IVA indebitamente pagata e termine ultimo per il rimborso

in caso di cessazione dell’attività e di contestuale credito IVA a favore del contribuente, come deve comportarsi il contribuente per esigere il suo credito?

Il rimborso IVA per cessazione dell’attività

rimborso ivaLa cessazione dell’attività ai fini dell’IVA comporta l’assolvimento di tutte le procedure amministrative e fiscali ivi compreso, evidentemente, la compilazione ed invio del modello di dichiarazione annuale della relativa Imposta.

Come richiedere il rimborso dell’IVA a credito

A fronte, di una fattispecie concreta e consistente nella chiusura di un attività con successiva richiesta del rimborso dell’Imposta a credito, ovvero circa quattro anni dopo la cessazione, la Suprema Corte di Cassazione è intervenuta sancendo tre punti essenziali, verso i quali il contribuente deve uniformare il proprio comportamento:

  1. l’istanza di rimborso dell’IVA soggiace al termine prescrizionale di 2 anni con applicazione analogica di quanto sancito dall’art. 21, c. 2 del D.Lgs. n. 546 del 1992;
  2. in materia di Imposta sul Valore Aggiunto il rimborso dell’eccedenza è giustificato solo se risultante dal modello legale della Dichiarazione IVA con espressa compilazione del quadro VR;
  3. la materia attinente il rimborso dell’imposta, nel caso di cessazione di attività, deve conformarsi sia dall’art. 30 del D.P.R. n. 633 del 1972 che dall’art. 21 del D.Lgs. n. 546/1992.

Ritenendosi, per l’effetto, non ammissibile il diritto al rimborso presentato da un contribuente che non ha evidenziato tale credito d’imposta nel quadro VR e che, comunque, ha presentato un istanza in separata sede, rispetto al modello dichiarativo annuale, in un termine superiore ai 2 anni dal momento in cui si è determinato il credito IVA.

Peraltro, è stato rimarcato, anche, il fatto che un istanza di rimborso presentata su semplice modello cartaceo ed in forma libera, lontano dalla previsione normativa di cui all’art. 30 del D.P.R. n. 633/1972 non può trovare accoglimento da parte dell’Amministrazione Finanziaria.

Profili Operativi

Del resto, ponendo una stretta analisi sul quadro VR del modello di dichiarazione IVA, possiamo osservare la manifesta fondatezza delle doglianze dell’Amministrazione Finanziaria dinnanzi al Giudice di Legittimità, attraverso la sottolineatura dei seguenti punti (che interessano la fattispecie concreta):

  • Rigo VR2, intitolat della “Causale del rimborso”, compilabile dai contribuenti che hanno cessato l’attività e per i quali (art. 30 c. 3 e art. 34 c. 9) l’eccedenza risultante dalla dichiarazione annuale può essere chiesta a rimborso a prescindere dal suo ammontare;
  • presenza della Casella 1, avente ad oggetto la “Cessazione di attività”, la quale va barrata dai contribuenti che l’anno precedente hanno cessato l’attività.

Quindi, questi due punti del quadro VR unitamente al punto VR1, non fanno altro che sottolineare al contribuente che l’adozione di altre procedure cartacee (presentazione di una semplice istanza di rimborso, senza il previo adempimento del quadro VR) corrono il manifesto rischio di soccombere dinnanzi alla preventiva utilizzazione di un modello c.d. “ministeriale”.

La giurisprudenza di legittimità

La suprema Corte a fronte delle doglianze dell’Amministrazione Finanziaria circa la legittimità di una richiesta di rimborso dell’IVA inoltrata con separata istanza, quattro anni dopo la maturazione del diritto ed in concomitanza della chiusura dell’attività economica del ricorrente, disattende il comportamento di quest’ultimo, infatti nella sentenza n. 18920 del 16 Settembre 2011, si sancisce tra l’altro che:

“ … deve premettersi che, sull’annoso tema dei rimborsi dell’IVA, si rivengono, nella giurisprudenza della Corte, affermazioni eterogenee.

