Guida pratica all’interpello: gli interpelli ordinari – con fac-simile di istanza

L’interpello che il contribuente può proporre al Fisco per chiarire anticipatamente eventuali problematiche fiscali di difficile interpretazione dovrebbe essere uno strumento utilissimo per migliorare il rapporto fisco contribuente.

L’interpello al Fisco: aspetti generali

interpello al FiscoL’interpello del contribuente rappresenta, a coronamento delle riforme che nell’ultimo scorcio del XX secolo hanno guidato la silenziosa riforma della PA in senso partecipativo, un istituto di «civiltà giuridica» volto a chiarire preventivamente le problematiche interpretative poste dall’applicazione della norma fiscale, prima che queste possano sfociare in una vertenza tra il fisco e il contribuente.

Il principio di cui l’istituto è espressione è semplice, e si ricava, oltre che dall’art. 11 dello Statuto del contribuente, anche da altre indicazioni dello stesso Statuto: il potere pubblico, che in attuazione dei principi costituzionali impone, accerta e riscuote i tributi, anche mediante l’autotassazione dei cittadini, ha il dovere di formulare le relative norme in maniera chiara, nonché di chiarirne l’applicazione ai contribuenti, informandoli adeguatamente ma anche ponendoli nella condizione di interpretare correttamente le leggi.

La necessità di una simile funzione da parte pubblica era in verità profondamente avvertita, in presenza di un contesto normativo decisamente complesso come quello italiano, oltretutto soggetto a frequentissime modificazioni.

L’interpello ordinario, codificato dallo Statuto, rappresenta ora una possibilità in più, talvolta decisamente interessante, a disposizione dei contribuenti: la delicatezza dello strumento, che presuppone la formulazione di un quesito di carattere personale, preventivo e interpretativo, all’interno del campo di competenza dell’amministrazione fiscale, richiede però di evitare errori e cattive prospettazioni, che potrebbero condurre fuori strada (cioè verso il «misunderstanding» con il fisco, ovvero verso una pronuncia di inammissibilità del quesito).

 

I vantaggi dell’interpello ordinario

Leggi anche le successive parti della nostra guida sull’interpello fiscale:

Il grande appeal dell’interpello consiste soprattutto nel ricevere una risposta ufficiale proveniente dall’autorità fiscale, ovvero dall’istanza che rappresenta l’«altra parte» del rapporto giuridico d’imposta, con effetti preclusivi nei confronti delle attività di controllo.

Nella sostanza, attivando la procedura di interpello ordinario, il contribuente – privato o impresa – obbliga l’Amministrazione a rispondere entro i termini concessi (120 giorni al massimo, eventualmente prorogabili di altri 120 giorni nel caso in cui sia necessaria l’integrazione documentale, ovvero l’acquisizione di ulteriori informazioni e spiegazioni), ovvero ad accettare la formazione del silenzio-assenso, rilasciando una sorta di «norma del caso concreto».

Se, infatti, l’accertamento e le sanzioni risultano inibite, ciò significa che l’ente impositore conviene di accettare la prospettazione fatta dall’istante, ovvero – motivatamente – di disattenderla. In ogni caso, l’operazione è circondata di garanzie sia per il contribuente (che, comunque, rimane libero di comportarsi diversamente), sia per l’Amministrazione (in quanto può sempre essere revocata la risposta resa, fatta salva la non applicazione delle sanzioni nei confronti del contribuente, che – chiaramente – si era comportato secondo buona fede).

L’istanza di interpello può essere presentata, a pena di inammissibilità, ove ricorrano congiuntamente le seguenti circostanze:

  • la riferibilità dell’interpello a casi concreti e personali;
  • il carattere preventivo dell’interpello. Non deve trattarsi, cioè, di comportamenti già posti in essere;
  • le obiettive condizioni di incertezza, in difetto delle quali verrà semmai prodotto dall’Amministrazione un parere non idoneo a produrre gli effetti tipici dell’interpello.

