La legittima sospensione dei termini avallata dalla Corte di Cassazione

In caso di accertamento con adesione la sospensione di 90 giorni dei termini è legittima anche in caso di verbale di mancata adesione da parte del contribuente.

La norma contenuta nel comma 2, dell’articolo 6, del D.Lgs.n.218/97 consente al contribuente – in assenza di analoga iniziativa dell’Ufficio e successivamente alla notifica di avviso di accertamento o rettifica non preceduto da invito a comparire – di proporre autonomamente istanza di accertamento con adesione, chiedendo l’instaurazione del contraddittorio in ordine alle violazioni contestate con l’atto notificato.

L’istanza, redatta in carta libera, deve contenente il riferimento all’atto avverso il quale è proposta e l’indicazione del recapito, anche telefonico del contribuente e può essere indifferentemente consegnata o spedita all’Ufficio che ha emesso l’atto impositivo (si considera tempestiva la domanda spedita per posta entro il termine di 60 giorni dalla notifica dell’atto di accertamento, purché vengano rispettate dal contribuente le modalità prescritte dall’art. 20 del D.Lgs. n. 546/1992 – plico raccomandato senza busta, con avviso di ricevimento1).

Sulla base di tale interpretazione anche il termine di sospensione di 90 giorni di cui all’art. 6, c. 3, decorre dalla data certa di spedizione dell’istanza.

Va precisato che l’istanza, in ogni caso, deve essere presentata prima dell’impugnazione dell’avviso di accertamento dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale e che, comunque, l’impugnazione dell’atto nel corso del procedimento di adesione comporta la rinuncia all’istanza stessa.

 

Effetti dell’istanza, ex art. 6, c. 2, D.Lgs. n. 218/97

Come abbiamo visto, la presentazione dell’istanza prevista dal comma 2, dell’articolo 6, produce fra l’altro, la sospensione per 90 giorni dei termini di impugnazione dell’atto, decorrenti dalla data di presentazione dell’istanza da parte del contribuente2, per dar modo all’ufficio di riesaminare l’atto ed al contribuente di produrre le proprie osservazioni.

Inoltre, le istruzioni ministeriali fornite con la C.M. n. 235/1997 (par. 2.4) precisano che “per i termini di impugnazione si deve ovviamente considerare anche la sospensione feriale, dal 1° agosto al 15 settembre di ogni anno, prevista dalla legge 7 ottobre 1969, n. 742”. Cosicché, in caso di presentazione dell’istanza 20 giorni dopo la notifica dell’atto di accertamento e/o rettifica, comincerà ad operare la sospensione dei 90 giorni, al termine dei quali – in caso di esito negativo del contraddittorio, riprenderanno a trascorrere i normali termini a difesa, che consentiranno al contribuente di presentare il ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale nei successivi 40 giorni.

Ad ulteriore illustrazione della normativa sopradescritta, l’Amministrazione Finanziaria ha precisato3 che il periodo di sospensione di 90 giorni, di cui all’art.6, c. 3, del citato D.Lgs. n. 218/1997, rientra – per logica connessione con i termini processuali – nell’ambito applicativo dell’art.1, secondo periodo, della richiamata L. n. 742/1969, dal momento che i due periodi di sospensione in argomento assolvono a diverse finalità: quello feriale è collegato al periodo in cui ricadono i termini processuali, mentre quello dei 90 giorni è connesso, invece, ad un proficuo esercizio del contraddittorio in sede di concordato e tali distinti periodi di sospensione non possono che applicarsi cumulativamente, così che il periodo di sospensione feriale opera ogni qual volta il periodo di sospensione di 90 giorni venga a ricadere, come termine iniziale o come termine finale, nell’arco temporale che va dal 1°.8 al 15.9, come anche nell’ipotesi in cui il periodo feriale sia ricompreso nel periodo dei 90 giorni.

In conclusione, il fisco ed il contribuente, per definire in adesione l’accertamento notificato, dispongono – in pratica – di 150 giorni, salvo l’ulteriore prolungamento offerto dalla sopravvenienza del periodo di sospensione feriale.

 

La legittima sospensione dei termini  – La Questione

Da più parti è stato osservato che si tratta di effetti di sospensione automatica che si verificano a prescindere dall’esito del contraddittorio e dell’eventuale perfezionamento o meno dell’adesione.

Tuttavia, parte minoritaria della giurisprudenza4 ha aperto la questione ritenendo che, nel caso in cui il contribuente presenti istanza di accertamento con adesione ed il procedimento si concluda negativamente, vengano meno anche gli effetti sospensivi, con decorrenza dalla sottoscrizione del processo verbale di contraddittorio nel quale le parti danno atto del mancato raggiungimento di un accordo.

