L'ufficio ha l'onere di produrre la delega di firma

validità della delega di firma degli atti di accertamento: in caso di contestazione spetta all’ufficio provare che il firmatario dell’atto possiede i titoli ed i poteri per la firma

Con la sentenza n. 14942 del 14 giugno 2013 (ud. 21 dicembre 2012) la Corte di Cassazione ha confermato che è onere dell’ufficio produrre in giudizio la delega di firma.

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 9 marzo 2009 la CTR Puglia (sez. Foggia) ha parzialmente accolto l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate, stabilendo, fra l’altro, che “si deve presumere, fino a prova contraria, che il sottoscrittore dell’atto impositivo abbia avuto delega dal capo dell’ufficio finanziario”.

 

La sentenza

Da tempo, nella giurisprudenza di legittimità si è affermato l’orientamento secondo cui: “In tema di imposte sui redditi, deve ritenersi, in base al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 42, commi 1 e 3, che gli accertamenti in rettifica e gli accertamenti d’ufficio sono nulli tutte le volte che gli avvisi nei quali si concretizzano non risultino sottoscritti dal capo dell’ufficio emittente o da un impiegato della carriera direttiva (addetto a detto ufficio) validamente delegato dal reggente di questo. Ne consegue che la sottoscrizione dell’avviso di accertamento – atto della p.a. a rilevanza esterna – da parte di funzionario diverso (il capo dell’ufficio emittente) da quello istituzionalmente competente a sottoscriverlo ovvero da parte di un soggetto da detto funzionario non validamente ed efficacemente delegato non soddisfa il requisito di sottoscrizione previsto, a pena di nullità, dall’art. 42, commi 1 e 3, dinanzi citato” (Cass. 14195/00).

Analogamente, altra decisione di poco posteriore ha ritenuto che “L’avviso di accertamento è nullo, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 42, se non reca la sottoscrizione del capo dell’ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato. Se la sottoscrizione non è quella del capo dell’ufficio titolare ma di un funzionario, quale il direttore tributario, di nona qualifica funzionale, incombe all’Amministrazione dimostrare, in caso di contestazione, l’esercizio del potere sostitutivo da parte del sottoscrittore o la presenza della delega del titolare dell’ufficio”.

Fermi, infatti, i casi di sostituzione e reggenza di cui al D.P.R. 8 maggio 1987, n. 266, art. 20, c. 1, lett. a – b, è espressamente richiesta la delega a sottoscrivere: il solo possesso della qualifica non abilita il direttore tributario alla sottoscrizione, dovendo il potere di organizzazione essere in concreto riferibile al capo dell’ufficio (Cass. 14626/00).

Recentemente questa Corte ha confermato tali principi riaffermando: “L’avviso di accertamento è nullo, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 42, se non reca la sottoscrizione del capo dell’ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato. Se la sottoscrizione non è quella del capo dell’ufficio titolare ma di un funzionario, quale il direttore tributario, di nona qualifica funzionale, incombe all’Amministrazione dimostrare, in caso di contestazione, il corretto esercizio del potere sostitutivo da parte del sottoscrittore o la presenza della delega del titolare dell’ufficio, poichè il solo possesso della qualifica non abilita il direttore tributario alla sottoscrizione, dovendo il potere di organizzazione essere in concreto riferibile al capo dell’ufficio” (Cass. 17400/12).

A tale, oramai consolidato, orientamento si deve dare ulteriore continuità ribadendo che, “nella individuazione del soggetto legittimato a sottoscrivere l’avviso di accertamento, in forza del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, incombe all’Agenzia delle entrate l’onere di dimostrare il corretto esercizio del potere e la presenza di eventuale delega”.

Tale conclusione è effetto diretto dell’espressa previsione della tassativa sanzione legale della nullità dell’avviso di accertamento (cfr. in materia di II.DD. Cass. nn. 17400/12, 14626/00, 14195/00).

Solo in diversi contesti fiscali (quali ad esempio la cartella esattoriale, il diniego di condono, l’avviso di mora) opera la presunzione generale di riferibilità dell’atto all’organo amministrativo titolare del potere nel cui esercizio esso è adottato (Cass. 11458/12, diniego di condono; 4283/10, avviso di mora; 8248/06, attribuzione di rendita; 13461/12, cartella. Cfr., in materia di lavoro e previdenza, Cass. 13375/09, ordinanza ingiunzione, e 4310/01, atto amministrativo).

Inoltre, per i tributi locali, è valida anche la mera firma “stampata” L. n. 549 del 1995, ex art. 3, c. 87 (Cass. 9627/12).

