Le regole per il giudicato esterno

se i soci di una S.n.c. ricorrono separatamente contro l’atto impositivo del Fisco, la sentenza di uno dei giudizi è vincolante anche per gli altri? Questa ed una serie di altre considerazioni vengono analizzate e risolte definitivaemnte con l’aiuto della giurisprudenza della Cassazione

Con sentenza n. 14058 del 3 agosto 2012 (ud. 20 giugno 2012) la Corte di Cassazione ha di fatto fissato regole e paletti per il giudicato esterno.

 

Il processo

L’Agenzia delle Entrate ha notificato un avviso d’accertamento ai fini ILOR, per l’anno 1997, nei confronti di una S.n.c., contestando indebite contabilizzazioni di acquisti per operazioni soggettivamente inesistenti, ed omessa fatturazione di operazioni imponibili, ed ha, di conseguenza, rettificato il reddito da partecipazione sociale, ritratto, nello stesso anno, dai due soci.

I ricorsi, autonomamente proposti dalla Società e dai soci, sono stati accolti in prime cure limitatamente al recupero dei ricavi, e tali decisioni, impugnate da tutte le parti, sono state confermate, dopo esser state riunite, dalla CTR della Sicilia.

Per la cassazione di tale sentenza parzialmente soccombente, hanno proposto ricorso le parti, deducendo che, “nelle more del termine per l’impugnazione della sentenza d’appello, è passata in giudicato la sentenza n. 304/18/06, con cui la CTR della Sicilia, Sezione staccata di Catania, ha annullato la rettifica IVA relativa all’anno 1997, fondata sullo stesso pvc della G di F che aveva dato luogo all’accertamento impugnato e sui medesimi presupposti fattuali e giuridici”. Inoltre, “la circostanza che il giudicato sull’IVA riguardi solo la Società, parte del relativo giudizio, proseguono i ricorrenti, non osta acchè l’effetto caducatorio di quell’accertamento travolga il reddito da partecipazione dei soci, a sua volta dipendente da quello societario, definendo, dunque, l’intero giudizio”.

In sede di memoria, i ricorrenti fanno presente che con altre due sentenze, passate in giudicato (depositate ex art. 372 c.p.c.), le riprese relative ad IVA nonchè ad IRPEG ed ILOR relative all’anno 1997 sono state annullate, anche, nei confronti della Società cessionaria.

 

I motivi della decisione

Per la Corte i motivi addotti sono infondati. “Questa Corte ha, già, affermato il principio secondo cui in caso d’impugnazione separata di distinti avvisi di accertamento, emessi rispettivamente ai fini dell’IVA e delle imposte sui redditi, con cui l’Amministrazione finanziaria abbia fatto valere l’inesistenza soggettiva di operazioni commerciali, la sentenza emessa in uno dei giudizi non spiega efficacia di giudicato nell’altro, in quanto la problematica relativa alla detraibilità dell’IVA può anche risolversi secondo criteri di fatto diversi da quelli riguardanti la deducibilità dei costi dalla base imponibile delle imposte sui redditi (Cass. n. 25200 del 2009; n. 15396 del 2008 e 16816 del 2008)”.

Il Collegio ritiene di dare continuità al predetto orientamento, “in quanto coerente con il principio in base al quale una lite può dirsi coperta dall’efficacia del giudicato di una precedente sentenza, resa tra le stesse parti, solo quando il giudizio introdotto per secondo investa il medesimo rapporto giuridico che ha formato oggetto del primo: in difetto di tale presupposto, la circostanza che la seconda lite richieda accertamenti di fatto già compiuti nel corso della prima, non ha rilevanza in quanto l’efficacia oggettiva del giudicato non può mai investire singole questioni di fatto o di diritto (Cass. n. 2594 del 2010; cfr., anche Cass. n. 19310 del 2011, in cui si afferma che la preclusione da giudicato è, bensì, applicabile anche nel caso in cui gli atti tributari impugnati nei due giudizi siano diversi – in quel caso un avviso di accertamento ed una cartella di pagamento -, quando però – a differenza che nella specie – sia identico l’oggetto dei giudizi medesimi, id est il rapporto tributario sottostante)”.

