Indagini finanziarie e diritto alla difesa: è cambiato qualcosa?

Le potestà del Fisco di accedere ai dati bancari sembrano superare i diritti costituzionali del contribuente.

L’art. 11, cc. 2, 3 e 4 del D.L. n. 201 del 06/12/2011 (in G.U. del 06/12/2011 n. 284- c.d. Decreto Salva Italia), successivamente integrato, ha modificato parzialmente le procedure in tema di indagini bancarie, disponendo: “A far data dal 1° gennaio 2012, gli operatori finanziari sono obbligati a comunicare periodicamente all’anagrafe tributaria le movimentazioni che hanno interessato i rapporti di cui all’art. 7, sesto comma, del “decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973 n. 605, ed ogni informazione relativa ai predetti rapporti necessaria ai fini dei controlli fiscali, nonché l’importo delle operazioni finanziarie indicate nella predetta disposizione”.

I dati comunicati sono archiviati nell’apposita sezione dell’anagrafe tributaria prevista dall’articolo 7, sesto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605.

“Con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate, sentite le associazioni di categoria degli operatori finanziari ed il Garante per la protezione dei dati personali sono stabilite le modalità della comunicazione di cui al comma 2, estendendo l’obbligo di comunicazione anche ad ulteriori informazioni relative ai rapporti strettamente necessarie ai fini dei controlli fiscali. Il provvedimento deve altresì prevedere adeguate misure di sicurezza, di natura tecnica ed organizzativa, per la trasmissione dei dati e per la relativa conservazione che non può superare i termini massimi di decadenza previsti in materia di accertamento delle imposte sui redditi.”.

Di conseguenza, a partire dall’1 gennaio 2012, tutti gli operatori finanziari devono comunicare periodicamente all’anagrafe tributaria:

  • le movimentazioni che hanno interessato i rapporti di natura finanziaria effettuati dai contribuenti per conto proprio ovvero per conto o per nome di terzi;

  • ogni informazione relativa ai predetti rapporti necessari ai fini dei controlli fiscali;

  • infine, l’importo delle operazioni finanziarie sopra esposte.

Quest’ultima è la novità di maggior rilievo perché, sino ad oggi, gli operatori finanziari erano tenuti soltanto a rilevare ed a tenere in evidenza i dati identificativi, compreso il codice fiscale, di ogni soggetto che intratteneva con loro qualsiasi rapporto di natura finanziaria.

Questa massa di comunicazioni, però, indirizzata all’anagrafe tributaria, non può essere indiscriminatamente utilizzata dall’Agenzia delle entrate, che deve sempre richiedere le preventive autorizzazioni.

Infatti, l’art. 11, cc. 4 e 4-bis, cit. prevede testualmente che:

“Oltre che ai fini previsti dall’art. 7, undicesimo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605, le informazioni comunicate ai sensi dell’art. 7, sesto comma, del predetto decreto e del precedente comma 2 sono utilizzate dall’Agenzia delle entrate per la elaborazione con procedure centralizzate, secondo i criteri individuati con provvedimento del Direttore della medesima Agenzia di specifiche liste selettive di contribuenti a maggior rischio di evasione.

L’Agenzia delle entrate trasmette annualmente una relazione riepilogativa al Parlamento con la quale sono comunicati i risultati relativi all’emersione dell’evasione a seguito dell’applicazione delle disposizioni di cui ai commi da 2 a 4”,

Il chiaro e tassativo riferimento all’art. 7, c. 11, D.P.R. n. 605 cit. comporta che:

  1. le comunicazioni all’anagrafe tributaria sopra citate sono utilizzate soltanto ai fini delle richieste e delle risposte in via telematica di cui all’art. 32, c. 1, n. 7, del DPR n. 600 del 29/09/1973 e successive modificazioni e all’art. 51, c. 2, n. 7, del DPR n. 633/72 e successive modificazioni, disposizioni queste che prevedono tassativamente la preventiva autorizzazione del direttore centrale dell’accertamento dell’Agenzia delle entrate o del direttore regionale della stessa ovvero, per il corpo della Guardia di Finanza, del comandante regionale;

  2. fuori dalle succitate ipotesi, le relative comunicazioni possono essere utilizzate dall’Agenzia delle entrate solo per la individuazione dei contribuenti a maggior rischio di evasione da sottoporre a successivo controllo fiscale.

