La remissione in bonis: una particolare forma di ravvedimento operoso

sulla speciale forma di ravvedimento operoso per i contribuenti in buona fede, che è la c.d. rimessione in bonis, l’Agenzia delle entrate ha, finalmente, fornito i primi chiarimenti necessari all’applicazione di tale tipologia di ravvedimento


Come è noto, il D.L. n. 16 del 2 marzo 2012, convertito dalla Legge n. 44  del 26 aprile 2012 ha introdotto talune disposizioni di semplificazione degli adempimenti tributari, volte a ridurre le continue problematiche che attanagliano, su tutti i fronti, i cittadini e le imprese.

Adesso, l’Agenzia delle entrate, con la circolare n. 38/E del 28 settembre 2012, ha fornito i primi chiarimenti riguardo alcune di tali semplificazioni introdotte dal Legislatore, in particolare con l’art. 2 del neo Decreto n. 16/2012 (articolo, peraltro, relativo alle comunicazioni ed adempimenti fiscali).

E’ stata, dunque, introdotta una particolare forma di ravvedimento operoso (c.d. remissione in bonis) al fine di evitare che mere dimenticanze relative a comunicazioni o, in generale, ad adempimenti formali non eseguiti tempestivamente precludano al contribuente, in possesso dei requisiti sostanziali richiesti dalla norma, la possibilità di fruire di benefici fiscali o di regimi opzionali.

 

 

 

 

La particolare norma (remissione in bonis) “intende salvaguardare il contribuente in buona fede”

L’esistenza della buona fede presuppone che il contribuente abbia tenuto un comportamento coerente con il regime opzionale prescelto ovvero con il beneficio fiscale di cui intende usufruire (c.d. comportamento concludente), ed abbia soltanto omesso l’adempimento formale normativamente richiesto, che viene posto in essere solo successivamente.

Pertanto, secondo le Entrate, il particolare beneficio non spetta nei casi in cui il tardivo assolvimento dell’obbligo di comunicazione o dell’adempimento di natura formale rappresenti un mero ripensamento, ovvero una scelta a posteriori basata su ragioni di opportunità.

 

 

Condizioni per la regolarizzazione

Soltanto in assenza di attività di accertamento avviate da parte dell’Amministrazione finanziaria e conosciute dal contribuente è possibile porre in essere, ancorché tardivamente, gli adempimenti necessari al fine di fruire del beneficio o del regime fiscale prescelto.

L’Agenzia, comunque, ritiene che l’inizio di un’attività di accesso, ispezione, verifica o di altra attività amministrativa di accertamento che abbia ad oggetto comparti impositivi diversi da quello cui si riferisce il beneficio fiscale o il regime opzionale non sia ostativo alla possibilità di avvalersi dell’istituto in esame attraverso la successiva trasmissione della comunicazione o l’assolvimento dell’adempimento fiscale richiesto.

Occorre anche che il contribuente possieda i requisiti sostanziali richiesti dalle norme.

Tali requisiti, in particolare, devono essere posseduti alla data originaria di scadenza del termine previsto per la trasmissione della comunicazione o per l’assolvimento dell’adempimento di natura formale propedeutici alla fruizione di benefici di natura fiscale o all’accesso a regimi fiscali opzionali.

Inoltre, il contribuente deve effettuare la comunicazione o eseguire l’adempimento richiesto “entro il termine di presentazione della prima dichiarazione utile”, da intendersi come la prima dichiarazione dei redditi il cui termine di presentazione scade successivamente al termine previsto per effettuare la comunicazione ovvero eseguire l’adempimento stesso.

Qualora l’adempimento omesso rilevi esclusivamente ai fini dell’IVA, il termine cui occorre fare riferimento è quello di presentazione della prima dichiarazione IVA che scade successivamente al termine previsto per effettuare la comunicazione ovvero eseguire l’adempimento stesso.

A tal proposito, viene precisato che per “termine di presentazione” si intende quello ordinario di presentazione del Modello Unico a nulla rilevando il “periodo di tolleranza” di 90 giorni (infatti, come è noto, “sono considerate valide le dichiarazioni presentate entro novanta giorni dalla scadenza del termine, salva restando l’applicazione delle sanzioni amministrative per il ritardo”.

Ebbene, quindi, la scadenza ulteriore dei 90 giorni da quella di presentazione della dichiarazione fiscale, in questo caso, non rileva.

