Accertamento con adesione e reclamo: un difficile connubio?

Approfondiamo gli strumenti del reclamo e delle mediazione nel contenzioso tributario: i possibili sviluppi e le strategie difensive per il contribuente. A cura di Antonio Terlizzi.

Mediazione fiscale e reclamo

Il nuovo art. 17-bis D.Lgs. n. 546 del 31-12-1992 (aggiunto dall’art. 39, c. 9, D.L. n. 98 del 2011 cit.), statuisce i seguenti capisaldi:

  • per le controversie di valore non superiore a 20.000 euro, relative agli atti emessi dall’Agenzia delle entrate, chi intende proporre ricorso è tenuto preliminarmente a presentare reclamo ed è esclusa la conciliazione giudiziale di cui all’art. 48 D.Lgs. n. 546 cit.;

  • la presentazione del reclamo è condizione di ammissibilità del ricorso;

  • l’inammissibilità è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio;

  • la normativa in questione non si applica per le controversie relative al recupero di aiuti di Stato (art. 47-bis D.Lgs. n.546 cit.);

  • il reclamo va presentato alla Direzione provinciale o alla Direzione regionale che ha emanato l’atto, le quali provvedono attraverso apposite strutture diverse ed autonome da quelle che curano l’istruttoria degli atti reclamabili;

  • il reclamo può contenere una motivata proposta di mediazione, completa della rideterminazione dell’ammontare della pretesa;

  • l’organo destinatario, se non intende accogliere il reclamo volto all’annullamento totale o parziale dell’atto, né l’eventuale proposta di mediazione, formula d’ufficio una proposta di mediazione;

  • decorsi 90 giorni senza che sia stato notificato l’accoglimento del reclamo o senza che sia stata conclusa la mediazione il reclamo produce gli effetti del ricorso;

  • i termini di cui agli artt. 22 e 23 D.Lgs. n. 546 cit. decorrono dalla suddetta data; se l’Agenzia delle entrate respinge il reclamo in data antecedente, i predetti termini decorrono dal ricevimento del diniego; in caso, inoltre, di accoglimento parziale del reclamo, i predetti termini decorrono dalla notificazione dell’atto di accoglimento parziale;

  • nelle suddette controversie, la parte soccombente è condannata a rimborsare, in aggiunta alle spese di giudizio, una somma pari al 50% delle spese di giudizio a titolo di rimborso delle spese del procedimento in questione;

  • invece, fuori dei casi di soccombenza reciproca, la Commissione tributaria può compensare parzialmente o per intero le spese tra le parti solo se ricorrono giusti motivi, esplicitamente indicati nella motivazione, che hanno indotto la parte soccombente a disattendere la proposta di mediazione;

  • le suddette disposizioni si applicano con riferimento agli atti suscettibili di reclamo notificati a decorrere dal 1° aprile 2012.

 

Ratio

istanza di mediazione fiscaleLa ratio degli istituti è quella di deflazionare il contenzioso tributario, creando un filtro procedurale-amministrativo e stimolando la soluzione stragiudiziale delle liti.

L’articolo 17-bis del D.Lgs. n. 546 del 1992 ha previsto una fase amministrativa, avente la funzione di consentire un preliminare esame della fondatezza dei motivi del ricorso e di verificare altresì la possibilità di evitare, mediante il raggiungimento di un accordo di mediazione, il processo tributario.

Con l’istanza proposta ai sensi dell’articolo 17-bis citato, il contribuente può prospettare, in via preventiva, i motivi per i quali intende chiedere al Giudice tributario l’annullamento, totale o parziale, dell’atto – e perciò formulare una motivata proposta di mediazione, completa della rideterminazione dell’ammontare della pretesa (articolo 17-bis, commi 1 e 7 del D.Lgs. n. 546 del 1992). Nell’istanza può essere formulata una motivata proposta di mediazione, completa della rideterminazione dell’ammontare della pretesa.

La procedura di mediazione è sostanzialmente finalizzata a evitare di rimettere ai giudici tributari le contestazioni che possono essere risolte in sede amministrativa

 

Reclamo con solo istanza di autotutela

E’ possibile che il reclamo non contenga alcuna proposta di mediazione e che, si limiti a contestare in toto la legittimità dell’atto e, in tal caso, esso si atteggia, in buona sostanza, alla stregua di richieste di annullamento totale o parziale in autotutela.

