L'attività di amministratore di condominio Parte 1 | Disciplina generale

Il condominio è un tema importante e discusso nel mondo legale e degli affari, iniziamo ad analizzare gli aspetti relativi agli obblighi dell’aministratore di condominio, con particolare attenzione agli adempimenti fiscali.

Il condominio – Premessa

amministrazione del condominioIl condominio è un istituto che nel corso degli anni ha subito una continua evoluzione, dettata dalla copiosa attività giurisprudenziale e dal proliferare di numerose leggi speciali. In questo contesto, di questioni tradizionali e di problemi nuovi, l’amministratore deve essere un soggetto altamente qualificato e dotato di idonea organizzazione per far fronte alle sue responsabilità. Sullo stesso grava, senza soluzione di continuità, l’obbligo di vigilare sulle parti comuni che gli impone di osservare tutte le misure idonee a prevenire i rischi e a tutelare l’incolumità della collettività condominiale e non.

Si tratta, in particolare, di adottare le misure di sicurezza antincendio, concernenti gli impianti e le installazioni esistenti, nonché di affidare specifiche mansioni a ditte esterne (pulizia scale, giardino ecc.) o lavori di manutenzione, migliorie o adeguamenti normativi che comportino l’esecuzione di opere edili o impiantistiche.

L’omissione di tali comportamenti potrebbe, per l’esistenza della posizione di garanzia, comportarne una responsabilità non solo civile per l’inadempimento degli obblighi contrattualmente assunti ma anche penale. Allo stesso modo si potrebbe configurare una responsabilità in materia tributaria o previdenziale, ove gestisca condomini caratterizzati dalla presenza di lavoratori dipendenti o dalla percezione di reddito imponibile.

In ragione dell’importanza del ruolo e dei numerosi e complessi compiti che l’amministratore deve adempiere, analizziamo nel dettaglio per quel che in questa sede interessa la responsabilità dell’amministratore di condominio in materia fiscale, offrendo un aggiornamento normativo e giurisprudenziale in grado di fornire uno strumento indispensabile e accessibile a tutti gli operatori del settore.

 

Condominio: la disciplina codicistica

disciplina amministratore di condominioPrima di analizzare le problematiche prettamente fiscali, è bene inquadrare la disciplina dettata nel codice civile a proposito dell’amministratore condominiale.

Il condominio costituisce una particolare forma di comunione in cui coesiste una proprietà individuale dei singoli condòmini, costituita dall’appartamento, e una comproprietà su parti dell’edificio che non possono non essere in comune quali, per esempio, il suolo su cui l’edificio sorge, le fondazioni, i muri maestri, i tetti, i portoni d ingresso e i cortili, i locali per la portineria e l’alloggio del portiere, e altro ancora.

Il condominio nasce, infatti, con il frazionamento della proprietà di un edificio costituito da più unità immobiliari e in realtà è una comunione forzata, non soggetta a scioglimento, in cui il condomino non può, rinunziando al diritto sulle cose comuni, sottrarsi alla partecipazione nelle spese per la loro conservazione ed è comunque tenuto a contribuire in proporzione ai millesimi di proprietà.

L’assemblea dei condòmini è l’organo deliberativo del condominio:

  • tutti i condòmini debbono essere invitati a partecipare;
  • a essa deve intervenire un numero minimo di condòmini che sia espressione di un determinato valore dell’intero edificio (quorum).

Per le decisioni dell’assemblea, in linea generale, è necessaria la maggioranza semplice. Viceversa per la validità delle deliberazioni riguardanti innovazioni, è richiesta una maggioranza qualificata.

Occorre, invece, il consenso di tutti i condòmini per gli atti di disposizione.

 

L’attività di amministratore di condominio

La nomina di un amministratore di condominio è obbligatoria nel caso in cui i condòmini siano almeno cinque ed è la stessa assemblea dei condòmini che provvede direttamente alla nomina.

Se, per qualsiasi motivo, l’assemblea non è in grado di nominarlo, l’amministratore può essere designato dall’autorità giudiziaria su istanza di uno o più condòmini.

L’amministratore dura in carica un anno, e può essere riconfermato allo scadere di ciascun anno.

Il compenso può essere fissato anticipatamente in sede di nomina, o anche in sede di approvazione del rendiconto annuo. In ogni caso, la prestazione dell’amministratore non si presume gratuita: la gratuità può sussistere solo quando sia stata espressamente prevista nell’atto di nomina.

In genere chi esercita abitualmente e professionalmente la gestione di condomini svolge una vera e propria attività di lavoro autonomo, inquadrabile nell’esercizio di arti e professioni. Anche una persona giuridica può essere nominata amministratore di condominio (come si dirà in seguito).

