spese di pubblicità o di rappresentanza, un monito dalla Cassazione sui requisti di deducibilità: bisogna fare attenzione all’inerenza di tali spese prima di metterle a deduzione del reddito
In relazione alla deduzione delle spese di rappresentanza e di pubblicità, secondo quanto stabilito dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 17645 del 18 luglio 2013, occorre una attenta verifica sulle reali finalità di spesa e la sua diretta imputabilità. Dunque, massima attenzione al requisito dell’inerenza.
In tale circostanza, peraltro, la Suprema Corte ha chiarito la differenza tra le spese di rappresentanza (sostenute al fine di creare, mantenere o accrescere il prestigio della società e di migliorarne l’immagine, ma che non danno luogo ad aspettativa di incremento del processo di vendita) e quelle di pubblicità (aventi come scopo preminente quello di informare i consumatori circa l’esistenza di beni e servizi prodotti dall’impresa, con l’evidenziazione e l’esaltazione delle loro caratteristiche e dell’idoneità a soddisfare i bisogni al fine di incrementare le vendite).
In particolare, le spese di pubblicità sono quelle che, pur non essendo imputabili direttamente ai ricavi, vengono sostenute allo scopo di incrementare le vendite, poiché finalizzate all’acquisizione di nuova clientela o all’ampliamento del fatturato nei confronti della clientela esistente. Tali spese hanno una caratterizzazione di tipo “oggettivo” poiché si basano sull’esigenza di informare i consumatori circa l’esistenza di beni e servizi prodotti da una determinata azienda, con l’evidenziazione e l’esaltazione delle relative caratteristiche (Cassazione 17602/2008).
Le spese di rappresentanza sono, invece, quei costi sostenuti per creare, mantenere o accrescere il prestigio della società e per migliorarne l’immagine, ma che non danno luogo ad aspettativa di incremento del processo di vendita: Tali spese hanno quindi una connotazione di tipo “soggettivo”, poiché il loro obiettivo principale è l’esaltazione dell’immagine della società che le sostiene.
Normativa sulla deducibilità
L’art. 108, comma 2, del TUIR stabilisce che le spese di rappresentanza sono deducibili nel periodo d’imposta del sostenimento, se rispondenti ai requisiti di inerenza e congruità individuati dal D.M. 19 novembre 2008, anche in funzione del volume dei ricavi dell’attività caratteristica dell’impresa:
In ogni caso, sono deducibili le spese relative ai beni distribuiti gratuitamente, qualora abbiano un valore unitario non superiore ad euro 50,00.
La medesima disposizione prevede, inoltre, che le spese di pubblicità e propaganda siano deducibili nell’esercizio in cui sono sostenute oppure, in quote costanti, in tale periodo d’imposta e nei quattro successivi.
Spese di rappresentanza
L’art. 1, comma 1, del D.M. 19 novembre 2008 stabilisce che si considerano inerenti (purché effettivamente sostenute e documentate) le spese per erogazioni a titolo gratuito di beni e servizi, effettuate con finalità promozionali
o di pubbliche relazioni e il cui sostenimento risponda a criteri di ragionevolezza in funzione dell’obiettivo di generare anche potenzialmente benefici economici per l’impresa ovvero sia coerente con pratiche commerciali di settore.
L’Agenzia delle entrate ha chiarito che possono essere qualificate come spese di rappresentanza non solo le erogazioni gratuite a favore di clienti, ma anche quelle a beneficio di altri soggetti con i quali l’impresa ha un interesse a intrattenere rapporti: si tratta, infatti, di spese che perseguono finalità promozionali (divulgazione sul mercato dell’attività svolta, dei beni e servizi prodotti, a beneficio sia degli attuali clienti, sia di quelli potenziali) e di pubbliche relazioni (iniziative volte a diffondere e/o consolidare l’immagine dell’impresa, ad accrescerne l’apprezzamento presso il pubblico, senza una diretta correlazione con i ricavi).
