Affitto d'azienda e successiva cessione d'azienda al termine del contratto d'affitto

analisi del trattamento fiscale dei canoni di locazione dell’azienda data in affitto e del trattamento impositivo dell’eventuale plusvalenza da cessione effettuata al termine del contratto

Il trasferimento temporaneo del complesso organizzato di beni presenta diverse peculiarità sotto il profilo dell’imposizione diretta. In linea generale, il regime impositivo dei canoni di locazione dell’azienda è determinato dalla natura del concedente, a seconda che si tratti o meno dell’imprenditore individuale che loca l’unica azienda: in quest’ultima circostanza, infatti, tale soggetto perde momentaneamente la qualifica di soggetto commerciale, e la corrispondente partita Iva è sospesa (salvo cessazione), con l’effetto che tali fitti sono esclusi dal campo di applicazione del tributo sul valore aggiunto, rientrando, quindi, in quello dell’imposta di registro proporzionale, nella misura del 3% (C.M. n. 26/1985).

Al ricorrere di tale ipotesi è peraltro possibile beneficiare di un risparmio d’imposta, se il contratto d’affitto d’azienda distingue il canone riferibile alla parte immobiliare rispetto a quello relativo alla parte restante del complesso aziendale affittato: la prima frazione sconta, infatti, la minor misura del 2%, a differenza dell’ordinario 3%, che continua a gravare sulla quota non riconducibile al compendio immobiliare.

Ai fini Irpef, il canone percepito dall’imprenditore individuale che ha locato l’unica azienda è qualificabile, a norma dell’art. 67, c. 1, lett. h, del TUIR, come reddito diverso e rileva in base al principio di cassa: è soggetta ad imposizione la differenza tra i canoni percepiti e le eventuali spese sostenute per la produzione degli stessi (CTC n. 2489/2002), come le spese di manutenzione e riparazione straordinaria ed ammodernamento (art. 71, c. 2, del Tuir). Diversamente, non rientra nel campo di applicazione dell’Irap, per carenza del requisito soggettivo, non essendo più un soggetto esercente attività di impresa.

Differente risulta essere, invece, il trattamento impositivo qualora l’affitto sia effettuato dall’imprenditore individuale che loca un ramo della sua unica azienda, oppure una delle proprie aziende: in tale circostanza, analogamente a quanto previsto per le società, i canoni sono soggetti ad Iva ordinaria del 22% e all’imposta di registro in misura fissa di euro 168 (euro 200 a decorrere dal 1 gennaio 2014), e concorrono alla formazione del reddito d’impresa e della base imponibile Irap, come componenti positivi, essendo imputati alla voce A)1 del conto economico, se la l’affitto d’azienda rappresenta il core business dell’impresa, o alla voce A)5) qualora si tratti di una mera attività accessoria. Si rammenta, inoltre, la sussistenza di una norma antielusiva, contenuta nell’art. 35, c. 10-quater, del D.L. n. 223/2006, secondo cui il trattamento fiscale in materia di imposte indirette, previsto per le locazioni immobiliari, si applica (se meno favorevole) anche all’affitto d’azienda, qualora risultino soddisfatte due condizioni.

In primo luogo è necessario che il valore normale dei fabbricati ecceda il 50% del valore dell’azienda e che l’applicazione dell’Iva e dell’imposta di registro per l’affitto d’azienda consenta un risparmio d’imposta, rispetto all’applicazione delle imposte previste per le locazioni di fabbricati. Ad ogni modo, è bene precisare che, la predetta disposizione è applicabile alle locazioni con Iva, ma non a quelle soggette all’imposta di registro in misura proporzionale, come nel caso dell’affitto dell’unica azienda dell’imprenditore individuale.

Nel caso di successiva cessione dell’unica azienda affittata dall’ex imprenditore individuale, la plusvalenza è determinata a norma degli artt. 58 e 86 del D.P.R. n. 917/1986, ma l’importo così ottenuto concorre a formare il reddito complessivo del cedente, quale reddito diverso di cui all’art. 67, c. 1, lett. h, del Tuir. Non è, tuttavia, applicabile il regime di rateizzazione della plusvalenza di cui all’art. 86, c. 4, del D.P.R. n. 917/1986 che consente al contribuente di rateizzare la relativa plusvalenza, in quote costanti, nell’esercizio in cui è avvenuta la cessione e negli esercizi successivi, ma non oltre il quarto, in caso di possesso ultra triennale dell’azienda ceduta.

L’alienazione dell’unica azienda data in affitto può, invece, beneficiare dell’istituto della tassazione separata, qualora ricorrano le condizioni di cui all’art. 17, c. 1, lett. g, del Tuir, ovvero l’azienda commerciale sia posseduta da più di 5 anni e che il cedente abbia esercitato, nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta di realizzo della plusvalenza, la relativa opzione. Ad ogni modo, nell’ipotesi in cui l’ex imprenditore dovesse tornare a gestire l’azienda, anche per un breve periodo, per poi venderla, il Ministero delle finanze (C.M. 18.12.1997, n. 320/E) ha chiarito, in senso favorevole al contribuente, che ai fini della verifica del possesso quinquennale necessario per accedere alla tassazione separata, si computa anche l’eventuale periodo in cui l’azienda è stata concessa dal proprietario in usufrutto o in affitto il quale, quindi, non interrompe il decorso del quinquennio.

 

22 novembre 2013

Sandro Cerato