La fusione tra società e l'obbligo di versamento al Fondo INPS per l’erogazione del TFR

analisi delle operazioni da svolgere in caso di fusione tra due società nessuna delle quali soggetta all’obbligo ma con un numero di dipendenti, dopo l’operazione, superiore al limite di 50

Talune volte, in occasione di ristrutturazioni aziendali, si pone la questione se l’operazione abbia effetto anche ai fini dell’obbligo del conferimento al “Fondo per l’erogazione ai lavoratori dipendenti del settore privato dei trattamenti di fine rapporto di cui all’art. 2120 del codice civile”.

Si pensi, per fare un esempio ricorrente, alla fusione tra due società nessuna delle quali soggetta all’obbligo ma con un numero di dipendenti, dopo l’operazione, superiore al limite di 50.

Con il presente pezzo, si intende, quindi, fare il punto sulla vigente disciplina e evidenziare le eventuali problematiche relative all’operazione di fusione per unione, operazione per la quale si presentano le maggiori difficoltà.

 

La normativa di riferimento

L’art. 1, commi 755 e seguenti, della legge n. 296/2006, nell’introdurre il “Fondo per l’erogazione ai lavoratori dipendenti del settore privati dei trattamenti di fine rapporto di cui all’art. 2120 del codice civile”, la cui gestione è stata affidata all’INPS, ha specificatamente previsto che al predetto Fondo affluisce un contributo pari alla quota di cui all’articolo 2120 del codice civile, al netto del contributo di cui all’articolo 3, ultimo comma, della legge 29 maggio 1982, n. 297, maturata a decorrere dal 1° gennaio 2007 e non destinata alle forme pensionistiche complementari di cui al decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252. Inoltre, il citato comma 756 ha anche previsto che

Non sono tenuti al versamento del predetto contributo i datori di lavoro che abbiano alle proprie dipendenze meno di 50 addetti.

 

L’art. 1, c. 6, del successivo decreto 30 gennaio 2007, recante il regolamento per l’attuazione della disciplina in questione, ha previsto specificatamente quanto segue:

Per le aziende in attività al 31 dicembre 2006, il predetto limite dimensionale viene calcolato prendendo a riferimento la media annuale dei lavoratori in forza nell’anno 2006. Per le aziende che iniziano l’attività successivamente al 31 dicembre 2006 ai fini dell’individuazione del limite numerico si prende a riferimento la media annuale dei lavoratori in forza nell’anno solare di inizio attività.

 

La questione che si pone consiste, quindi, nell’accertare se, in caso di operazione straordinaria che coinvolge anche soggetti esistenti alla data del 31 dicembre 2006, il soggetto risultante sia da qualificarsi o meno come nuovo soggetto; a tal fine, risulta estremamente utile esaminare i chiarimenti forniti al riguardo.

 

2. Prassi di riferimento

Infatti, alle citate disposizioni ha fatto seguito la circolare 3 aprile 2007 n. 70 dell’INPS che, attualmente, costituisce l’unico chiarimento ufficiale circa la corretta applicazione di tale disciplina.

In particolare, dopo aver richiamato il riferimento al numero degli addetti alla data del 31 dicembre 2006, il punto 3 della circolare (sostanzialmente confermata dal messaggio n. 21062 del 23 settembre 2009) precisa quanto segue circa i dipendenti interessati da operazioni societarie straordinarie:

 

In particolare, dopo aver richiamato il riferimento al numero degli addetti alla data del 31 dicembre 2006, il punto 3 della circolare (sostanzialmente confermata dal messaggio n. 21062 del 23 settembre 2009) precisa quanto segue circa i dipendenti interessati In merito ai lavoratori coinvolti in operazioni societarie, si precisa che:

– nel caso in cui, a seguito di operazione societaria (es. acquisizione di ramo d’azienda, incorporazione, ecc.) o di cessione di contratto, effettuate da datore di lavoro obbligato al versamento del contributo in esame, si realizzi il passaggio di personale in precedenza alle dipendenze di datore di lavoro non assoggettato allo stesso obbligo, il nuovo datore di lavoro sarà tenuto al versamento del contributo anche per tale personale a partire dal periodo di paga in corso alla data dell’acquisizione del dipendente;

– nel caso in cui, sempre a seguito di operazione societaria o cessione di contratto, si realizzi il passaggio presso un datore di lavoro non tenuto al versamento del contributo in esame di personale in precedenza alle dipendenze di datore di lavoro assoggettato allo stesso obbligo, il nuovo datore di lavoro sarà tenuto ad effettuare il versamento del contributo limitatamente a tale personale.