Nell’esplicare le norme del regolamento attuativo (D.M. 26.4.2001, n. 209) vengono poi indicati i soggetti abilitati alla presentazione delle istanze (che sono il contribuente e coloro che la legge obbliga a porre in essere adempimenti tributari per conto dello stesso, ivi compresi i sostituti di imposta, nonché i procuratori generali o speciali del contribuente, con procura conferita nelle forme di cui all’art. 63, D.P.R. 600/1973).

Vengono poi illustrate le modalità di presentazione dell’istanza, i requisiti della stessa, la documentazione da allegare (non in possesso dell’Amministrazione), e gli altri passaggi procedimentali.

Con riguardo agli effetti dell’interpello, si ribadisce che il parere reso non vincola il contribuente (che rimane libero di adottare il comportamento non conforme), ma certo vincola gli uffici, i quali dovranno adeguarsi – limitatamente al caso concreto e personale del contribuente che ha inoltrato l’istanza – sia in caso di risposta espressa, sia in caso di omissione della risposta, con conseguente formarsi del silenzio-assenso, nel termine dei 120 giorni.

La preventività dell’istanza

Per quanto attiene al concetto di «preventività» dell’interpello ordinario, che si incardina sull’art. 1, co. 2, D.M. 209/2001, può essere precisato quanto segue.

  1. L’istanza di interpello deve essere presentata «prima di porre in essere il comportamento o di dare attuazione alla norma oggetto di interpello»: in caso di comportamenti «continuati», come quelli consistenti, ad esempio, nella fatturazione secondo determinate modalità, gli effetti specifici dell’interpello potranno prodursi solamente con riferimento ai comportamenti A tale proposito, potrebbe registrarsi uno «sdoppiamento» della preventività; infatti, l’istanza – come sopra evidenziato – deve precedere il comportamento prospettato, ma la risposta del- l’Amministrazione, il cui carattere è (pur limitatamente alla fattispecie prospettata, e nel rispetto dei vincoli delle interpretazioni centrali) «innovativo», dovrebbe esplicare i propri effetti non a decorrere dalla presenta- zione dell’istanza, bensì dall’emanazione del parere, o – meglio – dalla sua ricezione da parte del contribuente-istante.
  1. La brevità della norma non consente di discernere le varie ipotesi possibili, relativamente alle quali potrebbe essere prevista una specifica- zione, distinguendo, ad esempio:
      1. i comportamenti consistenti nell’esecuzione di adempimenti fiscali: in tali ipotesi, la risposta – positiva o negativa – dell’Amministrazione dovrebbe intendersi riferita ai soli adempimenti successivi (con riguardo alla fatturazione, all’emissione dello scontrino o della ricevuta, alla presentazione delle dichiarazioni, alle iscrizioni in libri e registri, );
      2. i comportamenti consistenti nell’effettuazione di atti, fatti, negozi, di rilevanza civilistica, il cui effetto fiscale sia dubbio: in tali ipotesi, rimanendo valida la regola del riferimento ai soli comportamenti successivi, le operazioni relativamente alle quali sorge l’interesse del contribuente alla risposta dovrebbero ritenersi del tutto autonome rispetto alla sfera dell’«adempimento» minuto.

Con riferimento, in particolare, al punto 2.a (comportamenti consistenti in adempimenti fiscali), occorrerebbe precisare che il quesito sulla presentazione del «dichiarativo» non dovrebbe «surrogare», o «dissimulare», un quesito volto in realtà a conoscere il trattamento tributario di una fattispecie per la quale il comportamento è già stato posto in essere.

A titolo esemplificativo, quindi, non dovrebbe potersi ammettere un’istanza formalmente volta a conoscere se il tal componente reddituale negativo dedotto possa essere indicato al rigo «X», se il vero interesse del contribuente era di ottenere la «validazione» della controversa deducibilità di tale componente negativo. In tale ipotesi, si assisterebbe infatti alla «forzatura» dell’istituto dell’interpello, nel senso dell’ottenimento ex post di un «salvacondotto» ufficiale da parte dell’Amministrazione (indotta in inganno).

Secondo quanto affermato, possono enuclearsi due categorie di interpello (non separate, ma conviventi in un unico istituto), con la finalità di distinguere meglio i tipi di problematiche affrontati dai contribuenti.

