Affitto d'azienda: la gestione dei beni ammortizzabili

Analisi delle principali problematiche inerenti la gestione di un contratto d’affitto d’azienda per quanto riguarda i beni ammortizzabili dell’azienda affittata: la deducibilità degli ammortamenti e delle spese di manutenzione.

affitto d'azienda con patto di vendita

Una delle problematiche che solitamente si pone, nel momento in cui l’azienda entra nella disponibilità dell’affittuario, è quello della competenza nella gestione dei cespiti aziendali.

In particolare, si tratta di verificare a quale soggetto (concedente o affittuario) spetti la titolarità di imputare le quote di ammortamento dei beni strumentali facenti parte dell’azienda e il conseguente diritto di dedurre dal reddito le predette quote.

L’art. 2561, c. 2, c.c., prevede l’obbligo per l’affittuario di conservazione del livello di efficienza dei beni aziendali; in considerazione di tale onere che grava sull’affittuario, il legislatore fiscale ha previsto espressamente che, nell’ambito di un affitto di azienda, la deducibilità delle quote di ammortamento dei beni materiali (art. 102 c. 8 D.P.R. 917/86) e immateriali (art. 103 c. 4 D.P.R. 917/86) compete all’affittuario stesso.

Diverso risulta essere il caso in cui le parti decidano convenzionalmente di derogare alla previsione di cui all’art. 2561, c. 2, c.c.: al ricorrere di tale pattuizione la titolarità del diritto di deduzione degli ammortamenti torna a poter essere esercitata esclusivamente dal concedente (art. 102 c. 8 TUIR).

In buona sostanza, quindi, è possibile prevedere nel contratto di affitto, una espressa deroga al codice civile, e stabilire che del deperimento dei beni aziendali si è tenuto conto nella determinazione del canone di affitto, che dunque risulta comprensivo anche delle quote di ammortamento figurativamente determinate sui beni oggetto del trasferimento.

La deroga in parola presenta l’indubbio vantaggio di semplificare notevolmente la gestione contabile e fiscale dei cespiti.

Essa è, tuttavia, sconsigliabile laddove il concedente sia un imprenditore individuale (o un ente non commerciale) che affitta l’unica azienda, in tal caso, infatti, egli non potrà comunque portare in deduzione l’ammortamento dei beni materiali e immateriali, posto che per effetto di tale operazione perde la qualifica di imprenditore e la titolarità del relativo reddito.

In tali circostanze, dunque, una deroga pattizia all’obbligo di mantenimento dell’efficienza dell’azienda produrrebbe la deprecabile conseguenza di rendere definitivamente indeducibile l’ammortamento.

Laddove, invece, in virtù delle norme civilistiche, e del mancato esercizio della deroga convenzionale, la deducibilità dell’ammortamento sui cespiti compresi nell’azienda affittata compete all’affittuario, quest’ultimo deve determinarne l’ammontare:

  • facendo riferimento al costo originario dei beni quale risulta dalla contabilità del concedente;

  • utilizzando i coefficienti di ammortamento stabiliti per il settore di appartenenza dell’affittuario;

  • nei limiti del valore dei beni che non risulta esser stato già ammortizzato dal concedente.

 

Da osservare che la normativa non precisa le modalità con cui l’affittuario deve venire a conoscenza del costo ammortizzabile dei beni aziendali e delle quote di ammortamento già dedotte dal concedente.

Una soluzione operativa, che potrebbe consentire all’affittuario di mettersi al riparo da eventuali responsabilità tributarie derivanti da un’errata comunicazione dei predetti dati da parte del concedente, potrebbe essere l’allegazione al contratto di affitto di una copia autenticata del registro beni ammortizzabili o delle scritture inerenti i cespiti. In seguito, è consigliabile l’istituzione di un proprio registro dove riportare i dati provenienti dalla contabilità del concedente.

E’ bene sottolineare che la funzione degli ammortamenti accantonati dall’affittuario non è quella di ripartire il costo di acquisto in più esercizi in base al periodo di utilizzazione del bene, quanto piuttosto quella di accantonare annualmente una somma destinata a ripristinare l’efficienza e la produttività aziendale.

Il fondo ammortamento assume in questo caso la natura non di posta rettificativi dell’attivo, ma di un fondo di accantonamento oneri futuri che si potrebbe denominare ad esempio fondo reintegro cespiti azienda in affitto.

In alternativa, come visto sopra, si può prevedere una deroga tra le parti ai normali oneri contrattuali e tenere sollevato l’affittuario dall’obbligo di conservare l’efficienza dei beni aziendali, considerando già compreso l’onere economico connesso a tale adempimento nel canone di affitto stabilito.

Al ricorrere di tale circostanza, il concedente continua nella gestione dei cespiti aziendali come impostata prima dell’affitto, portando in deduzione dal proprio reddito di impresa le quote di ammortamento ai sensi dell’art. 102, c. 8, TUIR. L’affittuario, invece, iscriverà nella propria contabilità il solo canone passivo stabilito nel contratto.

Un’altra problematica attinente l’affitto di azienda attiene la legittimazione a portare in deduzione le spese di manutenzione, la quale è strettamente correlata alle previsioni contrattuali o, in mancanza, agli obblighi di legge che attengono all’individuazione della parte contraente tenuta a garantire il mantenimento dell’efficienza del complesso aziendale e, conseguentemente, al sostenimento dei relativi oneri.

Quindi, se le parti non hanno derogato all’obbligo di cui all’art. 2561, c. 2, c.c., le spese di manutenzione sono sostenute, e quindi dedotte, dall’affittuario. In altre parole, la deducibilità delle spese di manutenzione compete in linea generale alla parte contraente cui spetta anche il diritto di dedurre gli ammortamenti, dato che il presupposto su cui tale diritto si fonda è il medesimo.

Detto ciò, il trattamento fiscale delle spese di manutenzione effettuate sui cespiti compresi nel complesso aziendale affittato si presta a differenti soluzioni a seconda che su tali beni si ritenga corretto applicare:

  • la disciplina prevista per le manutenzioni sui beni propri, in considerazione della peculiarità del contesto in cui ci si trova ad operare, a cominciare dalla circostanza che è l’affittuario nella costanza del contratto di affitto a portare in deduzione dal proprio reddito l’ammortamento dei medesimi beni;

  • la disciplina prevista per le manutenzioni sui beni di terzi, in considerazione del fatto che i beni aziendali sono comunque di proprietà del concedente.

 

In data non recente, la Direzione generale delle imposte dirette ha emanato una nota (Nota 8.2.1979, n. 9/543), secondo cui la deduzione delle spese di manutenzione ordinaria spetta all’affittuario secondo le regole proprie delle manutenzioni effettuate su beni di terzi.

Ciò nonostante, la prevalente dottrina ritiene applicabile in questo caso l’assimilazione alla disciplina prevista per i beni propri, e quindi la deducibilità dal reddito di impresa dell’affittuario delle manutenzioni effettuate sui beni facenti parte del complesso aziendale condotto in affitto.

Da tale orientamento ne consegue dunque l’applicabilità anche per le spese di manutenzione ordinaria effettuate su cespiti dell’azienda in affitto delle disposizioni di cui all’art. 102, c. 6, TUIR.

 

23 ottobre 2013

Sandro Cerato