Pertanto, l’incarico di amministratore di condominio può essere assunto indifferentemente da una persona fisica, una società di persone o da una società di capitali.

La disciplina delle imposte sui redditi e dell’IVA cambia in base alle modalità di svolgimento dell’attività di amministratore di condominio ( tabella 1 ).

 

disciplina imposte sui reddit e IVA attività amministratore condominio

 

 

I redditi degli immobili di proprietà comune

Ai fini della presentazione della dichiarazione dei redditi, il condominio non assume la qualifica di soggetto passivo d’imposta e non è tenuto a presentare altra dichiarazione se non quella in qualità di sostituto d’imposta (eventuale). Conseguentemente gli immobili che costituiscono oggetto di proprietà comune e che sono imputabili al singolo condomino in proporzione ai millesimi di proprietà devono essere dichiarati dal singolo condòmino ma soltanto nel caso in cui la quota di reddito a lui spettante per ciascuna unità immobiliare sia superiore a € 25,82.

Questa esclusione non si applica per gli immobili concessi in locazione e per i negozi.

 

Divisione degli immobili condominiali

Nonostante il condominio si caratterizzi per essere una particolare forma di comunione, generalmente non divisibile, il Codice civile ammette che le parti comuni possano essere oggetto di divisione, purché essa non renda «più incomodo l’uso della cosa a ciascun condòmino».

In caso di divisione di beni immobili condominiali (come posti auto o aree scoperte) in parti che corrispondano per valore alle quote di diritto spettanti a ciascun condòmino, la divisione operata, senza alcun conguaglio, in beni o denaro, non si configura come vendita ma è un atto di natura dichiarativa, soggetto all’applicazione dell’imposta di registro nella misura dell’1%.

Invece, nel caso in cui, nella singola assegnazione di beni a favore di uno o più condòmini, si ecceda rispetto alla quota spettante, l’atto, per la sola parte eccedente, è qualificabile come trasferimento. Solo se l’eccedenza supera il 5% del valore della quota di diritto, essa è soggetta all’imposta di registro nella misura più gravosa stabilita per i trasferimenti a titolo oneroso.

 

Rappresentanza legale del condominio

L’art. 1131 del cod.civ. disciplina, appunto, la rappresentanza legale del condominio.

Tale disposizione di legge, al 1°comma, stabilisce che:

“nei limiti delle attribuzioni stabilite dall’articolo precedente o dei maggiori poteri conferitigli dal regolamento di condominio o dall’assemblea, l’amministratore ha la rappresentanza dei partecipanti e può agire in giudizio sia contro i condomini sia contro i terzi.”

Il secondo comma della norma cit. prevede, altresì, che l’amministratore condominiale possa essere

“convenuto in giudizio per qualunque azione concernente le parti comuni dell’edificio; a lui.., infatti,… sono notificati i provvedimenti dell’Autorità amministrativa che si riferiscono allo stesso oggetto”.

La rappresentanza legale del condominio, così come prevista dall’art. 1131 cod.civ., è, dunque, insita nel mandato conferito all’amministratore, ed in particolare si tratterebbe di una rappresentanza volontaria per effetto di un mandato collettivo, posto in essere dall’assemblea condominiale.

L’obbligatorietà della nomina dell’amministratore di condominio è disciplinata, invece, dall’art. 1129 cod.civ., ove si precisa che siffatta nomina si rende obbligatoria qualora i condomini siano più di quattro. L’art. 1138, ult. comma, cod.civ. conferisce, inoltre, il carattere di inderogabilità alla disposizione succitata, stabilendo che:

“le norme del regolamento non possono in alcun modo menomare i diritti di ciascun condomino, quale risultano dagli atti di acquisto e dalle convenzioni, e in nessun caso possono derogare alle disposizioni degli artt.….1129”.

Le attribuzioni dell’amministratore si potrebbero classificare in due diverse fattispecie: prestazioni ordinarie e prestazioni straordinarie.

Nella prima categoria rientrano le attività comprese nel mandato conferito all’amministratore ed incluse nel compenso concordato per tale mandato, in quanto corrispondenti alla normale amministrazione del condominio.

Per le prestazioni straordinarie, invece, il compenso dell’amministratore deve essere determinato contestualmente all’atto della deliberazione delle stesse e, in questa stessa sede, l’amministratore si riserva di accettare il compenso così fissato.

Tuttavia, i principali compiti prescritti dal codice civile, in capo agli amministratori di condominio, sono i seguenti (art. 1130 c.c.) :

  • eseguire le delibere assembleari;
  • curare l’osservanza del regolamento di condominio;
  • disciplinare l’uso delle cose comuni;
  • riscuotere i contributi;
  • fare fronte alle spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni;
  • rendere conto della gestione.

