E’ valido l’accertamento anticipato per annualità in scadenza

Una sentenza di Cassazione sembra ammettere la possibilità per il Fisco di utilizzare l’accertamento anticipato quando l’annualità per cui è stato emesso il Pvc è in scadenza.

Con la sentenza n. 20769 dell’ 11 settembre 2013 (ud. 9 aprile 2013) la Corte di Cassazione ha legittimato l’accertamento anticipato per annualità in scadenza.

Nel caso di specie in data 27 dicembre 2005 veniva notificato un avviso di accertamento ai fini IVA per l’anno 2000, sulla base di un processo verbale di constatazione formato in data 14 dicembre 2005.

 

La sentenza

In ordine alle conseguenze del mancato rispetto del termine di sessanta giorni dal rilascio al contribuente della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni ispettive, per la notifica al medesimo dell’avviso di accertamento, la sentenza in esame prende le mosse dalla giurisprudenza della Corte che ha adottato una “lettura costituzionalmente orientata della norma, suggerita da C. Cost. ord. n. 244/09. In particolare, si è affermato che l’atto impositivo, notificato prima del decorso di detto termine, debba considerarsi affetto da nullità – in forza del combinato disposto della L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 1, L. n. 241 del 1990, artt. 3 e 21 septies, e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 56, comma 5, con specifico riferimento all’IVA, in rilievo nel caso in esame (D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, commi 2 e 3, in tema di imposte dirette) – salvo che si sia in presenza di uno dei ‘casi di particolare e motivata urgenza’, che – a tenore della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, – giustificano l’emissione dell’avviso di accertamento prima dello spirare del termine suindicato”. Mentre un indirizzo più rigoroso si è espresso, al riguardo, “nel senso che l’atto impositivo debba contenere la motivazione sull’eventuale urgenza che ne abbia determinato l’adozione prima dello scadere del termine suddetto (Cass. 22320/10, 16999/12), altro indirizzo ha, invece, ritenuto che l’esonero dal rispetto dei sessanta giorni L. n. 212 del 2000, ex art. 12, comma 7, operi in presenza del requisito dell’urgenza dell’emissione dell’atto, anche se in questo non sia enunciato il fatto determinativo dell’urgenza stessa, giacchè ai sensi dell’art. 7 della legge cit., l’obbligo di motivazione si riferisce esclusivamente alle ragioni della pretesa tributaria, ma non anche ai tempi di emanazione dei provvedimenti impositivi o alle regole procedimentali (Cass. 11944/12)”.

Con riferimento al caso concreto, la Corte non ritiene si profili la necessità di sospendere il presente giudizio, in attesa del deposito della pronuncia delle Sezioni Unite sulla questione controversa.

Ed invero, è del tutto pacifico in causa – avendone dato atto lo stesso studio legale ricorrente nel ricorso per cassazione, nel quale ha trascritto in parte l’atto impositivo – che l’avviso di accertamento emesso dall’Amministrazione indicava espressamente la ragione di urgenza che aveva indotto l’Ufficio a non rispettare il termine di sessanta giorni L. n. 212 del 2000, ex art. 12, co.. Tale ragione veniva, difatti, chiaramente evidenziata dall’Agenzia delle Entrate con riferimento all’imminente scadenza del termine di decadenza per l’accertamento in rettifica della dichiarazione IVA, per l’anno di imposta 2000, scadenza che si sarebbe verificata, infatti, il 31.12.05. Sicchè, la notifica dell’avviso di accertamento in data 27.12.05 – ossia prima dello spirare del termine di sessanta giorni dalla chiusura della verifica, avvenuta il 14.12.05 – era stata giustificata dall’Ufficio con l’esigenza di evitare la decadenza dal potere di accertare eventuali violazioni da parte del contribuente, con conseguente recupero a tassazione dell’imposta, in ipotesi, evasa, oltre alle sanzioni eventualmente applicabili. E non può revocarsi in dubbio che siffatta ratio di evitare la decadenza dal potere impositivo in parola – in quanto si iscrive nell’esigenza di carattere pubblicistico, connessa all’efficiente esercizio della potestà amministrativa nel fondamentale settore delle entrate tributarie (art. 97 Cost.), positivamente e congruamente vagliata, nella specie, dalla CTR – ben può giustificare la notifica dell’avviso di accertamento prima del decorso del predetto termine di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 1 (Cass. 11944/12).

