La responsabilità personale dell’amministratore di fatto per le sanzioni amministrative tributarie

le nuove norme in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie introducono il principio della personalità della responsabilità in campo amministrativo tributario: il caso dell’amministratore di fatto

Come è ben noto, il D.Lgs. n. 472/1997, contenete le disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie, introduce nello specifico sistema il principio della personalità della responsabilità in campo amministrativo tributario, con conseguente irrogazione della sanzione pecuniaria nei confronti della persona fisica autrice materiale dell’illecito.

Pertanto, in linea generale, vi è la riferibilità della sanzione alla persona fisica autrice o coautrice della violazione; di conseguenza, ai fini sanzionatori tributari non penali vale il medesimo canone ermeneutico già accolto dalla Legge nr. 689/81, in tema di disciplina generale dell’illecito amministrativo.

Il richiamato principio è stato mutuato dal diritto criminale, in forza del quale la responsabilità in ordine alle eventuali violazioni va necessariamente individuata in capo alla persona fisica che si è resa materialmente autrice dell’illecito. Siffatta circostanza impone una precisazione dei tradizionali canoni operativi, tanto da parte di quanti sono preposti alla gestione di soggetti di imposta di natura collettiva, tanto da parte dei componenti degli organi della giustizia tributaria che dei rappresentanti dell’Amministrazione Finanziaria.

Questi ultimi, infatti, non sono tenuti semplicemente ad individuare una condotta integrante l’astratta fattispecie sanzionatoria, ma, per farne derivare de plano le conseguenze afflittive prescritte dall’ordinamento, devono porre in essere un particolare sforzo ermeneutico in modo tale da appurare:

  • il fatto tipico inteso quale condotta umana che abbia cagionato un evento naturalistico o giuridico sussunto a livello di fattispecie sanzionatoria;

  • la sussistenza in capo al soggetto attivo della violazione, delle condizioni di imputabilità e coscienza della condotta;

  • la sussistenza, da parte del medesimo soggetto, di un atteggiamento psicologico che possa essere qualificato come doloso o, quanto meno, colposo;

  • l’assenza di cause fattuali idonee a paralizzare la potestà sanzionatoria.

Per evidenziare le principali differenze rispetto alla disciplina previgente, la sentenza 12 novembre 2001, nr.13998 della Cassazione Civile, Sez.V, ha affermato che l’art.12 della Legge 7 gennaio 1929 nr.4, in riferimento alle infrazioni commesse da persone fisiche che abbiano la rappresentanza di enti privati forniti di personalità giuridica, prevede la responsabilità solidale dell’ente in aggiunta a quella dell’autore dell’illecito, mentre non contempla l’ipotesi inversa, con la conseguenza che, in caso di infrazioni direttamente imputabili all’ente quale soggetto passivo del rapporto tributario, resta esclusa la possibilità di affermare la responsabilità del rappresentante in solido con quella del rappresentato.

Al contrario, afferma ancora la sentenza, il D.Lgs. nr.472/97 adotta il principio della identificazione del trasgressore, soggetto passivo della sanzione, con l’autore materiale della violazione, unico centro di imputazione della sanzione, al quale si aggiunge la responsabilità solidale del contribuente identificato dall’art.11, comma 1;

A quanto precede, si aggiungono appositi criteri di determinazione della sanzione, in ragione dei quali deve necessariamente tenersi conto:

  • della gravità della violazione desunta anche dalla condotta dell’agente (criterio già contemplato, per la pena pecuniaria, dall’ora abrogato art. 4, comma 2, della Legge nr.4/1929);

  • dell’opera svolta dall’agente per l’eliminazione o attenuazione delle conseguenze (criterio non contemplato, in precedenza, dall’ora abrogato art.4, comma 2, della Legge nr. 4/1929);

  • della personalità dell’agente (criterio già contemplato, per la pena pecuniaria, dall’ora abrogato art.4, comma 2, della Legge nr.4/1929), desumibile anche dai suoi precedenti fiscali (in precedenza, a norma del comma 3 dell’art.4 citato, la personalità del trasgressore andava desunta dai precedenti penali e giudiziari, e, in genere, dalla sua condotta)1;

Il D.Lgs 18 Dicembre 1997 nr.472, come visto in precedenza, ha riformato il sistema sanzionatorio tributario non penale, ispirando lo stesso al principio di personalità della sanzione e, pertanto, ha voluto spostare le sanzioni dal contribuente alla persona fisica, perseguendo personalmente ed individualmente tutti i singoli soggetti autori delle condotte illecite.