 

Amministratore del condominio può essere anche una persona giuridi ca

Notevole interesse, dai possibili risvolti tributari, riveste la questione intorno alla possibile nomina di organismo societario, quale amministratore condominiale.

A proposito, la giurisprudenza della Corte di Cassazione ha ritenuto valida la nomina di una società di fatto o di una società di persone in qualità di amministratore di condominio (Cass. 26.01.1994,n.11155).

Diversamente, una pronuncia della Corte di Cassazione, coeva all’orientamento succitato, ha stabilito che la disciplina del condominio necessita della figura dell’amministratore condominiale come persona fisica, soprattutto in relazione ad una eventuale responsabilità personale di questo, che non potrebbe venir meno in forza di regole contenute in un’organizzazione sociale. La Suprema Corte, poi, conclude affermando che l’incarico ad amministrare, essendo inquadrato nell’ambito del contratto di mandato, ha natura essenzialmente fiduciaria, incompatibile, quindi, con lo schema societario (Cass. sez. II del 13.10.1994, n. 5608).

Meno drasticamente, il Tribunale di Genova, con ordinanza 11 luglio 2001, ha ritenuto che la delibera di nomina ad amministratore di una società di capitali, con contestuale indicazione della persona fisica che la rappresenta, possa ritenersi valida solo se atta a conferire l’incarico personalmente a quest’ultimo.

A favore della tesi sulla possibilità di conferire l’incarico di amministratore di condominio, in capo ad una S.r.l, era già intervenuto sia il Tribunale di Milano, con sentenza 3.11.1988, sia il Tribunale di Roma, con sentenza 31.5.1989.

corte di cassazione sugli accertamenti studi di settoreDa ultimo, la Cassazione con la sentenza della Cassazione Civile Sez. II Sentenza 24-10-2006 (12-10-2006) n. 22840 è tornata a pronunciarsi sulla questione, stabilendo che, non essendoci alcuna disposizione di legge che abbia escluso la possibilità, in capo ad una persona giuridica, di esercitare l’incarico di amministratore di condominio, la soluzione deve essere desunta dall’ordinamento giuridico generale, ossia dall’art. 12 delle preleggi al c.c.

In virtù di siffatta norma ed in assenza di una disposizione ad essa contraria, si deve ritenere che rientri nella capacità generalizzata di una persona giuridica l’essere nominata ad amministrare un condominio.

Sulla questione della validità della nomina di una persona giuridica come amministratore condominiale, dottrina e giurisprudenza sono sempre state discordi, sulla base, peraltro, di motivazioni giuridicamente valide ma non veramente decisive, né in un senso né nell’altro, anche se la tesi che afferma l’ammissibilità appare confortata da argomenti più articolati.

In entrambi i casi, il presupposto, ormai consolidato, è quello per cui il rapporto tra amministratore e condominio va inquadrato nell’ambito del mandato, ma sull’intensità e rilevanza della fiducia, come componente caratterizzante di questo contratto, le interpretazioni poi divergono, giungendo a conclusioni opposte.

Da un lato, si obbietta che, riconoscendo la possibilità di una società come amministratore, l’eventuale ingresso di nuovi soci costituirebbe una violazione del principio dell’intuitus personae, ossia della rilevanza dell’identità e delle qualità del mandatario ai fini della conclusione e dell’esecuzione degli atti giuridici, oltre che dell’imputazione della responsabilità che, potendo essere anche penale, esige una prestazione personale.

Dall’altro, si sostiene che, nella tipologia legale del mandato, manca il profilo fiduciario, inteso come specifico affidamento di un soggetto sull’identità e sulle capacità personali dell’altro, poiché tali elementi non influiscono sulla disciplina.

Il contratto di mandato sarebbe da ascrivere alla categoria dei contratti «personali», fondati sull’affidamento nel corretto adempimento dell’obbligazione e sul rilievo della persona, ma non in modo cosi intenso da giustificare, di per sé, la produzione di conseguenze giuridiche.

Nella disciplina del mandato, infatti, non emerge una particolare corrispondenza tra le singole norme e le caratteristiche personali dei contraenti, dal momento che, potendo il mandatario legittimamente nominare un sostituto, il rapporto di fiducia è da ritenere connaturato all’originaria scelta del mandante, e non anche allo svolgimento personale del contratto né, come rileva la Suprema Corte nella sentenza in oggetto, lo scioglimento del rapporto è basato su una ratio fiduciae, bensi sulla valutazione dell’interesse compiuta in precedenza dal mandante.