Nè la Corte condive l’assunto di parte, “secondo cui la L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, costituirebbe una fonte ‘rafforzata’ dall’essere direttamente riconducibile agli artt. 3, 23, e 53 Cost.. Le norme dello Statuto del contribuente infatti, come questa Corte ha più volte chiarito, non hanno rango superiore alla legge ordinaria e, pertanto, non possono consentire la disapplicazione della norma tributaria in asserito contrasto con le stesse (v. Cass. 8254/09, 8145/11). Di conseguenza, non potrebbero le suindicate esigenze pubblicistiche, fondate queste ultime su principi di rango costituzionale desumibili dall’art. 97 Cost., essere pretermesse o posposte, ritenendosi cogente il rispetto dell‘intero spatium deliberandi suindicato (previsto dallo Statuto del contribuente), pur quando il termine di decadenza del potere impositivo, diretto a garantire il rispetto di dette finalità, sia prossimo alla scadenza”.

E neppure, prosegue la Corte, “conseguenza alcuna in suo favore potrebbe trarre il contribuente dai principi di rango comunitari, enunciati da C. Giust. CE, 18.12.08, C- 349/07, posto che tale decisione, nel demandare alla discrezionalità dei giudici degli Stati membri di stabilire la congruità, o meno, dei termini per le osservazioni dei contribuenti e per le successive decisioni dell’Amministrazione previsti dai diritti nazionali, ha ritenuto comunque congruo e ‘conforme alle prescrizioni del diritto comunitario’ un termine da otto a quindici giorni (nella specie ne sono decorsi tredici) concesso al contribuente per presentare le proprie osservazioni”.

 

Note

Il comma 7, dell’articolo 12, dello Statuto del contribuente prescrive che “nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza”.

Tale norma (da un pò di tempo a questa parte sotto i riflettori della dottrina1 e della giurisprudenza), è stata oggi letta dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con la sentenza n.18184 del 29 luglio 2013, peraltro attesa dalla stessa sentenza della Corte di Cassazione che qui si annota.

Come rilevato dalla stessa Corte di Cassazione nella sentenza n.20769/2013, sul punto vanno segnalati una serie di orientamenti variegati.

  • L’ordinanza n. 19875 del 18 luglio 2008 (ud. del 9 giugno 2008) della Corte di Cassazione, secondo cui la notifica dell’avviso di accertamento prima dello scadere del termine di sessanta giorni previsto dall’art. 12, c. 7, L. n. 212/2000 non determina ipso iure la nullità stante la natura vincolata dell’atto rispetto al pvc sul quale si fonda, in mancanza di specifica normativa in tal senso, perché resta comunque garantito al contribuente il diritto di difesa in via amministrativa (autotutela) e giudiziaria (ricorso alla Commissione tributaria), valorizzando così il principio per cui ubi lex voluit dixit e rimarcando l’assenza di qualunque previsione di nullità degli atti emessi in violazione delle disposizioni contenute nel comma 7, dell’articolo 12 dello Statuto.

  • L’ordinanza n. 244 del 24 luglio 2009 con cui la Corte Costituzionale ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 12, c. 7, dello Statuto dei diritti del contribuente, confermando un’interpretazione costituzionalmente orientata della norma che legittima la dichiarazione di nullità dell’atto nei casi in cui l’ufficio finanziario non abbia esplicitato le ragioni di “particolare e motivata urgenza” che lo abbiano determinato, costituendo tale inosservanza una violazione dell’obbligo di motivazione degli atti amministrativi di cui alla legge n. 241/1990 e, come tale, sanzionata in termini di invalidità dell’atto. L’intervento della Corte Costituzionale, quindi, richiama prepotentemente l’attenzione degli uffici sulla necessità che la “particolare urgenza” venga evidenziata e descritta nella motivazione dell’avviso di accertamento emesso prima del temine di legge, non potendo la stessa essere spiegata con considerazioni di carattere generale. Dunque, alla luce di tale sentenza, anche nei casi in cui l’urgenza nell’emanazione dell’atto sia resa evidente dall’imminenza della decadenza, è comunque opportuno che l’amministrazione abbia cura di specificare tale circostanza nella parte motiva dell’atto di accertamento, per consentire al destinatario o al giudice la verifica della sussistenza del presupposto e così superare la carenza di potere che – in via generale – investe l’accertamento anticipato, se non assistito da adeguata motivazione in ordine alle ragioni che ne hanno determinato l’urgenza2.

