Indagini finanziarie possibili anche su contribuenti non titolari di Partita IVA

Le indagini finanziarie per l’accertamento di maggiori redditi non dichiarati sono possibili anche su contribuenti persone fisiche non titolari di partita IVA!.

Con la sentenza n. 8047 del 3 aprile 2013 (ud. 6 febbraio 2013) la Corte di Cassazione torna ad occuparsi di indagini finanziarie.

 

I MOTIVI DELLA DECISIONE

Vediamo quale è il principio che si possono trarre dalla lettura della sentenza: il dettato normativo accorda all’ufficio, in tema di Iva,

“il potere di richiedere agli istituti di credito notizie dei movimenti sui conti bancari intrattenuti dal contribuente e di presumere la loro inerenza ad operazioni imponibili, ove non si deduca e dimostri che i movimenti medesimi siano stati conteggiati nella dichiarazione annuale o siano ricollegabili ad atti non soggetti a tassazione.

Tale presunzione ha portata generale e riguarda le dichiarazioni dei redditi di qualsiasi contribuente, a prescindere dall’attività svolta”.

 

 

Indagini finanziarie  – Brevi note

indagini finanziarie del Fisco sui conti del coniugeLa Corte di Cassazione, di recente, con sentenza n. 21132 del 13 ottobre 2011 (ud. del 7 luglio 2011) aveva già affermato che l’utilizzazione dei dati acquisiti presso le aziende di credito non è subordinata alla prova che il contribuente eserciti attività d’impresa o di lavoro autonomo.

Se non viene contestata la legittimità dell’acquisizione dei dati risultanti dai conti correnti bancari, i medesimi possono essere utilizzati sia per dimostrare l’esistenza di un’eventuale attività occulta, impresa, arte o professione, sia per quantificare il reddito ricavato da tale attività, incombendo al contribuente l’onere di dimostrare che i movimenti bancari che non trovano giustificazione sulla base delle sue dichiarazioni non sono fiscalmente rilevanti.

Sempre la Corte, con sentenza n. 19692 del 27 settembre 2011 (ud. del 23 giugno 2011), si era soffermata sulla valenza dei versamenti riscontrati in un conto di un soggetto privato, ritenendo legittimo il rilievo operato dall’Amministrazione finanziaria che aveva imputato a reddito i versamenti su un conto corrente privi di giustificazione, spettando a questi dimostrarne l’estraneità all’imponibile ricostruito in sede di accertamento.

“Ed invero il D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 32 e 38, hanno portata generale e pertanto riguardano la rettifica delle dichiarazioni dei redditi di qualsiasi contribuente, quale che sia a natura dell’attività dagli stessi svolta e dalla quale quei redditi provengano, la qual cosa in particolare è da ritenersi per quanto relativo all’applicabilità della presunzione di cui all’art. 32, comma 1, n. 2. Nè in contrario senso può fondatamente invocarsi il riferimento ai ‘ricavi’ e alle scritture contabili contenuto nella suddetta norma, giacchè esso risulta limitativo unicamente della possibilità per l’ufficio di desumere reddito dai ‘prelevamenti’, non potendosi certamente in via generale e per qualsiasi contribuente presumere la produzione di un reddito da una spesa, e potendo viceversa una simile presunzione trovare giustificazione per imprenditori o lavoratori autonomi, per i quali te spese non giustificate possono infatti ragionevolmente ritenersi costitutive di investimenti. Ciò senza peraltro che l’utilizzo dei termini suddetti possa in alcun modo impedire all’ufficio di desumere per qualsiasi contribuente che i ‘versamenti’ operati sui propri conti correnti, e, privi di giustificazione, costituiscano reddito, dovendosi ritenere tale attività accertativa pienamente consentita dalla norma in esame e assolutamente ragionevole”.

Ed ancora, di recente, con sentenza n. 3263 del 2 marzo 2012 (ud. 9 novembre 2011), la Corte di Cassazione ha confermato che, anche in assenza di attività imprenditoriale, spetta al contribuente giustificare le movimentazioni. Infatti, ai fini dell’accertamento delle imposte sui redditi,

“i dati e gli elementi risultanti dai conti correnti bancari vanno ritenuti rilevanti ai fini della ricostruzione del reddito imponibile, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32, se il titolare del conto non fornisca adeguata giustificazione, a prescindere dalla prova preventiva che il contribuente eserciti una determinata attività e dalla natura lecita o illecita dell’attività stessa” (Cass. nn. 10578 e 19692 del 2011).

Analogamente, in tema di IVA, secondo un consolidato indirizzo,

“l’utilizzazione dei dati acquisiti presso le aziende di credito, ai sensi del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 51, comma 2, n. 2, non è subordinata alla prova che il contribuente eserciti attività d’impresa: infatti, se non viene contestata la legittimità dell’acquisizione dei dati risultanti dai conti correnti bancari, i medesimi possono essere utilizzati sia per dimostrare l’esistenza di un’eventuale attività occulta (impresa, arte o professione), sia per quantificare il reddito ricavato da tale attività, incombendo al contribuente l’onere di dimostrare che i movimenti bancari che non trovano giustificazione sulla base delle sue dichiarazioni non sono fiscalmente rilevanti: in applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata, la quale aveva annullato l’avviso di accertamento emesso sulla base dei dati risultanti da un conto corrente bancario, escludendo, senza tener conto dei medesimi dati, che il contribuente esercitasse attività imprenditoriale” (Cass. n. 9573 del 2007 e n. 2435 del 2001).

Così come, con la sentenza n. 2894 del 7 febbraio 2013 (ud. 23 novembre 2012) la Corte di Cassazione ha legittimato l’accertamento dell’ufficio che ha recuperato a tassazione, nei confronti di un professionista abusivo, i movimenti bancari non giustificati.

Infatti,

“questa corte ha già affermato che, in forza della detta presunzione, il contribuente è tenuto a giustificare i vari movimenti bancari e a dimostrare che gli stessi sono estranei al suo reddito, vuoi perchè a lui non riferibili di fatto, vuoi perchè ricollegabili ad atti non soggetti a tassazione (cfr. per tutte Cass. n. 2843/2008; n. 21975/2009). E’ quindi in tal senso legittima l’utilizzazione dei dati e degli elementi, che risultano dall’esame dei conti bancari in questione, per fondare la presunzione di consequenzialità da operazioni imponibili (v. d’altronde Cass. n. 14 675/2006)”.

E,

“tutti i versamenti e i prelevamenti risultanti dal conto, ove non assistiti dalla contabilità (quando, come nella specie, sia accertato l’esercizio abusivo di un’attività professionale), costituiscono presunzioni di reddito in rapporto all’anno nel quale sono effettuati”.

 

22 aprile 2013

Gianfranco Antico