Da un lato, quindi, vi è una responsabilità per l’illecito amministrativo in capo all’autore materiale della violazione2, dall’altro si prevede un’obbligazione solidale a carico della persona fisica, società, associazione od ente, con o senza personalità giuridica, sul cui patrimonio si riflettono gli effetti economici della violazione3.

In ragione del fatto che le regole de quibus tendevano ad “ingessare” l’azione dei manager che con la citata riforma erano direttamente responsabili per le irregolarità riconducibili ai soggetti per i quali essi agivano, il legislatore ha recentemente operato un’ulteriore revisione dei criteri sanzionatori per le sanzioni amministrative tributarie nelle società di capitali.

Infatti, l’art.7 del D.L. nr. 269/20034, anticipando l’attuazione della delega per la riforma fiscale di cui all’art.2, comma 1, lettera l, della Legge nr. 80/2003, dispone che “le sanzioni amministrative relative al rapporto fiscale proprio di società o enti con personalità giuridica sono esclusivamente a carico della persona giuridica”.

Il primo comma, dunque, introduce una disposizione fondamentale; si abbandona il modello sanzionatorio incentrato sul principio della personalità della sanzione, applicata in capo a chi ha materialmente commesso la violazione, in ragione dell’attribuzione di una partecipazione cosciente e volontaria, per abbracciare il meccanismo della responsabilità oggettiva per cui la sanzione viene direttamente applicata sul contribuente a prescindere da qualsiasi tipo di valutazione soggettiva.

Il 1°comma dell’art.7 del D.L. nr. 269/03 delinea una responsabilità autonoma ed esclusiva in capo alla persona giuridica per le violazioni amministrative tributarie. In conseguenza di una condotta illecita, realizzata da un qualsiasi soggetto che opera nell’ambito della compagine aziendale in qualità di dipendente di diritto o di fatto o che pone in essere un’attività di consulenza in senso lato e che ha integrato un illecito amministrativo di natura tributaria, la sanzione a questa collegata sarà irrogata ed eseguita direttamente ed esclusivamente in capo alla società o ente con personalità giuridica.

Sul piano soggettivo si deve sottolineare il fatto che la norma de qua è applicabile ad un numero di soggetti inferiore a quello rientrante nell’ambito applicativo del D.Lgs. nr. 472/97. L’art.7 del D.L. nr.269/2003, infatti, si riferisce esclusivamente alle società e agli enti con personalità giuridica, con la conseguenza che per i professionisti che pongono in essere la propria prestazione nell’ambito di una organizzazione aziendale priva del requisito della personalità giuridica, richiesto dall’art.7 D.L. nr.269/2003, continueranno a trovare applicazione le disposizioni del D.Lgs. nr.472/97 e pertanto, le sanzioni amministrative verranno applicate secondo il principio personalistico, non potendosi avere una responsabilità oggettiva del contribuente.

 

Da ultimo, la Corte di Cassazione – con la sentenza n. 19716 del 28 agosto 2013 – ha affermato che risponde in proprio delle violazioni commesse – come autore e ideatore – l’amministratore di fatto di una società costituita al solo scopo fraudolento di evadere l’Iva. Non può, infatti, trovare applicazione il citato art. 7 del D.L. nr. 269/2003, in base al quale, le sanzioni amministrative, relative al rapporto fiscale proprio di società o enti con personalità giuridica, sono esclusivamente a carico della persona giuridica. Quanto precede in ragione del fatto che la citata norma ““…intende regolamentare le ipotesi in cui vi sia una differenza tra trasgressore e contribuente, e, in particolare, l’ipotesi di un amministratore di una persona giuridica che, in forza del proprio mandato, compie violazioni nell’interesse della persona giuridica medesima…”; la stessa, quindi, non può trovare attuazione nei confronti di un soggetto che – come nel caso di specie – ha gestito di fatto un’impresa con sede legale in Germania, ma con in realtà la sede operativa e commerciale presso una società italiana di cui il medesimo era rappresentante legale.