Soprattutto in relazione alle problematiche esposte dal mondo delle imprese, possono infatti incontrarsi aspetti sostanziali del diritto tributario (ad esempio, l’applicazione – nell’ambito dei conferimenti intracomunitari, dell’art. 179 anziché dell’art. 177 del TUIR), a fronte di quesiti involgenti le modalità attuative della fatturazione (sempre a titolo esemplificativo, il sistema di applicazione dell’imposta di bollo sui libri e registri dell’impresa nell’ambito della conservazione «sostitutiva» – digitale – dei documenti fiscali).

Per distinguere concettualmente i due «campi d’azione» dell’interpello, occorre focalizzare l’attenzione sul «comportamento» prospettato, che è anche il fondamentale punto di snodo dell’istituto, in quanto su di esso è provocato l’intervento interpretativo dell’ente impositore.

 

Modalità di presentazione dell’istanza di interpello e procedimento

Le procedure per la presentazione dell’istanza di interpello prevedono, per chi voglia chiedere il parere dell’Amministrazione, la consegna diretta ovvero la spedizione dell’istanza a mezzo di plico raccomandato senza busta con avviso di ricevimento.

A seguito dell’introduzione a livello normativo della notifica a mezzo di posta elettronica certificata (PEC), di cui all’art. 149-bis del codice di procedura civile, tale sistema di comunicazione è divenuto praticabile per quanto attiene sia alla trasmissione dell’istanza all’amministrazione, sia alla comunicazione / notificazione della risposta.

Occorre a tale riguardo considerare che la PEC, ancorché non possa essere ancora impiegata per la notifica degli atti di accertamento, consente una rilevante semplificazione degli scambi tra i privati e l’amministrazione fiscale, dato che esistono degli elenchi pubblici delle caselle di posta certificata a seguito dell’attuazione dell’art. 16 del D.L. 29.11.2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla L. 28.1.2009, n. 2 (obbligo della PEC per le imprese societarie e per i professionisti), nonché dell’art. 5 del D.L. 18.10.2012, n. 179, convertito dalla L. 17.12.2012, n. 221 (estensione dell’obbligo alle imprese individuali).

All’interno degli uffici dediti alle attività di consulenza, articolazioni della direzione regionale (o della direzione centrale Normativa), avvengono poi una serie di formalità che sono necessarie al perfezionamento dell’istruttoria e del procedimento in generale, e chiaramente incidono sui «tempi tecnici».

Senza pretesa di esaustività, e schematizzando, l’iter previsto può essere il seguente:

  1. predisposizione dell’istanza da parte del contribuente, con l’even- tuale intervento di un consulente (generalmente un iscritto agli ordini dei dottori commercialisti ed esperti contabili ovvero degli avvocati, anche se non vi è nessun obbligo e nessuna «privativa» a riguardo);
  2. consegna o spedizione dell’istanza alla direzione regionale;
  3. acquisizione dell’istanza da parte dell’ufficio a ciò preposto e sua trattazione attraverso l’apposita procedura telematica;
  4. esame dell’istanza (con tutti i passaggi interni) ed istruttoria com- pleta con le idonee ricerche giuridiche e documentali sulle banche dati e i supporti cartacei a disposizione dell’ufficio preposto, con la possibilità di integrare l’istruttoria mediante accessi on-line all’anagrafe tributaria e al sistema informativo delle camere di commercio;
  5. redazione dell’istanza ed inserimento del testo elaborato nel siste- ma informativo (interrogabile dagli addetti all’interpello operanti presso le direzioni regionali e la direzione centrale Normativa dell’Agenzia delle Entrate);
  6. eventuali revisioni successive del testo da parte dell’ufficio, prima dell’invio alla firma;
  7. invio del parere al direttore regionale (o centrale, nei casi previsti) per la sottoscrizione;
  8. sottoscrizione del parere da parte del direttore regionale o centrale;
  9. emanazione e notificazione del parere a mezzo posta, fax o PEC.

