nelle SRL è possibile che esistano soci che vantano diritti particolari (che nascono normalmente per soddisfare esigenze di natura particolare del socio); cosa avviene di tali diritti in caso di cessione della quota?
L’art. 2468, c. 3 , c.c., sancisce, limitatamente alle Srl, “la possibilità che l’atto costitutivo preveda l’attribuzione a singoli soci di particolari diritti riguardanti l’amministrazione della società o la distribuzione degli utili”. Tale previsione permette, in buona sostanza, di soddisfare esigenze di natura particolare del socio, evitando, al contempo, la predisposizione di patti parasociali, spesso di difficile e complessa gestione.
L’introduzione di tali particolari diritti, sia per quanto riguarda l’amministrazione, sia per quanto concerne la distribuzione degli utili, deve avvenire in sede di redazione dell’atto costitutivo, ovvero anche successivamente, mediante opportuna modifica dello statuto sociale assunta con il consenso unanime dei soci. Analogamente, anche la modifica o la soppressione dei particolari diritti deve avvenire con modifica dello statuto approvata all’unanimità. Di contro, invece, la modifica “indiretta” degli stessi, che potrebbe verificarsi con il compimento di atti di gestione, comporta la possibilità per il socio dissenziente di esercitare il diritto di recesso.
Entrando ora nel merito del contenuto dei particolari diritti connessi alla distribuzione degli utili, questi possono essere manifestati in differenti modalità: ad alcuni soci può essere attribuita, ad esempio, una priorità nel percepimento degli utili, nel senso di escludere taluni soci nel riparto fino al soddisfacimento di tali soci. A titolo esemplificativo, potrebbe accadere che, ad un socio possa essere attribuito il diritto di percepire prioritariamente gli utili fino all’importo di euro 10.000, e per la quota eccedente farlo partecipare, in concorso con gli altri soci, in proporzione alla quota posseduta; allo stesso modo, in presenza di soci con differenti percentuali di partecipazione al capitale sociale (ad esempio, 10% al socio Rossi, 45% al socio Bianchi e 45% al socio Gialli), è possibile prevedere che gli utili siano ripartiti in modo proporzionale fino ad un determinato importo, mentre per quello eccedente concorrano in modo paritetico solamente i soci con partecipazione pari al 45%. Peraltro, il significato da attribuire alla locuzione “distribuzione degli utili”, non può che riferirsi all’utile di bilancio, ovvero quello che sorge a seguito dell’approvazione del bilancio stesso in sede assembleare: è in questo momento, infatti, che sorge il particolare diritto del socio alla distribuzione dell’utile, a prescindere dall’effettiva distribuzione dello stesso. Il riferimento all’utile “accertato” di bilancio comporta, peraltro, l’impossibilità di attribuire ad un socio il diritto a percepire annualmente una sorta di rendita a prescindere dall’utile realmente conseguito o dall’esistenza di perdite.
Al pari di quanto descritto per il diritto alla distribuzione degli utili, per quanto concerne i particolari diritti amministrativi, la casistica può essere molto ampia e varia. In ogni caso, senza pretesa alcuna di esaustività, è possibile individuare le seguenti fattispecie: il diritto di nomina e/o revoca di uno o più amministratori, il diritto di esprimere il gradimento in ordine alle persone designate dagli altri soci o di revocarli, la riserva a favore del socio stesso della funzione di amministratore (in questo caso, si pone il problema della revoca), il diritto di nomina di uno o più sindaci e revisori, nonché il diritto di veto su determinate decisioni riguardanti l’amministrazione della società.
Ulteriore aspetto da evidenziare, comune ad entrambe le tipologie di diritti particolari, concerne la circostanza secondo la quale l’attribuzione di detti diritti non comporta la creazione di particolari categorie di quote sociali (Massima n. I.I.9 del Consiglio Notarile del Triveneto), atteso che è necessario individuare nominativamente nello statuto i soci destinatari dei particolari diritti, ovvero occorre individuare gli stessi per appartenenza a categorie omogenee (si pensi, ad esempio, ai titolari di una determinata partecipazione di minoranza o di maggioranza, ai soci persone giuridiche, ai soci residenti all’estero…).
Una questione alquanto dibattuta in dottrina è quella relativa alla sorte dei particolari diritti all’atto del trasferimento della partecipazione. In particolare, è necessario chiarire se tali diritti si possano trasferire “automaticamente”, in capo ad un nuovo soggetto, in occasione del trasferimento (a titolo gratuito o oneroso) della partecipazione. Sul punto, come osservato da autorevole dottrina, è opportuno evidenziare che i particolari diritti non sono una prerogativa della partecipazione, ma sono direttamente riferibili alla persona del socio. Se si accetta tale impostazione, appare lampante la conclusione secondo cui in occasione del trasferimento della partecipazione, tali particolari diritti non sono trasferiti al cessionario, ma cesserebbero automaticamente. Se tale conclusione appare pacifica nel silenzio dell’atto costitutivo, altrettanto non può, però, dirsi laddove tale atto preveda la trasferibilità dei diritti particolari unitamente alla partecipazione del socio cui sono stati attribuiti. Su tale aspetto, significativa è la posizione espressa dal Consiglio Notarile di Milano: l’atto costitutivo può stabilire liberamente la sorte dei particolari diritti, nell’ipotesi di alienazione totale o parziale della partecipazione del socio cui sono attribuiti tali diritti (Massima n. 39 del 19 novembre 2004). In senso conforme, si segnalano anche le seguenti posizioni espresse dal Comitato Triveneto dei notai. In particolare:
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nel silenzio dell’atto costitutivo, all’atto del trasferimento della partecipazione dotata dei particolari diritti, quest’ultimi si estinguono, ovvero rimangono in capo al socio alienante, in caso di alienazione parziale della partecipazione. Tuttavia, in quest’ultimo caso (cessione parziale delle partecipazioni), è possibile che l’atto costitutivo disciplini la sorte di tali diritti, prevedendo, ad esempio, il trasferimento degli stessi, prescindendo dall’entità della quota trasferita (Massima n. I.I.10);
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poiché i particolari diritti sono riconducibili alla figura personale del socio, non è possibile che tali diritti possano appartenere a chi non riveste più la qualifica di socio, ovvero a chi debba ancora diventarlo. È illegittima, quindi, una previsione statutaria che disponga diversamente (Massima n. I.I.11).
5 settembre 2013
Sandro Cerato