Dall’analisi della presente sentenza, occorre – di converso – tratte alcune considerazioni di senso diverso, imperniate principalmente su un’interpretazione sistemica del citato art. 7 con le disposizioni contenute agli artt. 19, 20 e 21 del D.Lgs. n. 74/2000, laddove – al fine di attuare il principio di specialità anche in ambito tributario – si stabilisce che le sanzioni amministrative concernenti un medesimo fatto oggetto di procedimento penale non vengono eseguite nei confronti dell’autore nel caso di condanna dello stesso, fermo restando la responsabilità solidale della società e/o ente nel cui interesse sono state poste in essere le condotte illecite ovvero la responsabilità oggettiva della persona giuridica/contribuente.

Nel caso di specie – pertanto – l’amministratore di fatto dovrebbe rispondere penalmente della condotta fraudolenta, mentre in capo al contribuente/persona giuridica (impresa con sede legale in Germania) dovrebbero trovare attuazione le sanzioni amministrative tributarie ai sensi del richiamato art. 7. Ragionando in modo contrario, la società non sarebbe in alcun modo sanzionata, mentre le sanzioni amministrative potrebbero verosimilmente non trovare attuazione nei confronti dell’amministratore di fatto (ai sensi dell’art. 21 del D.Lgs. n. 74/2000, l’Ufficio competente irroga comunque le sanzioni amministrative relative alle violazioni tributarie fatte oggetto di notizia di reato. Tali sanzioni non sono eseguibili nei confronti dell’autore materiale, salvo che il procedimento penale sia definito con provvedimento di archiviazione o sentenza irrevocabile di assoluzione o di proscioglimento con formula che esclude la rilevanza penale del fatto), poiché condannato in sede penale per la medesima condotta.

 

8 novembre 2013

Nicola Monfreda

1Il legislatore ha singolarmente ritenuto di poter desumere la gravità della violazione (attributo di apprezzamento oggettivo) dalla condotta del trasgressore e non anche dalle circostanze oggettive indicate dal codice penale, tra le quali, ai fini che qui rilevano, ci sembrano di notevole importanza i mezzi impiegati e la gravità del danno o del pericolo cagionato. Seppure con qualche aggiustamento vengono invece mutuati dal codice penale, quali criteri di commisurazione della pena, quelli di cui ai numeri 3 e 4 del comma 2 dell’articolo 133 del codice penale (la condotta contemporanea e susseguente all’illecito, e le condizioni di vita individuale, familiare e sociale del reo). Da ultimo, anche le condizioni economiche del trasgressore devono essere prese in considerazione dall’organo chiamato ad irrogare la sanzione, in analogia con quanto disposto dall’articolo 133-bis del codice penale.

2 L’art.11 n.2 dispone che “Fino a prova contraria, si presume autore della violazione chi ha sottoscritto ovvero compiuto gli atti illegittimi.”

3 L’art.11 n.1 dispone che ”Nei casi in cui una violazione che abbia inciso sulla determinazione o sul pagamento del tributo è commessa dal dipendente o dal rappresentante legale o negoziale di una persona fisica nell’adempimento del suo ufficio o del suo mandato ovvero dal dipendente o dal rappresentante o dall’amministratore, anche di fatto, di società, associazione od ente, con o senza personalità giuridica, nell’esercizio delle sue funzioni o incombenze, la persona fisica, la società, l’associazione o l’ente nell’interesse dei quali ha agito l’autore della violazione sono obbligati solidalmente al pagamento di una somma pari alla sanzione irrogata, salvo il diritto di regresso secondo le disposizioni vigenti.”

4 Convertito nella Legge 24 novembre 2003, n. 326, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale nr.274 del 25 novembre 2003 – Supplemento Ordinario nr. 181.