L’elemento fiduciario, peraltro, non è certamente requisito indispensabile nel mandato ad amministrare il condominio, dal momento che l’art. 1129 c.c., contempla l’ipotesi di nomina da parte dell’autorità giudiziaria, mentre, in via ordinaria, è comunque la maggioranza dell’assemblea che vi provvede, ciò che evidentemente non implica la conoscenza personale e, dunque, un rapporto fondato su un forte intuitus personae.

In effetti, l’argomento centrale della tesi che sostiene l’ammissibilità dell’amministratore persona giuridica è quello per cui la disciplina prevista dal codice in tema di condominio non prevede norme che, espressamente, pongano limiti in ordine al soggetto che può rivestire tale qualifica.

Anche se, a prima vista, i riferimenti alla figura dell’amministratore sembrano presupporre necessariamente la persona fisica, una ricostruzione sistematica più attenta depone per altra conclusione. In primo luogo, il generale rinvio alle norme sulla comunione, nella quale l’art. 1105 c.c. attribuisce a tutti i partecipanti, senza distinzione, il diritto di concorrere all’amministrazione della cosa comune, rende ammissibile, anche per il condominio, l’ipotesi di una pluralità di amministratori, che godranno anche del potere di rappresentanza, il che implica, evidentemente, la legittimità della nomina di una società di fatto, ove l’amministrazione e la rappresentanza spettano, salvo patto contrario, disgiuntamente a ciascun socio, e, quindi, anche di una società di persone.

Il fatto, poi, che, quando emerga il sospetto di gravi irregolarità, l’incarico possa essere revocato dall’autorità giudiziaria, che dovrà svolgere un controllo su fatti apparentemente riferibili soltanto ad una persona fisica, e che, quindi, dovrebbero individuare una responsabilità personale, non esclude, di per sé, che una persona giuridica possa essere nominata, dal momento che la società amministratrice, cui sono giuridicamente imputabili gli eventuali inadempimenti, risponderà con il suo patrimonio, allo stesso modo di una persona fisica, salvo poi potersi rivalere sul soggetto all’atto pratico designato, il quale risponderà, anche penalmente, degli eventuali atti lesivi, avendo agito in nome e per conto della società stessa.

Nell’ipotesi più specifica di società che amministri altra società, si è rilevato che il meccanismo di individuazione della persona fisica che dovrà materialmente gestire l’impresa viene sottratto all’assemblea della società amministrata per essere devoluto alla società con cui si instaura il rapporto di amministrazione; l’esautoramento dei poteri assembleari sarebbe identico a quanto si verificherebbe nel caso di nomina dell’amministratore rimessa ad un terzo estraneo, ciò che sarebbe sicuramente inammissibile.

La presunta indeterminatezza della persona fisica che la società titolare dell’incarico dovrebbe necessariamente nominare e che potrebbe cambiare in qualsiasi momento, a prescindere dalla volontà dell’assemblea condominiale, e che sarebbe anche portatore di interessi potenzialmente estranei a quelli della comunità dei condomini, trova, tuttavia, un correttivo nel principio per cui l’amministratore non può in ogni caso sottrarsi alla responsabilità per gli atti che compie, ciò che ridimensiona notevolmente il pericolo di modificare «i rapporti correnti tra assemblea dei condomini ed amministratore, e di alterarne i rispettivi ruoli », che è stato paventato a seguito della sovrapposizione tra due ordinamenti sociali, quale quello societario e quello condominiale.

Sul piano strettamente normativo, inoltre, oltre al fatto che il generico riferimento di legge alle persone deve riferirsi sia alle persone fisiche sia a quelle giuridiche, non si riscontrano differenze significative tra le due figure per quanto riguarda la legittimazione e la generalizzata capacità di compiere validamente atti giuridici, ciò che, come afferma la Suprema Corte, confermerebbe la necessità di riferirsi ai principi generali dell’ordinamento per cercare la soluzione alla problematica prospettata.

Sul piano operativo, si è, anzi, osservato che le società amministratrici di altre società, qualora la loro attività lo richieda, possono dotarsi di una struttura interna organizzata in grado di assicurare l’adeguatezza e la continuità della gestione, e che, in virtù delle specifiche norme applicabili, in particolare alle società di capitali, è previsto un più penetrante controllo contabile, a maggiore garanzia di un corretto funzionamento dell’organo amministrativo.

Quanto ad affidabilità, dunque, le persone giuridiche non sembrano da meno delle persone fisiche, tant’è che l’ordinamento prevede espressamente la c.d. società fiduciaria amministratrice di beni per conto terzi; sotto questo punto di vista, l’unica limitazione che forse può ritenersi applicabile alla fattispecie è quella per cui l’oggetto sociale della società nominata comprenda l’attività di amministrazione di patrimoni altrui, posto che l’art. 2380 bis c.c., disponendo che l’amministratore compia le operazioni necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale, stabilisce implicitamente che il limite alla sua capacità, e la fonte della sua responsabilità, è da rinvenire nella natura dell’oggetto stesso.

