Il riporto delle perdite limitate tra normativa civilistica e fiscale

il tema delle perdite e del riporto delle stesse, rappresenta una problematica che riguarda tutti i soggetti esercenti una attività economica in grado di generare un risultato negativo la cui valenza è doppia, da un lato intacca il patrimonio aziendale mentre, da un altro lato, incide sulla capacità contributiva presente e futura, a volte anche di lungo termine

La disciplina del riporto delle perdite

riporto delle perditeDi recente, l’Amministrazione finanziaria ha focalizzato la propria attenzione sulla disciplina del riporto in avanti delle perdite generatesi nell’esercizio di impresa da parte dei soggetti che scontano una tassazione non piena ovvero agevolata1.

Il tema delle perdite e del riporto delle stesse, rappresenta una problematica che riguarda tutti i soggetti esercenti una attività economica in grado di generare un risultato negativo la cui valenza è doppia, da un lato intacca il patrimonio aziendale mentre, da un altro lato, incide sulla capacità contributiva2 presente e futura, a volte anche di lungo termine.

Per quanto riguarda la gestione delle perdite sotto l’aspetto prettamente patrimoniale, a cui si vuole fare un accenno, la stessa è soggetta alle regole previste dal codice civile.

Il fine primario delle regole codicistiche sottiene alla necessaria tutela che l’ordinamento pubblico deve garantire ai privati, gli stakeholder, in merito alla consistenza del patrimonio su cui i terzi devono fare affidamento nell’espletamento delle operazioni commerciali, finanziarie o societarie, intrattenute con un soggetto economico.

Sul versante fiscale, la generazione di una perdita non sempre coincide con risultato negativo civilistico per via, in primis, delle disposizioni di cui all’art. 83, comma 1, primo periodo, del Tuir3.

Vi è, tuttavia, un principio generale della determinazione del reddito di impresa comunemente detto della simmetria impositiva. Si tratta del principio secondo il quale, a masse positive fiscalmente rilevanti debbano corrispondere masse negative rilevanti e viceversa, ciò in quanto, se un componente positivo è frutto dell’applicazione di una regola economica recepita fiscalmente che ne prevede la tassazione al pari, se l’applicazione della medesima regola economica genera un componente negativo, se ne deve ammettere non tanto la non partecipazione alla tassazione quanto, la sua imputazione al reddito con segno negativo.

È questa, comunque, la direzione che induce il legislatore a prevedere che

in caso di attività che fruiscono di regimi di parziale o totale detassazione del reddito, le relative perdite fiscali assumono rilevanza nella stessa misura in cui assumerebbero rilevanza i risultati positivi”

disposizione oggi trasfusa nell’art. 83, c.1, secondo periodo del Tuir.

La previsione appena esposta ha carattere generale ed è da integrare con quanto previsto dall’art. 84, c. 1, primo periodo, del Tuir, secondo cui:

“Per i soggetti che fruiscono di un regime di esenzione dell’utile la perdita è riportabile per l’ammontare che eccede l’utile che non ha concorso alla formazione del reddito negli esercizi precedenti.

La perdita è diminuita dei proventi esenti dall’imposta diversi da quelli di cui all’articolo 87, per la parte del loro ammontare che eccede i componenti negativi non dedotti ai sensi dell’articolo 109, comma 5. Detta differenza potrà tuttavia essere computata in diminuzione del reddito complessivo in misura tale che l’imposta corrispondente al reddito imponibile risulti compensata da eventuali crediti di imposta, ritenute alla fonte a titolo di acconto, versamenti in acconto, e dalle eccedenze di cui all’articolo 80.”

 

Da ciò, le disposizioni in commento riguardano, in particolare, i seguenti soggetti:

  • Cooperative a mutualità prevalente che adottano le disposizioni della legge 311 del 2004;
  • Attività di utilizzo di navi iscritte nel registro internazionale;
  • Attività di imprese esercenti la pesca mediterranea, costiera ed interna.

Le limitazioni del riporto della perdita, invece, non trovano applicazione per alcuni soggetti; si tratta delle:

  • cooperative agricole e della piccola pesca a mutualità che per effetto dell’articolo 10 del DPR n. 601 del 1973, godono di un’esenzione dall’IRES, fatta eccezione per una quota di utili netti annuali.
  • cooperative di produzione e lavoro per le quali, l’articolo 11 del DPR 601 del 1973, stabilisce un’esenzione IRES al fine di neutralizzare l’incidenza dell’IRAP computata tra le variazioni in aumento.

Per quest’ultimi soggetti, le limitazioni al riporto delle perdite non trovano efficacia in quanto le agevolazioni in parola, non essendo determinate in misura fissa, non permettono di quantificare in modo preciso ed in via preventiva l’incidenza che le stesse hanno come beneficio fiscale sul reddito delle società cooperative.

