Maggiorazione 0,40 per cento a titolo di interesse corrispettivo: è deducibile?

Verifichiamo la possibilità di considerare deducibili ai fini dell’imposta personale la maggiorazione dello 0,40% versata dai contribuenti che intendono beneficiare di un maggiore lasso di tempo per versare le imposte.

La maggiorazione dello 0,40% a titolo di interesse corrispettivo

deducibilità della maggiorazione dello 0.4 % per interesse corrispettivoLe istruzioni ministeriali alla compilazione della dichiarazione dei redditi, prevedono che, tutti i versamenti a saldo che risultano dalla dichiarazione, compresi quelli relativi al primo acconto devono essere eseguiti entro il 16 giugno ovvero entro il 16 luglio.

I contribuenti che scelgono di versare le imposte dovute nel periodo dal 17 giugno al 16 luglio devono applicare sulle somme da versare la maggiorazione dello 0,40 per cento a titolo di interesse corrispettivo.

In questa sede viene verificata, in assenza di espresse direttive ministeriali, la possibilità di considerare deducibili ai fini dell’imposta personale (IRE o IRES) la suddetta maggiorazione dello 0,40 per cento versata dai contribuenti che intendono beneficiare di un maggiore lasso di tempo per versare le imposte.

Nozione di interesse corrispettivo

La dottrina (1) civilistica prevalente individua negli interessi

“…quelle prestazioni accessorie omogenee rispetto alla prestazione principale che si aggiungono ad essa per effetto del decorso del tempo e che sono commisurate ad una aliquota delle stesse…”

La legislazione del codice civile prevede diverse disposizioni che definiscono il concetto di interesse.

In particolare, l’art. 1282, c.c., disciplina gli interessi derivanti da obbligazioni pecuniarie – cosiddetti interessi corrispettivi – disponendo, per i crediti liquidi ed esigibili di somme di denaro, la produzione di interessi di pieno diritto, salvo che la legge o il titolo non stabiliscano diversamente.

Gli interessi si producono di diritto, ossia automaticamente, per cui non occorre alcuna domanda giudiziale o messa in mora del debitore, a meno che, come abbiamo già visto, la legge o il titolo dispongano diversamente.

In sostanza, gli interessi corrispettivi rappresentano il prezzo della disponibilità del denaro che il debitore deve al creditore e sono dovuti in funzione equilibratrice del vantaggio che il debitore ritrae, data la normale produttività della moneta, dal trattenere presso di sé somme di denaro che avrebbe dovuto pagare; pertanto, essi decorrono dalla data in cui il credito è divenuto liquido ed esigibile (Corte di Cassazione, sent. 18.03.1971, n. 780).

Riflessi tributari

Diciamo subito che, in ambito fiscale, per una diversa tipologia di maggiorazione è stata sancita l’indeducibilità dal reddito ai fini delle imposte personali (e da IRAP); si tratta della maggiorazione IVA per contribuenti trimestrali  pari all’1 per cento calcolato sul debito d’imposta determinato per ciascun trimestre (cfr. art. 7 e 11 D.P.R. 14.10.1999, n. 542, modificato ex art. 31 co. 3, l. 23.12. 2000, n. 388)

Nulla, a quanto consta, è stato stabilito per la maggiorazione dello 0,40% a titolo di interesse corrispettivo che viene versata, cumulativamente al tributo, dai contribuenti che intendono procedere al pagamento entro il 20 luglio 2008, anziché entro il 20 giugno 2008.

Se aderiamo alla tesi di “omologare” la maggiorazione dello 0,40 per cento alla maggiorazione dovuta dai contribuenti trimestrali IVA dovremmo propendere per l’indeducibilità ai fini IRE ed IRES.

Tuttavia, altra posizione interpretativa, valorizzando il contenuto della R.M. 9.11.2001, n. 178/E, perviene ad opposta soluzione, in virtù della quale

“…anche gli interessi passivi che il contribuente corrisponde all’Erario per la rateazione del pagamento dei tributi sono deducibili, anche se riferiti a somme non deducibili…”.

In tale direzione il Ministero delle Finanze afferma il principio secondo cui :

“…Con riferimento agli interessi passivi si osserva, inoltre, che l’articolo 63 del TUIR non pone alcun limite alla deducibilità degli interessi passivi in funzione dell’evento cui gli stessi sono collegati o della natura dell’onere cui essi sono accessori.

Una conferma di ciò si ha anche nella relazione ministeriale illustrativa del TUIR, la quale, in relazione ad una fattispecie analoga a quella oggetto dell’interpello, afferma che “rientrano nell’accezione di interessi passivi anche le somme corrisposte a norma del decreto n. 602, – tra i quali, ad esempio, anche gli interessi per prolungata rateazione di somme iscritte a ruolo ai sensi dell’articolo 21 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 – in quanto appare indubbia la loro natura di interessi passivi, ancorché accessori all’imposta.”