Va altresì evidenziato che, all’interno della procedura, possono inserirsi delle fasi «eventuali», quali:

  1. la richiesta di un’integrazione documentale, che sospende i termini, fino a un massimo di 240 giorni complessivi (per meglio dire, il termine riprende a decorrere dalla data in cui la documentazione è acquisita dall’ufficio);
  2. la sottoposizione alla direzione centrale Normativa, prevista per le problematiche più rilevanti e/o potenzialmente controverse, che, pur non interrompendo di per sé i termini, può combinarsi con una richiesta di integrazione documentale della DR, ovvero della stessa In ogni caso, la DCN avrà l’immediata disponibilità dell’istanza, e del parere della dire- zione rimettente, attraverso il sistema telematico.

 

L’interpello dei «grandi contribuenti»

L’art. 27 del già citato D.L. n. 185/2008, convertito dalla L. n. 2/2009, ha introdotto, nell’ambito delle nuove disposizioni in tema di controlli delle «imprese di più rilevante dimensione», sostanziali novità riguardanti la procedura di gestione degli interpelli.

Allo stato, la macrotipologia dei c.d. grandi contribuenti comprende i contribuenti con volume d’affari, ricavi o compensi superiori a 100 milioni di euro.

Il dodicesimo comma dell’articolo citato prevede per questi soggetti la verifica puntuale del rispetto della soluzione interpretativa oggetto della risposta all’istanza di interpello, nell’ambito di appositi piani di controlli sostanziali da effettuare, di norma, entro l’anno successivo a quello della presentazione delle dichiarazioni in materia di imposte sui redditi e delle dichiarazioni IVA.

La verifica del rispetto della soluzione interpretativa da parte di tali contribuenti costituisce oggetto di un’azione pianificata di controllo da parte degli uffici dell’Agenzia delle Entrate, che si inserisce nell’ambito della c.d. attività di tutoraggio.

 

 

Gli effetti dell’interpello e la rettifica della risposta

La pronuncia dell’Agenzia evidenzia che la risposta resa «non impegna il contribuente, il quale è libero di determinarsi in senso non conforme». Essa vincola però, in ogni caso, l’operato degli uffici.

Nella tabella che segue, sono indicati i differenti effetti dell’interpello, come individuati dalla circolare n. 50/E del 2001.

 

Effetti dell’interpello ordinario (circolare 50/E/2001)

 

 

Risposta tempestiva

La risposta fornita dall’Agenzia e pervenuta al contribuente istante entro il termine di 120 giorni vincola l’attività degli Uffici, i quali non potranno emettere atti di accertamento a contenuto impositivo o sanzionatorio in contrasto con la soluzione interpretativa fornita.
 

 

 

Risposta omessa

Se il contribuente non ottiene risposta entro il termine di 120 giorni, si intende che l’Agenzia concorda con la soluzione prospettata dal contribuente.

Eventuali atti di accertamento emessi in difformità dalla soluzione prospettata dal contribuente (ed implicitamente condivisa dall’Agenzia per effetto del silenzio-assenso) sono nulli.

 

 

 

Risposta rettificativa (se è stato attuato il comportamento)

Se il contribuente ha già posto in essere il comportamento prospettato nell’istanza o intrapreso iniziative finalizzate in modo non equivoco all’attuazione dello stesso, uniformandosi alla soluzione interpretativa comunicata o implicitamente condivisa dall’Agenzia, nulla può essergli contestato: eventuali atti amministrativi, emanati in difformità della prima risposta ovvero dell’interpretazione sulla quale si è formato il silenzio-assenso, sono nulli.
Risposta rettificativa (se non è stato attuato il
comportamento)
Se il contribuente non ha ancora posto in essere il comportamento o intrapreso iniziative conformi alla soluzione interpretativa affermata con la prima risposta, la sopravvenuta conoscenza di una diversa interpretazione non è irrilevante nei rapporti con l’Amministrazione, la quale è legittimata a recuperare, in applicazione del principio interpretativo affermato nella risposta rettificativa e disatteso dal contribuente, le imposte eventualmente dovute e i relativi interessi, senza la irrogazione di sanzioni.

Il divieto di applicare sanzioni, secondo la circolare, conferma l’importanza attribuita dal legislatore alla tempestività della risposta; esso tutela l’affidamento del contribuente prescindendo dalla circostanza che, dopo il decorso dei 120 giorni, egli abbia posto in essere il comportamento prospettato nell’istanza
o assunto iniziative conformi.

