La misura cautelare del sequestro conservativo ex art. 22 del D.lg. n. 472 del 1997 (1) è istituto volto ad assicurare all’ente impositore il soddisfacimento del credito costituito dalle sanzioni amministrative pecuniarie. Conseguentemente, non solo l’Amministrazione finanziaria non è facoltizzata ad estenderne la portata ad altri crediti, ma incombe su di essa l’onere della prova del fumus boni iuris e del periculum in mora, rappresentato dalla manifesta sproporzione fra l’esiguità del patrimonio del contribuente/debitore e l’entità del credito vantato a titolo di sanzioni. Tale importante principio è stato statuito dalla sentenza n. 431 del 5 novembre 2007 della Commissione tributaria Provinciale di Cosenza.
L’iter logico giuridico adottato da tale pronuncia ha denotato i seguenti capisaldi:
– L’interpretazione sistematico-letterale dell’articolo 22 del dlgs n. 472/97 conduce ad una limitazione dell’applicazione, dell’istituto in essa previsto, alle sole sanzioni amministrative tributarie. E ciò per le ragioni di cui appresso: a) in primis l’istituto è inserito nel D.lg. n. 472/1997 il quale reca le disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni delle norme tributarie; e il destinatario di tali misure è individuato nel trasgressore di norme tributarie; b) il presupposto per l’applicazione dell’istituto è, alternativamente, individuato dalla legge nella notificazione del processo verbale di constatazione, dell’atto di contestazione e dell’avviso di irrogazione delle sanzioni: atti, questi, tutti attinenti la contestazione di violazioni di norme tributarie; c) l’art. 22 del D.lg. n. 472/1997 è stato emanato in ottemperanza alla legge delega 23 dicembre 1996, n. 662 la quale aveva conferito al Governo il potere di procedere ad una revisione organica delle sanzioni tributarie non penali e di predisporre un sistema di misure cautelari volte ad assicurare il soddisfacimento dei crediti che hanno titolo nella sanzione amministrativa tributaria.
– Le considerazioni svolte dalla sentenza n. 5872 del 12 giugno 1998 del giudice di legittimità con riferimento all’abolito articolo 26 della legge n. 4 del 7 gennaio 1929 non possono valere anche per la norma di cui all’art. 22 del D.lg. n. 472/1997, e ciò per due ordini di motivi:1) l’art. 26 della l. n. 4/1929, prevedendo la possibilità dell’iscrizione di ipoteca legale sui beni del trasgressore poneva come presupposto la violazione di una norma per la quale fosse stabilita una pena pecuniaria. Il legislatore del 1929 non indicava, perciò, per quale credito potesse essere richiesta ed applicata la misura cautelare, ma si limitava, solamente, ad indicare quale fosse il presupposto per l’adozione di detta misura, e cioè, si ripete, la violazione di una norma per la quale fosse stabilita una pena pecuniaria. In altri termini, una volta accertata al violazione di una norma per la quale fosse stabilita una pena pecuniaria, per tutte le prese fiscali derivanti da detta violazione, e cioè imposte, interessi e sanzioni, si poteva richiedere l’adozione dell’iscrizione ipotecaria.
– L’art. 22 del D.lg. n. 472/1997 è stato emanato a seguito di delega al Governo a predisporre un sistema di misure cautelari volte ad assicurare il soddisfacimento dei crediti che hanno titolo nella sanzione amministrativa pecuniaria (art. 3, comma 3, della l. n. 662/1996. Come si può immediatamente constatare,la norma, al contrario di quella del 1929,individua chiaramente i crediti per i quali può essere richiesta la misura cautelare (crediti che hanno titolo nella sanzione amministrativa pecuniaria). Di qui l’impossibilità di estendere all’art. 22 del D.lg. n. 472/1997 il discorso fatto per l’art. 26 della L. n. 4/1929.
– Un’interpretazione estensiva, se non addirittura analogica, della norma di cui al predetto art. 22 del D.lg. n. 472/1997 non solo non sarebbe consentita dalla natura eccezionale della norma stessa (eccezionalità derivante dalla possibilità, concessa dalla norma, dell’adozione di misure cautelari a garanzia di un credito per il quale non esiste ancora un titolo esecutivo), ma sarebbe incostituzionale per eccesso di delega. Ne consegue ancora che, non potendosi ritenere consentita un’interpretazione della norma comportante l’incostituzionalità della stessa, l’unica interpretazione costituzionalmente corretta dell’art. 22 del D.lg. n. 472/1997 è da ritenersi quella avanzata in questa sede.