Disegno di Legge 26 gennaio 2011 n. 71 (disegno di legge (AC4041) Finalmente ha ripreso il suo iter, venendo approvata in prima lettura dal Senato il 26 gennaio 2012, la riforma del condominio, ferma dall’aprile 2011.

Con la seduta del 29 febbraio 2012 è stato completato il ciclo delle audizioni in Commissione Giustizia alla Camera sul progetto di legge di riforma del condominio, C.4041, già approvato al Senato il 26 gennaio 2011 (AS.71). La Commissione ha approvato come testo base della legge quello proveniente dal Senato, senza alcuna modifica. Fissato al 19 marzo 2012 il termine per la presentazione degli emendamenti. Dal 05 marzo 2012 i lavori sono affidati al Comitato Ristretto per il successivo e imminente passaggio in aula. Infatti, la conferenza dei presidenti di gruppo della Camera del 20.03.2012, ha approvato il programma dei lavori dell’Assemblea che vede la discussione in Aula della proposta di legge posticipata dal 26 marzo 2012 alla settimana successiva. La riforma, tanto attesa e necessaria, ripropone, con ancor maggior vigore, la necessità di una amministrazione condominiale sempre più professionale.

Tra le principali novità della riforma del condominio si attesta la previsione volta ad allungare da 1 anno a 2 anni il mandato dell’amministratore di condominio.

Inoltre, lo stesso per poter esercitare dovrà iscriversi alla Camera di Commercio in un apposito registro pubblico.

Per ciò che concerne la contabilità, l’amministratore deve avere un registro in cui vengano inseriti tutti i movimenti, un riepilogo finanziario, una nota esplicativa, nonché utilizzare un conto corrente intestato al condominio.

Se poi vi siano condomini morosi, la riforma del condominio prevede che l’amministratore debba agire nei loro confronti entro 4 mesi da quando il credito diventa esigibile, altrimenti può essere revocato dal suo incarico. La richiesta di revoca può essere presentata con ricorso al giudice anche solo da un condomino dell’edificio.

Altro adempimento a carico dell’amministratore di condominio è quello che prevede la stipula di una polizza a garanzia degli atti da lui compiuti durante il suo mandato.

La polizza deve coprire un importo pari al bilancio annuale e la sua mancata presentazione, in caso di richiesta in tal senso, comporta la nullità della nomina dell’amministratore.

Questa volta i tempi della legislatura sembrano giocare a favore e, dopo un’approvazione che il relatore Salvatore Torrisi dà per scontata entro maggio, il secondo passaggio in Senato potrebbe avvenire senza traumi. Così, dal 2013 l’istituto avrà una veste radicalmente rinnovata, dopo settant’anni di sostanziale immobilità.

Al comitato ristretto si lavora a ritmo serrato da alcune settimane:

“stiamo rafforzando la capacità giuridica dell’amministratore – dice Torrisi- rendendolo più autonomo nelle decisioni. Vogliamo che la sua formazione sia seria e che siano richiesti maggiori requisiti per l’iscrizione al registro. Che tra l’altro non dovrà essere tenuto dalle Camere di commercio ma gratuitamente dall’Agenzia del Territorio”.

Nel testo attuale del disegno di legge (AC4041) non è previsto alcun requisito ma solo l’indicazione dei condominii amministrati presso la Camera di commercio.

La scelta di una formazione obbligatoria cambierebbe radicalmente lo scenario: dei circa 200mila amministratori condominiali resterebbe solo poche decine di migliaia, quelli che in questi anni hanno superato un corso tenuto dalle associazioni di categoria.

Questo vorrebbe dire la scomparsa definitiva dei “dopolavoristi”e uno bello spazio di mercato per i professionisti, soprattutto quelli più giovani ancora in cerca di stabili.

“Vogliamo anche prevedere l’obbligo di un sito internet dove ogni condominio abbia uno spazio specifico cui i condomini possano accedere per verificare online verbali e conti”

spiega Torrisi.

Va evidenziato il Disegno di Legge di iniziativa parlamentare, n. 71 approvato dal Senato della Repubblica nella seduta del 26 gennaio 2011 che si è proposto di modificare la disciplina degli immobili in condominio così come disciplinata dal codice civile del 1942.

