Costi infragruppo: il caso dei costi di regia

analisi di una recente sentenza di Cassazione che illustra la corretta suddivisione (a fini reddituali) dei costi infragruppo

Con Ordinanza n. 8808 dell’1 giugno 2012 (ud. 26 aprile 2012) la Corte di Cassazione si è occupata dei cd. costi di regia

 

Il fatto

L’agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della CTR Lazio n. 29/03/06, depositata il 26 ottobre 2006, con la quale veniva accolto l’appello della società, contro la sentenza della CTP, avverso l’avviso di accertamento relativo all’Irpeg ed Iva per il 1999.

In particolare il giudice di secondo grado osservava che i costi relativi all’acquisto di pagine pubblicitarie a favore di altra società partecipata erano inerenti, e perciò deducibili per intero.

 

Il motivo di doglianza

L’amministrazione finanziaria deduce violazione di norme di legge, in quanto la CTR non considerava che i costi relativi all’acquisto di spazi pubblicitari sul quotidiano (OMISSIS), edito dalla partecipata T.P.E. srl. a favore dell’altra partecipata, e cioè la E.M., con riferimento al quotidiano (OMISSIS), edito da quest’ultima, non potevano essere dedotti per intero dalla capogruppo, ma semmai in proporzione al vantaggio trattone, sicchè essi dovevano essere ripartiti fra le varie società interessate.

 

La sentenza

La Corte condivide la censura, “atteso che in tema di imposte sul reddito, e con riferimento alla determinazione del reddito d’impresa, è legittima la deduzione, da parte di una società di capitali avente stabile organizzazione in Italia, ma facente parte di un gruppo multinazionale, ovvero di una capogruppo, di una quota delle spese generali sostenute – sia in Italia che altrove – dalla anche se da questa non ripartite “pro quota” tra tutte le società partecipate, purchè si tratti di costi inerenti all’attività d’impresa (cfr. anche Cass. Sentenze n. 4416 del 21/02/2008, n. 1709 del 2007), mentre invece la deduzione era stata operata per l’intero dei costi nella specie”.

Inoltre, “in tema di IVA, qualora la società capofila, di un gruppo di imprese, al fine di coordinare le scelte operative delle aziende formalmente autonome e ridurre i costi di gestione attraverso economie di scala, fornisca servizi e curi direttamente le attività di interesse comune alle società del gruppo ripartendone i costi fra le affiliate, l’onere della prova in ordine all’esistenza ed all’inerenza dei costi sopportati incombe sulla società che affermi di aver ricevuto il servizio, occorrendo, affinchè il corrispettivo riconosciuto alla capogruppo sia detraibile ai sensi del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 19, che la controllata tragga dal servizio remunerato un’effettiva utilità e che quest’ultima sia obiettivamente determinabile ed adeguatamente documentata, mentre nella specie era la prima che doveva fornire la prova precisa su tali elementi, e che invece era mancata (v. pure Cass. Sentenze n. 2681 del 21/12/2009, n. 13197 dei 2009)”.

 

Brevi note

In tema di imposte sul reddito d’impresa, la legittimità della deduzione, da parte di una società avente sede all’estero e con stabile organizzazione in Italia, di una quota delle spese generali (c.d. costi di regia) sostenute dalla società capogruppo vanno ripartite pro quota tra le società partecipate, ed esige che il requisito dell’inerenza dei costi sostenuti all’oggetto dell’attività sia dimostrato da idonea attestazione tecnico-contabile e dalla inesistenza di duplicazione di costi.