L’adesione a tale tesi porta a superare il significato processual-civilistico dell’istituto della sospensione che, invece, “spiega i suoi effetti per tutto il periodo per il quale gioca la causa giustificativa dell’inerzia, ma non toglie valore al periodo eventualmente già trascorso … che non perde la sua efficacia, ma si somma con il periodo successivo5”.

Inoltre, nel caso in cui l’istanza di adesione venga inviata il 60° giorno, il contribuente sarebbe costretto a presentare il ricorso il giorno successivo alla sottoscrizione del verbale di contraddittorio negativo, con grave ed ingiustificata limitazione del diritto di difesa.

Ed ancora, tale rigida interpretazione non tiene conto di un eventuale “ripensamento” del contribuente o dell’Ufficio, alla luce di elementi e/o circostanze successive alla chiusura del contraddittorio, ma che vengono ad emergere in vigenza del periodo di sospensione.

Sul punto si è reso, quindi, necessario un intervento dell’Amministrazione Finanziaria che, con C.M. n.65/2001, ha precisato che “la negativa conclusione del procedimento non incide sul periodo di sospensione dei termini per ricorrere previsto dal co. 3 dello stesso art. 6.

Tale norma assegna, infatti, alla presentazione dell’istanza di adesione l’effetto automatico e predeterminato di sospensione, per 90 giorni, dei termini per impugnare l’atto di accertamento notificato dall’ufficio, non prevedendo alcuna causa di decadenza dalla sospensione stessa”.

L’intervento di prassi puntualizza che la disposizione in esame non correla in alcun modo il periodo di sospensione all’eventuale anticipato esito negativo dell’istanza di adesione e, pertanto, “sia sul piano testuale che di ricostruzione logico-sistematica non è fondatamente sostenibile la comprimibilità del periodo di sospensione fissato dalla legge in novanta giorni”.

 

 

La posizione della giurisprudenza in merito alla sospensione dei termini

Anche la massima giurisprudenza di legittimità ha aderito all’interpretazione dell’Amministrazione Finanziaria: nella sentenza n. 15171 del 12.05.2006 (dep. il 30.6.2006), la Corte di Cassazione, con riguardo alla sospensione di 90 giorni dei termini per ricorrere, conseguente alla presentazione dell’istanza di adesione, ha precisato che oggetto del contendere è la spettanza del beneficio, indipendentemente dalla anticipata conclusione del procedimento di adesione, anche nei casi in cui il contraddittorio si sia concluso con esito negativo.

Il massimo giudice di legittimità, sul punto, ha ritenuto che

“Non può inferirsi dalla chiusura del procedimento di adesione al concordato prima della decorrenza dei novanta giorni di cui all’art. 6 del D. Lgs. n. 218/1997, la rinuncia dei contribuenti ad avvalersi della sospensione dei termini concessa a coloro che si avvalgono della procedura del concordato per adesione”, con ciò confermando le conclusioni cui, nel 2001, era già pervenuta l’Agenzia delle Entrate, seppure con diverse motivazioni.

La Corte di Cassazione, richiamandosi a sua precedente giurisprudenza (n. 1325/1975; n. 2463/1975; n. 3881/1975; n. 3247/1977) ci ricorda che l’obbligazione tributaria non è regolata dalla volontà del contribuente anche quando – come nel procedimento di adesione – questi abbia accettato il quantum debeatur, e, quindi, di essere tenuto al pagamento di un tributo. Ben diversamente,

“la rinuncia all’an debeatur, anche in termini di rinuncia ad avvalersi di un più ampio termine di impugnazione previsto per un dato tipo di rapporti tributari, deve essere espressa o risultare in termini assolutamente in equivoci”.

E’ del tutto evidente, quindi, che il beneficio in discussione spetta a prescindere dall’esito del contraddittorio e dell’eventuale perfezionamento o meno dell’adesione, qualificandosi inequivocamente come sospensione automatica.

Successivamente, con ordinanza n. 140 del 15.04.2011 (ud. del 06.04.2011) la Corte Costituzionale ha sbarrato le porte ad ogni diversa interpretazione, ritenendo sempre sussistente la sospensione dei 90 giorni, una volta presentata l’istanza di accertamento adesione, anche se anteriormente è stato formalizzato il mancato accordo, così rigettando la questione di legittimità costituzionale dell’art. 6, c. 3, del D.Lgs. n. 218/97, sollevata in riferimento al principio di ragionevolezza di cui all’art. 3 della Costituzione.