Tanto è dovuto alla oggettiva complessità del campo di indagine, in seno al quale si fronteggiano interessi in qual misura contrapposti: da un lato, l’interesse del contribuente alla (celere e) sicura liquidazione di quanto versato in eccedenza (dovendosi tener conto del parametro generale di capacità contributiva); dall’altro, l’esigenza dell’erario di svolgere opportune preliminari verifiche in ordine all’effettività del diritto al rimborso, al fine di evitare – pur sempre in relazione al medesimo – parametro –l’accoglimento di pretese indebite.

Il legislatore – anche tenuto conto che quello dei rimborsi dell’Iva è uno dei settori più esposti alla fattispecie di frode in danno all’erario – ha pertanto tipizzato sia i presupposti, sia le procedure intese all’ottenimento dei rimborsi medesimi.

Al punto che – come la dottrina più attenta non ha mancato di notare – le disposizioni sull’Iva non prevedono, per es., il rimborso da indebito (allorché l’imposta sia stata irregolarmente o illegittimamente percetta), se non sotto il profilo della previa rettifica di inesattezze della fatturazione o della registrazione. Mentre dettano regole specifiche – nell’art. 30 del D.P.R. 633/1972 – per il credito d’imposta non derivante da indebito.

Nel caso di specie, rileva ratione temporis il testo del citato art. 30 come conseguente alle modifiche apportate dal D. Lgs. 24 Marzo 1999, n. 81.

Tra le suddette specifiche disposizioni, è annoverato il principio in base al quale l’opzione, tra il rimborso dell’eccedenza detraibile risultante dalla dichiarazione annuale e il suo computo in detrazione nel successivo periodo d’imposta, va effettuata nella dichiarazione annuale.

L’opzione per il rimborso – salvi i casi di procedura cd. Accelerata, che qui non rilevano – dipende dalla presenza di due alternative condizioni: a) che il credito d’imposta sia superiore a Lire 5.000.000, laddove peraltro sussistano le ulteriori condizioni di cui ai commi 3° e 4° del ridetto art. 30; b) che ricorra il caso di cessazione di attività.

Nell’ipotesi di cessazione, in particolare, non essendoci la possibilità di recuperare l’imposta assolta sugli acquisti nel corso di future operazioni imponibili, si richiede al contribuente di evidenziare, in sede di dichiarazione di cessazione di attività (art. 35, 3° e 4° co., d.p.r. 633/1972), che nell’ultima dichiarazione annuale v’è stata un eccedenza positiva d’imposta.

L’evidenziazione detta – alla quale nella specie l’impugnata sentenza neppure allude – costituisce tuttavia soltanto il presupposto dell’istanza di rimborso, la quale invero è disciplinata unitariamente dall’art. 30, 5° co., del d.p.r. cit., a mezzo del rinvio agli elementi da indicare in dichiarazione o in apposito allegato, in conformità alle disposizioni integrative di cui alla richiamata decretazione ministeriale (nella specie, non il d.m. 20.12.2000, mentovato dalla ricorrente, sebbene, trattandosi di dichiarazione Iva 2000, il cui testo, peraltro, risulta esattamente riprodotto anche per l’anno successivo); gli elementi che «in relazione all’attività esercitata hanno determinato il verificarsi dell’eccedenza di cui si chiede il rimborso».
Consegue che, seppure è vero che l’ipotesi dell’eccedenza d’imposta risultante alla cessazione di attività è un’ipotesi espressamente regolata dal d.p.r. 633/1972 (art. 30) – come affermato da Cass. N. 9794/2010 e da Cass. N. 5486/2003, fino alla lontana e in parte conforme Cass. N. 13091/1992 -, ciò non assume connotato dirimente nel senso della esclusione della decadenza biennale di cui alla residuale previsione di cui all’art. 21, 2° co., del d. lgs. n. 546/1992.

Non assume un simile connotato visto che, in verità, tutte le ipotesi di rimborso di eccedenze d’imposta, finanche non conseguenti alla cessazione di attività, sono pur sempre regolate dalla medesima disposizione.