Inoltre, contestualmente alla presentazione tardiva della comunicazione o all’adempimento tardivo occorre versare la sanzione in misura pari a € 258,00, ossia l’importo minimo previsto dall’art. 11, comma 1, del decreto legislativo n. 471 del 1997.

Detta sanzione:

– deve essere versata tramite modello F24 senza possibilità di effettuare la compensazione con crediti eventualmente disponibili;

– non può essere oggetto di ulteriore ravvedimento ai sensi dell’art. 13 del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, dal momento che la sanzione rappresenta l’onere da assolvere per aver diritto al riconoscimento dei benefici concessi dalla norma in esame.

 

 

Ambito oggettivo di applicazione

La norma circoscrive l’ambito di applicazione del nuovo istituto alla fruizione di benefici di natura fiscale e all’accesso ai regimi fiscali opzionali, subordinati all’obbligo di preventiva comunicazione o di altro adempimento di carattere formale.

Sia l’obbligo di comunicazione sia l’adempimento formale devono essere previsti a pena di decadenza dal beneficio o dal regime opzionale.

Ne consegue che la cd. remissione in bonis non si applica riguardo alle comunicazioni o agli adempimenti fiscali la cui non tempestiva esecuzione assume natura di mera irregolarità (e dal cui mancato o tardivo adempimento discenda la sola irrogazione di sanzioni).

Si pensi, ad es., alla comunicazione che, a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2008, deve essere inviata all’Agenzia delle entrate per beneficiare della detrazione, pari al 55%, delle spese sostenute per gli interventi di risparmio energetico (art. 29, comma 6, del D.L. 29 novembre 2008, n. 185, convertito in Legge 28 gennaio 2009, n. 2).

L’omesso invio della suddetta comunicazione non determina la decadenza dall’agevolazione ma l’applicazione della sanzione di cui all’art. 11, comma 1, del D.Lgs. n. 471 del 1997 (sul punto, si veda la circolare n. 21/E del 23 aprile 2010).

Occorre poi individuare il rapporto tra l’istituto in esame (remissione in bonis) ed il regolamento sulla disciplina delle opzioni di cui al D.P.R. 10 novembre 1997, n. 442.

In particolare, tale decreto prevede che “l’opzione e la revoca di regimi di determinazione dell’imposta o di regimi contabili si desumono da comportamenti concludenti del contribuente o dalle modalità di tenuta delle scritture contabili.

La validità dell’opzione e della relativa revoca è subordinata unicamente alla sua concreta attuazione sin dall’inizio dell’anno o dell’attività.

E’ comunque consentita la variazione dell’opzione e della revoca nel caso di modifica del relativo sistema in conseguenza di nuove disposizioni normative”.

Tale disposizione, quindi, per quanto concerne la validità di regimi di determinazione dell’imposta e di regimi contabili di natura opzionale, dà rilevanza unicamente alla loro concreta attuazione sin dall’inizio dell’anno o dell’attività, privilegiando, in altri termini, il comportamento concludente del contribuente o le modalità di tenuta delle scritture contabili.

Del resto, sebbene il contribuente sia tenuto a comunicare l’opzione “nella prima dichiarazione annuale IVA da presentare successivamente alla scelta operata”, la violazione dell’obbligo di comunicazione non preclude l’applicazione del regime di determinazione dell’imposta o del regime contabile, adottato dal soggetto passivo.

Ne consegue che la neo disposizione introdotta dal D.L. n. 16 del 2012 (remissione in bonis) esplica la propria efficacia in ipotesi diverse da quelle cui sono applicabili gli articoli 1 e 2 del D.P.R. n. 442 del 1997, vale a dire nei casi:

– di benefici, agevolazioni o regimi opzionali, diversi da quelli di determinazione dell’imposta o dai regimi contabili, di cui al medesimo D.P.R. n. 442 del 1997;

– di regimi di determinazione dell’imposta o di regimi contabili per i quali la normativa di settore, derogando all’art. 2 del D.P.R. n. 442 del 1997, preveda l’effettuazione di adempimenti di comunicazione o di altri adempimenti formali, a pena di decadenza.

