Accertamento e studi di settore: i chiarimenti dall'Agenzia

la recente circolare dell’Agenzia chiarisce, in merito all’applicazione degli studi di settore, come va gestita la fase del contraddittorio da parte degli uffici

Con circolare n. 30 dell’11 luglio 2012, l’Agenzia delle Entrate ha diramato una serie di indicazioni in ordine agli studi di settore per il periodo d’imposta 2011.

Soffermiamo la nostra attenzione su alcuni aspetti legati all’attività di accertamento e contraddittorio.

 

UTILIZZO RETROATTIVO DI STUDI EVOLUTI E DI QUELLI “INTEGRATI”

L’amministrazione finanziaria, con diversi documenti di prassi, più volte, ha evidenziato che gli studi di settore evoluti possono essere utilizzati, ai fini dell’accertamento, ove più favorevoli al contribuente ed a richiesta del medesimo, anche con riguardo a periodi d’imposta precedenti quello della loro entrata in vigore (cfr paragrafo 2.1 della circolare n. 23/E del 2006, richiamato anche dal paragrafo 5 della circolare n. 34/E del 2010).

In particolare, con la circolare n. 23/E del 2006 era stato chiarito che, “in sede di contraddittorio, l’Ufficio dovrà attentamente valutare, caso per caso, l’eventuale accoglimento della richiesta avanzata dai contribuenti di far valere le risultanze dello studio di settore evoluto per giustificare scostamenti tra l’ammontare dei ricavi dichiarati e quelli presunti in base alla precedente versione dello stesso studio. In particolare, l’Ufficio avrà cura di verificare se effettivamente il nuovo studio evoluto sia in grado di poter meglio valutare la posizione del contribuente anche per i periodi d’imposta precedenti e con riferimento alle medesime attività esercitate e previste nello studio evoluto”.

Le Entrate osservano, però, che la base dati 2009, utilizzata per elaborare gli studi evoluti per il periodo di imposta 2011, ha mostrato significative modifiche nello svolgimento delle attività soggette agli studi, per lo più riconducibili agli effetti della specifica crisi economica e dei mercati.

Pertanto, i risultati degli studi di settore, la cui evoluzione è stata approvata con i decreti ministeriali 28 dicembre 2011, non potranno essere utilizzati, in fase accertativa, per i periodi d’imposta precedenti al 2011.

Ovviamente, la possibilità di utilizzo retroattivo è esclusa anche per le risultanze che derivino dagli studi in parola e dai restanti studi, non in evoluzione per il 2011, integrati dagli interventi correttivi apportati dal decreto 13 giugno 2012, in quanto tali risultanze tengono conto degli effetti della crisi economica del 2011, non applicabili ad annualità precedenti (cfr articolo 1 del citato decreto ministeriale 13 giugno 2012).

Alla medesima conclusione si perviene in relazione alla possibilità di utilizzo per annualità successive al 2011 degli studi di settore integrati dagli interventi correttivi apportati dal decreto 13 giugno 2012.

In conclusione, le risultanze degli studi applicabili al periodo di imposta 2011 (quindi comprensivi dei correttivi approvati con decreto ministeriale 13 giugno 2012) trovano applicazione, ai fini dell’accertamento, per il solo periodo d’imposta 2011.

 

UTILIZZO DELLE RISULTANZE DEGLI INDICATORI DI COERENZA IN FASE DI ANALISI DEL RISCHIO E ATTIVITÀ DI CONTROLLO

Come già specificato anche nella circolare n. 18/E del 31.05.12, la circolare appena diramata ricorda che, in fase di individuazione delle posizioni a maggior rischio di evasione, gli Uffici devono analizzare attentamente, per i soggetti che hanno presentato il modello degli studi di settore, le risultanze del posizionamento degli indicatori di coerenza economica e di quelli di normalità economica.

Infatti, tali informazioni hanno una rilevanza strategica nell’orientare le attività di controllo, atteso che sono finalizzate a cogliere infedeli compilazioni dei modelli degli studi di settore.

La presenza di scostamenti rilevanti, rispetto alle soglie indicate dai relativi studi, per gli indicatori di coerenza economica correlati ai ricavi e compensi dichiarati potrebbe confermare la bontà della selezione effettuata e la possibilità che il soggetto interessato possa aver omesso di dichiarare componenti positivi di reddito.

 

IL CONTRADDITTORIO

Con l’occasione le Entrate richiamano nuovamente l’attenzione degli uffici sulla necessità di predisporre, nelle fasi di adesione, indipendentemente dall’esito, i verbali di contraddittorio adeguatamente motivati e argomentati in merito a quanto emerso in tale sede.

