Agevolazioni prima casa: entro 18 mesi dall'acquisto ci si può pentire senza sanzioni

se il contribuente compra la prima casa e poi rinuncia a farla diventare la sua prima casa, quali opzioni ha per sanare le agevolazioni indebitamente utilizzate?

Il complesso quadro normativo – previsto dalla legge 22 aprile 1982, n. 186 – , prevede l’applicazione di benefici fiscali per gli atti a titolo oneroso che comportano il trasferimento della piena proprietà o della nuda proprietà, abitazione, uso ed usufrutto relativi ad unità immobiliari non aventi le caratteristiche d’abitazioni di lusso, secondo quanto previsto dal D.M. del Ministero dei Lavori Pubblici del 2 agosto 1969.

Il regime agevolato attualmente in vigore – cfr. art. 3, comma 131, della legge n. 549/95 e art. 7, comma 6, della legge n. 488/99 – offre l’applicazione dell’imposta di registro in misura ridotta (3%) o alternativamente l’Iva con aliquota ridotta (4%), e le imposte ipotecarie e catastali in misura fissa, sempre che:

  • l’abitazione oggetto di trasferimento sia un’abitazione “non di lusso “;

  • l’immobile sia ubicato nel Comune in cui l’acquirente abbia o stabilisca entro 18 mesi dall’acquisto la propria residenza o nel Comune nel quale svolga la propria attività, incluse quelle senza remunerazione;

  • nell’atto di acquisto (o nel contratto preliminare, al fine di usufruire dell’aliquota agevolata sin dagli acconti eventualmente corrisposti) l’acquirente dichiari di voler stabilire la residenza nel comune dell’acquisto, se non vi si trova già o se in questo non si trova la sua sede dell’attività (vedi sopra );

  • di non essere titolare, esclusivo o in comunione con il coniuge, di diritti di proprietà, usufrutto, uso o abitazione di altra casa di abitazione nel comune dove è situato l’immobile acquistato (se si è già goduto dei benefici prima casa è possibile goderne nuovamente se quanto acquistato in passato non è più nella titolarità del soggetto acquirente, all’atto del nuovo acquisto );

  • di non essere titolare, neppure per quote di comproprietà o in regime di comunione legale, in tutto il territorio nazionale, di diritti di proprietà, anche nuda, o di diritti reali di godimento su altra casa di abitazione acquistata dall’acquirente o dal coniuge con le agevolazioni ” prima casa “, a partire da quelle previste dalla legge 22.04.82 n.168 (la titolarità di una sola quota di altra casa, non in comunione con il coniuge, non impedisce l’acquisto agevolato).

 

La R.M. n.105 del 31 ottobre 2011

La risoluzione n. 105 diramata dall’Agenzia delle Entrate il 31 ottobre 2011 nasce da quesito specifici posto da un contribuente.

 

Il quesito

L’istante fa presente di aver acquistato un’abitazione in data 22 luglio 2010 fruendo dell’aliquota agevolata IVA (4%) e di essersi impegnato, nell’atto di acquisto, a trasferire la propria residenza nell’immobile entro il termine di diciotto mesi, come prescritto dalla disciplina in materia di agevolazioni “prima casa”.

Consapevole di non poter adempiere all’obbligo di trasferimento della propria residenza nell’immobile acquistato, il contribuente chiede se possa rinunciare, per ragioni personali, all’agevolazione richiesta, versando la differenza di imposta dovuta sul predetto acquisto.

 

Soluzione interpretativa prospettata dall’istante

L’istante, tenuto conto che non sono ancora decorsi i diciotto mesi dalla data di acquisto dell’immobile in argomento, ritiene di poter provvedere al pagamento della differenza IVA, senza applicazione di alcuna sanzione.

In subordine, l’istante ritiene applicabile l’istituto del ravvedimento operoso che si perfezionerebbe provvedendo al versamento nel termine di un anno, decorrente dalla data di acquisto dell’immobile, dell’imposta, dei relativi interessi e della sanzione calcolata nella misura ridotta, in applicazione dell’istituto del ravvedimento operoso.