 

 

I casi sanabili

Secondo l’Agenzia delle entrate, l’istituto della remissione in bonis risulta di sicuro applicabile per:

– il regime di tassazione per trasparenza nell’ambito delle società di capitali (art. 115 e seguente del TUIR e D.M. 23 aprile 2004);

– il consolidato fiscale (artt. da 117 a 129 del TUIR e D.M. 9 giugno 2004);

– le disposizioni di favore introdotte per gli enti di tipo associativo (artt. 148 del  TUIR e 4 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633).

Il regime opzionale di trasparenza previsto per le società di capitali partecipate interamente da altre società di capitali (art. 115 del TUIR) e per le S.r.l. a ristretta base proprietaria (art. 116 del TUIR) consente di attribuire direttamente ai soci i redditi prodotti, indipendentemente dall’effettiva percezione, secondo il modello tipico delle società di persone.

Ai sensi dell’art. 4, comma 1, del D.M. del 23 aprile 2004, l’opzione per la trasparenza fiscale deve essere esercitata in modo espresso sia dalla società partecipata (sulla quale gravano gli obblighi di comunicazione all’Agenzia delle entrate), che da ciascuno dei soci (tenuti a inviare raccomandata A/R alla società partecipata contenente l’intenzione di avvalersi del regime opzionale). In particolare, l’opzione deve essere esercitata dalla società trasparente, mediante presentazione del modello di comunicazione.

Come previsto dal provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 4 agosto 2004 che ha approvato il modello, lo stesso “è presentato in via telematica” e “la prova della presentazione è costituita dalla ricevuta rilasciata in via telematica dall’Agenzia delle Entrate che attesta l’avvenuto ricevimento della comunicazione”.

L’esercizio dell’opzione deve avvenire entro il primo dei tre periodi d’imposta della società partecipata a decorrere dal quale la stessa intende far valere il regime di trasparenza.

Come chiarito dalla circolare n. 47/E del 18 giugno 2008, l’invio entro i termini della comunicazione di avvio del regime è “condizione essenziale” per l’ammissione ai relativi benefici, essendo a tal fine irrilevanti eventuali comportamenti concludenti tenuti dal contribuente.

Beneficiando della remissione in bonis, il mancato esercizio dell’opzione è sanabile inviando il modello entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi (Modello Unico) che scade dopo il termine per l’esercizio dell’opzione, versando contestualmente la sanzione di € 258,00.

Così, ad es., se una società con esercizio coincidente con l’anno solare intendeva esercitare l’opzione per il triennio 2011-2013, il modello doveva essere presentato entro il 31 dicembre 2011.

Avvalendosi della remissione in bonis, il mancato invio del suddetto modello può essere sanato presentando lo stesso entro il 1° ottobre 2012 (termine che, eccezionalmente, è stato fissato, in sede di prima applicazione della norma, al 31 dicembre 2012).

Tutto ciò vale anche riguardo alla regolarizzazione dell’opzione per l’istituto del consolidato fiscale di cui agli artt. 117 e seguenti del TUIR.

Al riguardo, l’Agenzia ricorda che il modello di comunicazione per l’esercizio dell’opzione per il consolidato deve essere presentato, ai sensi dell’art. 119, comma 1, lettera d), del TUIR “entro il sedicesimo giorno del sesto mese successivo alla chiusura del periodo d’imposta precedente al primo esercizio cui si riferisce l’esercizio dell’opzione stessa”.

Per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare, quindi, la comunicazione deve essere presentata entro il 16 giugno dell’anno a partire dal quale l’opzione ha effetto.

Ad es., se una società con esercizio coincidente con l’anno solare intendeva esercitare l’opzione per il triennio 2012-2014, il modello di comunicazione doveva essere presentato entro il 16 giugno 2012.

Avvalendosi della speciale sanatoria (rimessione in bonis), il mancato esercizio dell’opzione è sanabile inviando il suddetto modello entro il 1° ottobre 2012 (termine che, in via eccezionale, è fissato, in sede di prima applicazione della norma, al 31 dicembre 2012).

La remissione in bonis può riguardare anche l’omesso invio del modello EAS, ossia della comunicazione dei dati fiscalmente rilevanti necessaria ai fini dell’applicazione del regime fiscale agevolato previsto per gli enti associativi dall’art. 148 del TUIR e dall’art. 4 del D.P.R. n. 633 del 1972.