 

Valore

Il comma 1 dell’articolo 17-bis del D.Lgs. n. 546 del 1992 statuisce che

“Per le controversie di valore non superiore a ventimila euro, relative ad atti emessi dall’Agenzia delle entrate, chi intende proporre ricorso è tenuto preliminarmente a presentare reclamo secondo le disposizioni seguenti…”.

Secondo le disposizioni di cui all’art. 12, c. 5, D.Lgs. n. 546 del 1992 (cui rinvia l’art. 17 bis, c. 3, D.Lgs. n. 546 del 1992), il valore della controversia è dato dall’importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con l’atto impugnato; in caso di controversie relative esclusivamente alle irrogazioni di sanzioni, il valore è costituito dalla somma di queste.

 

Decorrenza

La «manovra correttiva», introdotta con D. L. n. 98/2011 convertito con modifiche nella Legge n. 111/2011, ha apportato nel nostro ordinamento rilevanti novità concernenti il contenzioso tributario. In particolare, queste ultime hanno interessato i due istituti del reclamo e della mediazione cui la riforma ha rivolto attenzione introducendo, con l’art. 39 c. 11, l’art. 17 bis all’interno del D.Lgs. n. 546/1992.

Ai sensi del comma 11 dell’articolo 39 del DL n. 98 del 2011, il nuovo istituto del reclamo si applica in relazione “agli atti suscettibili di reclamo notificati a decorrere dal 1° aprile 2012”.

 

Presentazione necessaria

La norma (articolo 17-bis del D.Lgs. 546/1992) stabilisce che, per le controversie fino a 20.000 euro, chi intende proporre ricorso risulta obbligato a presentare preventivamente reclamo.

L’art. 39 c. 11 D. L. 98/2011 stabilisce che le nuove disposizioni di cui all’art. 17 bi troveranno applicazione con riferimento agli atti suscettibili di reclamo notificati a decorrere dal 1º aprile 2012.

La presentazione del reclamo è condizione di ammissibilità del ricorso e il reclamo può contenere una proposta di mediazione. Condizione di ammissibilità del ricorso alla Ctp (per le controversie di valore non superiore a 20mila euro, relative ad atti emessi dall’Agenzia delle Entrate) non è la proposta di mediazione fiscale, ma la presentazione del reclamo.

II comma dell’art. 17-bis del D.Lgs. n. 546/1992 determina nel reclamo una condizione di ammissibilità del ricorso: chi intende proporre ricorso è tenuto a presentare preliminarmente reclamo, pena l’inammissibilità del ricorso rilevabile in ogni stato e grado del giudizio. Il reclamo, dunque, rappresenta per il ricorrente/reclamante un atto indispensabile poiché consente ad esso di proseguire il giudizio dinanzi le competenti Commissioni Tributarie.

 

Presupposti per la mediazione fiscale

I presupposti per la mediazione, individuati dal comma 8 dell’articolo 17-bis sono:

  • incertezza delle questioni controverse;

  • grado di sostenibilità della pretesa;

  • principio di economicità dell’azione amministrativa.

Il grado di sostenibilità della controversia consiste in una preventiva valutazione probabilistica in merito alla prosecuzione o meno del contenzioso in caso di esito sfavorevole in primo grado.

La incertezza della questione controversa non sussiste quando i motivi proposti dal contribuente nell’istanza non prospettano sufficienti elementi per ritenere possibile un mutamento di posizione interpretativa da parte del giudice di legittimità o della Consulta in passato favorevole al fisco.

La “certezza” è costituita dalla presenza di un orientamento consolidato della Corte di cassazione, tale da indurre a ritenere che un eventuale ricorso per cassazione potrebbe essere dichiarato dalla Cassazione inammissibile o manifestamente infondato. Giova osservare in riferimento all’incertezza delle questioni controverse che l’Amministrazione finanziaria non ha potere normativo, sicché l’interpretazione ministeriale non può essere mai considerata fonte del diritto; da ciò si deve affermare che la prassi amministrativa non costituisce elemento sufficiente ad escludere la presenza della situazione di obiettiva incertezza normativa (Cass. civ. Sez. V, 28-12-2011, n. 29401).