In breve le proposte di modifica:

Viene introdotto, dopo l’art. 1117 c.c., l’art. 1117 bis c.c., che allarga la portata della nozione di condominio. Infatti, fino ad ora, era considerato come condominio uno stabile a sviluppo verticale, dotato di parti comuni (tetto, muri portanti, scale, fondazioni, ecc..); con l’introduzione del nuovo art. 1117bis c.c. si fa rientrare nella definizione di condominio non solo il supercondominio (ovvero il palazzo con beni comuni come portineria, giardini, garage ecc..), ma anche i complessi c.d. “orizzontali” di villette, singole o a schiera che, fino ad oggi, potevano scegliere se rifarsi alle regole relative alla comunione ovvero a quelle del condominio, a seconda dell’opportunità o delle norme contenute nel regolamento contrattuale («Art. 1117-bis. – (Ambito di applicabilità). – Le disposizioni del presente capo si applicano, in quanto compatibili, quando più unità immobiliari o più edifici ovvero più condomini di unità immobiliari e di edifici abbiano parti che servono all’uso comune, quali aree, opere, installazioni e manufatti di qualunque genere.. »).

Viene modificato l’art. 1129 c.c. in tema di nomina, revoca ed obblighi dell’amministratore. In particolare, a seguito della nomina, l’amministratore, la cui carica dura ora per circa 2 anni, è obbligato a dichiarare i propri dati anagrafici, l’ubicazione, la denominazione ed il codice fiscale degli altri condominii (dei quali abbia eventualmente la gestione), i locali in cui conserva i documenti indicati dai numeri 6 e 7 del novellato art. 1130 c.c. (ovvero il registro anagrafico condominiale, il registro dei verbali delle assemblee, il registro di nomina e revoca dell’amministratore ed il registro contabilità).

Inoltre, l’amministratore nominato deve provvedere ad affiggere nel luogo di accesso al condominio, o nel luogo di maggiore uso comune, l’indicazione delle proprie generalità e dei recapiti telefonici a cui possa essere facilmente rintracciato in caso di necessità.

Aumentano anche i motivi di revoca dell’incarico di amministratore. I novellati articoli 1129 e 1130 c.c., infatti, prevedono che l’amministratore può essere revocato:

a) nel caso in cui non ottemperi all’obbligo di prestare idonea garanzia per e responsabilità e gli obblighi derivanti dall’espletamento del suo incarico per un valore non inferiore agli oneri prevedibili della gestione annuale;

b) nel caso in cui, omettendo l’apertura di un conto corrente postale o bancario, intestato al condominio, determini una confusione tra patrimonio personale e patrimonio del condominio, ovvero tra patrimonio del condominio e quello di altri stabili condominiali da lui gestiti;

c) nel caso in cui non provveda ad agire per il recupero forzoso delle somme nei confronti di un condominio moroso; al riguardo, infatti, il nuovo art. 1129 c.c. prevede espressamente che

“l’amministratore è tenuto ad agire per la riscossione forzosa della somme dovute al condominio, anche ai sensi dell’art. 63 disp. att. c.c. comma 1, entro 3 mesi dal giorno in cui il credito è divenuto esigibile, a meno che non sia stato espressamente dispensato dall’assemblea”.

In mancanza, scaduto il termine indicato, gli obbligati, i quali siano in regola con i pagamenti, sono liberati dal vincolo di solidarietà passiva e lo stesso amministratore risponde solidalmente, con i condomini inadempienti, delle somme non riscosse o dei danni che ne siano eventualmente derivati;

d) qualora ometta o rifiuti ripetutamente di convocare l’assemblea;

e) quando ometta di eseguire un provvedimento giudiziario;

f) quando non esegua le deliberazioni dell’assemblea;

g) quando non vigili sull’osservanza del regolamento di condominio;

h) quando non provveda a riscuotere i contributi condominiali;

i) qualora ometta di eseguire gli adempimenti fiscali prescritti ex lege.

Ancora, l’amministratore di condominio può essere revocato dall’Autorità Giudiziaria, su ricorso anche di un solo condomino, se non rende il conto della gestione o se vi sono fondati sospetti di gravi irregolarità nella gestione.

Obbligo di apertura di un conto corrente condominiale

Si è detto che con il DDL viene introdotto l’obbligo, per l’amministratore, di procedere all’apertura di un conto corrente intestato al condominio, in modo da evitare confusione tra il patrimonio personale e condominiale, ovvero tra i patrimoni dei vari stabili condominiali eventualmente gestiti.

Quindi, quella che prima era una facoltà diviene, oggi, un obbligo. Ai sensi del novellato art. 1129 comma 6 c.c., poi, devono essere anche identificate delle modalità di verifica del conto da parte dei condomini, nonché presa visione di tutta la documentazione da parte di ogni condomino che potrà ottenere, pagandole, le fotocopie con attestazione di conformità all’originale.

Ma vi è di più.

