Sono sequestrabili i computer e le pen drive

in sede di accesso presso lo studio di un contribuente, il Fisco può legittimamente sequestrare il materiale informatico (nel caso computer e chiavi usb) per la ricerca di dati su possibile evasione fiscale

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21103 del 16 maggio 2013, ha ritenuto sequestrabili computer e pen drive del professionista sottoposto a controllo.

 

Il fatto

L.D. ricorre, a mezzo del suo difensore, avverso l’ordinanza 31 luglio 2012 dei Tribunale del riesame di Napoli, che ha confermato il decreto del P.M. di sequestro probatorio, in data 12 luglio 2012, del materiale informatico rinvenuto dalla Guardia di finanza presso lo studio professionale e l’abitazione del ricorrente, odontoiatra

Nella decisione di conferma del sequestro probatorio, assunta il 31 luglio 2012 dal Tribunale del riesame, si precisa che nel caso di specie, si versa in ipotesi di “dichiarazione fiscale infedele al fine di evasione delle imposte”, formulata sulla base di una circostanziata informativa della Guardia di finanza.

In sostanza si prospetta la concreta possibilità che, attraverso un’operazione di “ripulitura”, siano stati cancellati dal computer del D. centinaia di files sui quali erano annotati gli importi dei compensi delle prestazioni mediche eseguite nei confronti dei pazienti, così da nascondere il reale volume degli affari. Ed infatti, nelle cartelle Intestate “schede pazienti anni 2010-2011-2012, contenenti i files, in formato excell, intestati ai singoli pazienti, a fronte di anni di prestazioni ricevute, risulta riportato solo un pagamento a saldo senza annotazioni di acconti. A conferma della prospettata ipotesi si è evidenziato che, di recente, tutti i files contenuti nelle cartelle sono stati aperti e salvati, dunque verosimilmente modificati, con operazioni significativamente concentrate in due giornate prefestive.

 

La sentenza

Per la Corte, “ la legittimità del sequestro probatorio deve essere valutata, non già nella prospettiva di un giudizio di merito sulla fondatezza dell’accusa, ma in riferimento all’idoneità degli elementi su cui si fonda la notizia di reato a rendere utile l’espletamento di ulteriori indagini, per acquisire prove certe o prove ulteriori del fatto, non esperibili senza la sottrazione all’indagato della disponibilità della “res” o l’acquisizione della stessa nella disponibilità dell’A.G. (cass. pen. sez. 3, 15177/2011 Rv. 250300 Massime precedenti Vedi: N. 33873 del 2006 Rv. 234782, N. 3692 del 2011 Rv. 249695. Nella specie il provvedimento probatorio risulta sorretto da una motivazione che, per quanto riassuntiva o schematica, collega al ragionevole delinearsi di ipotesi criminose l’enunciazione descrittiva dell’inerenza o pentinenzialità dei beni e cose sequestrate all’accertamento di dette ipotesi di reato (cass. pen. sez. 6, 5930/2012 Rv. 252423)”.

Inoltre la Corte ha ritenuto che “ ai fini della valutazione di tempestività dell’eccezione di nullità del sequestro per omesso avviso, da parte della polizia giudiziaria all’interessato, della facoltà di farsi assistere dal difensore di fiducia -eccezione che va formulata prima del compimento dell’atto ovvero, se ciò non è possibile, immediatamente dopo – si deve avere riguardo al termine di cinque giorni previsto dall’art. 366 cod. proc. pen., decorrente dalla data del predetto compimento (cass. pen. sez. 1, 8107/2010 Rv. 246382)”.

 

Brevi note giuridiche

I verificatori del Fisco, sia civili che militari, godono di una serie di poteri, specificatamente previsti dalle norme fiscali.