Il principio di economicità consiste nella necessità di ottimizzazione economica delle risorse ovvero come impegno a non gravare il procedimento amministrativo di oneri inutili e dispendiosi, cercando di realizzare una rapida ed efficiente conclusione della propria attività amministrativa

 

Reclamo

L’atto introduttivo del procedimento è denominato “reclamo”, con evidente riferimento all’accesso alla fase amministrativa, ma è regolato allo stesso modo del ricorso giurisdizionale, essendo prescritti, attraverso il rinvio alle norme relative, gli stessi requisiti di contenuto-forma e le stesse modalità di presentazione del ricorso.

 

Requisiti del reclamo

In particolare, ai sensi dell’art. 12 del D.Lgs. n. 546/1992, per proporre reclamo contro atti dell’Agenzia di valore superiore ad € 2.582,28, il reclamante deve essere assistito da un difensore; possono formare oggetto di reclamo solo gli atti impugnabili ex art. 19; il reclamo deve contenere tutti gli elementi di cui all’art. 18, dovendo individuare, attraverso i motivi, la causa petendi e il petitum dell’azione amministrativa; il reclamo deve essere notificato in una delle tre modalità previste dall’art. 16 e va depositato presso l’ufficio che ha emesso l’atto impugnato. Al procedimento in esame si applicano le disposizioni disciplinanti il ricorso di cui all’articolo 18 del D.Lgs. n. 546. L’istanza proposta dal contribuente ai sensi dell’articolo 17-bis del D.Lgs. n. 546 del 1992, sostanzialmente anticipa i contenuti del ricorso dovendo recare gli stessi elementi di quest’ultimo. E’ ammissibile riportare nella stessa istanza il contenuto integrale del ricorso Nell’istanza occorre specificare:

  • l’Ufficio dell’Agenzia delle entrate nei cui confronti è proposto il reclamo;

  • il contribuente e il suo legale rappresentante, la relativa residenza o sede legale o il domicilio eventualmente eletto nel territorio dello Stato, nonché il codice fiscale e l’eventuale indirizzo di posta elettronica certificata;

  • l’atto impugnato e l’oggetto dell’istanza;

  • i motivi.

L’istanza è sottoscritta dal difensore, incaricato a norma dell’articolo 12, comma 3, del D.Lgs. n. 546 del 1992; nel caso di controversie di valore inferiore ad € 2.582,28, l’istanza può invece essere sottoscritta personalmente dal contribuente.

 

Coincidenza sostanziale tra reclamo e ricorso

La fase amministrativa deve essere esperita dal contribuente ogni qual volta intenda impugnare uno degli atti individuati dall’articolo 19 del D.Lgs. n. 546 del 1992, emesso dall’Agenzia delle entrate, e il valore della controversia non sia superiore a ventimila euro. La fase di mediazione inizia con una specifica istanza, formulata dal contribuente nei confronti dell’Agenzia e motivata sulla base di elementi di fatto e di diritto coincidenti con il contenuto del ricorso giurisdizionale. E’ necessaria una sostanziale coincidenza tra quest’ultima e il contenuto del ricorso, così come individuato dagli artt. 18 e ss. del D.Lgs. n. 546 del 1992.Sulla base di siffatta coincidenza a seguito dell’inutile decorso della fase di mediazione, l’istanza produce gli effetti del ricorso giurisdizionale.

Da tale postulato deriva come corollario che:

  • I motivi riportati nell’istanza devono coincidere integralmente con quelli del ricorso, a pena di inammissibilità;

  • è inammissibile il motivo di ricorso, proposto innanzi alla Commissione tributaria provinciale, per il quale non sia stata preventivamente esperita la procedura di mediazione;

  • in applicazione dell’articolo 22, del D.Lgs. n. 546 del 1992, espressamente richiamato dall’articolo 17-bis del medesimo decreto, il ricorso depositato nella Segreteria della Commissione tributaria deve essere conforme a quello consegnato o spedito all’ufficio e con l’istanza di mediazione, a pena di inammissibilità dello stesso.