In merito alla entrata in vigore delle disposizioni dell’art. 84, c. 1, secondo periodo, e dell’articolo 83, c. 1, secondo periodo, del TUIR, le stesse si applicano ai redditi prodotti e agli utili realizzati a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 20064.

Ne consegue che l’utile formatosi dal periodo d’imposta 2007 che non ha concorso alla formazione del reddito, partecipa alla quantificazione del “limite” che dovrà essere preso in considerazione nei periodi d’imposta successivi per stabilire l’importo della perdita fiscalmente riportabile.

La perdita ridotta in dichiarazione

La necessità di avere memoria delle perdite formatesi nel corso dei vari esercizi ed il loro utilizzo, comporta l’individuazione della corretta contabilizzazione della stessa che ai fini fiscali trova espressione nell’inserimento del valore in dichiarazione annuale.

Analogo discorso si riscontra nella necessità di monitorare l’utile che non ha concorso alla formazione del reddito perché su tale valore che si dovrà fare riferimento al fine di stabilire la misura della perdita riportabile.

Il modello Unico, tuttavia, evidenzia solo il riquadro delle perdite fiscali formatosi nell’esercizio o riportabili senza nulla prevedere in merito all’esposizione dell’utile che non ha formato oggetto di tassazione.

L’Amministrazione finanziaria, con la risoluzione 129/E del 2010, ha chiarito che la mancata previsione di un quadro specifico in dichiarazione può essere sopperita dalla predisposizione in proprio di un prospetto dove indicare l’ammontare dell’utile che nel tempo non è stato tassato; se ne deduce che in sede di controllo, dal confronto tra il predetto prospetto del reddito e quello delle perdite, si dovrà verificare il corretto riporto ed utilizzo delle perdite.

Sulla natura del prospetto del reddito non tassato, comunque, nulla è dato sapere quindi, sua mancata compilazione non pregiudica nessun utilizzo delle perdite; tra l’altro, tale personalissima affermazione, trova conforto nella Risoluzione Ministeriale 4 ottobre 2001, n. 152, grazie alla quale, l’Amministrazione finanziaria ha precisato che l’utilizzo delle perdite nel corso del tempo non viene ad essere compromesso neanche nell’ipotesi in cui il prospetto delle perdite della dichiarazione non venga compilato.

Resta inteso, comunque, il limite del riporto illimitato o quinquennale in ossequio alla disciplina generale delle perdite.

L’incidenza degli utili nel riporto della perdita

Le disposizioni al riporto limitato delle perdite assumono rilevanza solo in presenza di due ipotesi:

  1. esistono utili di esercizi precedenti che non hanno concorso alla formazione del reddito;
  2. esiste una perdita fiscale riportabile agli esercizi successivi;

In pratica, la limitazione assoggettata alla riduzione è quella di periodo e non anche quella formatasi in periodi d’imposta precedenti quindi, scontata la limitazione nell’esercizio n, nessuna altra limitazione dovrà scontare la perdita nell’esercizio n+1.

Si riporta l’esempio proposto dall’Amministrazione finanziaria:

soggetto: società cooperativa a mutualità prevalente di cui all’articolo 1, comma 460, lettera b, della legge n. 311 del 2004:

esercizio X: perdita fiscale di 1.000;

esercizio X+1: utile civilistico di 100 di cui 70 esente (poiché destinato a riserva indivisibile) e 30 imponibile;

esercizio X+2: perdita fiscale di 200.

In tal caso, la società:

  1. nell’esercizio X, in assenza di utili non tassati in periodi d’imposta precedenti, riporta negli esercizi successivi la perdita per un importo pari a 1.000;
  2. nell’esercizio X+1 utilizza la perdita per 30 e riporta negli esercizi successivi sia la perdita residua di 970 (che, quindi, non deve essere ridotta dell’utile esente di 70) che il “limite” di 70;
  3. nell’esercizio X+2 assoggetta alla limitazione la perdita dell’esercizio di 200, decurtandola dell’utile che non ha concorso alla formazione del reddito negli esercizi precedenti (70) e, quindi, riporta agli esercizi successivi una perdita pari a 1.100 (perdita dell’esercizio di 130 + perdita pregressa di 970).

Il riporto delle perdite limitate nel codice civile

La perdita civilistica derivante dalla non coincidenza in negativo tra il capitale sottoscritto ed patrimonio netto, con tutte le sue parti ideali, determina conseguenze diverse in ordine al riporto della stessa.

Ai fini civilistici il riporto in esercizi futuri della perdita è ammessa senza limiti temporali salvo i limiti di natura patrimoniale o finanziari.

