Accertamento anticipato: la parola alle Sezioni Unite

la normativa sull’accertamento anticipato ha portato ad un cospicuo contenzioso e ad una giurisprudenza non costante nella soluzione dei casi: finalmente la parola spetterà alle Sezioni Unite di Cassazione per mettere un punto fermo

Con ordinanza n. 7318 dell’11 maggio 2012 (ud. 27 marzo 2012) la Corte di Cassazione Civile, Sez. V, ha rimesso gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite, per quanto attiene il cd. accertamento anticipato, cioè l’atto impositivo emanata prima che siano trascorsi almeno 60 giorni dalla consegna del pvc.

 

La decisione assunta

Osserva il Collegio che il tema degli effetti del mancato rispetto del termine dilatorio di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 12, c. 7 – “Nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza dei predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza” – ha dato luogo a soluzioni difformi nella giurisprudenza della Sezione Tributaria della Corte di cassazione.

Secondo un primo orientamento, espresso nell’ordinanza 19875/08 e seguito dall’ordinanza 3988/2011, “la notifica dell’avviso di accertamento prima dello scadere del termine di 60 gg. previsto dalla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, non ne determina ipso iure la nullità, stante la natura vincolata dell’atto rispetto al processo verbale di accertamento sul quale si fonda, in mancanza di una specifica previsione normativa in tal senso, perchè resta comunque garantito al contribuente il diritto di difesa in via amministrativa (autotutela) e giudiziaria (ricorso alla Commissione tributanti)“.

A tale orientamento si contrappone l’ordinanza 6088/11, “che sul rilievo della corrispondenza tra il termine di emissione dell’avviso e quello concesso al contribuente per comunicare le proprie osservazioni e richieste, afferma che la disposizione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, è intesa a garantire al contribuente la possibilità di interagire con l’amministrazione prima che questa pervenga alla emissione di un avviso di accertamento e, da tale assunto, trae la conseguenza che il mancato rispetto di detto termine, sacrificando un diritto riconosciuto dalla legge al contribuente, non può che comportare l’illegittimità dell’accertamento, senza bisogno di alcuna specifica previsione in proposito”. A conforto l’ordinanza sottolinea che, “diversamente opinando, risulterebbe destituita di senso la previsione della possibilità, contemplata nella medesima disposizione, di emissione di avviso prima del decorso del termine suddetto, solo in casi di particolare e motivata urgenza“.

Tra due orientamenti giurisprudenziali ora indicati si colloca poi quello, che potrebbe considerarsi intermedio, espresso dalla sentenza 22320/10 e dall’ordinanza 10381/11. Tali pronunce – sul presupposto che l’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del termine di sessanta giorni da rilascio a contribuente della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni ispettive “salvo casi di particolare e motivata urgenza” – “collegano la sanzione di nullità dell’atto, prevista in via generale dalla L. n. 241 del 1990, art. 21 septies, e, con specifico riferimento all’accertamento delle imposte sui redditi e dell’IVA, rispettivamente dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, commi 2 e 3, e dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 56, comma 5, – alla mancanza, nell’avviso di accertamento, della motivazione in ordine all’eventuale urgenza che ne ha determinato l’adozione. Tale orientamento sposta il fuoco della lente dell’analisi dall’intempestività dell’atto impositivo (per essere esso stato emesso etnie tempus) al difetto di motivazione che, in ipotesi, vizierebbe l’atto ai sensi della L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 1, (e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, commi 2 e 3, e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 56, comma 5) e, in sostanza, valorizza lo spunto offerto dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 244 del 2009”. In quest’ultima pronuncia il Giudice delle leggi – giudicando manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale della L. n. 212 del 2000, art. 12, c. 7, in riferimento agli artt. 24 e 111 Cost., nella parte in cui non prevede la nullità dell’alto di accertamento che venga notificalo prima dello spirare del termine di 60 giorni dalla data di consegna del processo verbale di contestazione – ha sottolineato come il remittente non avesse esperito i tentativo di interpretare la disposizione censurata in modo da superare il prospettato dubbio di costituzionalità, valutando, in particolare, “se nel caso in esame, l’inosservanza dell’obbligo di motivazione, anche in relazione alla ‘particolare urgenza’ dell’avviso di accertamento, sia già espressamente sanzionata in termini di invalidità dell’atto, in via generale, dalla L. n. 241 del 1990, art. 21 septies – che prevede tale sanzione per il provvedimento amministrativo privo di un elemento essenziale, quale è la motivazione – e, con speciale riferimento all’accertamento delle imposte sui redditi e dell’IVA, dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 42, commi 2 e 3, (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi) e D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 56, comma 5, (Istituzione e disciplina dell’imposta sul valore aggiunto), i quali stabiliscono che l’avviso di accertamento deve essere motivato, a pena di nullità, in relazione ai presupposti di fatto ed alle ragioni giuridiche che lo hanno determinato“.

Anche le pronunce più recenti della Sezione non appaiono offrire indicazioni di consolidamento della giurisprudenza.