Sono, ad es, qualificabili come spese di rappresentanza:
– Spese per viaggi turistici in occasione dei quali siano programmate e, in concreto, svolte significative attività promozionali dei beni o dei servizi la cui produzione o il cui scambio costituisce oggetto dell’attività caratteristica dell’impresa;
– spese per feste, ricevimenti e altri eventi di intrattenimento organizzati in occasione di ricorrenze aziendali o di festività nazionali o religiose;
– spese per feste, ricevimenti e altri eventi di intrattenimento organizzati in occasione dell’inaugurazione di nuove sedi, uffici o stabilimenti dell’impresa;
– spese per feste, ricevimenti e altri eventi di intrattenimento organizzati in occasione di mostre, fiere ed eventi simili in cui sono esposti i beni e i servizi prodotti dall’impresa;
– ogni altra spesa per beni e servizi distribuiti o erogati gratuitamente, ivi inclusi i contributi erogati gratuitamente per convegni, seminari e manifestazioni simili il cui sostenimento risponda ai criteri di inerenza.
Costi per alberghi e ristoranti
L’Agenzia delle entrate, con la circolare n. 34/E/2009 ha chiarito che gli oneri sostenuti per prestazioni alberghiere e per somministrazioni di alimenti e bevande, nel caso in cui si configurino anche come spese di rappresentanza, devono essere prioritariamente ridotte al 75% del loro ammontare – ai sensi dell’art. 109, comma 5, del TUIR – e, poi, devono anche rispettare anche il seguente ulteriore parametro relativo all’ammontare dei ricavi caratteristici realizzati.
Limiti alla deducibilità
L’art. 1, comma 2, del D.M. 19 novembre 2008 stabilisce che le spese di rappresentanza deducibili sono commisurate all’ammontare dei ricavi e proventi della gestione caratteristica dell’impresa, risultanti dalla dichiarazione dei redditi (si fa, quindi, riferimento all’importo fiscalmente rilevante di tali componenti positivi) relativa al periodo d’imposta in cui le stesse sono sostenute, in misura pari:
– all’1,3% dei ricavi e altri proventi fino ad euro 10.000.000;
– allo 0,5% dei ricavi e altri proventi per la parte eccedente euro 10.000.000 e fino ad euro 50.000.000;
– allo 0,1% dei ricavi e altri proventi per la parte eccedente euro 50.000.000.
Spese di pubblicità e propaganda
L’art. 108, comma 2, del TUIR disciplina anche la deducibilità delle spese di pubblicità e propaganda, la cui definizione viene, generalmente, ricondotta all’attività preordinata alla diffusione del nome e dell’immagine dei prodotti di una determinata azienda presso il pubblico per la pubblicità, e all’azione di divulgazione delle particolari caratteristiche e speciali qualità del bene o del servizio nel caso della propaganda.
Secondo l’Amministrazione finanziaria (circolare n. 148/E del 1998) le spese di pubblicità:
– Sono quelle sostenute per portare a conoscenza della generalità dei consumatori l’offerta del prodotto, stimolando la formazione o l’intensificazione della domanda;
– si distinguono per l’esistenza di un rapporto corrispettivo tra le due parti contraenti, la cui causa va individuata, di regola, nell’obbligo di una di esse di pubblicizzare e/o propagandare il prodotto, il marchio, i servizi o, comunque, l’attività produttiva dell’altra che, a sua volta, si impegna ad una prestazione in
denaro o in natura quale corrispettivo della prestazione ricevuta. In senso conforme, si era già espressa la risoluzione n. 9/204 del 1992, a parere della quale la principale caratteristica delle spese di pubblicità risiede nella presenza di un rapporto sinallagmatico tra l’impresa e il soggetto incaricato dell’attività di pubblicità, e quindi nell’esistenza di un corrispettivo o di una specifica controprestazione da parte dei destinatari, cioè di un obbligo di “dare” o “facere” a carico dello stesso.
Riguardo la deduzione dal reddito d’impresa, il suddetto art. 108, comma 2, del TUIR, stabilisce che le spese di pubblicità e di propaganda sono deducibili, a scelta dell’imprenditore:
– interamente nell’esercizio in cui sono state sostenute;
– in quote costanti in tale esercizio e nei quattro successivi.
Qualora il contribuente opti per quest’ultima soluzione, non può, tuttavia, decidere il numero degli esercizi durante i quali dedurre tali spese: a tale riguardo, la norma prevede, infatti, che la deduzione frazionata delle spese di pubblicità e di propaganda interessi necessariamente cinque esercizi.
Vincenzo D’Andò
8 agosto 2013