Il soggetto legittimato può chiedere all’amministrazione finanziaria il rimborso dell’IVA (anche) dopo il decorso del termine di decadenza biennale, nel solo caso in cui abbia a sua volta rimborsato l’imposta al committente in esecuzione di un provvedimento coattivo?
È legittimo non escludere il diritto della prestatrice di servizi al rimborso IVA anche se trascorso il termine biennale?
Va escluso il rimborso nel caso in cui l’imposta sia stata restituita al cliente spontaneamente, anziché a seguito di un provvedimento coattivo?
Istanza di rimborso IVA: il principio
Ai fini dell’IVA indebitamente versata rileva, quale termine di decadenza quello fissato dall’art. 21, comma 2 del D.lgs. n. 546 del 1992, secondo il quale la domanda di restituzione di un’imposta non dovuta in mancanza di disposizioni specifiche, non può essere presentata dopo due anni dal pagamento ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione, non trovando applicazione il diverso termine ordinario di prescrizione decennale previsto per l’indebito oggettivo (artt. 2033 e 2946 codice civile).
Nei casi in cui si fa applicazione della disciplina generale prevista dal ricordato art. 21, comma 2, il termine di due anni per la presentazione della domanda di restituzione dell’imposta versata in eccedenza decorre dal pagamento ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione.
Il soggetto legittimato può chiedere all’amministrazione finanziaria il rimborso dell’Iva (anche) dopo il decorso del termine di decadenza ex art. 21, comma 2 del D.lgs. n. 546 del 1992, nel solo caso in cui abbia a sua volta rimborsato l’imposta al committente in esecuzione di un provvedimento coattivo; ciò conformemente a quanto affermato dalla Corte di giustizia[1] con la sentenza del 15 dicembre 2011 (causa C- 427/10), per cui il principio di effettività del diritto comunitario non osta ad una normati