  • La sentenza n. 22320 del 3 novembre 2010 (ud. del 28 settembre 2010) della Corte di Cassazione che ha ritenuto che per effetto del combinato disposto di cui all’art. 12, c. 7, della L. n. 212 del 2000, e degli artt. 3 e 21 septies della L. n.241/90, “l’avviso di accertamento emanato prima della scadenza del termine di 60 gg…, non è per ciò stesso nullo ma, atteso il generale obbligo di motivazione degli atti amministrativi – ivi compresi quelli dell’A.F. -, tale è da considerarsi solamente laddove non rechi motivazione sull’urgenza che ne ha determinato una siffatta adozione”. Per la Suprema Corte, “l’inosservanza dell’obbligo di motivazione in relazione alla particolare urgenza dell’avviso di accertamento risulta infattiespressamente sanzionata in termini di invalidità dell’atto, in via generale, alla citata L. n. 241 del 1990, art. 21 septies, (ove tale sanzione è prevista per il provvedimento amministrativo privo di un elemento essenziale, quale è la motivazione), nonchè, con specifico riferimento all’accertamento delle imposte sui redditi e dell’IVA, rispettivamente al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, commi 2 e 3, e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 56, comma 5, ove si prevede che l’avviso di accertamento deve essere motivato, a pena di nullità, in relazione ai presupposti di fatto ed alle ragioni giuridiche che lo hanno determinato (v. Corte Cost. n. 244 del 2009)”. Per la Corte, “nel ravvisare – condividendo quanto sul punto ritenuto dai giudici di prime cure – la nullità dell’avviso di accertamento impugnato in base alla mera circostanza della relativa emanazione prima della conclusione dell’attività ispettiva, senza nulla indicare in motivazione in ordine al requisito dell’urgenza, anche sotto il profilo della verifica della eventuale mancata deduzione e allegazione ad opera dell’odierna ricorrente (e allora appellante) Agenzia delle entrate, il giudice del gravame di merito ha nell’impugnata sentenza disatteso invero il suindicato principio”.

  • La sentenza n. 22320 del 3 novembre 2010 (ud. del 28 settembre 2010) della Corte di Cassazione che si è attestata, sostanzialmente, su quanto già affermato nella pronuncia n.22320/2010.

  • L’ordinanza n. 6088 del 15 marzo 2011 (ud. del 9 febbraio 2011) della Corte di Cassazione, secondo cui dalla lettura della norma emerge, per la corrispondenza del termine di emissione dell’avviso con quello concesso al contribuente per comunicare osservazioni e richieste, che il suddetto termine è inteso a garantire al contribuente la possibilità di interagire con l’amministrazione prima che essa pervenga alla emissione di un avviso di accertamento ed in tal senso il mancato rispetto del termine, sacrificando un diritto riconosciuto dalla legge al contribuente, non può che comportare l’illegittimità dell’accertamento, senza bisogno di alcuna specifica previsione in proposito. Peraltro, in ipotesi di termine non perentorio (come ritenuto dalla ricorrente) non avrebbe senso la previsione della possibilità, contemplata nella medesima norma, di emissione di avviso prima del decorso del termine suddetto, solo in casi di particolare e motivata urgenza“.La norma, rileva ancora la Corte, “non distingue in relazione al contenuto dei verbali, potendo il contribuente comunicare osservazioni e richieste anche in relazione a verbali che, pur non contenendo contestazioni potrebbero in ogni caso, come nella specie, dare luogo alla emissione di avvisi di accertamento, essendo poi appena il caso di aggiungere che dalla sentenza impugnata non risulta che i due verbali redatti prima degli avvisi opposti fossero meramente descrittivi dell’accesso e che la ricorrente si limita ad affermare tale circostanza, senza riportare il testo dei suddetti verbali nel rispetto del principio di autosufficienza e senza depositare unitamente al ricorso i medesimi verbali (sui quali la censura è fondata) ai sensi dell’art. 369 c.p.c., n. 4”.