Maggiori problemi sorgono quando la perdita incide sul limite del terzo del capitale sociale; al verificarsi dell’ipotesi dell’erosione di oltre 1/3 del Capitale, stante gli artt. 2446 e 2447 (SPA e Sapa) e 2482bis e 2482 ter (SRL), si manifestano i presupposti per l’attivazione della procedura per la riduzione del Capitale Sociale ovvero le eventuali operazioni per la copertura finanziaria della perdita o, in mancanza di queste, porre in essere operazioni straordinarie di trasformazione o liquidazione.

Ai fini civilistici, attesa la non coincidenza della perdita inserita in bilancio (artt. 2424 e 2425 del codice civile) con la perdita fiscale determinata per effetto delle norme del Tuir, situazione alquanto particolare si verifica se la perdita fiscale incide sul limite del terzo del capitale sociale; Infatti, se è assodato che la perdita a cui fare riferimento per il raffronto del limite di 1/3 del Capitale sociale è quella determinata secondo i criteri di valutazione propri dell’ordinamento civilistico5, è altrettanto vero che l’impegno di maggiori risorse finanziare per saldare maggiori imposte, quantunque determinate in applicazioni di norme fiscali, rappresenta una condizione, in corso di esercizio, trasfusa in una maggiore perdita di esercizio dopo le imposte tale da intaccare il rapporto tra capitale sociale e patrimonio netto.

Al verificarsi di tale evenienza ossia, la perdita superi 1/3 il Capitale sociale, lo scenario che si realizza non è chiaro ma la perdita può essere, al massimo, rinviata di un esercizio, salvo il verificare nell’esercizio n+1 una riduzione della perdita tale da rientrare entro il limite di 1/3 e decidere, in tale occasione, di riportarla nuovamente negli esercizi futuri.

Resta impregiudicato, naturalmente, il diritto al riporto delle perdite fiscali indipendentemente dalle vicende civilistiche6.

Utilizzo delle perdite in sede di accertamento

In tema di utilizzo delle perdite in sede di rettifica della dichiarazione per effetto di accertamenti di maggiori redditi, è stato chiarito che le perdite non utilizzate nel corso degli esercizi per incapienza possono essere utilizzate per abbattere il maggior reddito accertato7 ciò, a prescindere della concatenazione delle dichiarazioni8

Per ragioni di sistematicità, è da ritenersi riutilizzabile in misura piena la perdita non goduta per effetto del divieto di cui all’art. 84, comma 1 del Tuir.

Per esempio, immaginando l’agevolazione sulla tassazione di cui gode una società cooperativa a mutualità prevalente, qualora in sede di verifica fiscale, ovvero indagine ispettiva per conto del Ministero dello sviluppo, venga accertato che la società cooperativa non ha i requisiti della mutualità prevalente9 e perciò doveva, nell’annualità controllata, scontare una tassazione IRES in misura ordinaria, il maggior reddito accertato, ovvero la minore perdita conseguita, sarà da considerarsi in misura piena per le annualità interessate dall’accertamento e totalmente riportabile.

Schema del riporto delle perdite limitate

Esercizio n-1 Reddito agevolato 70
Esercizio n

Perdita civilistica

100
+/- variazioni fiscali – 10
Perdita fiscale 90
riduzione per detassazione del reddito 27 (30% di 90)
riduzione per proventi esenti -2
Perdita riportabile esercizio n1 20
Esercizio n1

                                                                          reddito

                                                                          ritenute

 

10

5

aumento del limite di imputazione al reddito ai fini della compensazione + 5 (il vantaggio viene assorbito dalla compensazione con crediti o ritenute)
Perdita riportabile nell’esercizio n2 10

 

7 febbraio 2011

Giuseppe Bennici

 

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NOTE

1 Risoluzione n. 129/E del 13 dicembre 2010.

2 Art. 53 della Costituzione “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva”.

3 “Il reddito complessivo è determinato apportando all’utile o alla perdita risultante dal conto economico, relativo all’esercizio chiuso nel periodo d’imposta, le variazioni in aumento o in diminuzione conseguenti all’applicazione dei criteri stabiliti ai fini fiscali”.

4 Vfr. articolo 1, comma 73, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e alla relazione di accompagnamento alla legge finanziaria per il 2008.

5 Cfr. Cass. 2764 del 1992;

6 Cfr. Ris. Ministeriale n. 9/959 del 1978.

7 Cfr. Ris. Ministeriale n. 10/1429 del 1976; Ris. Ministeriale n. 188/E del 1998.

8 Cfr. C.T.C. n. 9360 del 1971; C.T.C. 3906 del 1989.

9 Cfr. artt. 2512 e segg. del codice civile.

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