Invece, l’art. 56 del D.P.R. dell’Iva, nel riferirsi al comma 1 ai modi stabiliti per le imposte dirette richiama implicitamente il D.P.R. n. 600 del 1973 e, quindi, anche il ridetto art. 42 sulla nullità dell’avviso di accertamento, se non reca la sottoscrizione del capo dell’ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato (cfr., in materia di IVA, Cass. 10513/08, 18514/10 e 19379/12, in motiv.).

Infine, non può giovare al Fisco il mancato esercizio dei poteri istruttori di ufficio, di cui all’art. 7 del D.Lgs.n.546/92, al fine di acquisire la ridetta delega, sia perchè si tratta di documento (che se esiste è) già in possesso dell’amministrazione finanziaria, il che contrasta con l’art. 6 dello statuto del contribuente, (a) sia perchè manca il presupposto, che consente di derogare al canone ordinario di distribuzione dell’onere della prova e legittima l’esercizio del potere di ufficio, costituito dall’impossibilità di una delle parti di acquisire i documenti in possesso dell’altra, (b) sia in ragione della possibilità per le parti di produrre, anche in appello, nuovi documenti, nel rispetto del contraddittorio, ai sensi dell’art. 58, c. 2, proc. trib. (cfr. in generale Cass. 26392/10).

L’accoglimento della pregiudiziale, “comporta la nullità radicale dell’avviso di accertamento, non avendo l’amministrazione offerto prova, con produzione di regolare delega, dei poteri di firma in capo al sottoscrittore dell’avviso di accertamento”.

 

Brevi note

La giurisprudenza di merito (sentenza n. 7 del 4 gennaio 2011, ud. del 10 novembre 2010 della CTP di Bologna, Sez. XII), aveva già dichiarato la nullità dell’avviso di accertamento sottoscritto da soggetto non abilitato a mente delle disposizioni di cui all’art. 42, D.P.R. n. 600/1973.”L’avviso di accertamento è nullo, ai sensi dell’art. 42 D.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, se non reca la sottoscrizione del capo dell’ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato. Se la sottoscrizione non è quelladel capo dell’ufficio titolare ma di un funzionario quale il direttore tributario, di nona qualifica funzionale, incombe all’Amministrazione dimostrare, in caso di contestazione, l’esercizio del potere sostitutivo da parte del sottoscritto o la presenza della delega del titolare dell’ufficio. Fermi, infatti, i casi di sostituzione e reggenza di cui all’art. 20, comma i, lett. a) a b) D.P.R 8 maggio 1987 n. 266, è espressamente richiesta la delega a sottoscrivere: il solo possesso della qualifica non abilita il direttore tributario alla sottoscrizione, dovendo il potere di organizzazione essere in concreto riferibile al capo dell’ufficio Cassazione civile, sez. trib. 10 novembre 2000, n. 14626. Tal indirizzo si è consolidato con la sent. Cass. 23-4-2008, n. 10513”. Osservano i giudici che, “l’ufficio, nella pur corposa costituzione, non smentisce l’assunto perché, anche leggendo con attenzione il documento prodotto dall’Ufficio – Attribuzione di deleghe – non viene smentito che il firmatario dell’atto (S.V.) non ha una qualifica conforme alla prescrizione di legge per firmare l’accertamento (IX qualifica funzionale)”. Infatti, “una diversa interpretazione delle norme snaturerebbe i rapporti tra fisco e cittadino, atteso che soltanto un dirigente ovvero un funzionario possono garantire il rispetto dello statuto del contribuente, con particolare riferimento agli art. 3. 17, 19, 24 L. 212/2000 … a fronte di ampi poteri del Fisco (come nel caso dedotto accertamento di reddito attraverso presunzioni semplici) il cittadino ha – quantomeno – il diritto a che vengano esercitati da personale idoneo, che peraltro – la stessa amministrazione finanziaria ritiene tale”.