  • La sentenza n. 18906 del 16 settembre 2011 (ud. del 7 aprile 2011) della Corte di Cassazione 48), dove i giudici, pur prendendo atto che la sanzione dell’illegittimità è certamente molto opinabile e che comunque non è nè arbitraria nè pretestuosa, che “appare suscettibile di dar luogo a risultati disfunzionali e ‘fuori misura’”, tuttavia concludono ritenendo che “non dovrebbe essere troppo difficile, per l’amministrazione finanziaria, evitare tali risultati adeguandosi operativamente a questo più rigoroso regime. Non vi sono quindi buone ragioni per allontanarsi dal criterio interpretativo della conformità ai precedenti giurisprudenziali”.In ordine all’inapplicabilità della norma, in quanto l’attività posta in essere dai verificatori non era riconducibile ad una vera e propria verifica ma al mero reperimento di documentazione fiscale, pur ritenendo il profilo privo di autosufficienza, la Corte ha ritenuto che “comunque deve anche essere osservato che la distinzione prospettata dall’Agenzia delle entrate non appare avere corrispondenza nella norma in esame”.

  • La sentenza n. 11944 del 13 luglio 2012 (ud. 21 febbraio 2012) dove la Corte di Cassazione ha affermato che la norma “impone un termine per l’esercizio dell’azione amministrativa piuttosto che un obbligo di motivazione circa il requisito dell’urgenza nell’emissione, anticipata, dell’atto impositivo. Una siffatta omissione non rientra, infatti, nell’ambito applicativo della L. n. 212 del 2000, art.7, secondo cui gli atti dell’Amministrazione finanziaria devono indicare ‘i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione’ dato che tale norma (così come quella, specifica, del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 56) si riferisce al contenuto stesso dell’atto impositivo e non ai tempi della sua emanazione e non si occupa, in alcun modo, delle regole procedimentali, o pregiurisdizionali, secondo la denominazione della ricorrente. Deve, perciò, ritenersi che l’esonero dall’osservanza del termine di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, opera in concorrenza del requisito dell’urgenza nell’emissione dell’avviso, pure se di tale ragione non si fa menzione nella motivazione dell’avviso stesso”. In pratica, “l’effetto derogatorio dell’urgenza sussiste ex se senza che sia a tal fine necessario che il fatto che la determini sia enunciato nell’atto impositivo, il quale, a norma del menzionato art. 7 dello Statuto del contribuente, deve indicare esclusivamente le ragioni della pretesa tributaria. Resta da aggiungere che la sussistenza del predetto requisito può esser dimostrata dall’Ufficio e, viceversa, esser contestata, unitamente alle ragioni di merito, tanto in via amministrativa, col ricorso in autotutela, quanto in via giudiziaria, entro il termine ordinario previsto dalla legge nel corso del giudizio. Nel caso in esame, l’esigenza di provvedere senza ritardo risulta in re ipsa dal fatto che era in scadenza, come dedotto dalla controricorrente, il termine di decadenza di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art.57, per l’accertamento relativo al periodo d’imposta 2001”.