In conclusione, considerato che il sistema normativo del TUIR riconosce l’autonomia della funzione degli interessi passivi, la loro deducibilità deve essere determinata solo applicando le modalità di calcolo dettate dall’articolo 63 al loro ammontare complessivo, indipendentemente dal fatto aziendale che li ha generati o dalla deducibilità del costo al quale sono collegabili….”.

In sostanza, l’Amministrazione finanziaria pone un unico limite quantitativo alla deduzione degli interessi per prolungata rateazione dal reddito d’impresa: ai sensi dell’art. 96, D.P.R. 22.12.1986, n. 917, – pro rata di deducibilità – la quota di interessi passivi che residua dopo l’applicazione delle disposizioni di cui agli artt. 97 e 98 del medesimo decreto (pro-rata patrimoniale e contrasto all’utilizzo fiscale della sottocapitalizzazione) è deducibile per la parte corrispondente al rapporto tra l’ammontare dei ricavi e degli altri proventi che concorrono a formare il reddito e l’ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi.

Il medesimo principio, riteniamo debba valere relativamente alle maggiorazioni versate a titolo di interesse decorrenti dal mese di scadenza, per i pagamenti rateali di cui all’art. 20, D.P.R. 9.07.1997, n. 241, delle somme dovute a titolo di saldo e di acconto delle imposte e dei contributi dovuti dai soggetti titolari di posizione assicurativa in una delle gestioni amministrate dall’INPS, ad eccezione di quelle dovute nel mese di dicembre a titolo d’acconto del versamento IVA, previa opzione esercitata dal contribuente in sede di dichiarazione periodica, in rate mensili di uguale importo.

Infatti, nella prima parte delle istruzioni ministeriali alla compilazione del modello UNICO 2008, Persone fisiche, è precisato come tutti i contribuenti possono rateizzare i versamenti, cioè versare in rate successive le somme dovute a titolo di saldo e di acconto delle imposte, in un numero di rate diverso per ciascuno di essi.

E’ consentito rateizzare gli importi dovuti a titolo di saldo e di primo acconto nonché i contributi risultanti dal quadro RR relativi alla quota eccedente il minimale; invero non si possono rateizzare, gli importi da versare a titolo di acconto nel mese di novembre e dicembre: in ogni caso, il pagamento rateale deve essere completato entro il mese di novembre.

I tecnici ministeriali sottolineano altresì che, nel caso in cui se il contribuente ha già versato il saldo annuale dell’IVA, o ha scelto di rateizzarlo prima di effettuare i versamenti risultanti dalla dichiarazione unificata, può ancora scegliere se rateizzare o no i versamenti di tutte le altre imposte dovute a saldo o in acconto in base alla dichiarazione unificata.

Ad esempio, se ha rateizzato il saldo dell’IVA annuale può effettuare il versamento delle altre imposte sia in unica soluzione sia scegliendo un diverso numero di rate.

Sugli importi rateizzati – pertanto –  sono dovuti gli interessi da rateazione nella misura del 6 per cento annuo, da calcolarsi in misura forfetaria secondo il metodo commerciale, tenendo conto del periodo decorrente dal giorno successivo a quello di scadenza della prima rata fino alla data di scadenza della seconda.

I contribuenti, non titolari di partita IVA, possono effettuare il pagamento della prima rata entro il 20 giugno, ovvero entro il 20 luglio, maggiorando l’importo dovuto dello 0,40 per cento a titolo d’interesse corrispettivo.

La seconda rata deve essere versata entro il 30 giugno, ovvero entro il 31 luglio con l’applicazione degli interessi dello 0,17 per cento.

CONCLUSIONI

L’esplicita ammissione della deducibilità dalle imposte degli interessi per prolungata rateazione, induce a ritenere deducibili, secondo le indicazioni contenute nell’art. 96, D.P.R. n. 917/86, anche le altre tipologie di interessi, ivi compresa quelli addebitati a titolo di interesse corrispettivo.

Riteniamo la scelta di ritenere deducibile la maggiorazione delle imposte nella misura dello 0,40 per cento, dal reddito d’impresa, anche se non esplicitamente ammessa dal legislatore possa essere difesa nell’eventualità di una rettifica da parte degli organi competenti, proprio in virtù del contenuto della R.M. n. 178 del 2001.

 

Antonino Romano

9 Aprile 2008


NOTE

(1) F. FERRARA, Il fallimento, Milano, 1986, 29.