In senso stanzialmente conforme al pensiero oggi ribadito dalla Cassazione si era espressa pure la CTP di Vicenza (sentenza 24 gennaio 2013, n. 8/9/13), che ha confermato la necessità per l’ufficio di produrre in giudizio la delega di firma, per gli atti di accertamento delegati. Osservano i giudici che “nel caso di specie non è contestata la legittimità della delega né, comunque, l’abilitazione della funzionaria delegata a ricevere la delega, ma l’esistenza stessa della delega. Poiché a norma dell’art. 42 primo comma del DPR n. 600/73 l’avviso di accertamento deve essere sottoscritto dal capo dell’ufficio o da altro impiegato da esso delegato ed, a norma dell’ultimo comma dello stesso articolo, l’accertamento è nullo se non reca la sottoscrizione di cui allo stesso articolo, è evidente che, proposta, nel ricorso, l’eccezione di difetto di sottoscrizione per difetto di prova dell’esistenza della delega in favore di chi aveva sottoscritto l’accertamento, era onere dell’Amministrazione convenuta provare, producendo la delega, che il Capo dell’Agenzia delle Entrate avesse previamente delegato alla sottoscrizione la funzionaria che ha sottoscritto l’atto come sua delegata. L’ufficio convenuto non ha ottemperato all’onere di produrre detta delega”. Prosegue la sentenza affermando che “a tale mancanza non può sopperire la Commissione esercitando i poteri dì cui all’art. 7 del D.lgs. 546/92 disponendo che l’Ufficio produca la delega, come chiede che sia fatto la parte convenuta, in quanto: – i poteri di cui al citato art. 7 attengono a fini istruttori, per l’acquisizione di informazioni o dati, quindi circostanze di fatto, necessari od utili ai fini della decisione; – la delega della sottoscrizione della quale si controverte è, invece, una condizione di legittimità dell’avviso di accertamento; si ritiene che il potere di chiedere chiarimenti di cui alla norma citata possa essere esercitata per valutare una delega non chiara, non per acquisire una delega mai prodotta; – la necessaria terzietà del giudicante non consente che lo stesso sopperisca al mancato adempimento di una parte ai suoi oneri probatori”. Pertanto, non essendo provato che gli avvisi di accertamenti impugnati siano “stati sottoscritti da funzionario che fosse stato preventivamente delegato dal capo dell’Ufficio a nome del quale gli avvisi sono stati emessi, deve essere dichiarata la nullità degli avvisi stessi, in conformità della giurisprudenza della Suprema Corte (sentenza 10.11.2000 n. 14626; sent. 27.10.2000 n. 14195; ord. dell’1.10.2012 n. 17400)”.

 

Anche la Corte di Cassazione ha avuto modo di far sentire la sua voce, come peraltro affermato dalle sentenze che si annota.

  • Con la sentenza n. 13512 del 18 maggio 2011 la Corte di Cassazione ha affermato che “l’avviso di accertamento ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, comma 1, deve essere sottoscritto dal capo dell’Ufficio … o da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato nell’esercizio dei poteri amministrativi (Cass. n. 18515 del 2010); che gli ordini di servizio emessi dal direttore a tal fine hanno valore di delega, derivando dal potere organizzativo ad esso proprio, ed in quanto tale idonea a trasmettere il potere di sottoscrizione ai sensi di cui sopra; che quindi, ove sia esplicitata la volontà dirigenziale (requisito non contestato in sentenza) l’atto ha necessariamente valenza esterna derivando tale valore direttamente dal comma 1 della legge citata; che la mancanza di una sottoscrizione del direttore sugli ordini di servizio non ha rilievo, in quanto, in mancanza di espressa disposizione di legge che ponga tale requisito a pena di nullità (a differenza dalla ipotesi di cui sopra) vale il consolidato principio che ‘l’atto amministrativo esiste come tale allorchè i dati emergenti dal procedimento amministrativo consentano comunque di ritenerne la sicura provenienza dall’amministrazione e la sua attribuibilità a chi deve esserne l’autore secondo le norme positive, salva la facoltà dell’interessato di chiedere al giudice l’accertamento dell’effettiva provenienza dell’atto stesso dal soggetto autorizzato a formarlo. Ne consegue che il difetto di sottoscrizione autografa dell’atto amministrativo non è, di per sè, motivo di invalidità dello stesso’ (Cass. n. 13375 del 2009); che pertanto, non essendo stata contestata la provenienza dell’atto, e comunque non avendo il giudice provveduto all’accertamento, la delega è valida e così pure l’atto impugnato”.