– Il requisito del periculum in mora secondo la dottrina e la giurisprudenza prevalenti (comm. trib. prov. Di Pesaro, sez. I, n. 51 del 28 gennaio-8 febbraio 2005, comm. trib. Prov. Di Cagliari, sez. I, n. 248 del 12 giugno 2001, comm. trib. Prov. di Salerno, sez. XIX, n. 31 del 19 giugno 1999), si rinviene nelle ipotesi di sproporzione fra l’esiguità del patrimonio del contribuente e l’entità del credito dell’Amministrazione finanziaria. La giurisprudenza più recente (comm. trib. Prov. di Roma, sez. II, n. 349/2006 e comm. trib. prov. Di Roma, sez. VI, n. 470/2006), , ritiene che, oltre all’elemento statico della sproporzione tra la pretesa fiscale ed il patrimonio del contribuente, per la sussistenza del periculum occorra anche l’ulteriore elemento, dinamico, del comportamento dello stesso contribuente, sia anteriore che successivo alla pretesa fiscale (in particolare è stato ritenuto sussistente il periculum a fronte di atti dispositivi e di insolvibilità di precedenti cartelle da parte del contribuente). Ebbene, nel caso che ci occupa, a fronte di una pretesa per sanzioni tributarie per euro 229.320,30, si è in presenza, per come dimostrato dallo stesso ufficio, di un patrimonio, o comunque di beni, ben 32 fabbricati, il cui valore supera, di molto, l’entità del credito da garantire. A ciò si aggiunga: a) che l’ufficio non ha provato, quantomeno, il tentativo di dispersione dei beni da parte della contribuente; b) che l’attività svolta dalla sig.ra … risulta ancora in essere.
Alla luce del citato e recente intervento del giudice di merito tributario non è condivisibile l’autorevole contributo dottrinale (2) avallante l’estensione delle misure cautelari in questione anche al credito tributario ed è ,altresì,recessivo il diverso orientamento giurisprudenziale (Commissione tributaria provinciale di Grosseto sez. 4 sentenza n. 114 del 7 dicembre 2007;Commissione tributaria provinciale di Genova, sez. I, Set. 26 novembre 1998, n. 249; Commissione tributaria provinciale di Bologna, sez. XV, 10 ottobre 1998, n. 1238) secondo cui:
a) l’espressione verbale di constatazione indica un presupposto legittimante l’adozione delle misure cautelari ma non il credito effettivamente tutelabile;
b) la misura cautelare è correlata al fondato timore di perdere la garanzia del “credito”, senza specificazioni di sorta, così da potersi riferire ad ogni situazione lato sensu creditoria, per sanzioni e tributi di ogni genere e specie;
c) la formulazione dell’art. 22 considera esplicitamente le risultanze dell’atto di contestazione, del provvedimento di irrogazione delle sanzioni e del processo verbale di constatazione: ne deriva che il titolo è rappresentato dalla violazione di una norma di legge che, con eccezione del provvedimento di irrogazione delle sanzioni; si riferisce ad atti con un contenuto ampio, comprendenti tutte le somme dovute, compresi le imposte e gli accessori;
d) l’espressa previsione, oltre al processo verbale di constatazione, dei provvedimenti di contestazione e di irrogazione della sanzione e, di conseguenza, dell’avviso di accertamento, cui spesso si accompagnano, costituisce la prova che la norma si limita ad individuare gli atti che legittimano la concessione della misura cautelare, non occupandosi della natura dei crediti derivanti dalle violazioni che si ipotizzano, accomunati nella generica dicitura di credito dall’ufficio delle Entrate.
e) Quando il credito sorge quale diretta conseguenza della violazione della legge finanziaria, non c’è ragione di distinguere quello relativo alla pena pecuniaria dalle (altre) obbligazioni derivanti (come l’imposta evasa) dalla stessa violazione, per limitare alla prima la operatività della misura cautelare (Commissione tributaria provinciale di Grosseto sez. 4 sentenza n. 114 del 7 dicembre 2007);
f) la ratio della legge è quella di fornire un forte presidio cautelare delle pretese tributarie e pertanto sarebbe assurdo che detta difesa sia riservata solo alle sanzioni e non invece anche alla pretesa originaria e sostanziale, cui le prime sono inscindibilmente legate da un rapporto di pertinenza e dipendenza, ed agli interessi (Commissione tributaria provinciale di Grosseto sez. 4 sentenza n. 114 del 7 dicembre 2007).
