soggetto, opera per le cooperative genericamente intese, mentre non opera alcune tipologie di cooperative, il cui regime di esenzione IRES non è calcolato mediante percentuali prestabilite.
Ha rammentato a questo riguardo l’Agenzia che:
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l’art. 10 del D.P.R. n. 601/1973 stabilisce un’esenzione dall’IRES per talune cooperative agricole e della piccola pesca a mutualità prevalente, fatta eccezione per una quota di utili netti annuali. In sostanza, tale esenzione consente alle cooperative in esame di sterilizzare, mediante variazioni in diminuzioni dal reddito, le variazioni in aumento operate ai sensi del TUIR;
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l’art. 11 del medesimo D.P.R. n. 601/1973 stabilisce un’esenzione IRES per talune cooperative di produzione e lavoro parametrata all’IRAP computata tra le variazioni in aumento.
Tali esenzioni non operano percentualmente, essendo calcolate in fase di determinazione della base imponibile prendendo a riferimento valori quali gli utili netti annuali accantonati ovvero l’IRAP computata tra le variazioni in aumento.
Da ciò consegue che, non essendo individuabile nel periodo di imposta in cui è realizzata la perdita fiscale una precisa «misura in cui assumerebbero rilevanza i risultati positivi», il concorso della perdita alla determinazione dell’imponibile è pieno, pur nel rispetto del limite di deducibilità pari all’80% del reddito di ciascun periodo (art. 84, TUIR).
4 novembre 2013
Fabio Carrirolo