Richiamando precedenti pronunce, la Corte ha precisato che “il giudicato relativo ad un singolo periodo d’imposta non è idoneo a far stato in quelli antecedenti o successivi”, se non limitatamente a “qualificazioni giuridiche” o ad altri eventuali “elementi preliminari” aventi carattere di durevolezza nel tempo, “non estendendosi detto vincolo a tutti i punti che costituiscono antecedente logico della decisione, ed in particolare alla valutazione delle prove ed alla ricostruzione dei fatti” (così Cass. n. 13897 del 2008 citata dalla ricorrente, ed, in generale, Cass. SU n. 13916 del 2006, e Cass. n. 1198 del 2011 in motivazione).

Inoltre, prosegue la sentenza, il giudicato, ai fini sia delle imposte sui redditi che dell’IVA, formatosi nei confronti della Società non spiega alcuna efficacia nel presente giudizio, essendo intervenuto tra soggetti diversi dalle odierne parti in causa ed essendo il principio di cui all’art. 2909 c.c. applicabile solo tra le parti, i loro eredi o aventi causa.

L’assenza della preclusione da giudicato nei confronti della Società esclude la rilevanza della questione dei relativi effetti sul reddito da partecipazione dei soci.

 

Brevi considerazioni

In estrema sintesi i punti fissati dalla Corte sono i seguenti:

  • in caso d’impugnazione separata di distinti avvisi di accertamento, emessi rispettivamente ai fini dell’IVA e delle imposte sui redditi, la sentenza emessa in uno dei giudizi non spiega efficacia di giudicato nell’altro;

  • una lite può dirsi coperta dall’efficacia del giudicato di una precedente sentenza, resa tra le stesse parti, solo quando il giudizio introdotto per il secondo investa il medesimo rapporto giuridico che ha formato oggetto del primo;

  • l’efficacia oggettiva del giudicato non può mai investire singole questioni di fatto o di diritto;

  • il giudicato relativo ad un singolo periodo d’imposta non è idoneo a far stato in quelli antecedenti o successivi;

  • il giudicato, ai fini sia delle imposte sui redditi che dell’IVA, formatosi nei confronti di un soggetto non spiega alcuna efficacia nei confronti di soggetti diversi.

 

Le diverse modalità di tassazione, ai fini Iva e imposte sui redditi, sono state evidenziate dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 1633/2003, ove è stato affermato che ai fini IVA non assume rilievo la ricostruzione del reddito d’impresa ai fini delle imposte sui redditi, in quanto la base imponibile è costituita direttamente dall’ammontare dei corrispettivi delle singole operazioni.

Come è noto, i due sistemi di tassazione sono rivolti l’uno a disciplinare le componenti essenziali del reddito d’impresa, l’altra a determinare correttamente la base imponibile.

Si rileva che, tuttavia, con una pronuncia sempre della Suprema Corte di Cassazione – sentenza n. 792 del 6 giugno 2002, depositata il 20 gennaio 2003 – è stato affermato che il valore dei fatti economici accertato ai fini di una imposta vincola l’Amministrazione finanziaria anche nell’ambito applicativo di altri tributi, ove i fatti economici siano i medesimi e le singole leggi d’imposta non stabiliscano differenti criteri di valutazione.

In senso conforme a tale pensiero, la Corte di Cassazione, con sentenza n. 19321 dell’8 settembre 2006, ha affermato che l’applicazione dei principi costituzionali di uguaglianza, legalità imparzialità amministrativa e capacità contributiva comporta che, anche in difetto di un’espressa previsione legislativa, il valore accertato dall’Amministrazione finanziaria ai fini applicativi di un’imposta (nella specie, l’Irpef) vincola la stessa Amministrazione anche in riferimento all’applicazione di altri tributi (nel caso, l’Iva), ove i fatti economici siano i medesimi e le singole leggi d’imposta non stabiliscano differenti criteri di valutazione ( fr. anche Cassazione sentenze n. 11456/2002 e n. 21055/2005).