In definitiva, le misure cautelari previste dall’art. 22 del D.lg. n. 472 del 1997(3), possono essere domandate esclusivamente per garantire il soddisfacimento dei crediti da sanzione e non per quelli a titolo di imposta (Sentenza n. 150 del 22 giugno 2007 della Commissione Provinciale di Chieti sez. v del 22 giugno 2007; Sent. n. 369 del 15 novembre 2006 della comm. trib. prov. di Genova, sez. I Commissione tributaria provinciale di Matera, sez. I, 17 settembre 2002, n. 141; Commissione tributaria provinciale di Milano, sez. I, 23 aprile 2004, n. 41; Commissione tributaria provinciale di Pesaro, sez. I, 8 febbraio 2005, n. 51; Commissione provinciale di Bari sez. 10 sentenza n. 72 del 18 maggio 2006).
Il presupposto è la violazione di una norma tributaria ma la garanzia non si estende alla pretesa erariale nel suo complesso (sanzione tributaria e tributi evasi).
Occorre, infine, far riferimento ai classici requisiti di ogni misura cautelare rappresentati dal fumus boni iuris e dal periculum in mora (4).
Il primo va inteso come la probabile e verosimile esistenza di un credito, la cui la prova è a carico dell’Ufficio che non può servirsi di mere ipotesi e congetture di evasione.
Il secondo, cioè il fatto che la situazione economico-finanziaria del contribuente non offre garanzie idonee e sufficienti per il soddisfacimento della pretesa erariale, va inteso sia in relazione al comportamento del presunto debitore (si pensi alla fatturazione per operazione oggettivamente inesistente) che alla consistenza patrimoniale dello stesso in rapporto all’entità del credito erariale.
Il periculum in mora non può individuarsi nella mera impossidenza immobiliare del sequestrando occorrendo univoche indicazioni e ragionevoli sospetti di disinvestimenti, sottrazioni ovvero evidenza di indebitamenti e conseguente insolvenza dell’obbligato.( Sent. n. 138 del 10 giugno 2006 dep. l’11 luglio 2006 della comm. trib. prov. di Ragusa, sez. I)
L’ambito di applicazione delle misure cautelari è limitato al potenziale credito sanzionatorio e comunque presuppone la concreta esistenza della fondatezza sostanziale della pretesa e del pericolo nel ritardo (Sent. n. 72 del 20 aprile 2006 dep. il 18 maggio 2006 della Comm. trib. prov. Di Bari, Sez. X). L’iscrizione dell’ipoteca legale è istituto inteso a garantire l’assolvimento dell’obbligazione tributaria pecuniaria (in tal senso Corte di Cassazione sezioni unite civili sentenza n. 27173 del 20 dicembre 2006).
L’istanza di applicazione delle misure cautelari di cui all’art. 22 del D.lg. n. 472 del 1997 presuppone articolata e precisa motivazione in ordine ai presupposti del fumus boni iuris, costituito dagli elementi di fatto e di diritto dai quali desumere – in via sommaria – la fondatezza della pretesa tributaria fatta valere in sede di accertamento, e del periculum in mora, rappresentato dal fondato timore di perdere il credito.
Laddove l’Amministrazione finanziaria disattenda tale obbligo ovvero non alleghi condizioni necessarie e sufficienti per suffragare l’istanza, la stessa deve essere respinta (Sent. n. 456 del 2 maggio 2007 dep. il 28 settembre 2007 della Comm. trib. prov. di Lecce, Sez. I).
La richiesta di iscrizione ipotecaria ai sensi dell’art. 22 del D.lg. n. 472/1997 – istituto con natura e funzione cautelari perché rivolto ad assicurare, in via provvisoria e strumentale, che la futura pronuncia del giudice del merito non finisca pregiudicata dal tempo resosi necessario per attuarla – va accolta quando il giudice tributario formuli una valutazione prognostica dubitativa sulla capacità di ripresa economica del contribuente e la fondi, da un lato, pur nel silenzio della norma, sulla sommaria valutazione del fatto che ha dato origine ai provvedimenti amministrativi fiscali nonché, dall’altro, su un prudente ampliamento del concetto di perdita di garanzia del credito, temperato da considerazioni determinate da elementi obiettivi, attinenti alla consistenza qualitativa e quantitativa del patrimonio del contribuente, in rapporto proporzionale all’ammontare dell’obbligazione tributaria, e da elementi soggettivi, riguardanti il reddito del debitore nella contingente situazione finanziaria (Sent. n. 1 del 26 febbraio 2007 della Comm. trib. prov. di Aosta, Sez. I).