In generale, ai sensi dell’art. 52, c. 3, del D.P.R. n. n. 633/1972, è in ogni caso necessaria l’autorizzazione del Procuratore della Repubblica o dell’autorità giudiziaria più vicina (atteso che l’esigenza di ricorrere a tali procedure può insorgere improvvisamente durante le normali ricerche), per procedere, durante l’accesso, a perquisizioni personali1 e all’apertura coattiva di pieghi sigillati, borse2, casseforti, mobili, ripostigli e simili.

La perquisizione può essere eseguita su qualunque persona presente al momento dell’accesso, sia nei confronti dei clienti che del personale dipendente, nel caso in cui sussista il sospetto che parte della documentazione o altro materiale ritenuto utile per il controllo possa essere celato da uno dei soggetti presente all’atto dell’accesso, il quale invitato ad esibire spontaneamente quanto in suo possesso, si rifiuti e/o comunque adotti un comportamento ostruzionistico (esibizione parziale o incompleta di quanto nascosto).

Per effettuare la perquisizioni personale (atto di polizia giudiziaria) è necessario che l’autorizzazione rilasciata venga notificata al soggetto da sottoporre a controllo e, si ritiene che “nelle more dell’ottenimento dell’autorizzazione, la persona da perquisire possa essere tenuta sotto sorveglianza dai verificatori”3.

Anche per l’apertura di cassetti e borse e quant’altro risulti protetto da chiusure, è necessaria l’autorizzazione del magistrato, in quanto tali beni sono attratti nella categoria concettuale del domicilio. L’eventuale assenso del contribuente, che fa venir meno la richiesta di autorizzazione al magistrato, legittima l’operato dei verificatori, consenso che dovrà essere trascritto sia nel p.v. di accesso o giornaliero che nel p.v. di constatazione, così come richiesto dalla Commissione tributaria Centrale, sez.IX, con decisione n.2841 del 10 luglio 1995. In ogni caso, è d’obbligo che i verificatori adottino tutte le cautele del caso, atteso che la Cassazione, con sentenza n.1036 del 2 febbraio 1998, ha ritenuto che il consenso prestato possa essere frutto di sudditanza psicologica. Merita di essere evidenziata in questa sede la sentenza n. 21446 dell’8 luglio 2009 (dep. il 9 ottobre 2009), della Corte di Cassazione, secondo cui “l’espresso riferimento all’assenso all’asporto dei materiali, prestato dalla C, circostanza quest’ultima – vale la pena di sottolinearlo – che non è stata mai contestata dalla ricorrente” viene “a confutare l’ipotesi del preteso sequestro, posto che quest’ultimo, consistendo in un atto di coazione da parte dell’Autorità postula, per definizione, ai fini della sua configurabilità, la sottrazione ( materiale e giuridica) del bene alla disponibilità dell’avente diritto, in quanto tale, necessariamente effettuata contro la sua volontà”. In pratica, la Corte, correttamente e legittimamente, distingue l’acquisizione dal sequestro sulla base della sussistenza o meno del consenso: se c’è consenso è acquisizione se il consenso non c’è è sequestro.

Si registra, ancora, l’intervento della Cassazione (sentenza n. 9565 del 5 marzo 2007, dep. il 23 aprile 2007), la quale afferma che occorre l’autorizzazione del Procuratore della Repubblica solo per procedere ad “apertura coattiva” di borse, non essendo, invece, necessaria l’autorizzazione ove l’acquisizione di documenti contenuti in borse sia avvenuta con la collaborazione ed in continua presenza del figlio e della moglie del contribuente e, comunque, senza la manifestazione di alcuna contraria volontà.

L’attività svolta dovrà essere documentata attraverso un apposito p.v. di apertura coattiva.

Invece, nel caso in cui i cassetti e gli armadi sono aperti non è necessaria l’autorizzazione, in quanto la ricerca si rivolge alla acquisizione di documenti, materiale, indizi, prove in ordine alla non corretta tenuta delle scritture contabili e alla mancata osservanza delle norme fiscali, che per loro natura potrebbero trovarsi proprio in armadi e/o cassetti.

La perquisizione, in questo caso, assume un connotato amministrativo e non processual-penalistico.