Non lo assume, invero, le volte in cui l’istanza di rimborso non risulti effettuata per le evidenze della correlata dichiarazione di cessazione di attività, previo utilizzo dell’apposito modello VR cui, senza distinzioni quanto al presupposto, rinvia lo stesso art. 30, 5° co., d.p.r. cit..

In tal senso, reputa il collegio che, anche in relazione alla fattispecie di rimborso derivante da cessazione di attività, soltanto una domanda di rimborso dell’eccedenza d’imposta detraibile sostanzialmente conforme al modello legale – contenente, cioè, gli elementi necessari, stabiliti dalla legge e/o indicati nel «modello ministeriale», per la decisione su di essa – rientra nello schema tipico di cui al ridetto art. 30, sì da poter essere considerata – come in generale affermato da Cass. N. 9794/2010 – «regolata» dall’art. 30 medesimo.

L’utilizzazione del citato modello risponde alla ratio di rendere più tempestive e meno onerose le successive verifiche dell’amministrazione finanziaria in ordine agli elementi che hanno determinato l’eccedenza.

Nella giurisprudenza di questa Corte, d’altronde, già si rinviene il condivisibile identico principio con riguardo al profilo della decorrenza degli interessi sulla sorte capitale oggetto di istanza di rimborso.

Anche in simile ambito, cioè, si dice che, ai fini dell’Iva, « soltanto una domanda di rimborso dell’eccedenza d’imposta detraibile sostanzialmente conforme al modello legale … è idonea a determinare il decorso degli interessi, sulla somma di cui sia stato riconosciuto il diritto al rimborso, dal novantesimo giorno successivo a quello della sua presentazione; mentre, reciprocamente, la presentazione di una domanda di rimborso sostanzialmente difforme dal modello stesso, non integrando la predetta, idoneità, comporta che, ove l’Ufficio Iva, rilevata la difformità, inviti il contribuente a completarla, il dies a quo del predetto termine, e cioè la presentazione della domanda di rimborso, coincide con quello della sua regolarizzazione (Cass. N. 1935/1999. Conf. Cass. N. 21053/2005).

Questo principio, seppure affermatosi in ordine alla specifica questione della individuazione del momento di decorrenza degli interessi, suffraga la suesposta affermazione che la completezza della domanda, inresa come conformità al modello legale quale prefigurato dalla mentovata fonte legislativa e da quella secondaria (ratione temporis, il d.m. 30.12.1999 succitato), costituisce un vero e proprio onere a carico del soggetto Iva, con la conseguenza che una domanda di rimborso formulata in modo sostanzialmente difforme dal predetto modello legale, e cioè carente degli elementi che – alla stregua delle suddette fonti normative – debbono costituirne il contenuto necessario, non è idonea – quale che sia la condizione legittimante l’istanza (cessazione di attività o altro) – a integrare un valido atto di esercizio del corrispondente diritto, così esulando dall’ambito di cui all’art. 30 del d.p.r. 633/1972.

E difatti il riconoscimento del diritto al rimborso è comunque subordinato, dal citato art. 30, 2° e 4° co., all’esistenza delle due sopra esposte condizioni; e il successivo 5° co. riserva alla decretazione ministeriale il compito di stabilire, quanto a entrambe, gli elementi, da indicare nella dichiarazione o in apposito allegato, che, in relazione all’attività esercitata, hanno determinato il verificarsi dell’eccedenza di cui si chiede il rimborso».

Venendo al caso, devesi allora evidenziare che la sentenza impugnata ha invece basato la propria ratio decidendi sulla surrogabilità della succitata procedura formale con una specifica, e dunque necessariamente distinta, istanza di rimborso. E contiene l’affermazione che, presentata la dichiarazione annuale (non quindi quella di cessazione di attività), con indicazione del credito d’imposta, «è fuori luogo … pretendere una seconda manifestazione di volontà attraverso la presentazione del modello VR».

Tanto consente di tenere accertato, dalla sentenza, quanto in questa sede rappresentato dall’amministrazione ricorrente; e cioè che … la parte convenuta …
«nel modello unico dell’anno in questione, ometteva la presentazione del q. VR che, di fatto, ha comportato l’impossibilità di qualificare la pretesa del contribuente quale richiesta di rimborso».