Il giudice di merito, quando debba valutare se sussista o meno quel “fondato timore, per l’ Amministrazione, di perdere la garanzia del proprio credito”, che costituisce presupposto necessario per l’emanazione dei provvedimenti cautelari di cui all’art. 22 del D.Lgs. n. 472/1997, deve prendere in considerazione tutti gli elementi indicati dall’Amministrazione stessa, ivi compresi quelli che risalgano a periodi anteriori all’attività di accertamento, che è a base della richiesta di misura cautelare (Sent. n. 24527 del 28 febbraio 2007 dep. il 26 novembre 2007 della Corte Cass., Sez. tributaria).
Giova, infine , precisare , che poiché l’art. 22 del D.Lgs. n. 472/1997 qualifica espressamente come “sentenza” il provvedimento con cui la Commissione tributaria provinciale decide sull’istanza cautelare dell’Amministrazione, si deve ritenere che esso sia sottoposto dal legislatore medesimo ai mezzi di impugnazione previsti per le sentenze e dunque l’appello ed il successivo ricorso per cassazione, ancorché si tratti di provvedimenti che non assumono la stabilità propria di un vero e proprio giudicato in quanto “perdono efficacia a seguito della sentenza, anche non passata in giudicato, che accoglie il ricorso o la domanda” (Sent. n. 24527 del 28 febbraio 2007 dep. il 26 novembre 2007 della Corte Cass., Sez. tributaria).
Carmela Lucariello
5 febbraio 2008
NOTE
1) DLGS. 18 dicembre 1997, n. 472
Art. 22
Ipoteca e sequestro conservativo
1. In base all’atto di contestazione, al provvedimento di irrogazione della sanzione o al processo verbale di constatazione e dopo la loro notifica, l’ufficio o l’ente, quando ha fondato timore di perdere la garanzia del proprio credito, può chiedere, con istanza motivata, al presidente della commissione tributaria provinciale l’iscrizione di ipoteca sui beni del trasgressore e dei soggetti obbligati in solido e l’autorizzazione a procedere, a mezzo di ufficiale giudiziario, al sequestro conservativo dei loro beni, compresa l’azienda.
2. Le istanze di cui al comma 1 devono essere notificate, anche tramite il servizio postale, alle parti interessate, le quali possono, entro venti giorni dalla notifica, depositare memorie e documenti difensivi.
3. Il presidente, decorso il termine di cui al comma 2, fissa con decreto la trattazione dell’istanza per la prima camera di consiglio utile, disponendo che ne sia data comunicazione alle parti almeno dieci giorni prima. La commissione decide con sentenza.
4. In caso di eccezionale urgenza o di pericolo nel ritardo, il presidente, ricevuta l’istanza, provvede con decreto motivato. Contro il decreto è ammesso reclamo al collegio entro trenta giorni. Il collegio, sentite le parti in camera di consiglio, provvede con sentenza.
5. Nei casi in cui non sussiste giurisdizione delle commissioni tributarie, le istanze di cui al comma 1 devono essere presentate al tribunale territorialmente competente in ragione della sede dell’ufficio richiedente, che provvede secondo le disposizioni del libro IV, titolo I, capo III, sezione I, del codice di procedura civile, in quanto applicabili.
6. Le parti interessate possono prestare, in corso di giudizio, idonea garanzia mediante cauzione o fideiussione bancaria o assicurativa. In tal caso l’organo dinanzi al quale è in corso il procedimento può non adottare ovvero adottare solo parzialmente il provvedimento richiesto.
7. I provvedimenti cautelari perdono efficacia se, nel termine di centoventi giorni dalla loro adozione, non viene notificato atto di contestazione o di irrogazione. In tal caso il presidente della commissione tributaria provinciale ovvero il presidente del tribunale dispongono, su istanza di parte e sentito l’ufficio o l’ente richiedente, la cancellazione dell’ipoteca. I provvedimenti perdono altresì efficacia a seguito della sentenza, anche non passata in giudicato, che accoglie il ricorso o la domanda. La sentenza costituisce titolo per la cancellazione dell’ipoteca.
In caso di accoglimento parziale, su istanza di parte, il giudice che ha pronunciato la sentenza riduce proporzionalmente l’entità dell’iscrizione o del sequestro; se la sentenza è pronunciata dalla Corte di cassazione, provvede il giudice la cui sentenza è stata impugnata con ricorso per
cassazione.