In materia di studi di settore, ricordiamo che la Corte di Cassazione, in una delle sue prime pronunce sul tema, con la sentenza n. 17229/2006, ha sancito l’illegittimità dell’accertamento non in funzione di un’asserita mancanza di efficacia probatoria degli studi, ma in relazione proprio all’assenza del contraddittorio, fase fondamentale dell’attività istruttoria da parte dell’ufficio, in quanto garantisce al contribuente di vincere la presunzione costituita dagli studi di settore e, quindi, di far valere la regolarità del proprio operato. Per la Corte, infatti, è necessario “che l’attività istruttoria amministrativa sia completata nel rispetto del principio generale del giusto procedimento, cioè consentendo al contribuente, ai sensi dell’art. 12, comma 7, della L. 27 luglio 2000, n. 212, di intervenire già in sede procedimentale amministrativa, prima di essere costretto ad adire il giudice tributario, di vincere la mera praesumptio hominis costituita dagli studi di settore”.

Successivamente, le sezioni unite, 18 dicembre 2009, n. 26635), hanno fissato il seguente principio: “la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema unitario che non si colloca all’interno della procedura di accertamento di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, ma la affianca, essendo indipendente dall’analisi dei risultati delle scritture contabili, la cui regolarità, per i contribuenti in contabilità semplificata, non impedisce l’applicabilità dello standard, nè costituisce una valida prova contraria, laddove, per i contribuenti in contabilità ordinaria, l’irregolarità della stessa costituisce esclusivamente condizione per la legittima attivazione della procedura standardizzata“; e secondo la quale tale procedura di accertamento “costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli standards in sè considerati – meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività – ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, on il contribuente. In tale sede, quest’ultimo ha l’onere di provare, senza limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza di condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti cui possono essere applicati gli standards o la specifica realtà dell’attività economica nel periodo di tempo in esame, mentre la motivazione dell’atto di accertamento non può esaurirsi nel rilievo dello scostamento, ma deve essere integrata con la dimostrazione dell’applicabilità in concreto dello standard prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente”.

Tuttavia, precisa la Corte, l’esito del contraddittorio “non condiziona l’impugnabilità dell’accertamento, potendo il giudice tributario liberamente valutare tanto l’applicabilità degli standards al caso concreto, da dimostrarsi dall’ente impositore, quanto la controprova offerta dal contribuente che, al riguardo, non è vincolato alle eccezioni sollevate nella fase del procedimento amministrativo e dispone della più ampia facoltà, incluso il ricorso a presunzioni semplici, anche se non abbia risposto all’invito al contraddittorio in sede amministrativa, restando inerte. In tal caso, però, egli assume le conseguenze di questo suo comportamento, in quanto l’Ufficio può motivare l’accertamento sulla sola base dell’applicazione degli standards, dando conto dell’impossibilità di costituire il contraddittorio con il contribuente, nonostante il rituale invito, ed il giudice può valutare, nel quadro probatorio, la mancata risposta all’invito“.

 

COMUNICAZIONI DI ANOMALIA 2012

Analogamente a quanto effettuato negli anni precedenti, dal 2007 al 2011, anche per il 2012 è stata ripetuta l’attività di invio di comunicazioni relative a particolari anomalie che, seppur in presenza di “congruità” agli studi di settore, risultano probabilmente originate dalla omessa o non corretta indicazione di dati per l’applicazione degli studi, ovvero dal comportamento di soggetti che, seppur tenuti, non hanno presentato il modello dei dati rilevanti per gli studi di settore.

Le anomalie oggetto di comunicazione possono essere raggruppate nelle seguenti quattro macrocategorie:

  • incoerenze di magazzino;

  • mancata indicazione del valore dei beni strumentali;

  • incongruenze nei dati dichiarati nel modello studi di settore, ovvero tra questi e i dati dichiarati nel modello Unico;

  • indicatore “incidenza dei costi residuali di gestione sui ricavi” superiore al doppio della soglia massima.

 

Ricordiamo che nella comunicazione viene precisato che, qualora le anomalie evidenziate fossero riscontrate anche nella dichiarazione relativa al periodo d’imposta 2012, la posizione del contribuente sarà inserita in apposite liste selettive utilizzate per i controlli fiscali.

In merito si richiamano, in relazione alle comunicazioni inviate nel 2010, le indicazioni già fornite con la circolare 18/E del 31 maggio 2012.

 

17 luglio 2013

Francesco Buetto