A tal fine la circolare delle Entrate ricorda che l’art. 30, commi da 1 a 3-bis, del D.L. n.  185 del 2008 ha stabilito che, per beneficiare della non imponibilità, ai fini  IRES e IVA, dei corrispettivi, delle quote e dei contributi, gli enti di tipo associativo devono trasmettere, in via telematica, i dati e le notizie fiscalmente rilevanti, mediante un apposito modello, al fine di consentire gli opportuni controlli.

Il modello di comunicazione dei dati deve essere presentato entro 60 giorni dalla data di costituzione dell’ente.

Beneficiando dell’istituto della remissione in bonis, i contribuenti in possesso dei requisiti sostanziali richiesti dalla norma che non hanno inviato la comunicazione entro il termine previsto possono fruire comunque dei benefici fiscali inoltrando il modello entro il termine di presentazione del Modello Unico successivo all’omissione, versando contestualmente la sanzione pari a € 258,00.

Così, ad es., un ente, che si è costituito a gennaio 2012 e per il quale non sia stato inviato tempestivamente il modello EAS, può inviare quest’ultimo entro il 1° ottobre 2012 (termine che, eccezionalmente, è stato fissato, in sede di prima applicazione della norma, al 31 dicembre 2012).

Altre casi sanabili

Oltre ai casi sopra illustrati, ad ulteriore titolo esemplificativo, l’Agenzia ha osservato che la remissione in bonis si applica anche riguardo:

– all’opzione per l’adesione al regime di liquidazione e versamento mensile o trimestrale dell’IVA di gruppo, previsto dall’art. 73, comma 3, del D.P.R. n. 633 del 1972, così come attuato dal D.M. 13 dicembre 1979. La scelta di avvalersi di detta procedura deve essere manifestata mediante la presentazione dell’apposito modello IVA 26 entro il termine di liquidazione e versamento dell’imposta relativa al mese di gennaio (ovvero, il 16 febbraio in base alle vigenti disposizioni), ai sensi dell’art. 3 del citato decreto del 1979. Con la risoluzione n. 69/E del 21 aprile 1997, si è chiarito che la tempestiva presentazione del modello IVA 26, entro il ricordato termine, costituisce una delle condizioni cui è subordinata la facoltà di avvalersi del sistema di liquidazione “di gruppo” dell’imposta, con possibilità di compensazione tra debiti e crediti. Pertanto, “l’omessa o tardiva presentazione del modello stesso comporta, […], che le intervenute compensazioni tra le società del gruppo debbano intendersi illegittimamente eseguite, con l’ulteriore conseguenza che gli Uffici di rispettiva competenza dovranno riliquidare l’IVA periodica e di conguaglio, nonché l’eventuale acconto d’imposta, separatamente per ogni società del gruppo (ivi compresa la società controllante”, al fine di determinare sia l’imposta da recuperare nei confronti delle singole società sia la base di commisurazione delle sanzioni applicabili. Così, ad es., se una società con esercizio coincidente con l’anno solare intendeva avvalersi della facoltà di effettuare le liquidazioni di gruppo per l’anno d’imposta 2012, la stessa doveva inviare l’apposita comunicazione entro il 16 febbraio 2012. Avvalendosi della sanatoria in commento (remissione in bonis), il mancato invio del modello IVA 26 è sanabile entro il 1° ottobre 2012 (termine che, eccezionalmente, è stato fissato, in sede di prima applicazione della norma, al 31 dicembre 2012);

– all’opzione per la determinazione dell’IRAP in base al bilancio. Al riguardo, l’Agenzia ha ricordato che, ai sensi dell’art. 5-bis, comma 2, del D.Lgs. n. 446 del 1997, le società di persone e gli imprenditori individuali in contabilità ordinaria possono avvalersi della facoltà di determinare la base imponibile IRAP – in luogo del regime naturale fondato sulle disposizioni del TUIR – secondo le medesime regole previste per le società di capitali (principio di derivazione dal bilancio), utilizzando un apposito modello. Come chiarito con la circolare n. 60/E del 28 ottobre 2008, tale modello deve essere inoltrato, “pena l’inefficacia dell’opzione stessa”, all’Agenzia delle entrate entro il termine di 60 giorni dall’inizio del periodo d’imposta per il quale si intende applicare la disciplina in parola. Così, ad es., se una società di persone non ha esercitato tempestivamente l’opzione per l’anno d’imposta 2012, la stessa, avvalendosi della sanatoria in commento (remissione in bonis), può inviare l’apposito modello entro il 1° ottobre 2012 (termine che, eccezionalmente, è stato fissato, in sede di prima applicazione della norma, al 31 dicembre 2012).