In ordine alla prova questa può dirsi raggiunta quando la natura e la composizione dei servizi prestati alla stabile organizzazione e la loro funzionalità all’attività di questa risultino dai prospetti redatti dalla capogruppo e certificati da una società internazionale di revisione, tenuto conto della funzione di controllo pubblicistico che questa svolge, in posizione di indipendenza rispetto al soggetto conferente l’incarico e della responsabilità, civile e penale, in cui incorre il revisore, iscritto in apposito Albo tenuto dalla CONSOB, che attesti dati non veritieri. Ne consegue che la revisione, articolata mediante relazioni sulla corrispondenza dei dati di bilancio e del conto profitti e perdite alle risultanze delle scritture contabili, rende affidabili le relative attestazioni che, assumendo valore di prova decisiva, non possono essere disattese dall’Amministrazione Finanziaria o dal giudice, se non contrastate da prove di eguale portata (Cass. n. 6532 del 18 marzo 2009,ud. del 3 febbraio 2009).

Le cessioni di beni e le prestazioni di servizi realizzate tra società facenti parte di gruppi multinazionali, sono oggetto di attento esame da parte dell’Amministrazione finanziaria, che alla luce dell’art. 110, c. 7, del T.U. n.917/86, può contestare alla società italiana, la violazione della normativa sul cd. transfer price, cioè “la congruità ” dei prezzi di trasferimento.

Le prescrizioni contenute nell’art.7, terzo paragrafo, del modello OCSE 1979, prevedono che “… nella determinazione degli utili di una stabile organizzazione, sono ammesse in deduzione le spese sostenute per gli scopi perseguiti dalla stabile organizzazione – comprese quelle di direzione e le spese generali di amministrazione – sia nello Stato in cui è situata la stabile organizzazione, sia altrove…”.

Il vantaggio – l’utilità – si ritiene sussistente non solo nei casi in cui le prestazioni fornite hanno prodotto “un aumento del fatturato o una diminuzione dei costi, ben potendo, invece, realizzarsi un risultato non monetizzabile1” (miglioramento dei sistemi dei controlli interni, ottimizzazione dei rapporti col personale, accrescimento del prestigio dell’azienda o delle capacità commerciali).

Il “vantaggio“, comunque, deve essere diretto, effettivo e non incidentale. In pratica, deve trattarsi di un costo che la associata avrebbe sostenuto ugualmente, indipendentemente dall’obbligo imposto dalla società capogruppo .

In ordine all’inerenza delle cd. spese di regia, ricordiamo il pronunciamento n.10062 del 1° agosto 2000 – 17 maggio 2000, ove la Cassazione ha puntualizzato che spetta agli Uffici la facoltà di accertare in concreto la sussistenza, l’effettività e la congruità dei costi dedotti sulla base della documentazione fornita e di qualunque altro dato rilevante a tali fini, con la possibilità per il Fisco italiano di chiedere, sia alla Casa madre che alla filiale sita nel territorio dello Stato, di fornire tutti gli elementi necessari per potere esprimere un giudizio in ordine all’inerenza della spesa, alla congruità della quota di costo ripartita e ai metodi utilizzati per la determinazione della quota addebitata alla filiale.

In ordine all’inerenza dei cd. costi di regia, anche la giurisprudenza di merito ha affermato che è necessario che sia in qualche modo dimostrata l’inerenza (oltre il quantum) di tali spese, attraverso quanto meno, l’indicazione delle attività e dei servizi svolti dalla casa madre in favore della filiale italiana e delle modalità di prestazione2.

In particolare, la Commissione tributaria provinciale di Milano (Sez. 27, 01.02.2000, n. 397) ha ritenuto inerenti le spese di regia (pubblicità, pubbliche relazione, consulenza tecnica…) sostenute dalla casa madre e ripartite all’interno delle filiali che beneficiano di tali servizi per il conseguimento degli obiettivi propri dell’impresa.

 

16 giugno 2012

Roberta De Marchi

1 L.Arici, Evoluzioni del concetto di transfert pricing e suoi riflessi in chiave evasiva ed elusiva, in “Rivista della Guardia di Finanza”, n. 1/2000 pag.287.

2 Cfr. Commissione tributaria di I° grado di Milano, sentenza 13.2.1991, in “Le società”, n.6/1991, pag. 829.