 

Secondo l’INPS, quindi, in caso di passaggio di lavoratori da un’azienda ad un’altra, la subentrante eredita l’obbligo al versamento al fondo di tesoreria, limitatamente e tale personale, anche se occupa meno di 50 dipendenti.

Al contrario, l’azienda sopra tale soglia che acquisisce lavoratori allo stesso titolo, anche se provenienti da azienda non obbligata, estende l’obbligo anche a tali soggetti.

Per effetto di tale interpretazione dell’INPS, pertanto, in caso di passaggio da un soggetto non obbligato a un soggetto obbligato, l’obbligo del conferimento si estende automaticamente ai dipendenti originariamente esclusi dall’obbligo. Sennonché, l’interpretazione dell’INPS parte dal presupposto che il passaggio dei dipendenti avvenga a favore di un “nuovo” datore di lavoro, il che dovrebbe essere verificato, appunto, proprio nella situazione di fusione per unione.

Peraltro, poiché la circolare sembra prevedere solo casi (incorporazione, cessione azienda, ecc.) in cui il passaggio dei lavoratori avviene tra datori di lavoro comunque esistenti alla data del 31 dicembre 2006, mentre nulla prevede, invece, per il passaggio a favore di soggetto non esistente a tale data, pare di tutta evidenza che ogni eventuale risposta alla questione deve essere fornita solo interpretando la natura dell’operazione straordinaria.

In particolare, poiché l’operazione che presenta la maggiore difficoltà è quella di fusione per unione , a questo punto si tratta di verificare se la fusione per unione di più società, a seguito delle quale le società preesistenti si estinguono e viene e configurarsi una diversa società, comporti la creazione di un “nuovo” datore di lavoro diverso dalle preesistenti società estinte.

 

3. Natura dell’operazione di fusione propria

Va rilevato a tal proposito che la natura giuridica dell’operazione di fusione non risulta definita dal legislatore, nel senso che non è dato sapere se la società risultante dalla fusione sia da ritenersi una nuova società o semplicemente una società modificata rispetto alle preesistenti.

 

Il codice civile, infatti, si limita a stabilire nell’art. 2501 che

la fusione di più società può eseguirsi mediante la costituzione di una società nuova, o mediante l’incorporazione in una società di una o più altre

e, all’art. 2504, che

la società incorporante o quella che risulta dalla fusione assume i diritti e gli obblighi delle società estinte

 

Il che indurrebbe a ritenere che, in caso di fusione per unione, si sia sempre in presenza di una “nuova” società non potendo rappresentare l’operazione una semplice modifica.

In realtà, attualmente, si contrappongono due diverse teorie:

1) teoria estintiva

Considera la fusione come un fenomeno estintivo-costitutivo di tipo successorio; in pratica, l’operazione di fusione vede, da una parte, l’estinzione delle società danti causa e, dall’altra, la creazione di una nuova società.

In tal senso, infatti, sembra condurre l’art. 2, lett. a), della Direttiva CEE 23 luglio 1990 n. 434, nella parte in cui definisce la fusione come l’operazione attraverso la quale

 

  • una o più società trasferiscono, a causa e all’atto dello scioglimento senza liquidazione, la totalità del loro patrimonio, attivamente e passivamente, ad altra società preesistente, mediante l’assegnazione ai loro soci di titoli rappresentativi del capitale sociale dell’altra società ed eventualmente di un saldo in contanti non eccedente il 10 % del valore nominale o, in mancanza di valore nominale, della parità contabile di tali titoli;