2) Cantillo, Il sequestro conservativo tributario, in Rassegna tributaria n. 2/2003, pag. 435. Buscema-Di Giacomo, Il processo Tributario giuffrè 2004 pag. 550. vd. Circolare n. 66/e del 16 luglio 2001 Contra, Campeis-De Pauli, Il manuale del processo tributario, Cedam 2002, pag. 367, per i quali le misura cautelari sono applicabili solo per le sanzioni e non a garanzia dei crediti d’imposta.
3) Come previsto dal primo comma dell’articolo 22, D.lg. n. 472/1997 si possono sottoporre a sequestro conservativo, “ai sensi dell’art. 671 C.P.C. i beni mobili o immobili del debitore, le somme o le cose a lui dovute, nei limiti in cui la legge ne ammette il pignoramento”, con espressa previsione dell’azienda (C.M. n. 180/E del 10 luglio 1998). Il sequestro va operato per il tramite dell’ufficiale giudiziario, al quale sarà necessario rivolgersi entro i termini individuati dall’art. 675 C.P.C. producendo la copia autentica della sentenza della Commissione Tributaria. L’ufficiale giudiziario notificherà il provvedimento all’interessato, procedendo ai sensi degli artt. 678 e 679 c.p.c., mediante la redazione di un apposito verbale. Tali beni, posti sotto sequestro, saranno affidati ad un custode, generalmente individuato con il debitore medesimo. Nel caso di sequestro dell’azienda, il custode potrà essere autorizzato dal giudice alla gestione provvisoria ex artt. 670 n. 1 e 676 c.p.c.(un esempio è rinvenibile in C.T.P. Ancona, sez. III, sent. n. 476 del 28 settembre 2000). Il sequestro può anche riguardare depositi bancari e postali, nonché quote di partecipazione ed in tal caso sarà necessario procedere alla notifica del provvedimento anche ai soggetti interessati (cfr. C.T.P. Salerno, sez. XV, sent. n. 34 del 23 giugno 1999). Per i beni mobili registrati il provvedimento di sequestro sarà trascritto presso l’ufficio di iscrizione (ad es. il PRA per gli autoveicoli).
Possono essere soggetti ad ipoteca, oltre ai beni immobili, i diritti, le rendite e tutti gli altri beni (navi, aeromobili e autoveicoli) indicati nell’art. 2810 c.c. (C.M. n. 180/E del 10 luglio 1998)
4) Per la Commissione Tributaria Provinciale di Roma sez. 30 , sentenza n. 307 del 13 novembre 2006, l’istanza per l’adozione delle misure cautelari ex art. 22 del dlgs 472/97 è fondata e va accolta allorché l’ufficio:a) In relazione al fumus boni iuris, sulla base di un processo verbale della PT, rilevi l’omessa presentazione delle dichiarazioni fiscali ai fini delle Imposte Dirette, dell’IRÀP e dell’IVA , l’omissione dei prescritti versamenti periodici IVA e le violazioni inerenti i lavoratori dipendenti;b)in relazione al periculum in mora evidenzi che sussiste il fondato timore di perdere la garanzia del proprio credito in considerazione del notevole ammontare dei debiti di imposta accertati, dell’omissione da parte del contribuente delle dichiarazioni fiscali ai fini delle Imposte Dirette dell’IRAP e dell’lVA, della totale assenza di versamenti in favore dell’Erario per diversi anni , della presenza di numerose iscrizioni a ruolo per le quali contribuente non ha provveduto ad effettuare i relativi pagamenti, del comportamento del contribuente che ha continuato negli anni ad esercitare un’attività commerciale molto remunerativa con rendita di posizione senza versare quanto dovuto all’erario , della presenza di numerosi protesti riferiti al contribuente e registrati presso la banca dati della camera commercio .In particolare, per tale pronuncia anche il comportamento del contribuente rimasto contumace induce a ritenere che vi sia un concreto pericolo che quest’ultimo possa disperdere i suoi beni con conseguente pregiudizio per il credito vantato dall’‘erario. Per la Commissione Provinciale di Frosinone sez. 10 sentenza n. 119 del 31 agosto 2007 il rigetto dell’unica istanza di fallimento del contribuente e la certificazione di inalienabilità degli immobili che si chiede di gravare della misura cautelare comporta la declaratoria di rigetto dell’istanza dell’ufficio di sequestro conservativo.