Piani attestati di risanamento: gli effetti fiscali

analisi degli effetti fiscali (relativi alle imposte sui redditi) per i piani attestati di risanamento che concedono al debitore un sostanziale stralcio dei debiti maturati

L’art. 33 del D.L. 22 giugno 2012, n. 83 (c.d. Decreto Sviluppo) ha introdotto alcune significative novità in materia di piani attestati di risanamento disciplinati dall’art. 67 c. 3 lett. d; novità, queste ultime, che non hanno impattato sull’intero impianto normativo del piano attestato limitandosi, solamente, a colmare alcune criticità evidenziatesi nella previgente formulazione della norma.

E’ bene rammentare che, nelle sue prime esperienze applicative, il piano in parola è stato interpretato soltanto come uno strumento privato per risolvere la crisi ed evitare la minaccia dell’azione revocatoria; ora, invece, per effetto delle modifiche apportate, questo strumento sembra avere assunto una funzionalità molto più appetibile.

Il piano attestato di risanamento disciplinato dall’art. 67 c. 3 lett. d della L. Fall. è considerato uno strumento “premiante” per l’imprenditore che prende l’iniziativa tempestivamente ipotizzando la ricomposizione della crisi della sua azienda.

Il vantaggio principale di tale strumento di composizione della crisi d’impresa, anche a seguito delle novità apportate dal decreto crescita, continua ad essere rappresentato dall’esclusione dall’azione revocatoria degli atti, dei pagamenti e delle garanzie concesse su beni del debitore in esecuzione del piano stesso, purché quest’ultimo appaia idoneo a consentire il risanamento dell’esposizione debitoria dell’impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria.

In questa specifica ipotesi, e ai fini della esclusione dall’azione revocatoria, il piano di risanamento dev’essere attestato da un professionista indipendente, designato dal debitore, in possesso dei requisiti previsti per la nomina di curatore fallimentare di cui all’art. 28, c. 1, lett. a – b, L.F. (avvocati, commercialisti, nonché studi professionali associati e società tra professionisti i cui soci appartengono ad una delle predette categorie). Oltre ai predetti requisiti, il professionista attestatore deve essere iscritto nel Registro dei revisori legali dei conti.

Una delle novità più importanti concerne la possibilità di dare pubblicità ai contenuti del piano: nella versione riformata dell’art. 67 c. 3 lett. d viene stabilita, infatti, la possibilità, per il debitore, di pubblicare il piano stesso nel registro delle imprese. Detta previsione permette, in sostanza, di superare la criticità operativa riconducibile alla esigenza di dare data certa al piano. Si rammenta, infatti, che la data certa è elemento necessario per fissare il confine tra gli atti revocabili e non: l’esclusione dalla azione revocatoria opera, infatti, soltanto per gli atti compiuti dopo l’attestazione del professionista.

La pubblicità del piano è, inoltre, elemento necessario per poter beneficiare della non tassabilità delle sopravvenienze attive da bonus da piano attestato, ai sensi del novellato art. 88 c. 4 Tuir, secondo cui “ n caso di accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell’articolo 182-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, ovvero di un piano attestato ai sensi dell’articolo 67, terzo comma, lettera d), del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, pubblicato nel registro delle imprese, la riduzione dei debiti dell’impresa non costituisce sopravvenienza attiva per la parte che eccede le perdite, pregresse e di periodo, di cui all’articolo 84”. In buona sostanza, l’effetto esdebitatorio conseguente al ricorso agli accordi di ristrutturazione o ai piani attestati di risanamento non costituisce sopravvenienza attiva tassabile per il debitore, ma comporta solamente una consumazione delle perdite fiscali correnti e di quelle pregresse.

L’imposizione delle sopravvenienze attive da riduzione dei debiti, nel limite delle perdite fiscali utilizzabili, appare, per alcuni esponenti della dottrina, incoerente, oltre che con la disciplina del concordato preventivo, con la ratio della modifica della disciplina delle perdite (art. 23 c. 9 del D.L. 6 luglio 2011 n. 98), fondata sulla necessità delle imprese di superare la crisi senza decadere dal diritto di utilizzazione del perdite prodotte (relazione illustrativa al Decreto).

La possibilità di detassare le sopravvenienze attive da bonus da concordato apre le porte, anche, ad una nuova interpretazione circa la natura da attribuire ai piani attestati di cui all’art. 67 c. 3 lett. d L.F. sulla possibilità di prevedere o meno la riduzione in conto capitale dell’esposizione debitoria del debitore. Prima dell’introduzione della modifica apportata all’art. 88 c. 4 Tuir dal DL 83/2012, si riteneva, infatti, che, nell’ambito degli strumenti di gestione pre concorsuale delle crisi d’impresa, il risanamento del debito finalizzato al riequilibrio finanziario (tramite il piano attestato ex art. 67 L.F.) avrebbe dovuto perseguire, nei tempi e con le modalità del piano, il ristorno totale del debito in conto capitale, a dispetto degli accordi di ristrutturazione dei debiti ex art. 182 bis L.F., i quali prevedevano espressamente, sulla base di uno specifico contratto con una maggioranza qualificata di creditori, la possibilità di ridurre il debito in conto capitale.

Riassumendo, quindi, alla luce di quanto appena esposto, è necessario che il piano di risanamento:

  • sia redatto in forma scritta, atteso che soltanto con la forma scritta del piano di risanamento si consentirebbe all’attestatore professionista l’espletamento documentale del proprio adempimento;

  • rechi una data certa, in modo da poterlo rendere opponibile al curatore in caso di eventuale successivo fallimento dell’impresa debitrice;

  • sia pubblicizzato per poter beneficiare della non tassabilità delle sopravvenienze attive da bonus da piano attestato, ai sensi del citato art. 88 c. 4 TUIR.

 

29 luglio 2013

Sandro Cerato