  • due o più società trasferiscono, a causa e all’atto dello scioglimento senza liquidazione, la totalità del loro patrimonio, attivamente e passivamente, ad una società da esse costituita, mediante l’assegnazione ai propri soci di titoli rappresentativi del capitale sociale della nuova società ed eventualmente di un saldo in contanti non eccedente il 10 % del valore nominale o, in mancanza di valore nominale, della parità contabile di tali titoli;

  • una società trasferisce, a causa e all’atto dello scioglimento senza liquidazione, la totalità del proprio patrimonio, attivamente e passivamente, alla società che detiene la totalità dei titoli rappresentativi del suo capitale sociale;

 

Secondo tale teoria, quindi, la società risultante dalla fusione sarebbe una “nuova” società e, come tale, andrebbe quindi trattata anche ai fini del conferimento del TFR.

 

2) teoria modificativa

Considera la fusione come una semplice modificazione dei contratti sociali delle società partecipanti all’operazione le quali, conseguentemente, non si sciolgono, così come non si costituisce alcuna nuova società.

In tal senso, infatti, è l’ordinanza dell’8 febbraio 2006 n. 2637 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione secondo cui

 

la società risultante dalla fusione o quella incorporante assumono i diritti e gli obblighi delle società partecipanti alla fusione, proseguendo in tutti i loro rapporti, anche processuali, anteriori alla fusione. Il legislatore ha così (definitivamente) chiarito che la fusione tra società, prevista dagli artt. 2501 e seguenti c.c. non determina, nella ipotesi di fusione per incorporazione, l’estinzione della società incorporata, né crea un nuovo soggetto di diritto nell’ipotesi di fusione paritaria; ma attua l’unificazione mediante l’integrazione reciproca delle società partecipanti alla fusione. Il fenomeno non comporta, dunque, l’estinzione di un soggetto e (correlativamente) la creazione di un diverso soggetto; risolvendosi (come è già stato rilevato in dottrina) in una vicenda meramente evolutiva-modificativa dello stesso soggetto, che conserva la propria identità, pur in un nuovo assetto organizzativo.

 

Secondo tale teoria, quindi, la società risultante dalla fusione in realtà è la vecchia società modificata ed a essa, pertanto, continuano a spettare i vecchi diritti e doveri; in tal modo, la società risultante dalla fusione, essendo identificabile nella vecchia, sarebbe esclusa dall’obbligo di conferire il TFR.

Tale conclusione avrebbe un sicuro fondamento ove si fosse proceduto ad una fusione per incorporazione (operazione nella quale una società preesistente incorpora uno o più altre società ugualmente preesistenti), mentre è dubbio se possa ritenersi valida anche nell’ipotesi di fusione per unione, mediante la creazione di una “nuova” società.

 

4. Considerazioni

Nel caso in esame, quindi, possono essere contrapposte due diverse conclusioni:

  • la prima secondo cui la società risultante dalla fusione è una nuova società, alla quale, pertanto, vanno applicate le discipline vigenti, compresa quella sull’accantonamento del TFR all’apposito Fondo;

  • la seconda secondo cui, invece, la società risultante dalla fusione è la stessa società preesistente che si è semplicemente modificata, con l’effetto che, trattandosi della precedente società, alla stessa continuano ad applicarsi di fatto le discipline già applicate in passato.

Pur privilegiando, almeno sotto un profilo strettamente giuridico, la seconda delle due teorie in questione, non si può – in ogni caso – non rilevare le particolarità dell’operazione straordinaria effettuata.

Infatti, l’operazione di fusione per unione riguarda di fatto almeno due diverse società che vanno ad estinguersi, il che non consente di affermare con assoluta certezza che la società risultante dalla fusione sia la semplice continuazione di ognuna delle preesistenti società in quanto la continuazione riguarda la globalità delle due preesistenti società, le quali, quindi, non possono essere considerate separatamente l’una dall’altra.