In ordine alla posta elettronica le potestà di controllo non divergono dalla normale corrispondenza: se l’e-mail è già stata aperta i verificatori ne possono prendere cognizione, diversamente occorre l’autorizzazione del magistrato.

Per il sequestro di atti e documenti, in via amministrativa, la disciplina generale è contenuta nell’art. 25 della legge n. 4 del 1929, ove è previsto che “non si può procedere, tranne che nei casi indicati dallesingole leggi finanziarie, al sequestro dei libri prescritti dal codice di commercioe di quegli altri che, secondo gli usi commerciali, servono all’esercizio delcommercio o dell’industria.La precedente disposizione non si applica alle violazioni delle leggifinanziarie che costituiscono delitto.L’autorità precedente può in ogni caso fare eseguire copia dei libri a spesedel contribuente, ovvero apporre nelle parti che interessano l’accertamento dellaviolazione, la propria firma o sigla, munita della data e del bollo di ufficio; puòaltresì adottare le cautele atte ad impedire che i libri stessi siano alterati o sottratti”.

L’art. 52 del D.P.R. n. 633/19724, consente il sequestro solo nell’ipotesi in cui non sia possibile riprodurre o riportare esplicitamente nel verbale il contenuto di documenti e scritture contabili, oppure ancora nel caso in cui, nonostante la possibile riproduzione del contenuto del verbale, i soggetti interessati alla verifica si rifiutino di sottoscrivere il verbale oppure, con apposite dichiarazioni in esso contenute, ne contestino il contenuto.

È possibile eseguirne o farne eseguire copie o estratti, apporre nelle parti che interessano la firma o sigla dell’organo procedente insieme con la data e il bollo d’ufficio ed adottare cautele atte ad impedirne l’alterazione o la sottrazione.

La norma fa esplicito riferimento alla locuzione “documenti e scritture”, e pertanto l’operazione di sequestro deve intendersi effettuabile con riferimento a qualsiasi tipo di documento e di scrittura, quindi, anche a quei documenti e scritture non aventi natura contabile.

I libri contabili e i registri non possono essere sequestrati, atteso che gli stessi devono continuare ad essere utilizzati anche nei periodi immediatamente successivi all’accesso.

 

24 giugno 2013

Gianfranco Antico

1 Cfr. Cass. Sent. n. 20253/2005, che ha negato validità al materiale extracontabile scovato nelle tasche del marito dell’intestataria della ditta verificata, nonostante il consenso del soggetto acquisito preventivamente.

2 Crfr. Cass.n.1036 del 2 febbraio 1998, secondo cui, in assenza dell’autorizzazione del Procuratore della Repubblica è illegittima l’acquisizione di documenti contenuti all’interno di una borsa posta dentro l’autovettura del contribuente, ancorché, portata in caserma e chiusa in un plico sigillato, e l’apertura del plico sia avvenuto con il consenso del contribuente.

3 PEZZUTO-SCREPANTI, in “La verifica fiscale”, Milano, 2002, pag.72. Sul punto la Corte di Cassazione, con sentenza n. 20253 del 19 ottobre 2005, ha ritenuto inutilizzabile la documentazione extracontabile acquisita dai verificatori attraverso una perquisizione personale seguita senza specifica autorizzazione dell’A.G., escludendo che possa sussistere il silenzio assenso.

4 In particolare, per l’IVA, le imposte dirette e l’IRAP, l’articolo 52 del DPR 633/72 prevede che “i documenti e le scritture possono essere sequestrati soltanto se non è possibile riprodurne o farne constatare il contenuto nel verbale, nonché in caso di mancata sottoscrizione o di contestazione del contenuto del verbale. I libri e i registri non possono essere sequestrati; gli organi procedenti possono eseguirne o farne eseguire copie o estratti, possono apporre nelle parti che interessano la propria firma o sigla insieme con la data e il bollo d’ufficio e possono adottare le cautele atte ad impedire l’alterazione o la sottrazione dei libri e dei registri”.