Cessione d'azienda e debiti fiscali

analisi del particolare trattamento dei debiti e crediti fiscali nell’ambito della cessione d’azienda e dei profili di responsabilità tributaria del promissario acquirente

L’articolo 2559 del Codice Civile, a differenza del precedente art. 2558 del codice civile rubricato alla successione dei contratti, non precisa se, con la cessione dell’azienda (o di un suo ramo), si determina un automatico passaggio dei crediti: la cessione dei crediti ha, infatti, effetto nei confronti dei debitori, anche in mancanza di notifica o di accettazione degli stessi, dal momento dell’iscrizione nel registro delle imprese. In ogni caso, il debitore ceduto che paga in buona fede il cedente, in luogo del cessionario, è liberato da ogni responsabilità nei confronti di quest’ultimo.

Un discorso separato deve essere approntato con riferimento alla cessione dei crediti fiscali maturati in capo al cessionario: al ricorrere di tale ipotesi, è necessario distinguere tra crediti per imposte dirette e crediti IVA.

Per trasferire i crediti per imposte dirette unitamente al complesso aziendale, è necessario rispettare la procedura di cui all’art. 43-bis del D.P.R. 602/73 per la quale:

  • il credito fiscale, che dovrà essere trasferito, deve risultare dalla dichiarazione dei redditi e, in tale sede, essere richiesto a rimborso;

  • la cessione di detto credito deve avvenire con atto pubblico o scrittura privata autenticata da un notaio, da notificare all’Agenzia delle Entrate competente per territorio in ragione del domicilio fiscale del cedente al momento della cessione e al concessionario della riscossione competente, sempre in ragione del domicilio fiscale del cedente al momento della cessione.

Ad ogni modo, il credito fiscale ceduto non potrà essere utilizzato in compensazione dal cessionario: quest’ultimo dovrà, pertanto, attendere il buon esito del rimborso con il relativo incasso.

Per quanto concerne il trasferimento, in capo al cessionario, del credito IVA, si precisa che questo può essere trasferito, nell’ambito dalla cessione d’azienda, senza necessità di seguire la medesima procedura prevista per i crediti per imposte dirette: in tal caso è preferibile inserire un’apposita clausola (all’interno dell’atto di cessione) in cui indicare che il credito IVA viene trasferito unitamente all’azienda.

A differenza di quanto appena argomentato sui crediti, il trasferimento dei debiti relativi all’azienda ceduta non è automatico: l’art. 2560 c.c. richiede, infatti, un espresso consenso dei creditori del venditore, e stabilisce una responsabilità solidale delle parti, per i debiti anteriori al trasferimento che risultino dai libri contabili obbligatori, anche se tenuti irregolarmente. Per quanto concerne la responsabilità del cessionario con riferimento ai debiti tributari, si rammenta che tale responsabilità è stata completamente rivisitata dall’art. 14, DLgs 18.12.1997, n. 472, che ha sostituito il precedente regime disciplinato dall’art. 19 della Legge 7.1.1929, n. 4, e dall’art. 66 del DPR 29.9.1973, n. 602.

In linea generale, l’art. 14, DLgs 18.12.1997, n. 472, prevede la responsabilità solidale del cessionario (con il cedente) per il pagamento delle imposte e sanzioni riferite a violazioni commesse nell’anno in cui è avvenuto il trasferimento dell’azienda e nei due precedenti, anche se non contestate o irrogate alla data delle cessione. Analoga responsabilità solidale (tra cessionario e cedente) opera in caso di violazioni commesse anche in epoca anteriore, e già contestate nell’anno in cui è avvenuto il trasferimento. Tuttavia, sono previste delle limitazioni alla suddetta responsabilità solidale atteso che, è riconosciuto al cessionario il beneficio della preventiva escussione del cedente: nel caso in cui l’erario non sia in grado di soddisfarsi sul patrimonio del cedente, lo stato potrà rivalersi sul cessionario d’azienda per il pagamento di debiti tributari (anche futuri), anche se questi non siano certi e determinati nell’ammontare al momento del trasferimento dell’azienda. In ogni caso, la responsabilità del cessionario:

  • non può eccedere il valore dell’azienda acquisita (o del ramo d’azienda) intendendosi per “valore” quello accertato dall’Ufficio, ovvero, in mancanza di accertamento, al valore dichiarato dalle parti nell’atto di cessione;

  • è limitata al debito risultante, alla data del trasferimento, dagli atti degli Uffici dell’Amministrazione Finanziaria e degli altri enti preposti all’accertamento dei tributi.

Tuttavia, per consentire al cessionario di avere uno stato dell’arte delle pendenze con l’erario dell’azienda oggetto del trasferimento, l’art. 14 co. 3 del citato d.lgs. 472/97 prevede la possibilità di ottenere, dall’Agenzia delle Entrate territorialmente competente, un certificato da cui risulti l’esistenza di contestazioni in corso, nonché l’esistenza di contestazioni già definite per le quali i debiti non sono stati soddisfatti. A tal fine, l’Amministrazione Finanziaria (provvedimento del 25 giugno 2001) ha approvato due modelli di certificato ascrivibili uno per l’accertamento di carichi pendenti, l’altro per la verifica dell’esistenza di contestazioni in corso.

I predetti modelli possono essere richiesti all’Amministrazione Finanziaria sia dal cedente (che ha tutto l’interesse di dimostrare che l’azienda non presenta pendenze o contestazioni con l’Erario) sia dal cessionario, il quale avrà modo di conoscere preventivamente le responsabilità che potrebbe incontrare con l’acquisto di quella determinata azienda.

Ad ogni modo, sia in caso di esito negativo, che in caso di mancata risposta entro quaranta giorni dalla richiesta, il cessionario è pienamente liberato da qualsiasi responsabilità per i debiti tributari del cedente, purché la cessione dell’azienda non sia stata posta in essere in frode a dei crediti tributari: in tal caso, per effetto di quanto prescritto al comma 4 dell’art. 14 del citato d.lgs. 472/97, le limitazioni alla responsabilità non hanno effetto nei confronti del cessionario.

 

16 ottobre 2013

Sandro Cerato