Può osservarsi che il contrasto assunto dalla parte appare inamissibilmente assertorio, non risultando, dinnanzi alle spora riferite emergenze, assistito dalla necessaria autosufficienza. Sicchè può nel caso di specie ritenersi pacifico – perché ne dà atto la stessa sentenza – che l’interessata, dopo aver esposto il credito nella dichiarazione annuale di cui all’art. 28 del d.p.r. n. 633/1972, omise di formulare l’istanza di rimborso secondo lo schema ipotizzato dalla previsione normativa. Tanto da determinarsi alla presentazione di una separata istanza, in forma libera, in data…

Nelle condizioni date, non può condividersi la conclusione rassegnata dalla commissione territoriale, secondo cui «la presentazione della dichiarazione annuale, coll’indicazione dell’Iva a credito, manifesta la volontà di ottenere il rimborso» ed è sufficiente a escludere ogni decadenza.

In sostanza, la decisione di secondo grado si fonda sull’assunto che, una volta indicato in dichiarazione annuale (art. 28 del d.p.r. 633/1972), il credito sarebbe comunque soggetto esclusivamente alla ordinaria prescrizione decennale.

Mentre una simile affermazione contrasta la prevista necessità di una domanda di rimborso appositamente regolata, salvo il ricorso all’istituto residuale di cui all’art. 21, 2° co., del d. lgs. n. 546/1992, in base al quale «la domanda di restituzione, in mancanza di disposizioni specifiche, non può essere presentata dopo due anni dal pagamento ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto della restituzione».

Disposizione, questa, che giustappunto assume, nel sistema, funzione residuale, e che trova dunque sicura applicazione in casi come quello di specie, in cui, per le ragioni dette, viene in considerazione una domanda di rimborso non rientrante tra quelle direttamente disciplinate dal ripetuto art. 30 del d.p.r. 633/1972, e perciò non contemplata da disposizioni specifiche…

Non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto, in quanto risulta pacifica in causa la circostanza da ultimo indicata, relativa all’infruttuoso decorso, dalla data di presentazione della dichiarazione, del termine biennale attinente alla presentazione dell’istanza di rimborso.

Difatti la disposizione ex art. 21, 2° co., del d.lgs. n. 546/1992 detta una regola suppletiva, avente chiara funzione sussidiaria e di complemento, intesa a fornire certezza ai rapporti giuridici con l’amministrazione finanziaria ove per la domanda di restituzione in concreto proposta – e dunque per la domanda in quanto tale, non già per il relativo presupposto, che, in materia d’Iva, è (come visto) necessariamente testuale – manchino disposizioni specifiche nelle singole leggi d’imposta.

Pertanto la causa può essere da questa Corte decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384, 2° co., c.p.c., con il rigetto dell’originario ricorso proposto … dalla parte convenuta (dal ricorrente).
Possono in conclusione affermarsi i seguenti principi di diritto:

a) «L’art. 21, 2° co., d. lgs. N. 546/1992, in quanto dotato di funzione residuale e di chiusura del sistema, a garanzia di stabilità e di certezza dei rapporti giuridici con l’amministrazione finanziaria, postula la mancanza di disposizioni regolative della domanda di rimborso in sé e per sé considerata, indipendentemente dal presupposto»;

b) «in materia di Iva, e in relazione alla fattispecie di rimborso derivante da cessazione di attività, soltanto una domanda di rimborso dell’eccedenza di imposta detraibile sostanzialmente conforme al modello legale – contenente, cioè, gli elementi necessari, stabiliti dalla legge e/o indicati nel modello ministeriale, per la decisione su di essa – rientra nello schema tipico di cui all’art. 30 del d.p.r. n. 633/1972 »;

c) « pertanto solo una simile domanda può essere considerata regolata dall’art. 30 medesimo, al fine di escluderne l’assoggettamento alla decadenza prevista in via residuale dall’art. 21 del citato d. lgs. n. 546/1992»…”

rimborso iva per cessazione dell'attività

Profili Normativi

Alla luce di quanto esposto nei punti precedenti si riportano di seguito i principali riferimenti normativi atti a giustificare il principio secondo il quale la richiesta di rimborso dell’Imposta sul Valore Aggiunto va fatta tramite il quadro VR del Modello IVA entro il termine di due anni, ai sensi dell’art. 21 del D. Lgs. n. 546 del 1992.