Il successivo comma 7 sancisce, per la prima volta, il ruolo del consiglio di condominio, nominato quando gli appartamenti sono più di nove e composto da almeno tre condomini, al quale vengono attribuite funzioni consultive, di controllo e di sostituzione dell’amministratore, quando manca.

 

Prelievi dal conto corrente e limiti

Ancora, negli edifici con più di 9 unità immobiliari, possono essere previsti limiti ai prelievi che l’amministratore può fare dal conto corrente, imponendo la controfirma di un condomino all’uopo delegato.

Va detto, tuttavia, che oggi anche nei condomini con un numero inferiore di appartamenti si può inserire nel regolamento, o nell’incarico all’amministratore, una previsione del genere, evidentemente pensata per evitare la “fuga con la cassa”.

 

Rendiconto condominiale

Diventano più stringenti gli obblighi dell’amministratore di condominio in tema di tenuta della contabilità e presentazione del rendiconto. L’attuale art. 1130 ultimo comma c.c. disciplina il rendiconto che, sebbene non sia previsto da norme inderogabili, è un atto dovuto ex art. 1713 c.c. e costituisce una complessa obbligazione.

Il rendiconto annuale si presente, infatti, come un documento composto, cioè un complesso di 5 documenti:

a) bilancio consuntivo;
b) piano di riparto;
c) conto economico;
d) stato patrimoniale;
e) relazione dell’amministratore.

Il nuovo testo fissa, in più, le regole di redazione del rendiconto del condominio, che dovrebbe addirittura prevedere una relazione scritta sull’andamento dell’anno, simile a quella societaria. In base al nuovo art. 1130 c.c. il rendiconto va redatto secondo il criterio di cassa e per competenza, in forma chiara, idonea a consentire una verifica delle voci di entrata e di uscita e della situazione patrimoniale del condominio, nonché dei fondi e delle riserve previste.

La previsione dei criteri per cassa e per competenza appare, in realtà, ambigua e di certo sarà foriera di dubbi, incertezze ed errori da parte di chi abbia la gestione di un condominio, in quanto si tratta di due criteri che, in genere, fino ad oggi, vengono intesi come alternativi.

Si precisa che “devono essere annotati in ordine cronologico i singoli movimenti; una sola colonna per le entrate, dove annotare le quote di spesa riscosse, e tante colonne di spesa, ciascuna per ogni voce omogenea di spesa”.

Interessante la decisione della Cassazione con la sentenza n. 13818/2007:

“La presunzione che traduce le movimentazioni in corrispettivi non si supera con il generico riferimento all’attività svolta”.

La prova liberatoria che consenta di superare la presunzione secondo cui le movimentazioni dei conti correnti bancari legittimano l’accertamento Iva, non può essere meramente generica e cioè relativa all’attività esercitata, ma deve essere specifica, in relazione a ogni singola operazione.

Per i giudici, non è sufficiente che il contribuente adduca la qualità, ad esempio, come nel caso sottoposto al loro vaglio, di amministratore di condominio, ma è necessario fornisca la prova analitica della riferibilità di ogni movimentazione bancaria alla sua attività di maneggio di danaro altrui. Altrimenti, le stesse movimentazioni, in assenza di altra idonea giustificazione, sono configurabili quale corrispettivo non dichiarato.

Nello stesso senso Cassazione civile, sez. Tributaria, 20-10-2008, n. 25473

“in tema di IVA, ed al fine di superare la presunzione posta a carico del contribuente (amministratore di condominio) dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 51, comma 2, n. 2, (in virtù della quale le movimentazioni di denaro risultanti dai dati acquisiti dall’ufficio si presumono costituire conseguenza di operazioni imponibili), non è sufficiente al contribuente dimostrare genericamente di avere fatto affluire su un proprio conto corrente bancario, nell’esercizio della propria professione, somme affidategli da terzi in amministrazione, ma è necessario che egli  fornisca la prova analitica della riferibilità all’attività di maneggio di denaro altrui di ogni singola movimentazione del conto”

 

Sicurezza negli edifici condominiali

Dopo l’art. 1122 c.c. vengono introdotti l’art. 1122bis e l’art. 1122ter c.c., in tema di sicurezza degli impianti ed interventi urgenti volti a tutelare la sicurezza degli edifici.

In particolare, il nuovo art. 1122bis c.c. stabilisce nuove procedure di tutela in caso di impianti non a norma, con possibilità di revoca dell’incarico all’amministratore e piani alternativi di intervento. Sono ammesse anche ispezioni e perizie all’interno delle proprietà private, persino quando il condomino sia in regola con la relativa documentazione amministrativa.