Risposta rettificativa (se il comportamento e/o la soluzione interpretativa non sono state specificate in modo chiaro e univoco) Atteso che tale omissione impedisce di individuare ed esaminare in trasparenza i termini della questione controversa, la possibilità, per l’Agenzia, di recuperare il tributo e gli interessi, sia pure senza irrogazione di sanzioni, è consentita anche se il contribuente ha già posto in essere il comportamento o dato attuazione alla norma
oggetto di interpello.
Risposta rettificativa (effetti sui comportamenti
successivi)
Il contribuente in possesso di una risposta (anche implicita) dell’Agenzia, in cui si affermi una determinata soluzione interpretativa, potrà farne applicazione a tempo indeterminato, con riguardo cioè a fattispecie ripetitive anche future purché analoghe e riconducibili a quella prospettata nell’istanza.

Si configura in tal modo un effetto ultrattivo dell’interpello, la cui efficacia va oltre il caso specifico per il quale è stato proposto, ponendo il contribuente al riparo da ogni iniziativa anche futura degli uffici assunta in difformità dalla risposta data1.

 

 

Il problema dell’impugnabilità

Riguardo all’istanza di interpello ex art. 11, L. 212/2000, non specificamente inclusa tra gli atti impugnabili in sede contenziosa tributaria, si è comunque tentato di perseguire la via dell’azione giurisdizionale, avanti gli organi di giustizia amministrativa.

Tale via è stata però esclusa dai giudici di merito, come risulta dalla sentenza del TAR Emilia Romagna, sez. I, 17.1.2005, n. 47

La pronuncia dell’organo giudicante origina dall’impugnativa proposta da una Fondazione avverso il parere reso dalla Direzione Regionale dell’Emilia-Romagna dell’Agenzia dell’Entrate, in merito alla corretta applicazione dell’art. 4, D.P.R. 633/1972, sul trattamento fiscale ai fini IVA ed IRPEG di un’attività di ristrutturazione e costruzione edilizia, sulla base di «censure di violazione di legge ed eccesso di potere sotto diversi aspetti».

L’Amministrazione resistente aveva eccepito:

  • il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo (dato che si trattava di materia tributaria, affidata al giudice tributario);
  • l’inammissibilità del ricorso, dato che l’atto impugnato non aveva natura provvedimentale.

Su tali questioni, il TAR è intervenuto decidendo che:

l’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo non era fondata, dato che nella fattispecie considerata non si controverteva in tema di accertamenti tributari, ma su una fase procedimentale anteriore, attinente l’interpretazione normativa prospettata dall’Agenzia delle Entrate; il ricorso era comunque inammissibile, perché diretto contro atti dell’Agenzia delle Entrate

«che non hanno palesemente un contenuto provvedimentale, in quanto il parere reso dall’amministrazione predetta in sede di interpello ex art. 11 L. 27.07.2000 n. 212 ha carattere vincolante unicamente nei confronti dell’amministrazione tributaria, ma non anche nei confronti del soggetto interpellante che ben può discostarsene ove dissenta da esso e solo in quest’ultimo caso eventuale si avrà l’attivazione di un procedimento di accertamento a suo carico».

 

I comportamenti successivi dell’istante

Atteso che, comunque, il requisito della preventività dell’interpello deve sussistere al momento della presentazione dell’istanza, e non quando è emanato il parere – potrebbero verificarsi le seguenti circostanze:

  • contribuente che ha presentato l’istanza di interpello e ha attuato il comportamento prospettato prima di ricevere il parere positivo della direzione regionale;
  • contribuente che ha presentato l’istanza di interpello e ha attuato il comportamento prospettato prima di ricevere il parere negativo della direzione regionale;
  • contribuente che ha presentato l’istanza di interpello e ha prudenzialmente attuato un comportamento per sé più svantaggioso, ma poi riceve un parere positivo dall’Amministrazione (troppo tardi rispetto alle ordinarie scadenze fiscali).