  • La sentenza n. 21103 del 13 ottobre 2011 (ud. del 7 giugno 2011), con cui la Cassazione ha ritenuto che la violazione della disposizione relativa allo spatium deliberandi accordato al contribuente dall’art. 12, c. 7, della L. n. 212/2000 non ne determina in assolut la nullità, attesa la natura vincolata dell’atto rispetto al verbale di constatazione sul quale si fonda e considerata la mancanza di una specifica previsione normativa in tal senso. “… può osservarsi che, rispetto alla adozione anzi termine, il ripetuto art. 7 non rileva per nulla, dal momento che esso si riferisce alla motivazione dell’atto dell’amministrazione finanziaria in relazione ai presupposti di fatto e alle ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione impositiva in quanto tale, non la tempistica”. La Corte, quindi, presta maggiore attenzione “al distinto orientamento secondo il quale l’art. 12, comma 7, cit., non è presidiato da sanzione alcuna. In particolare va condivisa la considerazione che la notifica dell’avviso di accertamento (e dell’eventuale consequenziale avviso di irrogazione di sanzioni) prima dello scadere del termine di 60 gg. previsto dalla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, non ne determina in assoluto la nullità stante la natura vincolata dell’atto rispetto al verbale di constatazione sul quale si fonda, e in mancanza di una specifica previsione normativa in tal senso. Resta difatti comunque garantito al contribuente (come del resto riconosciuto da C. cost. n. 244/2009) il diritto di difesa, tanto in via amministrativa (con ricorso in autotutela), quanto in via giudiziaria, entro il termine ordinario previsto dalla legge (cfr. Cass. n. 19875/2008; n. 3988/2011 )”.

  • L’ordinanza del 5 luglio 2012, n. 11347 dove la Suprema Corte ha affermato che la sanzione della nullità dell’avviso di accertamento va ricollegata alla assenza di motivazione in ordine all’eventuale urgenza che ne ha determinato l’adozione.

  • La sentenza n. 16999 del 5 ottobre 2012 (ud 22 giugno 2011) con cui la Corte di Cassazione ha dichiarato la nullità dell’atto di accertamento anticipato, rispetto alla consegna del pvc ( i classici 60 giorni), pur se vagliato dall’ufficio.

 

A Sezioni Unite, la Corte di Cassazione, con la sentenza n.18184 del 29 luglio 2013, è intervenuta sulla questione, fissando dei precisi principi, che qui di seguito sintetizziamo.

  • l’inosservanza del termine dilatorio prescritto dal comma 7 dell’art. 12, in assenza di qualificate ragioni di urgenza, non può che determinare l’invalidità dell’avviso di accertamento emanato prematuramente, quale effetto del vizio del relativo procedimento, costituito dal non aver messo a disposizione del contribuente l’intero lasso di tempo previsto dalla legge per garantirgli la facoltà di partecipare al procedimento stesso, esprimendo le proprie osservazioni (che l’Ufficio è tenuto a valutare, come la norma prescrive), cioè di attivare, e coltivare, il contraddittorio procedimentale”.

  • La “sanzione” della invalidità dell’atto conclusivo del procedimento, “pur non espressamente prevista, deriva ineludibilmente dal sistema ordinamentale, comunitario e nazionale, nella quale la norma opera e, in particolare, dal rilievo che il vizio del procedimento si traduce, nella specie, in una divergenza dal modello normativo … di particolare gravità, in considerazione della rilevanza della funzione, di diretta derivazione da principi costituzionali, cui la norma stessa assolve … e della forza impediente, rispetto al pieno svolgimento di tale funzione, che assume il fatto viziante”.