Decreto del Presidente della Repubblica del 26 ottobre 1972 n. 633

Istituzione e disciplina dell’imposta sul valore aggiunto.

Articolo 30 – Versamento di conguaglio e rimborso dell’eccedenza.
In vigore dal 20 febbraio 2010 – con effetto dal 1 gennaio 2010 per effetto delle modifiche di cui al Decreto legislativo del 11/02/2010 n. 18, Articolo 1

Se dalla dichiarazione annuale risulta che l’ammontare detraibile di cui al n. 3) dell’articolo 28, aumentato delle somme versate mensilmente, e’ superiore a quello dell’imposta relativa alle operazioni imponibili di cui al n. 1) dello stesso articolo, il contribuente ha diritto di computare l’importo dell’eccedenza in detrazione nell’anno successivo, ovvero di chiedere il rimborso nelle ipotesi di cui ai commi successivi e comunque in caso di cessazione di attività.

Il contribuente può chiedere in tutto o in parte il rimborso dell’eccedenza detraibile, se di importo superiore a lire cinque milioni, all’atto della presentazione della dichiarazione:

a) quando esercita esclusivamente o prevalentemente attività che comportano l’effettuazione di operazioni soggette ad imposta con aliquote inferiori a quelle dell’imposta relativa agli acquisti e alle importazioni, computando a tal fine anche le operazioni effettuate a norma dell’articolo 17, quinto, sesto e settimo comma;

b) quando effettua operazioni non imponibili di cui agli articoli 8, 8-bis e 9 per un ammontare superiore al 25 per cento dell’ammontare complessivo di tutte le operazioni effettuate;

c) limitatamente all’imposta relativa all’acquisto o all’importazione di beni ammortizzabili, nonché di beni e servizi per studi e ricerche;
d) quando effettua prevalentemente operazioni non soggette all’imposta per effetto degli articoli da 7 a 7-septies;

e) quando si trova nelle condizioni previste dal terzo comma dell’articolo 17.

Il contribuente anche fuori dai casi previsti nel precedente terzo comma può chiedere il rimborso dell’eccedenza detraibile, risultante dalla dichiarazione annuale, se dalle dichiarazioni dei due anni precedenti risultano eccedenze detraibili; in tal caso il rimborso può essere richiesto per un ammontare comunque non superiore al minore degli importi delle predette eccedenze.

Con decreto del Ministro delle finanze da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale saranno stabiliti gli elementi, da indicare nella dichiarazione o in apposito allegato, che, in relazione all’attività esercitata, hanno determinato il verificarsi dell’eccedenza di cui si chiede il rimborso.

Agli effetti della norma di cui all’articolo 73, ultimo comma, le disposizioni del secondo, terzo e quarto comma del presente articolo si intendono applicabili per i rimborsi richiesti dagli enti e dalle società controllanti .

Articolo 35 – Disposizione regolamentare concernente le dichiarazioni di inizio, variazione e cessazione attività.
In vigore dal 6 luglio 2011

Per effetto delle modifiche di cui al Decreto Legge del 06/07/2011 n. 98, Articolo 23 Commi 3° e 4°

3. In caso di variazione di alcuno degli elementi di cui al comma 2 o di cessazione dell’attività, il contribuente deve entro trenta giorni farne dichiarazione ad uno degli uffici indicati dal comma 1, utilizzando modelli conformi a quelli approvati con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate. Se la variazione comporta il trasferimento del domicilio fiscale essa ha effetto dal sessantesimo giorno successivo alla data in cui si é verificata. In caso di fusione, scissione, conferimenti di aziende o di altre trasformazioni sostanziali che comportano l’estinzione del soggetto d’imposta, la dichiarazione é presentata unicamente dal soggetto risultante dalla trasformazione.