Infatti, qualora vengano riscontrate, all’interno dello stabile, condizioni che facciano dubitare dello stato di sicurezza degli impianti, l’amministratore, su richiesta anche di un solo condomino, accede alle parti comuni dell’edificio, ovvero, nel caso in cui l’impianto sia posto in una unità immobiliare privata, interpella il proprietario (il possessore o il detentore) allo scopo di accedervi per una ispezione, unitamente ad un tecnico (nominato di comune accordo), il quale valuterà in tal modo la necessità di predisporre un piano di intervento volto a ripristinare le indispensabili condizioni di sicurezza.

Qualora il tecnico accerti la situazione di pericolo, il condomino è tenuto a comunicare all’amministratore le modalità ed il tempo di esecuzione degli indispensabili lavori per la messa in sicurezza degli impianti e delle opere, nonché le modalità di accesso per la successiva verifica.

Qualora il condomino interessato neghi l’accesso alla propria unità immobiliare, senza motivazione, l’amministratore può rivolgersi all’Autorità Giudiziaria affinché emetta un opportuno provvedimento cautelare. Nel caso di inerzia dell’amministratore, anche qualunque tra i condomini può rivolgersi al Giudice.

 

Mediazione in condominio

Il 21 marzo 2012 è diventata obbligatoria, anche per quanto riguarda il condominio, introdotta dal d.lgs n. 28/10: anche per le controversie in materia condominiale (es. impugnazione delle delibere mentre restano esclusi i decreti ingiuntivi ed i procedimenti di nomina e revoca dell’amministratore), prima di agire in giudizio, è obbligatorio esperire un tentativo di conciliazione davanti ad un organismo inserito negli elenchi tenuti dal ministero della giustizia.

La proposizione del suddetto tentativo di conciliazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale.

E’ chiaro sul punto l’art. 5 del d.lgs n. 28/10 a mente del quale: Chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa ad una controversia in materia di condominio, […] è tenuto preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto ovvero il procedimento di conciliazione previsto dal decreto legislativo 8 ottobre 2007, n. 179, ovvero il procedimento istituito in attuazione dell’articolo 128-bis del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, per le materie ivi regolate.

L’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale.

L’improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d’ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Il giudice ove rilevi che la mediazione è già iniziata, ma non si è conclusa, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all’articolo 6. Allo stesso modo provvede quando la mediazione non è stata esperita, assegnando contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione. […] ”. In questo contesto è bene domandarsi: quali sono i poteri dell’amministratore in relazione a questo procedimento?

Si prendano ad esempio due ipotesi, entrambe sottoposte a questa disciplina, uguali ed opposte: l’impugnazione delle deliberazioni condominiali e il rispetto del regolamento.

Nel primo caso l’amministratore deve difendere la compagine citata a comparire nel procedimento, nel secondo deve agire per difenderla promuovendo il tentativo. Per entrambe le ipotesi non è necessario farsi assistere ad un avvocato: il d.lgs n.28/10, che regola il procedimento di  mediaconciliazione, non prevede l’obbligo di difesa tecnica.

E’ necessaria una preventiva autorizzazione assembleare?

Ad avviso di scrive, no. Il perché è presto detto: è pacifico, in dottrina e giurisprudenza, che l’amministratore di condominio, ai sensi del primo comma dell’art. 1131 c.c. può agire e resistere in giudizio nell’ambito delle materie che costituiscono oggetto delle sue attribuzioni (art. 1130 c.c.).

Così ad esempio, guardando alle deliberazioni assembleari, la Cassazione ha specificato che

” spetta all’amministratore del condominio in via esclusiva la legittimazione passiva a resistere nei giudizi promossi dai condomini per l’annullamento delle delibere assembleari (Cass. 12379/92; Cass. 12204/97; Cass. 13331/2000) con la conseguenza che, nei casi in cui egli può resistere in giudizio, è anche legittimato a proporre impugnazione, nel caso di soccombenza del condominio da lui rappresentato, senza necessità di alcuna autorizzazione da parte dell’assemblea (Cass. 7474/97; Cass. 3773/2001) ” (Cass. 20 aprile 2005 n. 8286).

Lo stesso dicasi per le azioni a difesa del regolamento.

Il discorso cambia, però, se nel corso del tentativo si giunge ad una soluzione che investe i poteri dell’assemblea (si pensi alla modifica del regolamento o alla sostituzione della delibera impugnata). In tal caso l’amministratore, prima di concludere qualunque tipo d’accordo, dovrebbe avere il placet da parte dell’assise.

 

Continua nella 2a parte: L’amministratore di condominio | Parte 2 – Adempimenti fiscali 

 

18 aprile 2012

Avv. Maurizio Villani

Avv. Iolanda Pansardi

 

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