  • In relazione al vizio di legittimità dell’atto emesso ante tempus, la deroga prevista per i “casi di particolare e motivata urgenza”, in presenza dei quali l’Ufficio è esonerato dal rispetto del termine dilatorio, conduce il collegio a preferire l’orientamento che fa derivare l’illegittimità “ non già dalla mancanza, nell’atto notificato, della motivazione circa la ricorrenza di un caso di urgenza, bensì dalla non configurabilità, in fatto, del requisito dell’urgenza”. Infatti, l’obbligo di motivazione degli atti tributari, assistito da sanzione di nullità in caso di inottemperanza, è quello che ha ad oggetto il contenuto sostanziale della pretesa tributaria, cioè “i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche” che hanno determinato la decisione dell’amministrazione, “non essendo, invece, necessario dar conto, in quella sede (e, comunque, non a pena di invalidità, salvo eccezioni espresse), del rispetto di regole procedimentali, quali, come nella specie, quelle attinenti al tempo di emanazione del provvedimento: l’osservanza delle regole del procedimento, infatti, ove contestata, sarà oggetto di dibattito e di valutazione nelle sedi stabilite (amministrativa in caso di istanza di autotutela, contenziosa in caso di ricorso al giudice tributario). Né, in senso contrario, è condivisibile la tesi secondo la quale, nella norma in esame, la motivazione dell’urgenza è esplicitamente prescritta”. L’espressione “salvo casi di particolare e motivata urgenza” non appare alla Corte in sé decisiva, “poiché non individua con certezza nell’atto impositivo la (unica) sede in cui la “motivata urgenza” deve essere addotta dall’Ufficio: l’uso del termine ‘motivata’ non implica, infatti, necessariamente il richiamo alla motivazione dell’avviso di accertamento. In secondo luogo, e comunque, deve ritenersi che risponda a criteri di equilibrio degli interessi coinvolti e di ragionevolezza far dipendere la validità o meno dell’atto emesso ante tempus dalla sussistenza o meno, nella realtà giuridico-fattuale, del requisito dell’urgenza, anziché dalla circostanza (avente valore del tutto secondario) che tale requisito sia, o no, enunciato nell’atto: ciò che conta, in definitiva, ai fini dell’esonero dell’Ufficio dall’osservanza del termine dilatorio, è unicamente il fatto che la particolare urgenza di provvedere effettivamente nella fattispecie vi sia stata. Ne deriva che la questione si sposta in sede contenziosa, nel senso che, a fronte di un avviso di accertamento emesso prima della scadenza del termine de quo e privo dell’enunciazione dei motivi di urgenza che lo legittimano, il contribuente potrà, ove lo ritenga, anche limitarsi ad impugnarlo per il solo vizio della violazione del termine (cfr. Cass., sez. un., nn. 16412 del 2007 e 5791 del 2008, in tema di mancato rispetto della sequenza procedimentale prevista per la formazione della pretesa tributaria): spetterà, quindi, all’Ufficio l’onere di provare la sussistenza (all’epoca) del requisito esonerativo dal rispetto del termine e, dunque, in definitiva, al giudice, a seguito del dibattito processuale (e senza, perciò, che il contribuente subisca alcuna menomazione del diritto di difesa), stabilire l’esistenza di una valida e “particolare” – cioè specificamente riferita al contribuente e al rapporto tributario in questione – ragione di urgenza, idonea a giustificare l’anticipazione dell’emissione del provvedimento”.

 

In conclusione, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione enunciano il seguente principio di diritto: “ In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000, n. 212, deve essere interpretato nel senso che l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento – termine decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni – determina di per sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, la illegittimità dell’atto impositivo emesso ante tempus, poiché detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva. Il vizio invalidante non consiste nella mera omessa enunciazione nell’atto dei motivi di urgenza che ne hanno determinato l’emissione anticipata, bensì nell’effettiva assenza di detto requisito (esonerativo dall’osservanza del termine), la cui ricorrenza, nella concreta fattispecie e all’epoca di tale emissione, deve essere provata dall’Ufficio”.

Oggi la Corte di Cassazione, nella sentenza che si annota si occupa specificatamente dell’accertamento anticipato, per particolare e motivata urgenza.In questo caso, la norma, nel prevedere che l’attività di accertamento resti paralizzata per 60 giorni, non trascura di salvaguardare eventuali casi di particolare e motivata urgenza, così mostrando di non dimenticare la necessità per l’Amministrazione di “dover” emettere, per esempio, atti di imposizione nel periodo di moratoria: il richiamo riguarda, soprattutto, gli esiti dell’attività di verifica che giungono nella disponibilità degli uffici dopo il 31 ottobre e che contengono violazioni riferite all’annualità in decadenza al 31 dicembre successivo. Qui, l’urgenza dell’Ufficio impositore è (a nostro avviso, ma oggi anche della Cassazione) assolutamente evidente: se l’Ufficio applicasse pedissequamente la norma contenuta nel comma 7, dell’articolo 12, rinuncerebbe ad avvalersi del proprio potere impositivo, stante l’impossibilità di notificare accertamenti dopo il decorso il termine decadenziale.

Per cui, in primis, deve ritenersi che i “casi di particolare e motivata urgenza” cui si riferisce il legislatore, esulano dal contesto delle decadenze, la cui urgenza è in re ipsa, riguardando altre ipotesi per le quali la norma impone una adeguata e specifica motivazione, che giustifichi l’emanazione dell’atto di accertamento prima del termine previsto.