In sostanza, salvo l’utilizzo di cui al n. 2, l’Agenzia delle entrate non può automaticamente utilizzare i dati contabili per motivare gli eventuali accertamenti fiscali ma, per fare ciò, peraltro con la conseguente inversione dell’onere della prova a carico dei contribuenti, l’Agenzia delle entrate può utilizzare i dati contabili, comunicati all’anagrafe tributaria, solo come input per richiedere, previa le necessarie autorizzazioni, agli operatori finanziari i dati, le notizie ed i documenti relativi a qualsiasi rapporto intrattenuto od operazione effettuata, ivi compresi i servizi prestati, con i loro clienti, nonché alle garanzie prestate da terzi.

Ciò è confermato dalle recenti modifiche legislative introdotte con il maxi emendamento del 13/12/2011 in quanto i dati comunicati dagli operatori finanziari devono essere semplicemente archiviati nell’apposita sezione dell’anagrafe tributaria prevista dall’art. 7, c. 6, D.Lgs. N. 605/1973; di conseguenza, se l’Agenzia delle entrate vuole utilizzarli in sede di accertamento deve essere previamente autorizzata.

Infatti, i tassativi riferimenti legislativi sono chiari, perché:

  • l’art. 11, c. 4, D.L. n. 201/11 cit. richiama l’art. 7, undicesimo comma, DPR n. 605/73 cit.;

  • il succitato art. 7, a sua volta, richiama tassativamente gli articoli 32, c, 1, n. 7 DPR n. 600/73 e 51, c. 2, n. 7, DPR n. 633/72, che logicamente mantengono la loro attualità e fissano tassativamente le condizioni per l’utilizzo dei dati bancari nella particolare procedura di accertamento, con la relativa inversione dell’onere della prova a carico del contribuente.

Secondo me, quindi, i chiari riferimenti normativi di cui sopra portano alla conclusione che l’Agenzia delle entrate non può e non deve utilizzare i dati contabili senza il rispetto della tassativa e particolare procedura delle preventive autorizzazioni, a pena di nullità degli accertamenti stessi, per il principio della “illegittimità derivata” più volte stabilito dalla Corte di Cassazione con le sentenze a Sezioni Unite n. 6315 del 16/03/2009 e n. 11082 del 07/05/2010, nonché dalla Sezione Tributaria, con la recente sentenza n. 19338/2011.

L’utilizzo generico e senza le preventive autorizzazioni può servire all’Agenzia delle entrate soltanto per la individuazione dei contribuenti a maggior rischio di evasione da sottoporre a controllo fiscale.

Inoltre, poiché l’art. 11 D.L. n. 201/11 cit. avrà corso dall’1 gennaio 2012, l’Agenzia delle entrate, sempre previa e necessaria autorizzazione di cui sopra, potrà utilizzare i dati contabili relativi al periodo d’imposta 2012 e futuri, in quanto la norma non prevede alcun effetto retroattivo.

Infine, bisogna ancora una volta rilevare che il legislatore, pur nella apprezzabile lotta all’evasione fiscale, continua a limitare il diritto di difesa del contribuente che, in sede contenziosa, non può utilizzare le testimonianze ed i giuramenti per contrastare i dati contabili contestati dall’ufficio e questa immotivata limitazione dovrà essere censurata in sede contenziosa per la palese violazione dell’art. 24 della Costituzione.

 

14 dicembre 2011

Maurizio Villani