 

Parere dell’Agenzia delle Entrate

Il parere dell’Amministrazione finanziaria prende le mosse dal dettato normativo di riferimento, sopra evidenziato, secondo cui per fruire dell’agevolazione “prima casa” occorre, tra l’altro, che l’acquirente abbia o si impegni ad ottenere la residenza nel comune in cui intende acquistare l’immobile abitativo.

In questo ultimo caso, l’acquirente deve rendere la dichiarazione di impegno nell’atto di acquisto.

In proposito, la circolare n. 38/E del 12 agosto 2005, par. 2.4, ha chiarito che “ai fini della corretta valutazione del requisito di residenza, dovrà considerarsi che il cambio di residenza si considera avvenuto nella stessa data in cui l’interessato rende al comune, ai sensi dell’art.18, comma 1 e 2, del DPR 30 maggio 1989, n. 223 (regolamento anagrafico della popolazione residente) la dichiarazione di trasferimento…”.

La dichiarazione dell’acquirente di volere stabilire la residenza nei diciotto mesi è prevista dalla legge a “pena di decadenza” dall’agevolazione. Il mancato trasferimento nel termine dei diciotto mesi comporta, quindi, la perdita dell’agevolazione.

La decadenza si verifica alla scadenza del diciottesimo mese dalla data dell’atto; prima di tale scadenza, infatti, il contribuente risulta ancora nei termini per adempiere all’impegno preso.

Le Entrate precisano che nessuna disposizione normativa prevede la possibilità di rinunciare su base volontaria alle agevolazioni “prima casa”.

In linea generale, il rapporto giuridico-tributario che sorge a seguito della dichiarazione resa in atto dal soggetto acquirente e avente ad oggetto il possesso dei requisiti prescritti dalla norma di cui alla Nota II-bis) deve ritenersi perfezionato laddove dette condizioni risultino effettivamente sussistenti.

Pertanto, conseguita l’agevolazione “prima casa” questa non sarà più revocabile dalla parte (v., tra le altre, Corte di Cassazione, sentenza del 28 giugno 2000 n. 8784).

In particolare, la Suprema Corte di Cassazione, con la pronuncia sopra citata ha chiarito che “non è possibile conseguire l’agevolazione prevista per l’acquisto della prima casa, … previa rinunzia ad un precedente analogo beneficio, conseguito in virtù della medesima disciplina…”. A parere della suprema Corte, infatti, la dichiarazione di voler fruire del beneficio “non è revocabile per definizione, tanto meno in vista di un successivo atto di acquisto”.

Dall’orientamento giurisprudenziale richiamato deve escludersi, pertanto, che il soggetto acquirente, che abbia reso la dichiarazione in atto di possedere i requisiti prescritti dalla norma di cui alla Nota II-bis), possa in data successiva rinunciare alle agevolazioni “prima casa” fruite.

 

La fattispecie specifica

A diverse conclusioni giunge, però, l’A.F. nella fattispecie prospettata, laddove la dichiarazione resa in atto dal contribuente non attenga alla sussistenza delle condizioni necessarie per fruire dei benefici (impossidenza di una abitazione sita nel medesimo comune dell’immobile che si intende acquistare, novità nella fruizione dell’agevolazione e residenza nel comune in cui è sito l’immobile) ma sia, invece, riferita all’impegno che il contribuente assume di trasferire la propria residenza nel termine di diciotto mesi dalla data dell’atto.

“In tal caso, l’effettivo realizzarsi del requisito della residenza prescritto dalla norma dipende, infatti, da un comportamento che il contribuente dovrà porre in essere in un momento successivo all’atto. In sostanza, la dichiarazione resa risulterà mendace e, pertanto, si realizzerà la decadenza dall’agevolazione, solo qualora, decorsi i diciotto mesi, il contribuente non abbia proceduto al cambio di residenza. Proprio in considerazione della peculiarità di tale condizione, il cui verificarsi dipende da un comportamento del contribuente, si ritiene che laddove sia ancora pendente il termine di diciotto mesi per il trasferimento della residenza, l’acquirente che si trovi nelle condizioni di non poter rispettare l’impegno assunto, anche per motivi personali, possa revocare la dichiarazione di intenti formulata nell’atto di acquisto dell’immobile”.