Tuttavia, sul punto, va registrata una ulteriore pronuncia della Corte di Cassazione (sentenza n. 2438 del 5 febbraio 2007). La Corte, pur prendendo atto del principio statuito a sezioni unite (sentenza n. 13916 del 13 giugno 2006), secondo cui “qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano riferimento al medesimo rapporto giuridico, ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento … compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe la cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il petitum del primo“, e che “tale efficacia, riguardante anche i rapporti di durata, non trova ostacolo, in materia tributaria, nel principio dell’autonomia dei periodi di imposta, in quanto l’indifferenza della fattispecie costitutiva dell’obbligazione relativa ad un determinato periodo rispetto ai fatti che si siano verificati al di fuori dello stesso … si giustifica soltanto in relazione ai fatti non aventi caratteristica di durata e comunque variabili da periodo a periodo … e non anche rispetto agli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi d’imposta (ad esempio, le qualificazioni giuridiche preliminari all’applicazione di una specifica disciplina tributaria), assumono carattere tendenzialmente permanente”, afferma che, nella specie, “l’anticipata ininfluenza dell’addotto giudicato (esterno) sulla presente fattispecie discende dal rilievo che questa ha ad oggetto un rapporto giuridico che, quando anche accertato nel corso delle medesime indagini (in specie, in base alle stesse risultanze dei movimenti bancari fiscalmente non giustificati, pure considerate dall’altro giudice), è del tutto diverso da quello deciso con la detta sentenza passata in cosa giudicata in quanto la presente controversia concerne imposte (Irpeg-Ilor) strutturalmente ed oggettivamente differenti dall’imposta sul valore aggiunto (Iva) sulla quale ha statuito quella decisione. Nell’ambito concettuale (e, quindi, nomofilattico) della (portata innovativa della) pronuncia delle Sezioni Unite richiamata all’inizio, invero, l’accertamento dell’inesistenza di qualsivoglia rapporto giuridico rilevante tra le due fattispecie impone, per coerenza sistematica, di trarre le logiche conseguenze dall’autonomia dei singoli periodi di ciascuna imposta positivamente sancita (expressis verbis) dal legislatore e di tenere conto della sostanziale, ontologica differenza giuridica esistente tra imposte diverse in ogni ipotesi di inesistenza (come nella specie) di un vincolo giuridico tra le stesse: si consideri, per quanto interessa la fattispecie in esame, che la mancanza di certezza della riferibilità delle movimentazioni bancarie ad operazioni imponibili del professionista (essendosi soltanto il sospetto, giustificato, di tale appartenenza), affermata dal giudice nella sentenza passata in cosa giudicata, è comunque limitata alle operazioni imponibili, le sole rilevanti ai fini dell’Iva, per cui la stessa non contiene (né poteva contenere, considerato l’ambito oggettivo di quel processo) nessun accertamento anche in ordine all’eventuale non riferibilità di quelle stesse movimentazioni bancarie a ricavi, ovverosia ad elementi aventi rilievo ai fini della determinazione del reddito imponibile del contribuente”.

Da ultimo, con sentenza n. 6913 del 25 marzo 2011 (ud. del 4 gennaio 2011) la Corte di Cassazione ha confermato che il principio di autonomia e separazione degli atti impositivi rende irrilevante la mancata opposizione e conseguente definitività di un avviso di accertamento (ai fini delle imposte dirette) in relazione alla fondatezza di altro e diverso avviso, ai fini Iva, il quale può sì trarre dai medesimi fatti le ragioni della rettifica, sempre che ne permanga inalterata l’efficacia probatoria nel contesto del presupposto impositivo dell’altro tributo. Per la Corte, “il principio della autonomia degli atti di accertamento per imposte diverse la intervenuta definitività di uno di essi per mancanza di opposizione è irrilevante in ordine alla fondatezza o meno dell’altro, non essendo tale caratteristica equiparabile ad un giudicato, anche parziale e limitato ad un presupposto di fatto comune ad entrambi. È invece ovvio che elementi probatori e presuntivi tratti da un accertamento possano essere richiamati in un accertamento diverso, ma in questo valgono in quanto gli elementi richiamati siano concretamente idonei a svolgere anche in tale sede valore di prova; in tal caso, tuttavia, detti elementi, ove giudizialmente contestati, devono essere separatamente esaminati e criticamente valutati sotto tale profilo dal giudice del merito ”.

 

7 settembre 2012

Roberta De Marchi