4. In caso di cessazione dell’attività il termine per la presentazione della dichiarazione di cui al comma 3 decorre dalla data di ultimazione delle operazioni relative alla liquidazione dell’azienda, per le quali rimangono ferme le disposizioni relative al versamento dell’imposta, alla fatturazione, registrazione, liquidazione e dichiarazione. Nell’ultima dichiarazione annuale deve tenersi conto anche dell’imposta dovuta ai sensi del n. 5) dell’articolo 2, da determinare computando anche le operazioni indicate nell’ultimo comma dell’articolo 6, per le quali non si é ancora verificata l’esigibilità dell’imposta.

Articolo 38 bis – Esecuzione dei rimborsi.
In vigore dal 19 settembre 2010 per effetto delle modifiche di cui al Decreto legislativo del 13/08/2010 n. 141, Articolo 9

Il contribuente può ottenere il rimborso in relazione a periodi inferiori all’anno, prestando le garanzie indicate nel comma precedente, nelle ipotesi di cui alle lettere a), b) ed e) del terzo comma dell’articolo 30, nonché nelle ipotesi di cui alla lettera c) del medesimo terzo comma quando effettua acquisti ed importazioni di beni ammortizzabili per un ammontare superiore ai due terzi dell’ammontare complessivo degli acquisti e delle importazioni di beni e servizi imponibili ai fini dell’imposta sul valore aggiunto.

Quando sia stato constatato nel relativo periodo di imposta uno dei reati di cui all’articolo 4, primo comma, n. 5), del decreto legge 10 luglio 1982, n. 429, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1982, n. 516, l’esecuzione dei rimborsi prevista nei commi precedenti e’ sospesa, fino a concorrenza dell’ammontare dell’imposta sul valore aggiunto indicata nelle fatture o in altri documenti illecitamente emessi od utilizzati, fino alla definizione del relativo procedimento penale.

Ai rimborsi previsti nei commi precedenti e al pagamento degli interessi provvede il competente ufficio utilizzando i fondi della riscossione, eventualmente aumentati delle somme riscosse da altri uffici dell’imposta sul valore aggiunto. Ai fini della formazione della giacenza occorrente per l’effettuazione dei rimborsi e’ autorizzata dilazione per il versamento all’erario dell’imposta riscossa. Ai rimborsi può in ogni caso provvedersi con i normali stanziamenti di bilancio.

Con decreto del Ministro delle finanze di concerto con il Ministro del tesoro sono stabilite le modalità relative all’esecuzione dei rimborsi e le modalità ed i termini per la richiesta dei rimborsi relativi a periodi inferiori all’anno e per la loro esecuzione.

Sono altresì stabiliti le modalità ed i termini relativi alla dilazione per il versamento all’erario dell’imposta riscossa nonché le modalità relative alla presentazione della contabilità amministrativa e al trasferimento dei fondi tra i vari uffici.

Nota all’art. 38 bis

I rimborsi previsti nell’articolo 30 sono eseguiti, su richiesta fatta in sede di dichiarazione annuale, entro tre mesi dalla scadenza del termine di presentazione della dichiarazione prestando, contestualmente all’esecuzione del rimborso e per una durata pari a tre anni dallo stesso, ovvero, se inferiore, al periodo mancante al termine di decadenza dell’accertamento, cauzione in titoli di Stato o garantiti dallo Stato, al valore di borsa, ovvero fideiussione rilasciata da un’azienda o istituto di credito, comprese le casse rurali e artigiane indicate nel primo comma dell’articolo 38, o da una impresa commerciale che a giudizio dell’Amministrazione finanziaria offra adeguate garanzie di solvibilità o mediante polizza fideiussoria rilasciata da un istituto o impresa di assicurazione.

Per le piccole e medie imprese, definite secondo i criteri stabiliti dal D.M. 18 settembre 1997 e dal D.M. 27 ottobre 1997 del Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato, di adeguamento alla nuova disciplina comunitaria, dette garanzie possono essere prestate anche dai consorzi o cooperative di garanzia collettiva fidi di cui all’articolo 29 della legge 5 ottobre 1991, n. 317, iscritti nell’albo previsto dall’articolo 106 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385. Per i gruppi di società, con patrimonio risultante dal bilancio consolidato superiore a 500 miliardi di lire, la garanzia può essere prestata mediante la diretta assunzione da parte della società capogruppo o controllante di cui all’articolo 2359 del codice civile della obbligazione di integrale restituzione della somma da rimborsare, comprensiva dei relativi interessi, all’Amministrazione finanziaria, anche per il caso di cessione della partecipazione nella società controllata o collegata.