 

Atti oggetto di mediazione fiscale

Sono oggetto di mediazione i seguenti atti:

  • l’avviso di accertamento;

  • l’avviso di liquidazione;

  • il provvedimento che irroga le sanzioni;

  • il ruolo;

  • il rifiuto espresso o tacito della restituzione di tributi, sanzioni pecuniarie ed interessi o altri accessori non dovuti;

  • il diniego o la revoca di agevolazioni o il rigetto di domande di definizione agevolata di rapporti tributari;

  • ogni altro atto emanato dall’Agenzia delle entrate, per il quale la legge preveda l’autonoma impugnabilità innanzi alle Commissioni tributarie.

Trova applicazione al procedimento di mediazione anche il disposto dell’articolo 19, comma 3 del D.Lgs. n. 546 del 1992, in base al quale “La mancata notificazione di atti autonomamente impugnabili, adottati precedentemente all’atto notificato, ne consente l’impugnazione unitamente a quest’ultimo”.

 

Non sono, invece, oggetto di mediazione i seguenti atti, perché non sono emessi dall’Agenzia delle entrate e, di norma, non riconducibili all’attività della stessa:

  • la cartella di pagamento;

  • l’avviso di mora di cui alla lettera e dell’articolo 19, comma 1 del D.Lgs. n. 546 del 1992; peraltro, tale atto è stato soppresso e sostituito dall’avviso di intimazione di cui all’articolo 50, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602;

  • l’iscrizione di ipoteca sugli immobili di cui all’articolo 77 del DPR n. 602 del 1973, prevista dalla lettera e-bis del medesimo articolo 19, comma 1, del D.Lgs. n. 546 del 1992;

  • il fermo di beni mobili registrati, di cui all’articolo 86 del DPR n. 602 del 1973, elencato sub lettera e-ter dell’articolo 19, comma 1;

  • gli atti relativi alle operazioni catastali, indicate nell’articolo 2, comma 3, del D.Lgs. n. 546 del 1992.

Non possono essere oggetto di mediazione le controversie concernenti il recupero di aiuti di Stato dichiarati incompatibili, in esecuzione di una decisione adottata dalla Commissione europea, ai sensi dell’articolo 14 del regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio del 22 marzo 1999.

 

Formulazione d’ufficio della mediazione

Se la proposta di mediazione non è contenuta nel reclamo (in quanto il ricorrente chiede soltanto l’annullamento dell’atto), sarà eventualmente l’amministrazione finanziaria a formularla d’ufficio.L’organo destinatario (rectius, l’ufficio) formula d’ufficio una proposta di mediazione, avuto riguardo all’eventuale incertezza delle questioni controverse, al grado di sostenibilità della pretesa e al principio di economicità dell’azione amministrativa, se non intende accogliere il reclamo diretto all’annullamento totale o parziale dell’atto né l’eventuale proposta di mediazione di parte.

Qualora l’organo destinatario del reclamo non proceda all’annullamento totale o parziale dell’atto né all’accoglimento dell’eventuale proposta di mediazione, formula di ufficio una proposta di mediazione avuto riguardo a: eventuale incertezza delle questioni controverse; grado di sostenibilità della pretesa e principio di economicità dell’azione amministrativa.

 

Responsabilità funzionari del fisco

L’espressa previsione della limitazione della responsabilità erariale nella mediazione fiscale ai soli casi di dolo, con esclusione della responsabilità per colpa grave, mira a garantire serenità nell’azione del pubblico funzionario per consentirgli di informare appieno anche a criteri di economicità e di efficacia la propria condotta nello svolgimento dell’azione amministrativa e nel perseguimento del fine pubblico.

 

Natura giuridica reclamo

Il reclamo costituisce un tentativo di conciliazione obbligatoria tra contribuente e amministrazione finanziaria presentando caratteristiche analoghe a quelle tipiche dell’attività “finalizzata sia nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia, sia nella formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa”. Il reclamo ha una duplice funzione, di iniziale stimolo stragiudiziale e successivamente giudiziale, in quanto deve contenere tutte le ragioni, in fatto e in diritto, della doglianza eventualmente affidata all’esame del Giudice tributario.

È una manifestazione di tutela amministrativa, per la quale è competente la steso Ente impositore che ha emanato il provvedimento che si ritiene viziato. Il reclamo è un procedimento di “secondo grado”, in quanto viene avviato alla conclusione di un precedente procedimento amministrativo (quello che si è concluso con l’emanazione dell’atto ritenuto viziato).

Esso definisce la questione nell’ambito della funzione tipica della PA, quella amministrativa, senza che alcun organo giurisdizionale debba pronunziarsi.