In altri termini, ove l’operazione fosse stata attuata mediante fusione per incorporazione di una sola società, sarebbe stato possibile sostenere la continuità dell’unico preesistente soggetto con le conseguenze del caso; nella fusione per unione, invece, alla pura e semplice continuazione (di ogni singola società), si aggiunge sicuramente un diverso effetto consistente nella riunificazione di almeno due distinte organizzazioni in una nuova organizzazione societaria.

In pratica, la società risultante dalla fusione non rappresenta la semplice continuazione di ognuna delle preesistenti società ma costituisce un “di più” rispetto a ciascuna di tali precedenti società, con l’effetto che le società estinte non possono essere considerate singolarmente ma devono essere considerate nella loro globalità.

Conseguentemente, occorre verificare il numero complessivo dei dipendenti alla data del 31 dicembre 2006 e se tale numero supera 50, ne consegue l’obbligo del conferimento del TFR all’INPS, ancorché ogni singola società estinta non vi fosse obbligata.

Ad identica conclusione si perverrebbe ove si convenisse con la teoria, di cui si è detto in precedenza, secondo cui la fusione comporta l’estinzione delle preesistenti società e la nascita di una nuova società, il cui numero complessivo dei dipendenti, essendo superiore a 50 unità, costituisce presupposto per il conferimento obbligatorio del TFR all’INPS.

Peraltro, in tale direzione conducono anche ulteriori chiarimenti ufficiali su questioni diverse dal TRF ma comunque connesse al trattamento dei dipendenti in occasione di operazioni straordinarie.

Si veda, ad esempio, il seguente chiarimento fornito, con l’interpello n. 30 del 9 agosto 2011, da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali circa l’individuazione, in tema di collocamento obbligatorio ex legge n. 68/1999, della dimensione aziendale in caso di modifiche societarie.

In particolare, rispondendo ad uno specifico quesito, il Ministero chiarisce quanto segue:

 

Si allude al passaggio di personale derivante dal trasferimento d’azienda, cessione o fusione, da cui scaturisce il mutamento nella titolarità dell’attività economica organizzata.

Sebbene nelle trasformazioni societarie indicate, il rapporto di lavoro continui con il cessionario/datore di lavoro ed il prestatore conservi tutti i diritti ad esso collegati, in capo al nuovo datore si realizza un sostanziale ampliamento della base occupazionale, cui è necessario, pertanto, riferirsi ai fini della corretta determinazione della quota di riserva.

In linea con le argomentazioni innanzi sostenute, la fattispecie prospettata sembrerebbe, dunque, rientrare nell’ambito delle c.d. nuove assunzioni, richiamate dall’art. 3, comma 2, della legge menzionata.

Il datore di lavoro/cessionario dovrà, quindi, per l’assunzione di personale con disabilità, tenere in considerazione il nuovo assetto occupazionale ai fini della esatta individuazione della base di computo.

 

Sulla base di tale risposta, quindi, è possibile ritenere che ogni mutamento nella titolarità dell’attività economica organizzata comporti, nell’ambito degli obblighi imposti dalla disciplina lavoristica, l’insorgere di un nuovo soggetto che deve essere trattato come tale e non come mera continuazione di un precedente soggetto.

 

5. Conclusioni

A conclusione dell’esame effettuato, si ritiene che, nel caso di fusione per unione di preesistenti società mediante la costituzione di una “nuova” società, si sia in presenza di un “nuovo” soggetto titolare dell’attività economica precedentemente svolta dalla società estinte.

Conseguentemente, oltre ad applicare il principio di continuità del rapporto di lavoro previsto dall’art. 2112 del codice civile, alla società risultante dalla fusione devono comunque applicarsi le vigenti norme previste per i “nuovi” datori di lavoro se tali norme non erano state applicate o comunque risultavano non applicabili in capo ai soggetti estinti.

Nel caso in questione, ai fini della sussistenza dell’obbligo del conferimento del TFR all’INPS, si ritiene che si debba prendere a riferimento la media annuale dei lavoratori in forza nell’anno solare di “inizio” dell’attività, il che potrebbe far scattare l’obbligo del versamento del TFR all’apposito Fondo, anche se in precedenza le società estinte non erano soggette a tale obbligo.

 

13 febbraio 2013

Vito Dulcamare