  • Con la sentenza n.17400, pubblicata l’11 agosto 2012, la Corte di Cassazione ha annullato gli avvisi di accertamento, non validamente sottoscritti, poichè firmati dal responsabile del procedimento, la cui delega non è stata però esibita. La Corte Suprema, facendo propri due precedenti (Cass. nn. 14626/2000 e 14195/2000) ha affermato che l’avviso di accertamento è nullo, ai sensi dell’art. 42, del D.P.R.n.600/73, “se non reca la sottoscrizione del capo dell’ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato. Se la sottoscrizione non è quella del capo dell’ufficio titolare ma di un funzionario, quale il direttore tributario, di nona qualifica funzionale, incombe all’Amministrazione dimostrare, in caso di contestazione, l’esercizio del potere sostitutivo da parte del sottoscrittore o la presenza della delega del titolare dell’ufficio. Fermi, infatti, i casi di sostituzione e reggenza di cui al D.P.R. 8 maggio 1987, n. 266, art. 20, comma 1, lett. a) e b), è espressamente richiesta la delega a sottoscrivere: il solo possesso della qualifica non abilita il direttore tributario alla sottoscrizione, dovendo il potere di organizzazione essere in concreto riferibile al capo dell’ufficio.

  • Con l’ordinanza n.19739 del 13 novembre 2012 la Corte di Cassazione da un canto, afferma che la pronuncia del giudicante (per implicito concludente circa la nullità del provvedimento non sottoscritto dal capo dell’ufficio o da altro funzionario specificamente delegato) è conforme alla giurisprudenza ripetuta della Corte (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 14626 del 10/11/2000; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 14195 del 27/10/2000), senza che si ravvisino ragioni per mutare detto orientamento, giurisprudenza secondo la quale: “L’avviso di accertamento è nullo, ai sensi dell’art. 42 del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, se non reca la sottoscrizione del capo dell’ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato. Se la sottoscrizione non è quella del capo dell’ufficio titolare ma di un funzionario, quale il direttore tributario, di nona qualifica funzionale, incombe all’Amministrazione dimostrare, in caso di contestazione, l’esercizio del potere sostitutivo da parte del sottoscrittore o la presenza della delega del titolare dell’ufficio. Fermi, infatti, i casi di sostituzione e reggenza di cui all’art. 20, comma primo, lett. a) e b) del d.P.R. 8 maggio 1987 n. 266, è espressamente richiesta la delega a sottoscrivere; il solo possesso della qualifica non abilita il direttore tributario alla sottoscrizione, dovendo il potere di organizzazione essere in concreto riferibile al capo dell’ufficio”. D’altro canto, la censura concernente la violazione dell’art.58 D.Lgs. 546/1992, per la Corte “avrebbe necessitato l’assolvimento di un onere di autosufficienza nell’allegazione sia delle modalità di produzione che del contenuto del documento di cui si lamenta il diniego di ammissibilità e l’omesso esame (con specifico riferimento alla decisività e sufficienza delle circostanze oggetto della produzione documentale, in punto di loro coerenza con la previsione del comma 1 dell’art. 42 ridetto) a cui la parte ricorrente non ha provveduto”. Viene quindi richiamato l’insegnamento della Corte secondo il quale: “Con riferimento al regime processuale anteriore al d.lgs. n. 40 del 2006, ad integrare il requisito della cosiddetta autosufficienza del motivo di ricorso per cassazione concernente, ai sensi del n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ. (ma la stessa cosa dicasi quando la valutazione dev’essere fatta ai fini dello scrutinio di un vizio ai sensi del n. 3 dell’art. 360 o di un vizio integrante error in procedendo ai sensi dei numeri 1, 2 e 4 di detta norma), la valutazione da parte del giudice di merito di prove documentali, è necessario non solo che tale contenuto sia riprodotto nel ricorso, ma anche che risulti indicata la sede processuale del giudizio di merito in cui la produzione era avvenuta e la sede in cui nel fascicolo d’ufficio o in quelli di parte, rispettivamente acquisito e prodotti in sede di giudizio di legittimità essa è rinvenibile. L’esigenza di tale doppia indicazione, in funzione dell’autosufficienza, si giustificava al lume della previsione del vecchio n. 4 dell’art. 369, secondo comma, cod. proc. civ., che sanzionava (come, del resto, ora il nuovo) con l’improcedibilità la mancata produzione dei documenti fondanti il ricorso, producibili (in quanto prodotti nelle fasi di merito) ai sensi del primo comma dell’art. 372 cod. proc. civ.” (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12239 del 25/05/2007; con differenti sfumature argomentative, concordano anche Cass., Sentenza n. 4840 del 07/03/2006; Cass., Sentenza n. 17424 del 29/08/2005; Cass., Sentenza n. 6972 del 04/04/2005; Cass., Sentenza n. 6225 del 23/03/2005).

 

In pratica, se è possibile delegare è pur vero che l’ufficio deve produrre in giudizio il provvedimento di delega.

 

9 settembre 2013

Roberta De Marchi