– alla tonnage tax. Tale regime si applica al reddito delle navi che presentano i requisiti di cui all’art. 155, commi 1 e 2, del TUIR, così come integrato dall’art. 6, comma 1, del Decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze del 23 giugno 2005. Inoltre, per ogni nave, è necessario adempiere all’obbligo di formazione dei cadetti (ovvero imbarcare un allievo ufficiale o versare al fondo nazionale marittimi o istituzioni analoghe un importo determinato). L’opzione per la determinazione forfettaria del reddito: – deve essere inviata telematicamente all’Agenzia delle entrate entro tre mesi dall’inizio del periodo d’imposta a partire dal quale si applica, utilizzando l’apposito modello (per le imprese neo costituite, il predetto termine decorre dalla data di costituzione); – va esercitata relativamente a tutte le navi aventi i requisiti richiesti, conseguiti entro la chiusura del periodo d’imposta; – può essere relativa ad una singola società di navigazione oppure relativa ad un gruppo d’imprese; – è irrevocabile per 10 esercizi sociali e può essere rinnovata, con le medesime modalità, entro 3 mesi dall’inizio del periodo successivo alla scadenza.

Come previsto dall’art. 3, comma 3, del Decreto del 23 giugno 2005 (e dalla circolare n. 72/E del 21 dicembre 2007), l’invio telematico della comunicazione è stabilito “a pena d’inefficacia”. Pertanto, l’omesso invio di detta comunicazione può essere regolarizzato avvalendosi della sanatoria in commento (remissione in bonis), al ricorrere di tutti i presupposti richiesti. Ad es., se una società, con esercizio coincidente con l’anno solare, intendeva avvalersi del regime della tonnage tax a partire dal periodo d’imposta 2012, la stessa doveva esercitare l’opzione entro il 31 marzo dello stesso anno. Avvalendosi della sanatoria in commento (remissione in bonis) il mancato esercizio dell’opzione è sanabile entro il termine di presentazione del Modello Unico 2012 ovvero entro il 1° ottobre 2012 (termine che, eccezionalmente, è stato fissato, in sede di prima applicazione della norma, al 31 dicembre 2012).

Decorrenza

Le speciali disposizioni contenute nel D.L. n. 16 del 2012, il quale è entrato in vigore il 2 marzo 2012, si applicano avuto riguardo alle irregolarità per le quali, alla suddetta data di entrata in vigore, non sia ancora scaduto il termine di presentazione della prima dichiarazione utile ai fini della regolarizzazione.

Poiché, peraltro, la fruizione del beneficio fiscale ovvero l’accesso al regime opzionale trovano, di fatto, compiuta rappresentazione solamente nella dichiarazione relativa al periodo d’imposta in cui il contribuente se ne è avvalso, in applicazione del principio di legalità espresso dall’art. 3, comma 3, del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, nonché in considerazione della ratio della disposizione in esame, l’Agenzia delle entrate ritiene che la remissione in bonis si applica anche riguardo alle irregolarità per le quali, alla suddetta data di entrata in vigore, sia scaduto il termine di presentazione della prima dichiarazione utile ma non sia ancora scaduto quello di presentazione della dichiarazione riguardante il periodo d’imposta nel quale l’adempimento è stato omesso.

Si tratta, ad es., degli adempimenti omessi nel 2011 dai contribuenti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare.

Peraltro, in sede di prima applicazione della norma, la stessa Agenzia ritiene che, in attuazione di principi di tutela dell’affidamento e della buona fede, il termine entro cui regolarizzare le omissioni, peraltro analiticamente individuate nella parte soprastante, (compresi gli adempimenti omessi nel  periodo d’imposta per il quale il termine di presentazione della relativa dichiarazione è scaduto successivamente al 2 marzo 2012) sia il 31 dicembre 2012.

 

 

Riparto del cinque per mille

Oltre alla remissione in bonis, a carattere generale, di cui al comma 1, l’art. 2, disciplina, al comma 2, una forma di ravvedimento particolare per gli enti che non hanno assolto, in tutto o in parte, entro i termini di scadenza, gli adempimenti richiesti per partecipare al riparto del cinque per mille.