La Corte Costituzionale ha, innanzitutto, rilevato che il procedimento per l’accertamento con adesione ha la finalità di prevenire l’impugnazione dell’atto di accertamento tributario notificato, favorendo l’instaurazione di un contraddittorio col contribuente per giungere ad una definizione concordata e preventiva della controversia.

Atteso ciò, “non appare irragionevole la previsione, a tal fine, di un periodo fisso di sospensione dei termini di impugnazione, idoneo a consentire «un proficuo esercizio del contraddittorio in sede di adesione» (come si esprime la R.M. 11.11.1999, n. 159/E), durante il cui decorso il contribuente e l’ufficio hanno agio di valutare liberamente la situazione, eventualmente allacciando, sciogliendo e riannodando trattative”. Non sembra, altresì, illogico neppure che la disposizione denunciata preveda che solo il contribuente possa far cessare la sospensione del termine di impugnazione proponendo ricorso avverso l’atto di accertamento – ipotesi questa equiparata dalla norma alla rinuncia all’istanza di accertamento con adesione (ultimo periodo del comma 3 dell’articolo 6 del D.Lgs. n. 218/1997) – oppure mediante una formale ed irrevocabile rinuncia a detta istanza.

In particolare,

“la redazione del menzionato verbale – dal quale risulta che «le parti concordano nel concludere con esito negativo il presente procedimento» – si risolve in una mera presa d’atto del mancato raggiungimento dell’accordo tra il contribuente e l’ufficio tributario e, pertanto, non può né equipararsi all’impugnativa dell’atto di accertamento né assumere il significato di una definitiva rinuncia del contribuente all’istanza di accertamento con adesione”.

Pertanto, la mera constatazione, “in un atto atipico, che in una certa data non sia stato ancora raggiunto l’accordo, da un lato, non impedisce che esso possa essere successivamente raggiunto prima dell’instaurazione del contenzioso e, dall’altro, non esprime l’univoca volontà del contribuente di escludere, anche per il futuro, la composizione amministrativa della controversia”.

La constatazione del mancato accordo tra le parti non integra, pertanto, “una situazione omogenea a quella di definitiva rinuncia all’istanza di accertamento con adesione, sia essa manifestata con dichiarazione espressa o mediante proposizione del ricorso” e quindi, l’evidenziata eterogeneità delle situazioni poste a raffronto e la rilevata ratio, propria dell’istituto dell’accertamento con adesione, di prevenire il contenzioso, rendono non irragionevole una disciplina che attribuisce alla sola impugnazione e all’anzidetta rinuncia l’effetto di far cessare la sospensione dei termini per ricorrere previsto dalla legge in caso di presentazione dell’istanza di cui all’art. 6, c. 2, del D.Lgs. n. 218 del 1997.

Si ricorda, ancora, che proprio di recente, con sentenza n. 2682 del 4 febbraio 2011 (ud. del 4 giugno 2010) la Corte di Cassazione ha legittimato il cumulo dei sessanta giorni previsti per la proposizione del ricorso introduttivo col termine dei novanta giorni disposto per la sospensione dei termini previsti dall’accertamento con adesione, ai quali vanno aggiunti i quarantasei giorni previsti dalla sospensione dei termini per il periodo feriale, e la sospensione dei termini previsti per effetto delle proroghe da condoni).

Per la Corte di Cassazione,

“di tali diversi periodi di sospensione dei termini la società contribuente aveva il pieno diritto di poterne usufruire non essendo previsto da alcuna norma di legge il divieto di cumulabilità delle sospensioni, nè a tale cumulo osta alcuna altra ragione di opportunità essendo diverse le rationes sulle quali dette previsioni sono fondate; a titolo esemplificativo, occorre ricordare che la sospensione del termine per l’impugnazione D.Lgs. n. 218 del 1997, ex art. 6, comma 3, di 90 giorni si fonda sulla necessità di dare al contribuente un ragionevole lasso di tempo per valutare la convenienza o meno di aderire al concordato tributario dopo avere esaminato il carattere di decisività degli elementi posti a base dell’accertamento e l’opportunità di evitare una contestazione giudiziaria (Cass. n. 28051/2009), mentre quello previsto dalla L. n. 289 del 2002 era finalizzato a non distogliere i funzionali dell’A.F. dall’esame delle pratiche di definizione agevolata con altre diverse incombenze; infine la sospensione feriale di cui alla L. n. 742 del 1969 è ispirata all’irrinunciabilità del diritto alle ferie”.