Mentre nella prima ipotesi, chiaramente, non sussisterebbero problemi quanto alle conseguenze del comportamento dell’istante, difforme rispetto all’interpretazione del Fisco, nella seconda ipotesi il contribuente potrebbe temere di aver innescato un’attività di controllo, «autodenunciandosi» di fronte agli uffici.

Tale timore non dovrebbe però aver fondamento, dato che l’attività consulenziale dell’Amministrazione (e dell’Agenzia delle Entrate in particolare) tende a tenersi ben distinta e indipendente rispetto a quella di controllo, e quindi in nessun modo suscettibile di incidere sui piani di controllo elaborati dalle strutture operative.

Nella terza ipotesi, infine, il contribuente temeva una posizione restrittiva da parte dell’Amministrazione, ma invece, innescando la procedura di interpello, ha ricevuto una risposta a sé favorevole. In tale situazione, la dichiarazione potrebbe essere già stata presentata e le maggiori imposte già assolte: si tratterebbe dunque di rettificare tali adempimenti, per far valere i benefici concessi dall’interpello positivo.

A tal fine, possono essere attivate le ordinarie procedure per il rimborso delle somme indebitamente percepite dal Fisco, in coerenza con l’art. 8, quarto comma, dello Statuto e con l’art. 38 del D.P.R. 29.9.1973, n. 602. Si rammenta altresì che, a seguito della presentazione della dichiarazione fiscale rettificativa, può essere presentata istanza di rimborso secondo quanto a suo tempo consentito dall’art. 9, settimo comma (già ottavo), del D.P.R. n. 600/1973 (abrogato dall’art. 9 del D.P.R. 22.07.1998, n. 322), e attualmente previsto dalle nuove disposizioni in materia.

La possibilità di rettificare la dichiarazione in via generale, per ovviare alle conseguenze di un prelievo fiscale indebito, è stata altresì affermata dalla Sezioni Unite civili della Corte di Cassazione nelle sentenze 25.10.2002, n. 15063, e n. 17394 del 6.12.2002.

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Presentazione dell’istanza di interpello: gli errori da evitare

Lo strumento dell’interpello è di semplice utilizzo, anche se i tempi di risposta risultano non precisamente in linea con le esigenze degli operatori economici.

Esso tuttavia consente ai contribuenti di ricevere una risposta «pesante» sotto il profilo degli effetti rispetto al fisco, che potrà essere utilizzata dall’impresa anche per i comportamenti futuri.

L’interpello può tuttavia incorrere in ipotesi di inammissibilità a causa di carenze ed errori nella formulazione del quesito e nella presentazione dell’istanza.

È pertanto opportuno richiamare riassuntivamente all’osservanza delle seguenti regole e accorgimenti (si tratta peraltro di indicazioni presenti in più circolari dell’amministrazione):

  1. evitare la formulazione di quesiti generici: l’interpello ha carattere puntuale e specifico;
  2. individuare sempre il soggetto istante, per il quale assume rilevanza il quesito (l’amministrazione non può fornire risposta a quesiti riguardanti fantomatiche società X e Y, o alfa e beta, ma solamente a uno o più soggetti determinati);
  3. se l’istanza è presentata da un consulente, essa deve essere presente la procura sottoscritta dal contribuente o dal suo legale rappresentante, o da altro soggetto che abbia titolo a presentare interpello secondo le norme vigenti
  4. legare la questione interpretativa prospettata a un comportamento che troverà attuazione successivamente: se si tratta di un comportamento con effetti sulla dichiarazione fiscale dell’anno, il quesito non può essere validamente proposto oltre il novantesimo giorno precedente rispetto al termine ordinario di presentazione della dichiarazione;
  5. se nell’istanza vengono forniti elementi di tipo fattuale, questi devono essere dimostrati (con allegazione di contratti, atti pubblici, scritture private, carteggi con privati e con la P.A., materiale fotografico, perizie, etc.);
  6. l’istanza di interpello non è un ricorso: essa dunque non serve a convincere un giudice terzo in opposizione alla P.A., né a promuovere un’azione gerarchica all’interno della A. stessa, bensì a causare un intervento di tipo interpretativo (non può essere quindi intesa come l’inizio di un «conflitto» con l’amministrazione, che non può esistere perché non esiste ancora alcuna azione di accertamento nei confronti del contribuente);evitare la formulazione di quesiti astratti: occorre focalizzare una fattispecie concreta, ancorché preventiva;
  7. evitare la proposizione di quesiti non interpretativi e non tributari (ad esempio di natura contabile, ovvero relativi alla predisposizione di un adempimento strumentale)
  8. l’istanza di interpello non è un ricorso: essa dunque non serve a convincere un giudice terzo in opposizione alla P.A., né a promuovere un’azione gerarchica all’interno della P.A. stessa, bensì a causare un intervento di tipo interpretativo (non può essere quindi intesa come l’inizio di un «conflitto» con l’amministrazione, che non può esistere perché non esiste ancora alcuna azione di accertamento nei confronti del contribuente);
  9. l’interpello non può essere proposto con riferimento ad attività di controllo già intraprese, né ad accertamenti o a contenziosi, ovvero a procedure di rimborso, per ottenere riesami o revoche delle attività iniziate dall’amministrazione: in tali ipotesi, il contribuente deve fare ricorso agli strumenti esistenti, come l’istanza di archiviazione / annullamento in autotutela, l’istanza di adesione o definizione agevolata del pvc o dell’invito al contraddittorio, la conciliazione giudiziale, il reclamo / mediazione, l’istanza di rimborso e l’eventuale impugnazione del diniego espresso o tacito, etc.