A nostro avviso, costituiscono “casi di particolare e motivata urgenza”, per esempio, le fattispecie in cui sia necessario adottare le misure cautelari, gli accertamenti connessi alla consumazione di reati tributari, le fattispecie per le quali sussistono pericoli di perdita del credito erariale o altre ipotesi di potenziale pericolosità fiscale.

Resta, infine, da esaminare la necessità o meno di evidenziare, nella motivazione dell’avviso di accertamento anticipato ed a pena di nullità dell’atto, l’effettiva sussistenza dei “casi di particolare e motivata urgenza”, in modo da espressamente rientrare nella fattispecie derogatoria e legittimare l’attività di accertamento.

Sul punto, a nostro avviso, nel caso di accertamenti relativi ad annualità in decadenza, tale indicazione non sembra essere necessaria, tenuto conto che il termine per l’emissione degli avvisi è stabilito a norma di legge. L’urgenza, pertanto, è talmente evidente da non necessitare di alcuna esplicita menzione che, se pure presente, assurgerebbe a requisito del tutto formale per la “regolarità” dell’atto.

Ma la particolare e motivata urgenza può anche desumersi implicitamente, sulla base della constatazione che il rilievo ha trovato spazio nell’avviso di accertamento e pertanto è stato esaminato, condiviso e fatto proprio dall’ufficio.

In conclusione, per le Sezioni Unite della Corte di Cassazione il vizio invalidante non consiste nella mancanza dei motivi d’urgenza nel corpo dell’avviso di accertamento bensì nell’effettiva assenza di detto requisito, la cui ricorrenza, nella concreta fattispecie e all’epoca di tale emissione, deve essere provata dall’Ufficio impositore.

 

21 ottobre 2013

Gianfranco Antico

1 In merito, si rinvia ad ANTICO, L’accertamento anticipato: ulteriori considerazioni, in “ il fisco”, n. 40/2007, pag. 5834; ANTICO-FUSCONI, Statuto del contribuente: il divieto di emanare l’avviso di accertamento prima di 60 giorni dalla notifica del processo verbale di constatazione, in “ il fisco”, n. 44/2003, fascicolo, n. 1, pag. 6873; ANTICO-FUSCONI, Statutodel contribuente: ancora sulla nullità dell’accertamento anticipato, in “ il fisco”, n. 19/2004, pag. 2929; ANTICO-FUSCONI, Ancora sull’accertamento emesso dopo il verbale, ma prima della scadenza del termine per le osservazioni del contribuente ex art. 12 dello Statuto, in “ Dialoghi di diritto tributario”, n. 9/2005; ANTICO, Accertamento anticipato: ha ragione il fisco, in CommercialistaTelematico, gennaio, 2007; CORONAS, Statuto del contribuente. Verifiche fiscali – Effetti del mancato rispetto del termine di cui all’art.12, comma 7, della legge 212/2000, in “ La settimana fiscale”, n.17/2004, pag.38; TABET, Sospensione del potere impositivo dopo la chiusura delle operazioni di verifica ?, in “ Bollettino Tributario”, n. 12/2006, pag. 1056 e PERONACE, L’invalidità dell’accertamento adottato senza rispettare il termine per le deduzioni del contribuente sulle operazioni di verifica, in “ Bollettino Tributario”, n. 12/2006, pag. 1057; AZZONI, Brevi note circa l’avviso di accertamento emanato in violazione del termine utile al contraddittorio anticipato ( art. 12, comma 7, della L.n.212/200), in “ il fisco”, n. 1/2007, pag. 59; THIONE, Considerazioni generali in ordine alla legittimità del c d. accertamento anticipato, in “ il fisco”, n. 2/2008, pag. 247; ANTICO, Accertamento anticipato urgente, in “ La Settimana fiscale”, n. 42/2008, pag. 31; ANTICO-CARRIROLO, La verifica fiscale, Buffetti editore, Roma, 2012.

2 FUSCONI- ANTICO, Accertamento anticipato: la motivazione è vincente, in Bollettino Tributario, n. 22/2009, pag. 1665.