Il reclamo è diretto ad accentuare il contraddittorio, peraltro già garantito nel procedimento conclusosi con l’emanazione dell’atto del quale l’interessato chiede il riesame

Il reclamo permette anche di esaminare nuovamente il caso e, sussistendone i presupposti, di emendare la precedente decisione nonché, in ossequio al principio di economia dei mezzi giudiziari, di contenere il ricorso agli strumenti di tutela giurisdizionale, perseguendo l’economicità del fare amministrativo.

Il reclamo ha certamente natura impugnatoria, in quanto configura un rimedio contro un atto amministrativo lesivo dell’interesse sostanziale protetto dalla norma Il reclamo non è presentato a un giudice, bensì a un organo che non si trova in posizione di distacco rispetto a una delle parti in causa: fa parte infatti della stesso Ente impositore al quale appartiene l’organo che ha emanato l’atto.

Non può, peraltro, essere considerato un ricorso gerarchico vero e proprio.

La norma dispone che la struttura dell’ente impositore competente al reclamo sia diversa e autonoma da quella che ha emanato l’atto reclamabile, anche se non è né sovra né sott’ordinata all’ufficio che ha emanato l’atto: il reclamo va infatti presentato alla direzione provinciale o alla direzione regionale, che lo affida alle strutture deputate alla gestione del contenzioso per un esame operato in piena autonomia rispetto alle diverse strutture che hanno curato l’istruttoria degli atti reclamabili.

Il reclamo ha natura di strumento “atipico”.

 

Modalità di presentazione del reclamo

Manca nella mediazione fiscale la presenza di un soggetto terzo.

Peraltro , nella mediazione fiscale, la parte pubblica (l’ufficio) agisce secondo le regole del diritto tributario e quindi in regime di diritto pubblico.

In merito alle modalità di presentazione, il reclamo deve essere presentato alla Direzione Provinciale od alla Direzione Regionale che ha emanato l’atto.

Queste provvederanno attraverso «apposite strutture diverse ed autonome da quelle che curano l’istruttoria degli atti reclamabili»

L’istanza è indirizzata alla struttura territoriale dell’Agenzia delle entrate cui spetta la legittimazione in giudizio ai sensi dell’articolo 10 del D.Lgs. n. 546 del 1992, ossia alla struttura “che ha emanato l’atto impugnato o non ha emanato l’atto richiesto”.

I requisiti dell’istanza corrispondenti all’oggetto e ai motivi del ricorso sono soddisfatti attraverso le specificazioni della richiesta di autotutela, totale o parziale, dell’atto e l’indicazione degli elementi di fatto e di diritto in base ai quali si richiede l’annullamento dell’atto stesso, nonché delle argomentazioni a supporto della proposta di mediazione eventualmente formulata nell’istanza.

 

La duplice anima del reclamo

Il reclamo, svolgendo sia una funzione stragiudiziale che giudiziale, presenta una «duplice anima».

In merito alla prima funzione, il reclamo può contenere una motivata proposta di mediazione, completa della rideterminazione dell’ammontare della pretesa.

Decorsi novanta giorni senza che sia stato notificato l’accoglimento del reclamo o senza che sia stata conclusa la mediazione, il reclamo produce gli effetti del ricorso

 

Mutamento automatico del reclamo in ricorso

In questo caso, una volta avvenuto il c.d. «mutamento automatico» del reclamo in ricorso, il termine per la costituzione in giudizio del ricorrente decorre dalla scadenza del termine di novanta giorni dalla data di notifica del provvedimento di rigetto o di parziale accoglimento del ricorso.

Qualora, invece, il reclamo venga respinto in anticipo rispetto ai novanta giorni, i termini per la costituzione in giudizio del ricorrente decorrono dal ricevimento del diniego ovvero, in caso di accoglimento parziale, dalla notificazione di detto atto.

 

Regime ad hoc per spese processuali

Nel procedimento di reclamo e mediazione fiscale, la parte soccombente rimborsa il 50% delle spese di giudizio a titolo di rimborso delle spese di procedimento di reclamo e mediazione.

La disposizione prevede la condanna della parte soccombente nelle controversie di cui al comma 1, in aggiunta alle spese del giudizio, al pagamento di una somma pari al 50% delle stesse, a titolo di rimborso delle spese del procedimento.