 


Un esempio di interpello

ISTANZA DI INTERPELLO EX ART. 11, L. 212/2000

Raccomandata a/r All’Agenzia delle Entrate

Direzione Regionale ……………….

Via ……………., n. ……….

 Oggetto: istanza di interpello ai sensi dell’art. 11, Legge 27.7.2000, n. 212

Il sottoscritto Rossi dott. Antonio, nato a Roma il 15.1.1960, residente in Roma, via G. Verdi 156, c.a.p. 00000, telefono 06-111111, codice fiscale XXXXXXXXXXXXXXX, legale rappresentante della società «Rossi S.p.a.», con sede legale in Roma, Piazza M. Buonarroti, 12, c.a.p. 00000, codice fiscale e partita IVA YYYYYYYYYYYYYYY, espone il seguente caso concreto e personale:

………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………

il sottoscritto ritiene che il caso prospettato debba essere risolto nel modo seguente2:

………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………

…………………………………………………………………………………………………… e pertanto ritiene di dover adottare il seguente comportamento:

………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………

poiché, peraltro, esistono oggettive condizioni di incertezza in merito alla disciplina del caso sopra esposto, il sottoscritto lo sottopone a codesto Ufficio, con l’avvertenza che qualora non riceva risposta entro il termine di cui all’art. 11, L. 212/2000, si atterrà all’interpretazione sopra esposta, con tutte le garanzie di legge.

………….., li ………………..

……………………………….


 

Continua a leggere il nostro approfondimento sull’interpello al Fisco:

Le istanze di disapplicazione

Interpelli antielusivi, consulenza generale, CFC

 

 

20 gennaio 2013

Fabio Carrirolo

 

NOTE

1 Secondo l’interpretazione fornita nella circolare 50, «sarebbe tuttavia ingiustificato salvaguardare tale effetto ultrattivo anche in presenza di una risposta errata, impedendo all’Agenzia di porre termine agli effetti moltiplicatori di una applicazione illegittima delle norme tributarie. Per questo fondamentale motivo all’articolo 5, comma 1, del regolamento viene consentito all’Amministrazione finanziaria di ritornare sulle proprie posizioni, anche dopo il decorso dei 120 giorni, comunicando all’interpellante una soluzione interpretativa diversa da quella in precedenza prospettata o accreditata per effetto del silenzio-assenso, i cui effetti però si riverberano esclusivamente sui comportamenti successivi e non anche su quello indicato nell’istanza di interpello…».

 

Istanza di interpello all’Agenzia delle Entrate

FAC-SIMILE COMPILABILE

 

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Allegato al fac-simile trovi anche la Circolare Agenzia delle Entrate  sulle novità della disciplina degli interpelli e due articoli di approfondimento sugli interpelli.

 

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