Infatti, ai sensi del citato articolo, a decorrere dall’esercizio finanziario 2012 possono partecipare al riparto del 5 per mille dell’imposta sul reddito delle persone fisiche gli enti che pur non avendo assolto in tutto o in parte, entro i termini di scadenza, agli adempimenti richiesti per l’ammissione al contributo:

a) abbiano i requisiti sostanziali richiesti dalle norme di riferimento;

b) presentino le domande di iscrizione e provvedano alle successive integrazioni documentali entro il 30 settembre;

c) versino contestualmente l’importo pari alla misura minima della sanzione stabilita dall’art. 11, comma 1, del D.Lgs. n. 471/1997, senza possibilità di compensazione.

Pertanto, per potere fruire di detta regolarizzazione i soggetti che intendono partecipare al riparto del cinque per mille e che non abbiano tempestivamente eseguito gli adempimenti nei termini previsti devono:

– possedere i requisiti sostanziali richiesti dalle relative disposizioni;

– presentare la domanda di iscrizione entro il 30 settembre;

– effettuare, entro la medesima data del 30 settembre, le successive integrazioni documentali;

– versare la sanzione in misura pari a € 258,00, utilizzando il codice tributo “8115” (risoluzione n. 46/E del 2012). Detta sanzione deve essere versata tramite modello F24 senza possibilità di effettuare la compensazione con crediti eventualmente disponibili. La sanzione non può essere oggetto di ulteriore ravvedimento dal momento che la stessa rappresenta l’onere da assolvere per aver diritto al riconoscimento dei benefici concessi dalla disposizione in esame.

L’ambito di applicazione ed il possesso dei requisiti per l’ammissione al beneficio sono già stati illustrati nella circolare n. 10/E del 20 marzo 2012.

 

 

Consolidato: cessione delle eccedenze (art. 2, commi 3 e 3-bis)

La società capogruppo, che ha optato per il regime del consolidato fiscale, può validamente utilizzare l’eccedenza IRES emergente dal modello CNM (eccedenza IRES di gruppo) per compensarla con i propri debiti tributari, anche ove tale cessione non sia stata correttamente indicata negli appositi quadri delle dichiarazioni dei redditi presentate dalla società consolidante (modello CNM e modello UNICO SC).

Stessa cosa vale nell’ipotesi in cui la cessione dell’eccedenza avvenga nei confronti di società diversa dalla consolidante.

La mancata indicazione degli estremi del soggetto cessionario e dell’importo ceduto, sebbene non infici la validità del trasferimento del credito ed il suo utilizzo in compensazione, comporta l’applicazione della sanzione di € 2.065,00 euro, utilizzando il codice tributo “8116” (risoluzione n. 46/E del 2012).

L’adesione al consolidato comporta oltre che una particolare modalità di determinazione del reddito da assoggettare ad IRES e di utilizzo delle perdite, anche una particolare disciplina della cessione delle eccedenze e dei crediti d’imposta individuali, a favore del gruppo.

Infatti, le società consolidate che intendono trasferire alla consolidante i propri crediti d’imposta debbono rispettare i seguenti limiti:

– i crediti possono essere trasferiti da ciascuna consolidata alla consolidante per un ammontare non superiore all’IRES risultante, a titolo di saldo e di acconto, dalla dichiarazione dei redditi del consolidato. Gli stessi crediti possono essere utilizzati dalla controllante esclusivamente per il pagamento della predetta IRES;

– non possono essere trasferiti crediti utilizzabili in compensazione di importo superiore al limite di 516.456,90 euro (circolare n. 53/E del 20 dicembre 2004).

Per effetto della novità (comma 3-bis dell’art. 2 del D.L. n. 16/2012) viene fatta salva l’efficacia giuridica dell’eventuale cessione di eccedenze utilizzabili in compensazione tra soggetti partecipanti alla tassazione di gruppo anche quando la stessa sia stata realizzata in assenza dei richiesti adempimenti di carattere formale (indicazione degli estremi del soggetto cessionario, dell’importo ceduto o della tipologia di tributo oggetto di cessione).

Resta ferma anche in tal caso l’applicazione della sanzione nella misura massima stabilita dalla norma, ossia 2.065,00 euro utilizzando il codice tributo 8116 (citata risoluzione n. 46/E del 2012).

 

 

6 ottobre 2012

 

 

Vincenzo D’Andò