A tal fine, l’acquirente “è tenuto a presentare una apposita istanza all’ufficio presso il quale l’atto è stato registrato, con la quale revoca la dichiarazione d’intenti espressa in atto di volere trasferire la propria residenza nel comune nel termine di diciotto mesi dall’acquisto e richiede la riliquidazione dell’imposta assolta in sede di registrazione”.

Naturalmente, l’istanza deve essere presentata sia nel caso in cui l’atto per il quale si sia fruito delle agevolazioni “prima casa” sia stato assoggettato ad imposta di registro che per quelli assoggettati ad IVA.

A seguito della presentazione dell’istanza, l’ufficio procederà alla riliquidazione dell’atto di compravendita ed alla notifica di apposito avviso di liquidazione dell’imposta dovuta oltre che degli interessi calcolati a decorrere dalla data di stipula dell’atto di compravendita.

Non si applica, invece, la sanzione del 30 per cento di cui all’art. 1, c. 4, della Nota II-bis) allegata al TUR “in quanto, entro il termine di diciotto mesi dalla data dell’atto non può essere imputato al contribuente il mancato adempimento dell’impegno assunto, cui consegue la decadenza dall’agevolazione”.

Diversamente, decorso il termine di diciotto mesi dalla data dell’atto senza che il contribuente abbia provveduto a trasferire la residenza o a presentare all’ufficio dell’Agenzia una istanza con la quale revoca la dichiarazione di intenti di cui sopra, si verifica la decadenza dall’agevolazione “prima casa” fruita in sede di registrazione dell’atto. L’acquirente dovrà, quindi, corrispondere un importo pari alla differenza tra l’IVA calcolata con l’aliquota applicabile in assenza di agevolazione e quella agevolata, oltre che gli interessi calcolati a decorrere dalla data di stipula dell’atto, e la sanzione nella misura del 30 per cento di detto importo.

 

La strada aperta del ravvedimento operoso

A conclusione della R.M. le Entrate puntualizzano che “decorso il termine di diciotto mesi per il trasferimento della residenza e verificatasi, pertanto, la decadenza dall’agevolazione, il contribuente potrà comunque accedere, ricorrendone i presupposti, all’istituto del ravvedimento operoso che consiste, come noto, nell’effettuare spontaneamente l’adempimento omesso o irregolarmente eseguito nel rispetto di scadenze normativamente predeterminate, beneficiando di una riduzione della sanzione”.

Pertanto, il contribuente dovrà presentare apposita istanza all’ufficio dell’Agenzia presso il quale è stato registrato l’atto, con la quale dichiarare l’intervenuta decadenza dall’agevolazione e richiedere la riliquidazione dell’imposta e l’applicazione delle sanzioni in misura ridotta.

A seguito della presentazione dell’istanza, l’ufficio procederà alla riliquidazione dell’atto portato ed alla notifica di apposito avviso di liquidazione dell’imposta dovuta oltre che gli interessi calcolati a decorrere dalla data di stipula dell’atto di compravendita. Sono, inoltre, dovute le sanzioni pari al 30 per cento dell’imposta opportunamente ridotta, ricorrendone i presupposti, in applicazione dell’istituto del ravvedimento operoso (art. 13 D.Lgs. n. 472 del 1997).

I diversi termini a cui l’art. 13 del D.Lgs. n. 472 del 1997 ricollega differenti riduzioni delle sanzioni decorrono dal giorno in cui si è verificata la decadenza dall’agevolazione (ossia dal giorno in cui maturano i 18 mesi dalla stipula dell’atto).

Tale procedura deve essere seguita sia con riferimento agli atti assoggettati ad imposta di registro che ad IVA.

A seguito della liquidazione operata dall’Ufficio, il contribuente potrà perfezionare il ravvedimento con il pagamento della maggiore imposta, sanzioni ed interessi, nel termine di sessanta giorni dalla notificazione dell’avviso di liquidazione.

 

18 novembre 2011

Francesco Buetto