La sentenza n. 18966/11, depositata il 16.09.11, ha riaffermato la nullità dell’avviso di accertamento emesso prima del decorso del termine de qua, valorizzando le pronunce emesse in tal senso dalla Corte e dalla Corte Costituzionale. “La ratio decidendi di tale sentenza, peraltro, risiede più nel dichiarato intento del Collegio di uniformarsi all’orientamento ermeneutico che in quel momento appariva in via di consolidamento – assumendo il canone della salvaguardia dell’unità dell’interpretazione tra i criteri legali di interpretazione delle norme – che non nella piena condivisione delle argomentazioni sottese a detto orientamento, delle quali, anzi, la stessa sentenza evidenzia l’opinabilità, sottolineando, per un verso, come dai lavori preparatori risulti che in sede di esame finale del testo normativo erano state espunte le parole ‘a pena di nullità’ contenute nel disegno di legge originano e, per altro verso, come il diritto del contribuente al contraddittorio sia in ogni caso garantito da un ampio ventaglio di strumenti procedimentali”.

Le sentenza n. 21103/11, depositata il 13.10.11, per contro, si contrappone consapevolmente al secondo ed al terzo degli orientamenti sopra delineati, “riaffermando che la notifica dell’avviso di accertamento prima dello scadere del termine di sessanta giorni dalla conclusione della verifica fiscale non ne determina in assoluto la nullità. Tale sentenza – dopo aver dato atto che la dottrina appare prevalentemente orientata nel senso della illegittimità dell’avviso emesso ante tempus e dopo aver sottolineato come, ai fini dell’indagine sulla validità dell’atto impositivo, il profilo del mancato rispetto del termine dilatorio vada tenuto distinto dal profilo del difetto di motivazione sulla esistenza di ragioni di urgenza legittimanti il mancato rispetto di tale termine – manifesta adesione alle ordinanze nn. 19875/08 e 3988/11 – aggiungendo alle motivazioni ivi espresse, per un verso, raffermazione del principio di tassatività delle nullità dell’atto impositivo nel sistema dello statuto del contribuente e, per altro verso, il richiamo all’analogo criterio orientativo seguito dalla recente giurisprudenza di legittimità in materia di sanzioni amministrative (sentenze nn. 21420/2006 e 6997/2006) con riferimento al termine dilatorio per l’emissione dell’ordinanza-ingiunzione fissato dalla della L. n. 689 del 1981, art. 18”.

Infine, con la sentenza con cui è stato definito il procedimento n. 17677/11, depositata il 28.03.2012 e tutt’ora in corso di pubblicazione, la Sezione è tornata sull’argomento, conformandosi alla decisione della sentenza 21103/11 ma ampliandone la motivazione sulla scorta della specifica considerazione della disciplina dettata in tema di validità degli atti amministrativi dagli artt. 21 septies e 21 octies della legge sul procedimento amministrativo n. 241 del 1990 (introdotti con la L. n. 15 del 2005, art. 14, c. 1). In primo luogo, la sentenza in esame ha affermato che la sussistenza del requisito dell’urgenza legittimante l’emissione ante tempus dell’atto impositivo non forma oggetto dell’obbligo di motivazione sancito dalla L. n. 212 del 2000, art. 7, e dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 56, u.c., poichè tale obbligo concerne “i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinalo la decisione” e non i tempi della relativa emanazione; “da tale premessa la pronuncia trae la conseguenza che la motivazione sul requisito dell’urgenza legittimante l’emissione ante tempus dell’atto impositivo non costituisce un elemento essenziale dell’atto e, pertanto, la relativa mancanza non è sanzionabile ai sensi della L. n. 241 del 1990, art. 21 septies, con la nullità dell’atto stesso. In secondo luogo la suddetta sentenza ha affermato che l’emanazione ante tempus dell’atto impositivo non ne determina neanche la annullabilità, in considerazione del disposto della L. n. 241 del 1990, art. 21 octies, comma 2, che esclude, in via generale, l’annullabilità del provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora ‘qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato’“.

 

Brevi note

Anche di recente, con sentenza n. 4687 del 23 marzo 2012 (ud. 14 marzo 2012) la Corte di Cassazione, tornata ad occuparsi del cd. accertamento anticipato, ha affermato che la sanzione di invalidità dell’atto – prevista in via generale dalla L. n. 241 del 1990, art. 21 septies, e con specifico riferimento all’accertamento delle imposte sui redditi e dell’IVA rispettivamente dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, commi 2 e 3, e dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 56, comma 5 – consegue, quindi, solo quando l’avviso medesimo non rechi motivazione sull’eventuale urgenza che ne ha determinato l’adozione” (cfr. Corte Cass. 5′ sez. 03.11.2010 n. 22320).

Attendiamo, quindi, il pronunciamento a Sezioni Unite; pur tuttavia, occorre ricordare il principio per cui “ubi lex voluit dixit”, rimarcando l’assenza di qualunque previsione di nullità degli atti emessi in violazione delle disposizioni contenute nel comma 7 dell’articolo 12 dello Statuto, e confermando il principio di carattere generale, peraltro ormai codificato, che il provvedimento amministrativo può considerarsi assolutamente nullo o inesistente solo nelle ipotesi in cui esso sia espressamente qualificato tale dalla legge, oppure manchi dei connotati essenziali dell’atto amministrativo, necessario ex lege a costituirlo, quali possono essere la radicale carenza di potere da parte dell’autorità procedente, ovvero il difetto della forma, della volontà, dell’oggetto o del destinatario.

 

1 giugno 2012

Francesco Buetto