In ogni caso la società capogruppo o controllante deve comunicare in anticipo all’Amministrazione finanziaria l’intendimento di cedere la partecipazione nella società controllata o collegata. La garanzia concerne anche crediti relativi ad annualità precedenti maturati nel periodo di validità della garanzia stessa. Dall’obbligo di prestazione delle garanzie sono esclusi i soggetti cui spetta un rimborso di imposta di importo non superiore a lire 10 milioni.

Sulle somme rimborsate si applicano gli interessi in ragione del 2 per cento annuo, con decorrenza dal novantesimo giorno successivo a quello in cui e’ stata presentata la dichiarazione, non computando il periodo intercorrente tra la data di notifica della richiesta di documenti e la data della loro consegna, quando superi quindici giorni.

I rimborsi previsti nell’articolo 30 possono essere richiesti, utilizzando apposita dichiarazione redatta su modello approvato con decreto dirigenziale contenente i dati che hanno determinato l’eccedenza di credito, a decorrere dal primo febbraio dell’anno successivo a quello di riferimento; in tal caso i rimborsi sono eseguiti entro tre mesi dalla presentazione della dichiarazione, che vale come dichiarazione annuale limitatamente ai dati in essa indicati, con le modalità stabilite dal presente articolo e, agli effetti del computo degli interessi, si tiene conto della data di presentazione della dichiarazione stessa.

I rimborsi di cui al presente comma possono essere richiesti con apposita istanza, anche ai competenti concessionari della riscossione secondo le modalità stabilite dall’articolo 78, commi 27 e seguenti, della legge 30 dicembre 1991, n. 413, e dai relativi  regolamenti di attuazione. Con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate sono definite le ulteriori modalità ed i termini per l’esecuzione dei rimborsi previsti dal presente articolo.

Decreto legislativo del 31 dicembre 1992 n. 546
Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell’articolo 30 della legge 30 dicembre 1991, n 413.

Articolo 21 – Termine per la proposizione del ricorso.
  1. Il ricorso deve essere proposto a pena di inammissibilità entro sessanta giorni dalla data di notificazione dell’atto impugnato. La notificazione della cartella di pagamento vale anche come notificazione del ruolo.
  2. Il ricorso avverso il rifiuto tacito della restituzione di cui all’art. 19, comma 1, lettera g), può essere proposto dopo il novantesimo giorno dalla domanda di restituzione presentata entro i termini previsti da ciascuna legge d’imposta e fino a quando il diritto alla restituzione non é prescritto. La domanda di restituzione, in mancanza di disposizioni specifiche, non può essere presentata dopo due anni dal pagamento, ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si e’ verificato il presupposto per la restituzione.

IVA indebitamente pagata e termine ultimo per il rimborso – Conclusioni

In definitiva, da tale pronunciamento giurisprudenziale emergono, peraltro, due punti essenziali:

1) in tema di “termine ultimo” entro il quale il contribuente può richiedere il rimborso per eccedenza d’Imposta sul Valore Aggiunto, non vi è un espressa e diretta previsione normativa, ritenendosi, perciò di applicare il termine biennale di cui all’art. 21 del D. Lgs. n. 546 del 1992;

2) pur essendo certo il diritto al rimborso per il contribuente, esso può essere legittimato solo rispettando le formalità di legge, in primis, attraverso l’adozione ( con relativo adempimento ) del modello ministeriale, ovvero il modello di dichiarazione IVA.

Concludendosi, quindi, che tutte le altre circostanze, o comportamenti concludenti del contribuente, posti al di fuori di tale prassi potranno correre il rischio di pregiudicare il suo interesse, che in questa fattispecie è di natura patrimoniale.

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29 dicembre 2011

Luigi Risolo

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