 

L’ultimo intervento della Corte di Cassazione

Con sentenza n. 3762 del 9 marzo 2012 (ud 15 febbraio 2012) la Corte di Cassazione ha riaffrontato la questione, questa volta in tema di tributi locali, aderendo però alle medesime tesi già espresse in materia di tributi erariali.

La divergenza interpretativa trova terreno di contesa sul significato da annettere all’art. 6, c. 3, del D.Lgs. n. 218/97, che per alcuni

”andrebbe intesa secundum tenorem rationis, vale a dire come sintomatica della inutilità del mantenimento della sospensione anche allorchè il procedimento di adesione si sia chiuso con la redazione del verbale di mancato accordo; e che, invece, secondo la ricorrente, andrebbe intesa nel suo senso specifico di norma direttamente disciplinante il caso della chiusura anticipata del procedimento a iniziativa di parte, senza accesso al contraddittorio”.

 

Il collegio osserva che,

“seppure in certo qual modo sorretta da un argomento logico-razionale, l’interpretazione offerta dalla commissione regionale … non può essere condivisa a motivo della necessità di garantire un’applicazione dell’istituto su base sistematica coerente con la conforme legislazione nazionale”. La giurisprudenza, quanto all’omologo istituto disciplinato, per i tributi statali, dal D.Lgs. n. 218 del 1997, “ha già affermato che la chiusura del procedimento di adesione, prima del decorso del termine di 90 giorni previsto dal corrispondente del D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 6, non comporta la rinuncia del contribuente a giovarsi della sospensione dei termini di impugnazione concessa a coloro che si avvalgono della procedura in questione (Cass. n. 15170/2006)”.

 

Per la Corte,

“una simile conclusione è sorretta dal riferimento al principio per cui, in materia tributaria, il puro e semplice riconoscimento del contribuente, nell’ambito di una procedura di accertamento, di essere tenuto al pagamento di un tributo, non produce l’effetto di precludere ogni contestazione in ordine all’an debeatur, essendo l’obbligazione tributaria rigidamente regolata dalla legge, e non dalla volontà del contribuente.

E trova definitiva conferma nell’interpretazione del D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 6, recentemente offerta anche dalla Corte costituzionale. Avendo il procedimento per l’accertamento con adesione generale finalità di prevenire l’impugnazione dell’atto di accertamento tributario notificato, e di favorire l’instaurazione di un contraddittorio con il contribuente finalizzato a una definitiva e concordata definizione preventiva della controversia, è stata ritenuta non irragionevole la previsione, a tal fine, di un periodo fisso di sospensione dei termini di impugnazione, idoneo giustappunto a consentire un proficuo esercizio del contraddittorio in sede di adesione (C. cost. n. 140/2011, ord.).

E tanto per la ragione che, durante il detto esercizio, il contribuente e l’ufficio hanno sempre agio di valutare liberamente la situazione controversa, allacciando, ed eventualmente sciogliendo e riannodando, le trattative.

In questo senso, la redazione del verbale di mancato accordo – che rileva in causa – pur risolvendosi in una presa d’atto del mancato raggiungimento dell’accordo, non può essere equiparato nè a una definitiva rinuncia del contribuente all’istanza di accertamento con adesione, nè a un epilogo comunque definitivamente conclusivo del procedimento, espressivo della volontà di escludere, anche per il futuro, la composizione della controversia in via amministrativa.

Conseguenza logica è che al medesimo verbale, proprio in quanto privo di attitudine definitoria rispetto alla sorte del procedimento amministrativo di adesione, non può attribuirsi alcuna funzione ostativa rispetto alla ratio della (perdurante) sospensione del termine di impugnazione dell’avviso di accertamento”.

 

19 aprile 2012

Gianfranco Antico

1 Cfr. C.M. n. 28/E dell’8.4.2002.

2 Più precisamente, la relazione al D.Lgs. n. 218/1997 chiarisce che “se la definizione non si formalizza nel lasso di tempo intercorrente fra la notifica dell’accertamento e il termine di scadenza per la relativa impugnazione, la proposizione di quest’ultima comporta rinuncia all’istanza di accertamento con adesione”.

3 Cfr. R.M. n. 159/E dell’11.11.1999.

4 La prima sentenza di cui si è a conoscenza è stata emessa dalla CTP di Treviso, sez.VII, sent. n. 308 del 28.09.1999.

5 Cfr. TORRENTE-SCHLESINGER, Manuale di diritto privato, Milano, 1995, pag. 137.