Nelle medesime controversie, al di fuori dei casi di soccombenza reciproca, la CommissioneTributaria può compensare parzialmente o per intero le spese tra le parti solo se ricorrono i giusti motivi indicati esplicitamente nella motivazione che hanno indotto la parte soccombente a disattendere la proposta di mediazione. Quindi si deroga al disposto dell’alt. 92, c. 2, del c.p.c., nel senso che alle “gravi ed eccezionali ragioni” che normalmente giustificano la compensazione in base a tale disposizione, si sostituisce la non agevole qualificazione dell’esistenza di validi motivi per i quali non si è perfezionata la proposta di mediazione.

 

Rapporti e interferenze

Di fronte a un atto di accertamento, il contribuente può sicuramente presentare istanza di accertamento con adesione.

Se non viene raggiunto un accordo in contraddittorio, il contribuente presenta normalmente il ricorso.

A questo punto, in luogo del ricorso, lo stesso contribuente, per le liti fino ad € 20.000, dovrà presentare preliminarmente il nuovo reclamo per tentare di ottenere l’annullamento dell’atto oppure una mediazione.

Ma, se è fallito il tentativo di trovare un accordo nell’accertamento con adesione, non ha senso tentare un nuovo accordo con la mediazione.

E’ praticamente impossibile che, con tutto il tempo che si ha a disposizione per l’adesione (90 giorni più i 60 per fare ricorso), poi, successivamente, le parti cambino idea ed addivengano alla “mediazione”.

Il contribuente che vede rigettate le motivazioni durante il tentativo di adesione, prima di presentare ricorso, dovrà obbligatoriamente presentare un’istanza, contenente i motivi di diritto e merito, ai fini del reclamo.

Quest’atto, se respinto, costituirà il ricorso vero e proprio da depositare successivamente in Commissione tributaria.

È ipotizzabile che se le eccezioni del contribuente siano respinte durante l’adesione, lo saranno anche durante la mediazione.

Così si concretizzerebbe, di fatto, una duplicazione di atti (costi) sia per il contribuente che per il fisco.

L’unica possibilità è rimessa al fatto che competente al reclamo (e alla mediazione) sarà una struttura diversa ed autonoma da quella che ha emanato l’atto impositivo.

Le condizioni sopra evidenziate (entità della lite, organo che emette l’atto impositivo e previsione temporale di applicazione della norma) potrebbero in futuro determinare la dilazione dei tempi processuali.

Il valore economico quale limite di applicazione alla nuova disciplina rende quest’ultima costituzionalmente suscettibile di censure e pertanto è necessaria ed inevitabile la sua estensione.

Il nuovo istituto del reclamo incide – fin quasi alla sovrapposizione – in una fase temporale del procedimento già “presidiata” dall’accertamento con adesione. In effetti, se si escludono i casi in cui l’ufficio è obbligato alla preventiva convocazione del contribuente – come per esempio nei procedimenti aventi per oggetto gli studi di settore – il procedimento del reclamo dovrebbe interporsi tra l’esito negativo di un accertamento con adesione e l’avvio della lite con la notifica del ricorso e la rituale, successiva, costituzione in giudizio dinanzi alla competente Commissione provinciale tributaria

 

Strategie difensive per il contribuente

Il reclamo indurrà il contribuente a manifestare il suo dissenso circa tutte le censure che gli vengono avanzate con l’avviso di accertamento.

Il contribuente, visto che non gli resta che costituirsi in giudizio nei trenta giorni successivi al verificarsi dei citati eventi, perde la possibilità di integrare i motivi del ricorso rispetto a quanto avanzato nel reclamo.

Il contribuente già nella fase amministrativa del procedimento deve rendere note in anticipo alla controparte tutte le eventuali censure dell’atto che si intende dedurre, compresi i vizi attinenti alla sua legittimità formale.

E sembra intuitivo ritenere che rilievi attinenti, a mero titolo di esempio, all’insufficiente motivazione dell’atto o alla tardività della notifica, ben difficilmente potranno essere oggetto di una qualche proposta di mediazione, riguardando aspetti strutturali dell’atto, tali da inficiarne in certi casi la stessa giuridica esistenza.

 

28 febbraio 2012

Antonio Terlizzi